Mi candido fin da ora: wine blogger italiano cerca cantine californiane per giro di degustazioni e scoperta dell territorio. In cambio offro tanti articoli sul vino. Magari ce cascano, come si dice a Roma....
Tutto questa inutile ed ironica premessa iniziale è legata alla notizia, apparsa su WineNews, relativa alla decisione del Consorzio dei Colli Orientali del Friuli-Ramandolo di invitare a casa propria sei tra i più conosciuti bloggers del vino statunitensi.
Jeremy Parzen, Samantha Dugan, Alfonso Cevola, David McDuff, Nicolas Contenta e Wayne Young, gireranno in lungo e in largo tra le cantine dei Colli Orientali, dal 7 all’11 febbraio. E, soprattutto, scriveranno. I “magnifici sei” pubblicheranno impressioni e recensioni sul blog creato appositamente per questo evento e che, negli Stati Uniti, ha già suscitato interesse e registrato numerose visite. (info: www.cof2011.com).
“La “democratizzazione” dei media su internet - sottolinea il presidente dei Colli Orientali, Pierluigi Comelli - ha fatto crescere in maniera esponenziale il numero di blog che si occupano di vino (sono oltre 220 solo quelli in lingua inglese). Per le cantine con piccoli budget promozionali, si tratta di un’opportunità importante per farsi conoscere nel mondo, spendendo pochissimo”.
Jeremy Parzen, che gestisce il blog Do Bianchi (dobianchi.com) è segnalato all’interno dei 10 top wine blogs mondiali in lingua inglese. Parla principalmente di vini italiani, non tralasciando il cibo e il contorno storico culturale. Do Bianchi, che spesso tocca anche il migliaio di contatti giornalieri, cerca di offrire “una prospettiva umanistica nel mondo del cibo e del vino italiano”.
Samanta Dugan |
Anche i blog di Samanta Dugan, Samantha Sans Dosage (sansdosage.blogspot.com); David McDuff, McDuff’s Food and Wine Trail (mcduffwine.blogspot.com) e Alfonso Cevola, On the Wine Trail in Italy (acevola.blogspot.com), appaiono tra i primi 50 wine blogs del mondo nella speciale classifica di www.postrank.com. Wayne Young fa parte dello staff dell’azienda Bastianich, mentre Nicolas Contenta è una giovane blogger che, con il suo stile liberale e spiritoso, è capace di sintonizzarsi con i “nuovi” consumatori.
E' chiaro che tutto ciò impone al wine blogger italiano una serie di riflessioni. Anzitutto mi domando cosa ci stiamo a fare, che ruolo abbiamo, se davvero siamo utili alla causa del nostro amato Paese, se realmente siamo efficaci nel raccontare la cultura enologica del nostro territorio oppure, come spesso accade, siamo considerati solo carne da macello buona solo per incrementare la polemica italiana?
Il fatto che vengano gli americani mi spinge a pensare che la lingua italiana abbia dei limiti di comunicazione, dovremmo iniziare a scrivere in inglese o spagnolo ma, alla fine, realmente il vino italiano, quello diversamente Banfi o Casanova di Neri, è conosciuto ed apprezzato al di fuori del nostro confine?
A qualche asiatico interessa Ka Manciné? Sa cos'è il Rossese di Dolceacqua? O meglio che sull'etichetta ci sia scritto Lafite e chi si è visto visto?
Il discorso potrebbe essere vasto, potrei andare avanti per ore. Non c'è scoramente in me ma tanta voglia di andare avanti ed essere utile al vino della mia Terra. Signori noi siamo qua, gratis, avanti usateci!
27 commenti:
Se hai queste ambizioni, dovresti cominciare a scrivere i post in inglese...
Ci vedo i lati positivi in questa cosa.
A fronte di un budget limitato (rispetto ad esempio all'uso di testimonial o a campagne pubblicitarie sui media tradizionali), si hanno buone garanzie di penetrazione in quel mercato(posta la maggiore familiarità oltre oceano, con gli strumenti on line).
Ritengo altresì che operazioni di questo tipo siano possibili anche limitatamente al mercato interno (posta la volontà di prendere atto del rapporto nuovo che va configurandosi tra produttore e consumatore).
Mi sembra che l'iniziativa abbia l'intento di porsi in modo dinamico, all'interno del rapporto tra offerta e domanda; puntando a sollecitare quest'ultima attraverso la comunicazione mirata ed adeguata ai tempi.
