Francesco Zonin è uno dei pochi imprenditori vinicoli che ha aperto un wine blog con lo scopo dichiarato di portare il web all’interno della sua Casa Vinicola che, come sappiamo, distribuisce in tutto il mondo e ha tenute sparse in tutta Italia e una anche in Virginia (USA).
Così come fece per primo Gianpaolo Paglia, anche Francesco Zonin nel 2008 ha lanciato il suo tasting panel aprendo una lista di degustazione per i soli wine blogger italiani con l’intento di far degustare a noi apparenti professionisti del palato i nuovi vini della Zonin, al fine di trarre dai successivi feedback importanti spunti di analisi (spesso commerciale). Con molto orgoglio sono entrato anche io nel suo tasting panel e la prima bottiglia che mi è arrivata è stata l’Astraio 2008, un bianco maremmano da solo uve viogner proveniente dall’azienda Rocca di Montemassi.
Siamo nel territorio della denominazione del Monteregio di Massa Marittima, in una terra aspra, a tratti selvaggia, dove molti imprenditori del vino stanno investendo con la convinzione che questo sia un territorio certamente vocato ma anche sottovalutato. Si spera forse in un altro miracolo così come successe anni fa nel territorio di Bolgheri. Le scelte della famiglia Zonin, come si legge su un vecchio articolo di winenews, hanno privilegiato un approccio rigorosamente coerente con la tradizione di questi luoghi: da un lato, un intervento sulle strutture pre-esistenti per la realizzazione degli edifici aziendali, stilisticamente conforme alla storia edilizia dell’area, piuttosto che una ristrutturazione tutta votata alla modernità; dall’altro, l’inserimento di un Museo della civiltà rurale nella tenuta, a memoria della vita contadina della Maremma “amara”, citando il titolo della famosa canzone popolare, immagine storica di questa terra, dove la vita era spesso duro lavoro soprattutto per i braccianti, che arrivavano nei periodi di semina e mietitura, offrendosi a giornata alle grandi fattorie del territorio.
“Questa nuova cantina la consideriamo - spiega Gianni Zonin - un piccolo gioiello della Maremma, la dimostrazione di come la costa Toscana sia uno straordinario territorio da vino, oltre che un luogo d’incanto. Ma è anche la dimostrazione di come la nostra famiglia ha sempre operato alla ricerca della massima qualità e per la valorizzazione dei territori e dei principali vitigni autoctoni italiani”.
La proprietà si estende su 430 ettari di cui 160 sono a vigneto piantato su un terreno di tipo siliceo-argilloso arricchito da preziosi minerali che, grazie anche al clima mediterraneo e la presenza costante di brezze marine, contribuiscono a mitigare le alte temperature estive e a mantenere sani i grappoli che maturano perfettamente.
Fatta questa opportuna premessa torniamo all’Astraio, un bianco inusuale da uve viognier che provengono da vitigni piantati su un banco calcareo che, secondo l’intento del produttore, dovrebbe fornire al vino una spiccata aromaticità.
Scusandomi immensamente con Francesco Zonin per il colpevole ritardo nella degustazione (gli altri l’hanno fatta circa 6 mesi fa) , h. o trovato l’Astraio 2008 di un bel colore paglierino carico, molto vivo, con al naso acuti aromi di pesca, agrumi, frutta tropicale che, man mano che il vini si apriva, si amalgamavano al chiaro richiamo del terroir che prendeva vita e forma in una forte e decisa scia minerale.
Ricordate gli aggettivi acuto, forte e deciso, saranno determinanti in fase di commento finale.
In bocca il vino entra ampio, morbido, abbastanza equilibrato, tornano le note sentite all’olfattiva con un tropicale misto ad un sapido minerale che prende il palato e lo lascia se non dopo qualche decina di secondi.
Un buon vino, certamente, ma che a me non ha convinto fino in fondo perché manca di quell’eleganza che ricerca, troppo opulento al naso, forse troppo generoso, un cavallo maremmano selvaggio non ancora domato alla perfezione.
