"Gomiti alle stelle"!!


Il Movimento Turismo del Vino sicuramente è un'istituzione che nasce nel 1993 con l’obiettivo di promuovere la cultura del vino attraverso le visite nei luoghi di produzione. Fine meritevole se spesso rimane puramente teorico. Spesso tutte le feste organizzate dalla suddetta istituzione,  Cantine Aperte o Calici alle Stelle non fa differenza, alla fine finiscono con una ubriacatura collettiva dei cosiddetti enoturisti che, nella maggior parte dei casi, tutto sono meno che  appassionati della cultura del vino. 


Non nascondiamoci dietro un dito, a Calici alle Stelle le persone ci vanno per passare una nottata per mangiare e bere gratis mentre le aziende, sì la colpa è anche loro, aderiscono per cercare di vendere qualche bottiglia in più.
Il risultato di questa alchimia enogastronomica lo possiamo leggere nelle pagine della cronaca del Corriere del Mezzogiorno di qualche giorno fa. 

Eccola la cultura del vino!

LECCE — Oltre cento persone sono state soccorse nella notte di San Lorenzo. Reduci dal vino servito a «Calici di stelle», la festa enogastronomica nel centro storico di Lecce e dai falò sulle spiagge vicine, in tanti sono finiti al pronto soccorso per il troppo alcool. 

LA FESTA E L'ALCOOL - Musica, divertimento e qualche bicchiere di troppo hanno avuto effetti devastanti. Tanto da trasformare la festa in una disavventura. Così molti giovani e anche adulti hanno trascorso la notte delle stelle all’ospedale Vito Fazzi di Lecce per disintossicarsi da vino e cocktail di ogni genere. Gran lavoro quindi per i medici del 118 che soltanto in città hanno soccorso ben centodieci persone completamente ubriache. 
Ad accusare i malori sono stati soprattutto gli ospiti di «Calici di stelle», la manifestazione dedicata all’enogastronomia che nella notte tra martedì e mercoledì ha riempito di gente i vicoli del centro barocco. 
Qui molti appassionati di vino, tra cui folle di turisti, hanno esagerato nell’assaggiare bianchi e rossi insieme, bevendo a volontà per ore. Poi sono arrivati i primi malori e le chiamate al pronto soccorso. C’è stato addirittura chi è svenuto per strada dopo aver alzato troppo il gomito. Alle prime richieste di aiuto sono subito intervenuti gli operatori del 118. 


Eppure la manifestazione, organizzata da Movimento turismo del vino e Apt Lecce, aveva uno slogan ben preciso: «Bevi responsabilmente».  
È stato l’assessorato al Turismo della Regione Puglia ad organizzare la campagna di sensibilizzazione alla sicurezza che evidentemente è stata ignorata da quanti hanno preferito fare il pieno di cibo e vino


E' questo il prezzo della cultura del vino?

Che ne pensa Chiara Lungarotti, presidentessa del Movimento del Vino?

Sono questi i veri appassionati oppure i veri enoturisti sono quelli che rifuggono queste manifestazioni perchè loro in cantina ci vanno tutto l'anno (magari trattati anche come tali)?

Domande alle quali chiederò risposta, prima o poi.

5 commenti:

Rinaldo ha detto...

Starei però attento a generalizzare. Potrebbe essere stato un caso isolato sfuggito al controllo oppure mal gestito.
Un indizio non fa ancora una prova.

Andrea Petrini ha detto...

Rinaldo la mia esperienza in tema di Cantine Aperte, Calici alle Stelle e altro mi porta a scrivere quanto sopra. non credo che i veri .ìappassionati come me e te aspettino queste manifestazioni per scoprire nuovi vini o produttori.
Ho visto solo gente che voleva bere e mangiare. una sagra come un'altra..

Rinaldo ha detto...

Certamente questi eventi hanno il loro target e sono conformati ad esso. Hanno funzione promozionale per una fascia di mercato. Allora proprio in questo senso, convenendo con te, chi organizza potrebbe fare uno sforzo in più per dare agli eventi stessi un carattere meno goliardico e più vicino alla componente culturale o valoriale del vino(che deve ab origine esserne considerata elemento costitutivo, anche dall'eventuale nuovo consumatore acquisito).

Fabio Colombo ha detto...

