Con Cinzia Merli a Le Macchiole

E’ difficile racchiudere in poche righe le emozioni e le sensazioni di una giornata speciale passata in compagnia di persone altrettanto speciali, uniche.

La mia visita a
Le Macchiole è stata per certi versi travagliata, prima dovevamo andare in quindici a fine Novembre poi, causa slittamenti, sòle ed impegni vari, tutto è stato rimandato al 12 Dicembre, un giorno pieno di sole dove i soliti pochi ma buoni rimasti hanno bussato alla porta di Via Bolgherese 189.

Cinzia Merli è una della tante donne forti del vino, segnata da un passato di grande sofferenza per la scomparsa del marito Eugenio e da un presente ed un futuro davvero radioso, come il suo sorriso quando ci accoglie e ci saluta davanti all’entrata della sua azienda. Presentazioni di rito e via, subito in vigna per farci capire come sole, mare, terra e sudore possano dar vita a quei preziosi grappoli da cui nascono le varie gemme enologiche che prendono il nome di Paleo, Scrio e Messorio.
Le Macchiole, un’azienda che, ascoltando bene le parole di Cinzia mentre ci racconta la sua storia, è
caratterizzata da una storia fatta di scelte a volte difficili, spesso pionieristiche, scontri, grandi incontri (come quello con Luca D’Attoma), rinascite e sperimentazioni, tutto scritto e di facile lettura per chi guarda gli occhi di Cinzia non fermandosi alla mera apparenza.

Il nostro giro va avanti ininterrotto, tutto di un fiato, tra vigneti, cantina di fermentazione e barricaia per poi proseguire al piano di sopra, la sala magica, quella dove degusteremo l’ultima annata in commercio, la 2006.
Cinzia Merli è un’ottima padrona di casa, ci fa accomodare e inizia a stappare tutti i rossi, dal Bolgheri Rosso al Messorio, passando per il Paleo e lo Scrio. Qualche nota di degustazione? Ok ci provo.

Il
Bolgheri Rosso Doc 2006 dovrebbe essere il vino “base” della casa anche se, dalla parole della produttrice, si evince chiaramente che ha la stoffa e la complessità di un vino non così banale: da un blend di merlot, cabernet, sangiovese e syrah nasce un vino decisamente non piacione che si mette in mostra con profumi balsamici e di frutta rossa di rovo. Equilibrato e di bel corpo è un vino dalla persistenza inaspettata. Dalla serie se il buongiorno si vede dal mattino….

Il
Paleo 2006, 100% cabernet franc, è ancora una massa in divenire, giovane sia nei profumi, dichiaratamente vegetali e fruttati, sia alla gustativa dove possiamo apprezzare tutta la fanciullesca esuberanza mediata comunque da un’apprezzabile morbidezza di fondo. Da riprovare tranquillamente tra cinque anni.
Lo Scrio 2006, syrah al 100%, è un altro vino in divenire, inizialmente chiuso, si apre pian piano per poi regalare sensazioni di bacche di ginepro, prugna, pepe e toni leggermente affumicati. Bocca potente, avvolgente, forse ancora da equilibrare. Ottima la persistenza finale.

Il Messorio 2006 è un gran vino e lo si evince fin da subito in quanto, nonostante sia un neonato, è un vino godibilissimo già alla prima olfazione, al primo sorso. Un grande merlot, complesso, ricco di note che spaziano dalla frutta di bosco ai fiori rossi, dalla macchia mediterranea al minerale più intenso e scuro. Bocca di grande equilibrio, fresca e vellutata che invita al riassaggio ogni volta che osiamo posare il bicchiere. A detta di Cinzia una grande annata che, forse, sarà superata solo dalla 2008.

La nostra giornata prosegue e la truppa, con a capo Cinzia Merli che con felicissimo stupore si unisce a noi, si dirige verso Montescudaio dove ci aspetta nel suo ristorante “I Sapori di San Valentino” un vecchio amico del forum del Gambero Rosso: Luigi, in arte G
aina3 che ci apre le porte della sua osteria offrendoci un pranzo davvero luculliano: crostini misti toscani, acquacotta, linguine con porcini e piccione, cinghiale in salmi e (non ricordo il nome) un dolce di ricotta fatto al forno davvero eccezionale.

E da bere? Qua le sorprese aumentano perché Cinzia ci delizia con dei fuori programma davvero interessanti: Paleo 2000, Paleo 2001 e Scrio 1999 vengono versati e bevuti in pochissimo tempo. Torno per un attimo serio e dico questo: ottimi sicuramente i 2006 però, attualmente, sono dei bimbi in fasce, troppo presto aprirli e sicuramente troppo difficile e “pericoloso” giudicarli ora. Bevendo vecchie annate di Paleo e Scrio, come ho fatto in osteria, sicuramen
te si ha una visione d’insieme e più nitida delle cose, si capisce solo dopo qualche anno quanto grandi sono questi i vini prodotti da Le Macchiole, ognuno con le sue peculiarità, con le sue (tante) virtù e con le sue, se vogliamo esser cinici, “umane” imperfezioni.

Lo
Scrio 1999 ha un naso che incalza da subito con sensazioni di erbe aromatiche dove non facciamo fatica a riconoscere il timo, l’origano, il rabarbaro. Alle note di macchia mediterranea si accompagnano poi profumi di fiori appassiti (quando ho detto garofano Cinzia mi ha fulminato), frutta rossa matura e un tocco animale che si fa sentire sul finale. In bocca questo syrah è ancora una belva, grande struttura e potenza che non lo rendono di certo immediato e di facile beva anche se resta estremamente affascinante nel suo nervosismo caratteriale. Se continua a ruggire così andrà avanti ancora molti anni.

Il
Paleo 2000 (Cabernet Sauvignon 85%-Cabernet Franc 15%) è figlio di un’annata calda, caratteristica che certamente ritroviamo all’olfattiva con un naso profondo, scuro, un mix di note terrose, vegetali e boschive che ritroviamo anche in bocca, molto più verticale che orizzontale e che è intarsiata di tannini levigati e ben integrati nel frutto. Interessante la scia sapida finale.

Il
Paleo 2001 è un altro vino, non solo perché da questa annata è solo cabernet franc, ma soprattutto perché percepiamo all’olfattiva una freschezza che prima, giustamente, non percepivamo. Freschezza, dicevamo, e grande integrità di frutto con cenni di spezie e erbe officinali che lo rendono estremamente deciso e dai profumi intensi. Ampiezza, complessità ed equilibrio si fondono come strumenti in una grande orchestra. Lunga la chiusura finale. Un altro vino che mi fa sempre più convincere della grandezza dell’annata 2001, non solo in Toscana ma in tutta Italia.