Andrea, lamentazioni inutili le tue. L'idea di questo invito ad un gruppo di wine blogger americani nasce da un americano che lavora in Friuli in un'azienda di proprietà americana. Ed il fatto di affidare questo live wine blogging ad un gruppo di americani e non di italiani é legato al fatto che il Consorzio dei Colli Orientali del Friuli intende sensibilizzare l'attenzione del mercato e dei consumatori americani ai propri vini.
Tutto qui. Nessuna preclusione nei confronti degli italiani.
Mi pare che altre zone e altri Consorzi abbiano attivato, a favore di wine blog italiani, iniziative del genere...
Ma io non mi sto lamentando, sto solo pensando al fatto che la lingua italiana abbia dei limiti di comunicazione in queste vicende e, anche scrivendo in inglese, non so se riusciremmo a suscitare la curiosità del "popolo del vino estero".
Siamo glocal anche in questo?
qualcuno mi darà dell'arrogante, del presuntuoso e dello "spocchioso" (ma chi se ne frega) ma io ricordo che pur scritto in italiano il mio blog conta mediamente un 25-30% di visite fuori Italia, un po' in tutto il mondo.
La lingua é importante, ma anche i contenuti credo facciano la loro parte...
Anche io, come penso molti blog, ho molte visite da tutto il mondo, in primis dalla vicina Svizzera. Non ho mai capito però se è gente che mi legge, gente che capita per sbaglio, un misto di tutto ciò. Magari qualche italiano all'estero che si vuole tenere informato. Grande curiosità che Google Analytics non riesce soddisfare
...di professionisti del blog stiamo parlando, diciamo che per questi signori qui, americani o no che siano, è un lavoro parlare di vino.
Correttamente quindi tu parli di "promozione a basso costo" ed io per nulla scandalizzato della cosa plaudo ma ribadisco che il blog era nato per ben altro.
I commenti su blog di questi qui hanno lo stesso valore di un comunicato promozionale su Canale 5 o Tele Libera Montelupo: a pagamento sono. Certo tu cogli bene la differenza: costano meno.
non concordo assolutamente con Stefano. Il live blogging assicurato da questi ottimi, e seguitissimi,wine blogger americani non può essere in alcun modo definito "comunicato promozionale". Non si tratta di redazionali pubblicitari, non si tratta di "marchette". Questi vengono invitati in Italia, visiteranno delle aziende, degusteranno dei vini e ne scriveranno. Come ne scrivereste voi, liberamente, se foste stati invitati al posto loro. Non capisco proprio questa prevenzione e questa forma rancorosa nei confronti di fior di protagonisti della comunicazione del vino via blog negli States...
A meno che non si voglia chiamare in causa Esopo...
Premetto che ognuno può dire ciò che vuole ma il mio discorso certo non era volto, direttamente o indirettamente, squalificare questi professionisti. La mia era solo una riflessione sulla diversa forma comunicativa che possiamo avere tra America e Italia. Se Stefano pensa quello che ha scritto avrà i suoi motivi e sarei curioso di saperli.
Franco, La Volpe e l'Uva non è la mia favola preferita
Certo, ne scriveranno. Ma voglio vedere se hanno il coraggio di scrivere delle stroncature nette, di sottolieare severamente ciò che non gli è piaciuto, dopo aver ben mangiato e dormito,con finanziamento altrui. Non possiamo definirla informazione indipendente, meno ingenuamente possiamo dire che danno visibilità ad una zona a basso costo. In questo sono più d'accordo con Stefano che con Franco. Diverso sarebbe stato il discorso se si fossero mossi con mezzi propri, senza quindi nessuna remora "di riconoscenza" nel poter scrivere "senza rete" ciò che pensano...
Questo se vogliamo fare un discorso non ingenuo. Ad ogni modo, basterà leggere quello che scriveranno i blogger americani per avere una riprova del tipo di approccio medio.
Esempio, Wayne Young ha la libertà di parlare male dei vini di Bastianich? Non credo proprio!
Va benissimo così, per carità. Ma non mi si voglia far passare per bischero con i discorsi della libera opinione, sono particolarmente sensibile su questi argomenti. E ne ho già scritto ampiamente da varie parti(ma posso rifarlo in ogni momento...)
non condivido, anzi sono infastidito da questa contestazione rancorosa e prevenuta della serietà, dell'indipendenza, della libertà di giudizio dei wine blogger americani all'opera in Friuli.Prima lasciateli scrivere e poi giudicate!