Le iniziative potrebbero valere a qualcosa se sfruttate al meglio. Sono stato di recente al Lorenzi Nacht a Bolzano tanto per citarne uno e devo dire che di produttori ce n'era qualcheduno d'interessante. Il fatto è che vengono gestiti gli stand da venditori o hostess, per cui anche chi avesse interesse ad approfondire un discorso si troverebbe spiazzato. Tanto che preferisco fare una cernita dei produttori e andarli a visitare di persona, per parlare, fare domande, conoscere il terroir, la cultura dell'azienda e degustare vini in loco. Capita di conoscere i proprietari, persone affabili e volenterose di approfondire gli argomenti e poi di essere guidati tra le fatiche della vigna, viste le innovazioni apportate e finire per capire che le pratiche in cantina sono l'ultimo dei pensieri. Queste manifestazioni sono invece lo specchio dell'immagine di un popolo che si ritiene maturo, capace di esprimere giudizi senza peraltro conoscere il valore della cultura enogastronomica. Tanti leggono guide, altri fanno corsi, qualcuno conosce a memoria citazioni di un Robert Parker e le prende per oro colato. Dov'è finito il proprio gusto? Si prende un Barolo, lo si paga un occhio della testa e si finisce per definirlo un'eccellenza. E allora si chiede: annata, produttore, territorio, pratiche cantina, numero bottiglie, ettari vitati e nessuno sa dare un riscontro. Perché è un Barolo, eppure mi è capitato di gustarne di davvero mediocri. Trovo invece istruttivo far conoscere fin dalle scuole le piccole realtà produttive locali e riscoprire il gusto del "semplice". Quanti vini ormai al gusto e all'olfatto sono identici l'uno all'altro... dove sono le pratiche basate sull'esperienza, sulla capacità, sull'improvvisazione che rendono un bicchiere di vino un'esperienza unica? In Calabria per esempio ogni realtà è a sé: passi da un contadino e assaggi un vino fatto in casa che risulta essere un'esperienza interessante, magari nemmeno piacevole da tutti i punti di vista. Tante cantine oggi si sono attrezzate con edifici megalitici per esprimere una pochezza di vino alla moda senza alcun carattere e personalità. E tra queste appaiono le grandi marche... perché poi? Per via della qualità che deve essere sempre la medesima sul mercato e i 3mio di bottiglie devono esprimere lo stesso concetto: standardizzazione. Forse è una mia estremizzazione, e anche una generalizzazione ma come italiani, popolo eclettico, dovremmo essere capaci di esprimere più noi stessi, che accondiscere alla domanda di mercato per fare salva l'economia di fine anno. Altrimenti potremmo impiantare tutti il bombino bianco e pagà i debit come si fa in certe zone d'Italia...

Fabio Colombo ha detto...

Le iniziative potrebbero valere a qualcosa se sfruttate al meglio. Sono stato di recente al Lorenzi Nacht a Bolzano tanto per citarne uno e devo dire che di produttori ce n'era qualcheduno d'interessante. Il fatto è che vengono gestiti gli stand da venditori o hostess, per cui anche chi avesse interesse ad approfondire un discorso si troverebbe spiazzato. Tanto che preferisco fare una cernita dei produttori e andarli a visitare di persona, per parlare, fare domande, conoscere il terroir, la cultura dell'azienda e degustare vini in loco. Capita di conoscere i proprietari, persone affabili e volenterose di approfondire gli argomenti e poi di essere guidati tra le fatiche della vigna, viste le innovazioni apportate e finire per capire che le pratiche in cantina sono l'ultimo dei pensieri. Queste manifestazioni sono invece lo specchio dell'immagine di un popolo che si ritiene maturo, capace di esprimere giudizi senza peraltro conoscere il valore della cultura enogastronomica. Tanti leggono guide, altri fanno corsi, qualcuno conosce a memoria citazioni di un Robert Parker e le prende per oro colato. Dov'è finito il proprio gusto? Si prende un Barolo, lo si paga un occhio della testa e si finisce per definirlo un'eccellenza. E allora si chiede: annata, produttore, territorio, pratiche cantina, numero bottiglie, ettari vitati e nessuno sa dare un riscontro. Perché è un Barolo, eppure mi è capitato di gustarne di davvero mediocri. Trovo invece istruttivo far conoscere fin dalle scuole le piccole realtà produttive locali e riscoprire il gusto del "semplice". Quanti vini ormai al gusto e all'olfatto sono identici l'uno all'altro... dove sono le pratiche basate sull'esperienza, sulla capacità, sull'improvvisazione che rendono un bicchiere di vino un'esperienza unica? In Calabria per esempio ogni realtà è a sé: passi da un contadino e assaggi un vino fatto in casa che risulta essere un'esperienza interessante, magari nemmeno piacevole da tutti i punti di vista. Tante cantine oggi si sono attrezzate con edifici megalitici per esprimere una pochezza di vino alla moda senza alcun carattere e personalità. E tra queste appaiono le grandi marche... perché poi? Per via della qualità che deve essere sempre la medesima sul mercato e i 3mio di bottiglie devono esprimere lo stesso concetto: standardizzazione. Forse è una mia estremizzazione, e anche una generalizzazione ma come italiani, popolo eclettico, dovremmo essere capaci di esprimere più noi stessi, che accondiscere alla domanda di mercato per fare salva l'economia di fine anno. Altrimenti potremmo impiantare tutti il bombino bianco e pagà i debit come si fa in certe zone d'Italia...