Ora, uno per uno, vorrei ringraziare con tutto il cuore: Stefania, la mia dolce metà, perché mi se
gue con passione in ogni mio “capriccio” enologico; Loredana perché farsi Trento – Bolgheri e ritorno in due giorni è un sacrificio tremendo; Paolo, mio cugino, perché almeno stavolta non ha detto che il vino sapeva di antibiotico; Enrico, per la sua passione, garbatezza e perché è l’unico che mantiene sempre le parole date. Infine un fortissimo abbraccio, in questo caso da parte di tutto il gruppo, va a Cinzia Merli, una persona che non conoscevo prima di qualche giorno fa e che ci ha letteralmente rapito per la sua gentilezza, accoglienza e professionalità. Una produttrice che non si è risparmiata nel raccontarci storie di vita e di vite e che, nonostante le tre ore passate in tra vigna, cantina e degustazione, è venuta a pranzo con noi facendoci scoprire un altro lato del suo essere con la voglia di continuare questa (spero) piacevole conoscenza reciproca.

Alla prossima, forse a Marzo per degustare un nuovo Scrio 2008…

A Milano nasce l'outlet (spero temporaneo) del vino....

Non ci sono stato essendo di Roma ma secondo me è una boiata, soprattutto se il tutto è concepito come è stato scritto il seguente comunicato stampa. La notizia delle ultime ore è che è stato aperto l'Urban Xmas temporary store di Milano, il primo outlet italiano natalizio dove vino e shopping si fondono in armonia.

Un'idea questa che nasce dalla collaborazione tra Pasqua vigneti e cantine, l'azienda veronese nota a livello mondiale per la produzione di pregiate bottiglie ed etichette (nemmeno fosse Biondi Santi...), e Saro Trovato, mood maker di professione, costruttore di emozioni per Found!, la società italiana specializzata nel mood marketing store (ambè allora...)

L'obiettivo? Non solo quello di far scoprire ai clienti consumatori - fino ai primi giorni del 2010 - un nuovo modo di vivere gli acquisti, trascorrendo una pausa di intrattenimento e gusto, ma anche quello di promuovere la cultura del vino e del "bere consapevole" (WOW fichissimo).

Ecco quindi che si può curiosare nel reparto shopping, tra capi d'abbigliamento, oggetti hi-tech, design, marche e loghi più cool, per poi fermarsi nel Pasqua Lounge, per degustare i vini e gli champagne più modaioli degli ultimi anni (ah ecco come si fa cultura del vino, bevendo gli champagne più cool, ohhhhh yesss), come un flute di Prosecco, un Amarone o un Primitivo di Manduria (ambè una cantina veneta che produce anche Primitivo è tutto un programma....).

Il tutto a prezzi da outlet (e te credo), nonostante il lusso e il gusto esclusivi. "Un'esperienza oramai di tendenza negli Stati Uniti - afferma Filippo Cassabgi, direttore marketing e comunicazione di Pasqua vigneti e cantine - dove per rilassarsi dopo lo shopping ci si ritrova davanti a un calice di vino, ma che a Milano acquista naturalità e gusto grazie ai prodotti e al mood made in Italy".

Non resta allora che testare immediatamente - visto le imminenti feste - l'accoppiata vino e acquisti, da soli o in compagnia, a qualsiasi ora del giorno, dalle 9 alle 22.

Ah, se proprio volete fare acquisti(?) negli outlet del vino segnalo anche Settedecimi, un presunto store enologico che vende vino la cui qualità e il cui prezzo lo potete verificare da voi.

Io, di certo, non ci comprerei nemmeno uno spillo.....

Vi prego, se siete di Milano ci passate e mi fate sapere?

P.S.: in grassetto i miei commenti....si era capito???

Un grande Chianti Classico firmato Monteraponi


Radda in Chianti, ovvero un piccolissimo fazzoletto di Toscana dove possiamo trovare, nell’arco di pochi chilometri, grandissimi vignaioli.
Radda in Chianti, un territorio che si estende tra le valli dei fiumi Pesa e Arbia e che sorge in posizione elevata, tra i 283 e i 845 metri sul livello del mare (monte Querciabella), donando alla vigne, come si può facilmente immaginare, una grandissima escursione termica.
Per comprendere la magia di questo angolo di paradiso (basta vedere le foto) riporto le parole che Franco Traversi, grande esperto di Sangiovese, scriveva qualche tempo fa sul forum del Gambero Rosso: abbandonata la strada provinciale inizia uno sterrato che porta a Monteraponi, un antico borgo medievale del 998, situato sul poggio omonimo, appartenuto al Conte Ugo Marchese e governatore di Toscana sulla fine del X secolo.

La famiglia Braganti ha acquistato questo borgo nel lontano 1973 e, inizialmente, non era interessata alla produzione del vino, tanto che decise di dare le vigne in comodato all’azienda “Le Fioraie” fino all’anno 1997; in seguito dall’anno 1997 fino al 2002 fu venduta l’uva all’azienda “Ruffino”, mentre è solo dal 2003, l’annata della svolta, che hanno ricominciato ad imbottigliare con il proprio marchio “Monteraponi”.





Monteraponi si trova ad un’altezza di circa 470 metri s.l.m., all’interno di un’ampia vallata dalla quale si intravedono in lontananza le vigne del castello di Ama e dell’azienda Livernano, dove può vantare attualmente circa 10 Ha di vigna, alcuni ettari di ulivi, intorno poi tutto bosco per altri 110 Ha. Le vigne più basse a circa 400m, le più alte a 550 m, dei 10 Ha di vigna la più vecchia ha all’incirca 35 anni, e sono 5 Ha con sesto d’impianto 270 x 1 metro; i restanti 5 Ha sono state impiantati nell’anno 2.000, sesto d’impianto 250 x 70, per Ha 5.500 piante con i nuovi cloni del Chianti Classico.
Il sistema di allevamento
è a cordone speronato e archetto toscano, ma l’intenzione è passare al Guyot grazie alla consulenza enologica del bravo Maurizio Castelli.


Il tipo di terreno è di natura calcarea appenninica (Alberese), ricoperta spesso da macigno schistoso alterato, noto in Toscana con il nome di Galestro.
La cosa che colpisce di più di questo giovane imprenditore,
Michele Braganti, è la chiarezza di idee: nella sua azienda i vitigni sono solo 3, ossia, Sangiovese, Canaiolo e Colorino e, inoltre, c’è un grande rispetto per la natura visto che si punta molto al biologico e in cantina non vengono usati né lieviti nè filtrazioni. La vinificazione è molto funzionale, viene usato in maggioranza il cemento sia per la fermentazione alcolica, che mediamente dura circa 25 giorni, sia per la malolattica. L’affinamento avviene prevalentemente in botte grande di rovere di Slavonia e solo parzialmente, un terzo, in barrique usate.

Torniamo a noi e al nostro Chianti. Il vino che ho degustato si può dire che è assolutamente virtuale, non tanto perché ancora non commercializzato ma, soprattutto, perché rappresenta un campione da singola botte nella qu
ale è stata vinificata esclusivamente l’uva della vigna più alta, quella a 550 m.
Un privilegio per poche persone, quelle presenti al Corso sul Sangiovese dell’AIS Roma, ma che ci farà capire bene, una volta miscelati tutti i vini di tutte le botti, di cosa mai potrà essere questo Chianti Classico Riserva 2007 Monteraponi.