Sono sempre più persuaso che il paragone alla favoletta La volpe e l'uva che ho già fatto sia perfettamente calzante...
Parlo per me che ho scritt il post. non sto contestando nessuno, nessun rancore verso nessuno.
ho solo ripensato al ruolo di un italian wine blogger rispetto al potere e al peso di un american wine blogger.
ho il mio lavoro e il mio stipendio e prego Dio di non fare questo di professione
Leggo testuale "Wayne Young fa parte dello staff dell’azienda Bastianich", da cui il mio esempio.
Franco, non è necessario essere d'accordo su tutto, no problem...
Sulla volpe e l'uva, almeno aspetta di conoscermi di persona per valutare se mi calza caratterialmente. Cerco di fare un discorso di deontologia. Per i blogger le maglie sono necessariamente (direi anche giustamente) più larghe... L'idea di un albo dei blogger mi farebbe rabbrividire, ma devo essere obbiettivo per cercare di giudicare ogni volta le condizioni al contorno entro cui il blogger scrive. Ho difeso spesso i blogger da attacchi interessati e pretestuosi dei giornalisti, stavolta mi sembrava giusto fare questa precisazione, visto che è il mio esatto pensiero sull'argomento.
Vi posso assicurare che i bloggers possono liberamente scrivere (o scegliere di non scrivere) tutto quello che vogliono. Chi ha seguito la vicenda dell'anteprima della Barbera (marzo 2010) nell'astigiano, un progetto il quale è servito come modello per il presente, ha visto che i bloggers hanno anche riferito delle impressioni spesso molto negativi su i vini proposti. Non sarebbe il caso di aspettare un attimo e vedere cosa scriveranno i bloggers americani prima di esprimere giudizi così severi? Tra i bloggers coinvolti nel progetto COF2011, l'unico compensato dagli organizzatori sono io (in quanto guida e interprete e curatore del blog dedicato al progetto). Gli altri sono qui esclusivamente in quanto sono "osservatori" (non pagati) della realtà friulana vinicola. È vero — lo sappiamo tutti — che ormai l'inglese è diventato la lingua franca del vino. E si sa inoltre che il mercato americano ormai è diventato quello più significativo per i viticoltori italiani in generale (pensate ai toscani e ai piemontesi che imbottigliano il Cabernet Sauvignon esclusivamente per gli americani amanti del vino barricato!). Il fatto è che i friulani vendono la maggior parte dei loro prodotti in Italia e comunque in Europa. È vero comunque che questa è un iniziativa pubbliredazionale ma vi posso assicurare che i bloggers scriveranno liberamente di quello che assaggiano. Tutto qui.
Vi ringrazio in ogni caso per la segnalazione e per l'attenzione prestataci e vi inviterei caldamente a intervenire sul blog http://cof2011.com (e nel caso voleste partecipare con un contributo scritto in italiano, sarei disponibile per l'eventuale traduzione dall'italiano all'inglese).
Per chi volesse scrivermi direttamente, ecco l'email: jparzen [at] gmail [dot] com
Jeremy Parzen
Ciao Jeremy e grazie del tuo intervento. Come puoi vedere il mio post era tutt'altro che polemico anzi, mi ponevo della domande sulla reale potenzialità dei wine blogger italiani nel comunicare il vino.
Secondo te quali sono le differenze? Che ruolo e che "potere" hanno i wine blogger americani nel loro paese?
Ok, Jeremy, vi do credito. Mi piace anche la precisazione sul publi-redazionale, che inserisce nel giusto contesto questa iniziativa e ne da un'ottica onesta e non pretenziosa. Il mondo perfetto non esiste, una valutazione con condizioni al contorno effettivamente ideali è impossibile. Accontentiamoci di questa valutazione "ad invito". Leggerò volentieri i vostri commenti, sperando di trovare rappresentate tutta la pluralità dei punti di vista degli appassionati-consumatori...
Buon lavoro!
Visto Jeremy? "Blessed" dal credito concesso da Davide Bonucci e da Andrea Petrini potrete finalmente svolgere al meglio, con libertà ed indipendenza di giudizio, il vostro lavoro..
