Champagne Raymond Boulard Prestige Tradition (Chardonnay 50 %, Pinot Noir 30%, Pinot Meunier 20%): sarà stato il caldo dell’ambiente o il fatto che la bottiglia era aperta da tanto, però mi aspettavo molto di più da questo champagne che si caratterizza per una buona sapidità e per una bocca poco convincente, specialmente in persistenza.
Klinec: lo sloveno timido, come amano definirlo, coltiva 5 ettari di vitigni vari con il sistema dell'agricoltura biodinamica nei pressi di Medana, non lontano dal castello di Dobrovo. Ho degustato in questo caso solo vini bianchi, splendidi, a partire da una Rebula 2007 dalla splendide note agrumate e di fiori, fino ad arrivare ad un Pinot Grigio 2007, dal colore aranciato (vedi foto) che, nel berlo, richiamava intensamente tutti i profumi e i caratteri della buccia dell’uva. Straordinario nella sua tipicità e caratterizzazione. Da non dimenticare, sempre di Klinec, il suo Tocai e la sua Malvasia.
Ciro Picariello: il suo Fiano di Avellino mi incanta sempre, per me la migliore tipologia di questo vigneto. Il 2005 mi intriga per la sua complessità mentre l’ultima annata in commercio, la 2007, è un’esplosione aromatica che non lascia mai la bocca. Un vino che riflette il produttore.
Azienda Agricola Bonaccorsi: altra scoperta, tra i vari vini da segnalare un posto d’onore lo attribuisco sicuramente al Valcerasa Etna Bianco 2007, 100% Carricante allevato ad alberello, caratterizzato da grande acidità e sapidità e profumi complessi. Forse sull’Etna hanno trovato l’altra faccia (bianca) del nerello mascalese.
Emidio Pepe: c’è chi lo odia per i suoi vini a volte “puzzettosi” mentre io, invece, lo amo visceralmente per le emozioni che il suo Montepulciano a volte sa dare, soprattutto nelle grande annate come il 2001 bevuto ieri, un vino di una eleganza netta e disarmante.
Bonavita: molti hanno parlato prima di me del loro Faro, un giusto mix di Nerello mascalese, Nerello cappuccio e Nocera che tra spezie e odori eterei ci porta in un’altra dimensione sensoriale. Ottimo anche il loro rosato, stesso uvaggio del Faro, che rappresenta un’ottima risposta allo stile provenzale.
Radikon: non c’è molto da dire su quest’altro artigiano del vino se non che il loro Merlot 1997 rappresenta un velluto sul mio palato e sulla mia anima. Oggi proverò i loro bianchi.
Oasi degli Angeli: oltre al “solito” Kurni, che nella versione 2007 trovo leggermente più equilibrato, da segnalare c’è soprattutto il loro Fragile 2000, Trebbiano vinificato in stile sherry che esce dopo aver fatto circa otto anni di botte. Un vino spiazzante, grasso, complesso, che non può esser paragonato a nulla se non a se stesso sia per complessità aromatica (ogni descrittore va bene secondo me) sia per impatto gusto-olfattivo (esplosivo). Peccato che sia una riserva privata e, per questo, un vino virtuale.
Camillo Donati: il Mio Lambrusco 2007 rappresenta una risposta, profonda e complessa, a tutte le bottiglie di “vinaccio” emiliano che troviamo in giro per i supermercati italiani. Non c’è dolcezza e stucchevolezza aromatica, la frutta nera si mischia alla terra, tutto è irresistibilmente speziato. Beva compulsiva.