Al naso c’è un’esplosione aromatica, un divenire di sensazioni ed emozioni che difficilmente si può dimenticare: visciola, frutti di bosco, rosa, viola mammola, spezie dolci e, quello che più conta, tanta tanta territorialità derivante da un bellissimo minerale che ti entra nell’anima e se ne impossessa. In bocca è stupendo quanto al naso, esibendosi con forza ed equilibrio e, cosa più importante, grandissima freschezza, una vivacità che solo una vigna ad oltre 500 metri di altezza può fornire. Persistenza lunghissima su toni minerali di roccia e frutta rossa croccante.

Ragazzi appena esce questo è nostro!

La foto di Michele Branganti è presa dal sito
http://www.flickr.com/photos/burde/2556551635/

Frode sui vini: lo scandalo si allarga?

Vi ricordate quanto scritto da me due post fa?
Bene, le cose sembra stiano peggiorande perchè ho trovato quest'altro articolo su internet: secondo il sito leggimi.eu nelle mire della GdF per frode in commercio alcune aziende del Chianti Docg e dell'Igt Toscano, ma non solo. Sono 17 gli indagati e 42 le aziende vinicole coinvolte nel Centro-Nord Italia. Gli indagati, secondo la GdF di Siena, reperivano 'sistematicamente enormi quantita' di vino non rispondente al disciplinare (Igt o Docg), anche di bassissima qualita', per poi procedere a miscele per un quantitativo stimato pari a circa 10 milioni di litri'. Queste venivano poi rivendute sul mercato con denominazioni di pregio .Le aziende coinvolte risiedono in gran parte in Toscana e in Abruzzo, Trentino, Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna.

La Denominazione Comunale e il Vino Nero di Scansano

La Denominazione Comunale (De.Co) rappresenta uno dei sogni di Luigi Veronelli (l’altro è quello del prezzo sorgente) un uomo geniale che per tutta la sua vita ha cercato di cambiare le spinte alla globalizzazione introducendo concetti “puri”, legati alla semplicità delle produzioni della “terra-madre”, come appunto le Denominazioni Comunali.
Ma di che si tratta? Le De.Co. rappresenta un'identificazione che attesta l'origine del prodotto enogastronomico o artigianale a livello comunale, di cui si certifica la territorialità e quindi l’unicità stabilita da una serie di fattori non trasportabili o riproducibili in altri luoghi dettati dall’universo socioculturale ed economico di quella specifica area, in cui tradizione e storia legittimano l’intera filiera produttiva.
Attraverso una semplice delibera comunale il Sindaco certifica la provenienza di ogni prodotto della sua terra” così Luigi Veronelli spiegava la De.Co. e in tale modo ha proceduto la Giunta comunale di Scansano che, su mandato del Consiglio comunale, ha deliberato l'adozione della Denominazione Comunale salvaguardando e valorizzando in tale ambito le attività agricole ed artigianali tradizionali tra le quali, ovviamente, c’è la promozione e la produzione del vino rosso, vanto da sempre della tradizione agricola scansanese.

Sinteticamente, l’allegato B della delibera, all’articolo 2, prevede e disciplina la definizione del Vino Nero di Scansano De.Co. (non si parla più quindi de l “semplice” morellino di scansano) stabilendo che tale vino dovrà essere prodotto da uve a bacca nera che abbiano i requisiti previsti dal disciplinare di produzione che è dettagliato successivamente.

L’articolo 3, infatti, prevede che il Vino Nero di Scansano De.Co. viene ottenuto dalle uve provenienti esclusivamente dai vigneti composti nell’ambito aziendale esclusivamente dei vitigni Sangiovese, Alicante, Aleatico, Ciliegiolo, Canaiolo nero, Caprugnone, Mammolo, Nero francese e Colorino. Il Sangiovese dovrà essere presente con un rapporto tra il 65% e l’85% mentre gli altri vitigni in proporzione residuale e variabile in base al comma 2 dello stesso articolo. La zona di produzione delle uve, di elaborazione, invecchiamento ed imbottigliamento comprende il territorio amministrativo del Comune di Scansano, in provincia di Grosseto.
Scorrendo velocemente la delibera, inoltre, si nota che:
  • Il disciplinare di produzione prevede una vinificazione con maturazione sulle bucce di almeno 10 giorni;
  • Le bottiglie da 0.75 devono pesare al massimo 450 grammi;
  • È ammesso solo il tappo a sughero;
  • Sono giudicati idonei alla coltivazione solo i vigneti acclivi;
  • Il foglio mappale e la particella devono essere riportati sulla bottiglia;
  • Il sesto di impianto deve prevedere al massimo 5000 viti per ettaro per una resa non superiore ai 75 quintali per ettaro.

Tutto perfetto? Ovviamente no perché, come ha scritto Gianpaolo Paglia su Vinix, qualche passaggio non è ben comprensibile come il fatto che la bottiglia debba pesare 450 grammi (cosa c’entra questa cosa con la qualità del vino non si sa) e come la regola del sesto di impianto a 5000 ceppi/ha che, sempre secondo il produttore, risulta inusuale rispetto agli impianti di nuova generazione che prevedono un minimo di 5680 piante/ha. Io aggiungo anche questo: come mai non si parla e non si disciplina rigorosamente l’uso di pesticidi nei campi? La cosa verrà presa in considerazione solo successivamente?

Come al solito chi vivrà vedrà...

Nulla di nuovo sotto il sole: sequestrati dalla GdF Chianti DOCG e IGT Toscano non conformi

Dopo il Brunello, è la volta del Chianti DOCG e l’IGT Toscano. Nel corso di alcune perquisizioni svolte nell’ambito del filone investigativo che ha visto coinvolto qualche tempo fa il Brunello di Montalcino, la Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Siena, in collaborazione con l’Ispettorato del Ministero delle politiche agricole - (ICQ-RF), ha acquisito altri, distinti elementi investigativi che l'hanno condotta a concentrare l’attenzione sul Chianti DOCG e l’IGT Toscano.

In estrema sintesi, è emerso che alcuni degli indagati hanno sistematicamente reperito sul mercato delle enormi quantità di vino non rispondente al disciplinare IGT o DOCG, talvolta di bassissima qualità, per poi procedere ad una sua miscelazione con dei vini da taglio e quindi creare degli assemblaggi per un quantitativo stimato pari a circa 10 milioni di litri, poi rivenduti sul mercato con denominazioni di pregio (tra le quali anche Brunello e Rosso di Montalcino).

Per nascondere i reali trasferimenti del vino da un’area geografica all’altra, sono stati usati sistemi di falsificazione di registri di produzione, di vinificazione e di fatture fiscali.

Dopo un’attenta ed accurata analisi degli elementi acquisiti dagli inquirenti, il GIP presso il Tribunale di Siena ha accolto le richieste di sequestro preventivo avanzate per le ipotesi di reato di associazione a delinquere e frode in commercio aggravata.