Franco se vuoi tirarmi dentro questa polemica posso dirti che non ci sto. Rileggi tutto quello che ho scritto con calma, anche la risposa a JEremy, e poi mi spieghi dove ho dato la mia benedizione o dove metto in discussione delle persone che, tra l'altro, non conosco e mi piacerebbe conoscere.
Mi spiace che sei intervuto per la prima volta sul mio blog con l'intento di darmi/darci degli invidiosi quando qua si sta facendo un discoro generale e ragionato.
Poi se la tua vena polemica è solo per difendere i tuoi amici allora stai tranquillo, Jeremy ha capito il senso del post e ha risposto da grand signore.
Ciao Andrea, ritengo la tua domanda pertinente visto che me la sono posta anch'io diverse volte e credo che in effetti l'uso della lingua italiana sia comunque limitante, anche nei confronti dei contenuti di qualità. Detto questo è anche vero che lo stile di un blog anglosassone è molto diverso da quello di uno italiano, per cui è difficile coniugare le due "vision". Sarebbe invece interessante avere un confronto diretto, nel senso di creare piattaforme "globali" come nel caso di "palate press".
Trovo le puntualizzazioni di Franco doverose, anche se calcare i "puntini sulle i" mi sembra al tempo stesso sterile, perchè al discorso ci si può girare intorno, ma un articolo publi-redazionale rimane tale, su questo mi trovo d'accordo con Davide. Detto questo vado senz'altro a leggermi con piacere e senza pregiudizi cof2011.com ;-)
A presto
Mirco
Mirco secondo te quale è la principale differenza circa lo stile?
Sicuramente un tono più spettacolarizzato, che a volte non disdegna la "patinatura", e al tempo stesso ancora molto canonico nella parte descrittiva della degustazione, ecco, su questo mi sembra che da parte italiana ci sia un po' più di ricerca nel linguaggio, a scapito a volte della fluidità di lettura. Sicuramente pecchiamo ancora molto in autoreferenzialità, mentre il tono anglosassone mi sembra ancora molto "divertito", più spensierato.
Interessante la tua notazione, Mirco. Penso faccia parte proprio del carattere nazionale: noi più contorti, gli americani più estroversi e pragmatici.
Sul tono spettacolarizzato, girano dei video molto divertenti e desacralizzanti, tipo Sadat X & Will Tell... scansonati e fuori di testa :-D
Sul resto, la risposta di Jeremy mi sembra particolarmente centrata e condivisibile. Le mie notazioni restano "procedurali" e partono da altri precedenti. Non da molto abbiamo parlato delle modalità di giudizio di Suckling. Diciamo che c'è un po' diffidenza aprioristica, proprio per colpa di quel tipo di approccio mellifluo, diventato insopportabile.
@ Andrea
lo so bene che Jeremy ha capito il senso del post e "ha risposto da grande signore". Io che evidentemente "signore" non sono, vorrà dire che andrò a scuola di bon ton e di buone maniere da lui...
Continui ad equivocare il senso del mio post e il senso delle mie parole che non vedono astio alcuno nei tuoi confronti e nei confronti dei blogger americani.
quello che mi interessava me lo ha confermato Mirco.
Ciao Andrea,
I'll write in English..since it seems appropriate to the questions you address in your post.
I am a writer, journalist and blogger living in Italy for more than 30 years. Yet I choose to write and communicate with a broader audience in English. I'm lucky enough to be able to follow all the Italian blogs - about food, wine mostly - but realize that most of the world can't, due to language barriers.
I do in fact think that many Italian blogs are limited. Not only in their audience, but also in the topics they cover. So much of what is discussed in Italian blogs is so self referential, that not even someone who speaks fluent Italian can follow the nuances.
If Italian bloggers are to have a bigger influence beyond their boarders then yes, I do believe that at least some of the posts should be translated into English. In doing so, it can only increase the discourse both ways, don't you think?
Ciao Elizabeth, io penso che non sia sufficiente scrivere o tradurre i post in inglese. Penso, come te hai scritto, che anche il contenuto sia importante perchè ad un americano, ad esempio, poco importa sapere i problemi interni della Doc Frascati che forse è anche un vino che non conosce. Come scritto da più persone bisogna scrivere pensando a quel pubblico cercando un argomento di loro interesse che, magari, non frega nulla ad un italiano.
Sbaglio?
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