Gli attori di questa nuova inchiesta sono di diverso genere e dislocati in diverse parti d’Italia (in prevalenza in Toscana, ma anche in Abruzzo, Trentino, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna). Tra loro ci sono enologi e imprenditori vinicoli anche di rilievo internazionale. Sono 17 i soggetti indagati, 42 le aziende vinicole interessate presso le quali sono state eseguite altrettante perquisizioni e sequestri.

Le indagini proseguono sotto la guida della Procura della Repubblica di Siena ai fini dell’accertamento dei profili di responsabilità anche con riguardo agli illeciti di natura tributaria.

Come dire...nulla di nuovo sotto il sole visto che ogni anno escono queste notizie per poi....PUF...

Fonte: http://www.sienafree.it/

Con Slow Food festeggiamo il Terra Madre Day

Le comunità di tutto il mondo si preparano a celebrare il cibo locale e sostenibile il prossimo 10 dicembre con il primo Terra Madre Day, indetto da Slow Food. Questa giornata fitta di iniziative sarà una delle più grandi celebrazioni collettive della diversità alimentare, con oltre 800 eventi organizzati in 100 paesi in ogni angolo del mondo per difendere, apprezzare e promuovere i cibi dei piccoli agricoltori e produttori.

Slow Food ha scelto di festeggiare i suoi primi vent'anni con il Terra Madre Day per sottolineare l'importanza del mangiare locale e per sostenere il diritto di tutte le comunità ad ottenere e mantenere l'accesso ad un cibo buono, pulito e giusto, la biodiversità agricola e alimentare, la produzione alimentare su piccola scala, la sovranità alimentare, la salvaguardia delle lingue, delle culture e dei saperi tradizionali e una produzione alimentare ecologicamente responsabile e un commercio equo e sostenibile.

Le celebrazioni si svolgeranno presso fattorie, case, ristoranti, scuole e comunità, in aree urbane e rurali; ognuna sarà diversa dalle altre, a riflettere l'unicità del carattere e della cultura alimentare locali. Spazieranno da una manifestazione contro il cibo industriale a Dakha, in Bangladesh ad una riunione di agricoltori per fondare una banca dei semi in Kenya; da una cena sotto un elefante nel museo di storia naturale di Tolosa in Francia, ad una serie di iniziative nelle scuole dei paesi della regione montuosa dell'Azerbaijan; da un pranzo collettivo di quartiere a Seattle, USA, ad un Mad-Hatter’s Teaparty [“tè del Cappellaio Matto”] nel sud del Nuovo Zelanda.

Il Terra Madre Day riunisce queste centinaia di eventi in tutto mondo in un importante momento simbolico, incoraggiando il lavoro svolto a livello locale per costruire un sistema alimentare sostenibile e mostrando la diversità delle comunità che compongono questa rete globale che lotta per un futuro alimentare migliore.

In particolare, questa sera a Roma presso la Taberna Recina (zona S.Giovanni) terrò una bellissima cena dove tutte le pietanze delle tradizione romana verranno sapientemente abbianate al vino di un grandissimo produttore locale di cesanese, Anton Maria Coletti Conti.
Per informazioni e prenotazioni contattate direttamente il locale al seguente numero: 06-7000413.

Inoltre, sempre a Roma, sabato 12 Dicembre a Piazza Farnese ci sarà una bellissima iniziativa chiamata "La campagna arriva in città", evento imperdibile dove troverete tutti i presidi Slow Food del Lazio e tutta una serie di laboratori interessanti come quello sulla ricotta.



Per conoscere gli eventi in programma in tutto il mondo per la Giornata di Terra Madre, visitate la mappa mondiale sul sito: http://www.slowfood.com/terramadreday

Le mie ultime "fatiche" ad EAT-ALIA 2009

Ieri sera, con la degustazione di Sandro Sangiorgi, si è chiusa la seconda edizione di EAT-ALIA, rassegna delle eccellenze enogastronomiche italiane. Dopo i circa dieci laboratori del gusto curati e, spesso, condotti da me posso dire di essere molto contento di come è andata soprattutto perché sia io che il pubblico presente hanno potuto scoprire molti prodotti interessanti.

Più che soddisfacente, ad esempio, è stato il laboratorio dove si presentavano i salumi di Castelli abbinati ad una realtà vinicola laziale molto interessante come la Tenuta Ronci di Nepi che è un’azienda che si trova, come facile intuire, a pochi passi dalla bella cittadina laziale di Nepi. In tale ambito, durante il gioco dei vari abbinamenti, ho scoperto un vino davvero notevole, il Vigna Manti, uno chardonnay da vecchie viti passato sapientemente in legno per qualche mese. Il Manti è un vino fine ed avvolgente, per nulla scontato nel suo bouquet aromatico, che ho trovato incredibilmente poliedrico nel suo matrimonio con i salumi castellani, soprattutto con la coppa di testa, la spianata romana e il tronchetto porchettato.

Altro bellissimo laboratorio è stato quello condotto da me e
Paolo Ghislandi di Cascina I Carpini che ha giocato col pubblico con i suoi vini gemelli (X e Y), cioè due barbera da lui prodotti ma vinificati uno con lieviti indigeni e l’altro con lieviti selezionati. Un contesto dove si è creato un vero e proprio panel di degustazione dove ogni invitato poteva dire la sua su tutte le varie difformità riscontrate, un gioco dove davvero tutti sono rimasti basiti quando, all’ultimo, Paolo ha scoperto le carte in tavola in anteprima assoluta (il panel di degustazione è stato tenuto in tutta Italia) svelando al pubblico che il vino Y, quello che alla fine è piaciuto di più, è stato creato con i soli lieviti presenti nella sua cantina di Tortona. Davvero un’esperienza ludica e istruttiva quella con Cascina I Carpini e che, a mio modo di vedere, dovrebbero perseguire altri produttori.

Infine, una delle mie soddisfazioni più grandi è stata quella di “duellare”, nel laboratorio di abbinamento con le ostriche, con due dei più grandi mastri birrai italiani e cioè
Teo Musso e Leonardo di Vincenzo. Con loro e con Paolo Mazzola, grande esperto di birra artigianale, abbiamo giocato, tirandoci spesso colpi di fioretto, nell’abbinamento tra il moscato secco e la Wayan di Teo e la Sally Brown, una stout molto interessante del Birrificio del Ducato. Il laboratorio, in particolare, prevedeva per il vino due possibili matrimoni gustativi, uno con il moscato secco di Terracina 2008 della cantina Sant’Andrea, di grande persistenza e morbidezza con i suoi sentori di frutta matura che ben si sposava con l’ostrica al naturale, così sapida e marina che tutto voleva meno che un vino di pari caratteristiche. L’altro moscato era francese, della Loira, un muscadet de sévre et maine sul lie che, come mi hanno ribattuto sia Teo che Leonardo, con la sua grandissima acidità e con i suoi sentori citrini (all’opposto rispetto al precedente moscato laziale) cozzava alla grande con le ostriche, sia al naturale che gratinate. Ottimo, anzi stupendo il matrimonio di quest’ultime con la speziata ed eterea Wayan de Le Baladin che Teo Musso ha portato nella sua versione per il mercato americano e che aveva ben due anni di affinamento sulle spalle. Alla fine chi ha vinto? Senza che Leonardo mi senta, per me un bel pareggio e palla al centro anche se devo ammettere che le birre artigianali di oggi, per complessità e carattere, nulla hanno da invidiare ai migliori vini del mondo.

Detto questo chiudo qua il mio report su EAT-ALIA, ringraziando tutta l’organizzazione, in primis
Cosimo Errede, per l’opportunità che mi è stata data e vi aspetto tutti alle prossimi eventi e laboratori del gusto sempre targati Percorsi di Vino. A presto.

Il mondo del vino in campo per Telethon

Grazie alla disponibilità dell’Associazione Italiana Sommelier Roma e alla generosità di tanti produttori italiani il meglio della produzione vinicola per sostenere la ricerca. E per chi non beve: una Lambretta 125, le magliette della nazionale cantanti e gli abiti di Trilli, la fatina di Peter Pan.
Q
ualità e ricerca, due termini che sono nel Dna di Telethon e che ben si abbinano alle produzioni del nostro Paese. Nell'ambito delle iniziative per la raccolta 2009 e della maratona web, Telethon propone un'asta con eccellenti prodotti del made in Italy.
Grazie al co
ntributo di Bibenda, rivista dell’Associazione Italiana Sommelier di Roma, e del suo presidente Franco Ricci, Telethon mette all’asta su E-bay oltre 40 lotti di bottiglie di vini prestigiosi, regalati a Telethon dai migliori produttori disseminati sul territorio nazionale.
I lotti disponibili, che offrono una copertura geografica pressoché completa della Penisola, comprendono vini rossi, bianchi e da dessert. Una scelta estremamente variegata che spazia attraverso tipologie diverse. Accanto alle confezioni per amatori, invitanti proposte per semplici buongustai ed eleganti confezioni regalo in cassette di legno.
Tra le offerte, per i palati più raffinati ed esigenti, spiccano bottiglie di assoluta ecc
ellenza.
Ma, come detto, non è solo il vino a comporre l’asta di Telethon. Sostenendo la ricerca scientifica sulle malattie genetiche, si possono portare a casa una Lambretta 125 N, alcune magliette della Nazionale cantanti, una prestigiosa confezione comprendente un libro di fotografie e un cd sul film di Giuseppe Tornatore, Baarìa.

L’asta pensa anche ai più piccoli. Tra i lotti pregiati anche due cimeli Disney. Si tratta degli abiti realizzati dall'Accademia di Belle Arti di Firenze utilizzati per la presentazione del Dvd dei film Disney su Trilli, la celebre fatina compagna di avventure di Peter Pan.

Per aggiudicarsi uno dei lotti all’asta c’è tempo dalla mezzanotte tra venerdì 4 e sabato 5 dicembre alla mezzanotte tra sabato 12 e domenica 13 dicembre, visitando il sito www.ebay.it.

Aggiornamento EAT-ALIA 2009

Sono cotto e stracotto, ieri sono stato chiuso a curare tutti i laboratori praticamente tutto il pomeriggio e la sera fino alle 22. Non ho potuto scrivere nulla nel frattempo ed ora mi sto già preparando per ripartire visto che alle 13 ho un interessante laboratorio con i salumi e i vini di una bella realtà laziale che è Ronci di Nepi.
Qualche flash di ieri: bellissa la Freisa di Chieri 2006 di Balbiano, un giovane produttore piemontese che sta puntando molto sul rilancio di questo vitigno molto spesso sottovalutato. Un vino elegante, fine, vellutato che mi davvero entusiasmato per la sua florealità ed aromonia di bocca.
Altra menzione speciale per le birre artigianali italiane, davvero grandi in tutte le loro tipologie. In tale ambito mi è piaciuta molto la Cometa di Atlas Coelestis, la 25 dodici di Birra del Borgo, la 77 del Birrificio Aeffe.
Oggi alle 18 grande evento con l'abbinamento birra, moscato ed ostriche. Presente Teo Musso.
A dopo...se ce la faccio

Ma alla fine, sto vino fa bene o male ai denti?

Prima di immergermi totalmente su Eat-Alia 2009, oggi vorrei fare qualche piccola considerazione su un tema di scottante attualità, direi quasi fondamentale per la sopravvivenza della Repubblica Italiana e cioè: ma il vino fa bene o male ai nostri denti?????
La domanda è fondamentale perchè leggendo quello che scrivono i giornali non ci sto capendo più nulla e questa cosa sta disturbando notevolmente il mio sonno. Voglio sapere, sapere subito, altrimenti divento come il signor Livore!! Tutto parte da una notizia letta sul Corriere della Sera del 21 ottobre 2009 che sostanzialmente afferma l'opportunità preferire vini a pH elevato (minore acidità) se non si vuole che lo smalto dei denti venga intaccato inesorabilmente e diventi pieno di chiazze bruttissime. Quindi, se proprio dobbiamo bere vino, se proprio vogliamo farci del male, che almeno questo sia rosso visto che i bianchi sono inevitabilente più acidi. Prima mazzata per i bianchisti.

Oggi, a distanza di quasi due mesi, esce quest'altra
notizia: noooooooooooo il vino non fa male ai denti, anzi bevetene tanto visto che recenti studi medici rilevano che un calice di vino rosso al giorno leva il dentista di torno. In pratica i ricercatori dell'Università di Pavia hanno scoperto che alcune sostanze contenute nella bevanda sono in grado di neutralizzate l'attacco allo smalto dei denti da parte di batteri come il famigerato Streptococcus mutans, ritenuto responsabile dei danni a incisivi, molari e compagnia bella. I batteri si "nutrono" dei residui di cibo, degli zuccheri e intaccano lo smalto dei denti favorendo la carie. Le sostanze contenute nel vino rosso invece creano una specie dei pellicola protettiva attorno ai denti che impedisce ai batteri di attaccarvisi e compiere la loro opera di devastazione.

Quindi usiamo il vino rosso come colluttorio al posto del Listerine? Seconda mazzata per i bianchisti.


Ora, dopo aver letto questi articoli, mi rispondete alla domanda? Fa bene o male sto vino?
Pure i ricercatori, un pò di coerenza no?

- 1 ad Eat-Alia 2009 - Roma, 5/6/7 Dicembre

Vi aspettiamo tutti a Roma a Palazzo Rospigliosi per una tre giorni dove Percorsi di Vino e i tanti ospiti della manifestazione daranno vita ad una grande varietà di laboratori del gusto che, da come mi dicono, sono già quasi tutti esauriti.
Col mio blog, ovviamente, seguirò in diretta la manifestazione sperando di fornire materiale interessante per tutta una serie di approfondimenti, sulla birra artigianale e sul vino, che posterò nei giorni successivi all'evento. Allora che dire...SEGUITECI!

Le grandi degustazioni dell'Enoclub Siena: la verticale storica di Coulée de Serrant di Nicolas Joly

Oggi Percorsi di Vino riporta una bellissima degustazione fatta dal mio amico Davide presidente dell'Enoclub Siena. Una verticale storica di Coulée de Serrant che ci fa capire pregi e limiti di un vino per certi versi estremo e che incarna l'anima irrequieta del suo produttore: Nicolas Joly.

La
Coulée de Serrant fu piantata nel docicesimo secolo dai Monaci Cistercensi e da allora è sempre restata vitata. I vini de La Coulée de Serrant sono stati sempre considerati come prodotti rari ed unici, sia ai tempi dei re Luigi XIV e Luigi XI che ne tessevano le lodi che ai nostri tempi, visto che molti dei più importanti critici enologici del mondo considerano i vini dell'Azienda tra i più significativi e longevi di Francia.

Il merito va al mitico produttore
Nicolas Joly, che ha dato vita in Francia ad un importante movimento di rinnovamento viticolo ed enologico chiamato "Renaissance des AOC", che ha lo scopo di recuperare le radici naturali ed agricole della coltivazione dei vigneti per valorizzare le peculiarità dei vini attraverso le reali potenzialità del territorio. Oggi a testimoniare il retaggio storico dell'Azienda rimangono i ruderi del monastero cistercense e dello Château de la Roche, una grande fortezza smantellata nel 16° secolo in occasione delle guerre di religione affinchè non diventasse una roccaforte protestante. I sotterranei di questi antichi edifici fungono oggi da cantina di invecchiamento e sono annessi all'abitazione ricostruita due secoli dopo la distruzione del castello e che è la sede attuale della Coulée de Serrant.

A partire dal 1985 la vigna è interamente coltivata in
biodinamica, in parte utilizzando il cavallo al posto di qualsiasi trattore a causa delle forti delle pendenze che caratterizzano questa zona che si affaccia sulla Loira. Attualmente tutte le vigne ricevono compost biodinamico ottenuto da 12 bovini allevati nelle stalle aziendali, a cui si uniscono circa una trentina di pecore che pascolano liberamente mantemento rasata l'erba spontanea che cresce nei filari e nei prati e boschi circostanti. La vendemmia viene sempre effettuata in 4-5 passaggi nell'arco di 4-5 settimane per raccogliere solo i grappoli nelle condizioni ottimali e a maturazione avanzata, mentre le rese di uva non superano i 35-40 quintali per ettaro.
Attualmente sono coltivati a vigneto 7 ettari nella DOC Savennières "Coulée de Serrant", 5 ettari di Savennières "Le Vieux Clos" e 3 ettari di Savennières Roche aux Moines "Clos de la Bergerie.(Fonte enotime.it)

Per avvinare i bicchieri e fare un primo confronto abbiamo iniziato con il
Savannieres 2004, il "base". Certamente godibile e più immediato, una bottiglia da aprire con meno problemi ed impegno intellettuale, seppur assolutamente non banale. Si riconosce la medesima matrice e una parte dello spettro aromatico, l'impegno intellettuale lascia il posto al puro piacere. A ruota, abbiamo versato le prime sei annate. L'impressione iniziale è di una generale uniformità nel colore (dal giallo intenso all'oro brillante) e al naso, una spina acida sempre ben marcata e un grado alcolico che sale molto nelle annate più recenti . Già abbiamo capito che le differenze si giocheranno su pochi decisivi particolari. Le evoluzioni in bicchiere nettamente diverse scaveranno dei netti solchi distintivi per una qualità tutt'altro che uniforme da un'annata all'altra. Di seguito i miei giudizio, assolutamente personali. Seguirà il panel con la media

1981
- Parte molto bene al naso ma si appiattisce dopo un po'. La componente acida prevale nettamente su quella alcolica (nonostante i 14.5% dichiarati all'epoca). Il citrino tende a mortificare il vino nella sua progressione, fino ad un finale monocorde. Con le ore emerge in bocca un netto brodo di verdure, asparagi. 89/100Alla prova a bottiglia aperta mostra tenacia e personalità, molto maggiore della 1988. Iodio, mineralità. L'acidità appare meglio integrata con l'alcool. Il vino si dimostra mobile e vitalissimo. Il mio consiglio è di seguire la bottiglia aperta per molte ore, avendo modo e tempo. Il voto sale nettamente, 92/100

1988
- Inizialmente più vivace del 1981. Più integrato con l'alcool (13.5%). Si appiattisce con le ore, è un peccato. 91/100 alla prima impressione. Diventa un 89/100 dopo ventiquattro ore senza tappo: svanisce quasi completamente, lasciando una flebile spina acida ed un finale appena accennato.

1992
- Non emerge, meno acido del 1981. Negli anni si conserva la comune matrice territoriale e tipologica. 90/100Molto penalizzata nella prova a bottiglia aperta, svanisce. (88/100 di stima)

1993
- Simile al 1992 ma più scarico. Qualcuno ha sospettato che la bottiglia avesse preso del freddo,nel corso degli anni. 91/100 Non è stata possibile la prova a bottiglia aperta ed è un peccato, anche se viene da sospettare un esito simile all'annata precedente.

1994
- Sempre grande carica acida. Parte molto bene, cede un po' e tende ad appiattirsi nel corso delle ore. 92/100

1995
- Molto diverso dagli altri. L'acido è integrato in note terziarie, da uve mature, vere e proprie note passite. Certamente più complesso e piacevole, meno affilato e tagliente. 93/100

1996
- Bel naso. L'alcool è assorbito meglio. La potenza alcolica si esprime in maniera complessa, supportata da un vigorosa spina acida. 94/100

1999
- Tappato. Inizialmente minerale e "strano", il "tappo" esce con certezza dopo una mezz'ora circa. n.g.

2002
- Note terziarie, gioca su registri simili al 1995. A tratti piacione. Generalmente molto apprezzato dagli altri degustatori presenti, valutato come la migliore bottiglia, insieme al 1996. Personalmente ne sono rimasto meno convinto ed entusiasta. Comunque un 91/100

2003
- Naso caldo e lievemente iodato. Bocca meno espressiva del naso. Grande potenza alcolica che annienta la mineralità, una giusta maturità di frutto. 88/100

La grande tenuta e progressione della 1981, penalizzata da una prima degustazione, lascia pensare che le annate più recenti possano avere una longevità e costanza inferiore. Solo una mia impressione. In generale si tratta di uno stile piuttosto freddo e celebrale. Non è un caso che le annate più apprezzate siano state quelle dove il calore e la maturità delle uve trovavano una buona sintesi con la naturale acidità delle uve Chenin.

Dovendo fare una degustazione di annate scelte, opterei per 1981-1994-1995-1996-1999-2002 (visto il tappo sfortunato, una riprova per la 1999 è d'obbligo).

Grazie a Davide per questo bel resoconto...alla prossima.

Ad EAT-ALIA 2009 andremo a Nord e Sud di Roma...

Tra Nord e Sud di Roma è uno dei laboratori di EAT-ALIA del quale sarò relatore, un percorso gustativo che ci farà viaggiare all’interno del territorio laziale, nel comprensorio dei Castelli Romani per quanto riguarda i salumi (il nord) e nei pressi dell’antica città di Nepi, cuore di un territorio ricco di storia, per lunghissimi anni dimora di Papi (il sud).
Come è prodotta la vera Coppietta di Frascati? Quale è la sua storia? Avete mai provato il gusto della vera porchetta fatta ancora totalmente a mano disossando la carne che poi viene condita con aglio, rosmarino, sale e pepe, legata a mano e cotta in forno?

Sapori unici, quasi dimenticati, che riscopriremo la prossima domenica grazie al
Salumificio Castelli, una bella realtà aziendale laziale che oggi Mauro Castelli, artigiano norcino da quattro generazioni, porta avanti con grande orgoglio cercando di tenere viva la tradizione e la cultura della gastronomia locale promuovendo la conoscenza del territorio attraverso la produzione di salumi di eccellenza.
Coppa di testa, spianata romana, coppiette di Frascati e tronchetto porchettato, verranno da me e Marco Greggio (esperto di analisi sensoriale) sapientemente abbinati ai vini della Tenuta Ronci di Nepi, interessantissima realtà vitivinicola che a sud di Roma, nei pressi di Nepi, si estende per circa cinquanta ettari, di cui venti vitati, su fertili colline dal clima dolce e temperato della riserva naturale del parco della Valle del Treja.L’azienda di Simone e Sabrina Improta si avvale della consulenza di Luigi Moio per la parte enologica e produce grandi vini IGT da uve Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Montepulciano, Merlot, Petit Verdeau, Chardonnay, Sauvignon Blanc, Falanghina e Trebbiano giallo Imperiale.

Per questa degustazione l’
Oro di Né, chardonnay in purezza molto equilibrato e persistente, verrà abbinato alla coppa di testa Castelli per un matrimonio di sapori che esalterà le caratteristiche peculiari di entrambe i prodotti.

Il
Vigna Manti, chardonnay in purezza passato in barrique per sei mesi, sarà invece proposto insieme alla spianata romana Castelli, un abbinamento sicuramente inusuale, per certi versi temerario, ma che darà delle risposte sicuramente interessanti.

I
l Veste Porpora, blend di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot, è il primo rosso della degustazione e lo abbineremo ad un grande classico delle fraschette dei Castelli Romani: le coppiette di Frascati.

L’ultimo vino della Tenuta Ronci di Nepi che andremo a degustare sarà il Ronci, Cabernet Sauvignon al 100%, che con i suoi sentori di frutta croccante e spezie nere, la sua grande struttura e la sua persistenza, sarà il perfetto partner del tronchetto porchettato, altra grande specialità del salumificio Castelli realizzato con le parti pregiate del suino magro lavorate esclusivamente a mano seguendo le tecniche per la preparazione della porchetta.

Non vi è venuta l’acquolina in bocca? E allora che aspettate? Prenotate subito il laboratorio di degustazione su
www.eatalia.eu e seguite Percorsi di Vino!

Bordeaux 2007: focus su Sauternes e Barsac

Qua le cose cambiano di netto, a mio parere siamo di fronte ad una grandissima annata per questa area che si trova nella parte meridionale della regione vinicola di Bordeaux, all'interno del vasto territorio delle Graves, a circa 40 chilometri a sud-est dalla città di Bordeaux.
Vini dolci emozionanti, freschi, dotati di un frutto cristallino e di una botrytis che spesso non si è fatta sentire durante la degustazione, segno che l’annata, a dispetto di quanto scritto da Aline Baly di Coutet, non è stata così ricco di muffa nobile. Oppure è la tanta frutta, giovane e vibrante, che nasconde in questo momento la botrytis?

Chateau Bastor-Lamontagne 2007: che goduria questo naso dove spiccano, intensissimi, aromi di buccia di arancia, limone candito, litchi, pompelmo, pesca, pasticceria. In bocca è denso, pieno, splendidamente bilanciato tra zuccheri (che si sentono subito al primo sorso) e acidità che tende dopo qualche secondo a pulire il palato senza far risultare il vino pesante. Intensissimo e persistente il finale dove torna la pasticceria con una nota di bignè alla crema da sballo.

Chateau Guiraud 2007: naso di media complessità dove di evidenziano sbuffi di agrumi canditi, frutta esotica matura, miele e pasticceria. Piuttosto denso e marcato al palato, forse non ancora equilibrato visto che la dolcezza e la botrytis sono piuttosto marcati. Stimolante il finale su note di miele e frutta esotica candita.

Chateau La Tour Blanche 2007: naso leggermente più delicato rispetto ai precedenti vini, si odono echi di miele e la frutta non è più candita, sento moltissimo la mela golden, la susina matura e il frutto della passione. Leggero cenno floreale. In bocca che irradia un morbido calore, stemperato da succosa freschezza e vena sapida che sfuma in macedonia di frutta esotica. Ricorda molto l’annata 2005.

Chateau Suduiraut 2007: un vino che sprigiona al naso forza ed eleganza con richiami di arance candite, kaki, zafferano, caramello e una lieve nota iodata che denota la presenza di una elegante botrytis. Dolce al palato anche se la freschezza gustativa e la sapidità offrono ampio contrasto. Vino molto elegante che ha dalla sua anche una grandissima chiusura finale incentrata su note tostate e di frutta gialla matura.

Chateau Climens 2007: naso molto esotico il suo, tanti i richiami al mango, all’ananas e al frutto della passione, poi esce la nota tostata, nocciola, mandorla amara, pasticceria da forno. In bocca entra in punta di piedi, cremoso, e poi esplode allargandosi con la sua trama, fresca e sapida, che tengono tutta la struttura in grande equilibrio. Persistenza da record che gioca le sue componenti aromatiche su ritorni iodati, segno di una botrytis presente ma ben amalgamata al tutto. Ottimo davvero.

Chateau Coutet 2007: all’olfatto la prima cosa che sentiamo è l’elegante nota di miele, sembra di mettere il naso in un sacchetto di caramelle Sperlari. Col tempo, poi, esce la frutta, arancia candita e litchi, e una splendida nota di spezie orientali. In bocca il vino è perfettamente armonico anche se manca un po’ della ricchezza che avevano trovato al naso. Rimane un vino estremamente elegante con una splendida nota di miele a chiusura del sorso.

La nuova via del commercio enologico: il Baratto Wine Day

Avete delle bottiglie che non vi piacciono più? Avete qualche doppione come succedeva con le figurine? Siete stanchi di bere sempre e solo Barolo e volete scambiare la vostra preziosa bottiglia un un Amarone d'antan?

Bene, se domenica 29 novembre siete in zona Rocca di Reggiolo (RE), o se anche non lo siete, non potete non partecipare alla prima edizione del Baratto Wine Day. Discovering the wines of Roussillon Nata da un ‘idea di Studio Cru di Vicenza, la manifestazione si presenta come uno spazio di condivisione e di libero scambio di bottiglie di vino.

Poche e semplici le regole: ingresso con minimo 6 bottiglie da scambiare e bandito l’utilizzo di denaro. Il resto viene lasciato alla capacità contrattuale dei partecipanti, senza alcun limite, nel vero spirito del baratto. Il Baratto Wine Day si inserisce in un programma più articolato che prevede i festeggiamenti per il compleanno dell’Acetaia San Giacomo, produttice di Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia a Novellara sabato 29, sempre presso la Rocca di Reggiolo, a partire dalle 22.00.

La domenica invece il grosso del programma: il Baratto Wine Day dalle 10.00 alle 16.00, intervallato alle 13 da un pranzo con alcuni dei produttori più interessanti della nouvelle vague del Lambrusco: Cinque Campi, Le Barbaterre, Vittorio Graziano e Storchi. Sarà un pranzo aperto al dialogo, in cui i produttori si mescoleranno agli ospiti per spiegare e illustrare, in un’atmosfera informale, i loro vini e la loro filosofia produttiva, che li sta portando alla ribalta del mondo un tempo dimenticato del Lambrusco.

A seguire, all’interno della biblioteca civica di Reggiolo, la presentazione del libro dello chef Gianni D’Amato: “Rigoletto: Sinfonie del Gusto”, edito da Gribaudo Editore. A seguire buffet in Rocca per assaggiare alcune delle creazioni del cuoco Reggiano.

L'idea è sicuramente carina e poi, alla fine, ogni scusa è buona per poter bere del buon vino e mangiare alla grande. Sarebbe carino, se la formula funziona, replicarlo anche in altre città. A Roma, la mia città, ci saranno collezionisti o semplici amatori pronti a scambiarsi bottiglie convinti di poter fare l'affare del secolo? Secondo me sì! Rimaniamo sintonizzati allora. Ah, per maggiori informazioni andate sul sito www.barattowineday.it oppure telefonare al 392.9286448.

Gelardini e Romani ed il Gran Galà Grand Cru d’Italia

Lo scorso venerdì a a Roma, nella fantastica sede di Villa Aurelia, la Gelardini&Romani Wine Auction ha presentato il Gran Galà Grand Cru d’Italia, una serata volta alla scoperta dei 28 vini del Bel Paese più ricercati ed apprezzati dai collezionisti di tutto il mondo. Masseto, Monfortino, Biondi Santi, Gaja, Tignanello, Pergole Torte, Messorio, Dal Forno e molti altri vini sono stati classificati in base ai maggiori livelli di prezzo e alla minore percentuale di lotti invenduti dalla prima Casa d’Aste italiana specializzata in vino.
“Non è nostra intenzione promuovere l’ennesima guida sui vini – affermano Flaviano Gelardini e Raimondo Romani, i fondatori della Casa d’Aste -”nè, tantomeno, volevamo dare patenti di bontà ma, sfruttando un criterio oggettivo, e cioè le nostre aggiudicazioni, siamo riusciti a selezionare, per fasce di prezzo, i Grand Cru d'Italia più richiesti sul mercato, tanto che, come abbiamo spiegato nell'articolo uscito su "Il Mondo", se si vuole investire con sicurezza nel vino, non c'è niente, in Italia , al di fuori di questa lista.

E quale è la lista?

- Toscana - Brunello di Montalcino Riserva Biondi Santi
- Veneto - Amarone Riserva Dal Forno
- Piemonte - Barolo Monfortino G. Conterno

- Toscana - Super Tuscan Masseto Tenuta dell'Ornellaia

- Toscana - Super Tuscan Redigaffi Tua Rita
- Piemonte - Barolo Brunate Voerzio

- Piemonte - Barolo Rocche del Falletto B. Giacosa

- Veneto - Amarone Riserva Quintarelli
- Toscana - Super Tuscan Sassicaia Tenuta San Guido

- Piemonte - Barolo Sperss Gaja

- Toscana - Super Tuscan Solaia Antinori
- Toscana - Super Tuscan Messorio Le Macchiole
- Toscana - Brunello di Montalcino Riserva Soldera
- Toscana - Brunello di Montalcino Madonna del Piano Valdicava
- Piemonte - Barbaresco Asili B. Giacosa

- Piemonte - Barbaresco S.Stefano B. Giacosa

- Piemonte - Barolo Cascina Francia G. Conterno
- Piemonte - Barolo Granbussia A. Conterno
- Toscana -Super Tuscan L'Apparita Castello di Ama

- Piemonte - Barbaresco Gaja
- Toscana
- Super Tuscan Ornellaia Tenuta dell'Ornellaia

- Piemonte - Barolo Vigneto Arborina E. Altare

- Piemonte - Barolo Cannubi Boschis Sandrone
- Toscana - Super Tuscan Pergole Torte Montevertine

- Toscana - Super Tuscan Saffredi Le Pupille
- Toscana - Super Tuscan Tignanello Antinori
- Toscana Super Tuscan Oreno Sette Ponti

- Toscana - Super Tuscan Flaccianello Fontodi


Se cliccate qua trovate anche la suddivisione per fasce di prezzo presente sul sito ufficiale della casa d’aste. Percorsi di Vino ha seguito l’evento in parte, ho dovuto lasciare sul più bello causa i mille impegni per la programmazione di EAT-ALIA 2009 del prossimo 5/6/7 Dicembre a Roma. Però qualcosa ve la posso dire e cioè che:

• Il posto era da sogno e l’organizzazione come al solito;


• L’evento era troppo mondano per i miei gusti, troppe babbione e troppa gente con la puzzetta sotto il naso che, secondo me, non sa nemmeno la differenza tra un Brunello e un
o Chardonnay. La stessa gente ha poi invaso il buffet della California Catering nemmeno fossero tutti concorrenti dell’Isola dei Famosi;

• Il vino della serata è stato, come mi aspettavo, il Masseto 2007 che con €466,00 a bottiglia ha ottenuto l’aggiudicazione, per bottiglia, più alta dell’asta, superiore anche ai 1er Cru di Bordeaux (Cheval Blanc, Margaux e Latour che si sono fermati a €419,40). D'altra parte Chateau Lafite Rothschild 2008 registra l’aggiudicazione più elevata fra le Magnum con €855,40. Le aggiudicazioni sono state in linea con la Classificazione dei 28 Grand Cru d’Italia. Invenduti solo i lotti relativi ai Magnum di Solaia 2007 e di Barbaresco di Gaja 2007, maison quest’ultima che ha registrato la più alta percentuale di lotti invenduti dell’intera asta, tanto che meno del 50% dei lotti di Gaja hanno trovato un acquirente, contro una media di invenduti del resto dell’asta molto vicina allo zero.

Ultima considerazione: perché la gente sta in fissa per il Masseto, un vino certamente buono ma che non vale nemmeno un unghia rispetto a certi Bordeaux che costano uguale o di meno e che durano qualche decade in più? Potenza del marketing….