In tale ambito condivido pienamente il commento che fece Mike Tommasi sul blog di Poggioargentiera quando parla del viogner come di un vitigno difficile, che raramente esprime qualcosa di buono al di fuori della zona Condrieu e che ci vuole poco per farlo diventare stucchevole, troppo generoso invece che dritto e senza storie come un grande Condrieu.
Spero che Francesco Zonin possa trovare qualche spunto di riflessione dalla mia degustazione per aggiustare il tiro e creare in futuro un vino che ha tutte le qualità per diventare un grande bianco italiano, soprattutto da invecchiamento.
Alla prossima!
Siamo nel territorio della denominazione del Monteregio di Massa Marittima, in una terra aspra, a tratti selvaggia, dove molti imprenditori del vino stanno investendo con la convinzione che questo sia un territorio certamente vocato ma anche sottovalutato. Si spera forse in un altro miracolo così come successe anni fa nel territorio di Bolgheri. Le scelte della famiglia Zonin, come si legge su un vecchio articolo di winenews, hanno privilegiato un approccio rigorosamente coerente con la tradizione di questi luoghi: da un lato, un intervento sulle strutture pre-esistenti per la realizzazione degli edifici aziendali, stilisticamente conforme alla storia edilizia dell’area, piuttosto che una ristrutturazione tutta votata alla modernità; dall’altro, l’inserimento di un Museo della civiltà rurale nella tenuta, a memoria della vita contadina della Maremma “amara”, citando il titolo della famosa canzone popolare, immagine storica di questa terra, dove la vita era spesso duro lavoro soprattutto per i braccianti, che arrivavano nei periodi di semina e mietitura, offrendosi a giornata alle grandi fattorie del territorio.
“Questa nuova cantina la consideriamo - spiega Gianni Zonin - un piccolo gioiello della Maremma, la dimostrazione di come la costa Toscana sia uno straordinario territorio da vino, oltre che un luogo d’incanto. Ma è anche la dimostrazione di come la nostra famiglia ha sempre operato alla ricerca della massima qualità e per la valorizzazione dei territori e dei principali vitigni autoctoni italiani”.
La proprietà si estende su 430 ettari di cui 160 sono a vigneto piantato su un terreno di tipo siliceo-argilloso arricchito da preziosi minerali che, grazie anche al clima mediterraneo e la presenza costante di brezze marine, contribuiscono a mitigare le alte temperature estive e a mantenere sani i grappoli che maturano perfettamente.
Fatta questa opportuna premessa torniamo all’Astraio, un bianco inusuale da uve viognier che provengono da vitigni piantati su un banco calcareo che, secondo l’intento del produttore, dovrebbe fornire al vino una spiccata aromaticità.
Scusandomi immensamente con Francesco Zonin per il colpevole ritardo nella degustazione (gli altri l’hanno fatta circa 6 mesi fa) , h. o trovato l’Astraio 2008 di un bel colore paglierino carico, molto vivo, con al naso acuti aromi di pesca, agrumi, frutta tropicale che, man mano che il vini si apriva, si amalgamavano al chiaro richiamo del terroir che prendeva vita e forma in una forte e decisa scia minerale.
Ricordate gli aggettivi acuto, forte e deciso, saranno determinanti in fase di commento finale.
In bocca il vino entra ampio, morbido, abbastanza equilibrato, tornano le note sentite all’olfattiva con un tropicale misto ad un sapido minerale che prende il palato e lo lascia se non dopo qualche decina di secondi.
Un buon vino, certamente, ma che a me non ha convinto fino in fondo perché manca di quell’eleganza che ricerca, troppo opulento al naso, forse troppo generoso, un cavallo maremmano selvaggio non ancora domato alla perfezione.
In tale ambito condivido pienamente il commento che fece Mike Tommasi sul blog di Poggioargentiera quando parla del viogner come di un vitigno difficile, che raramente esprime qualcosa di buono al di fuori della zona Condrieu e che ci vuole poco per farlo diventare stucchevole, troppo generoso invece che dritto e senza storie come un grande Condrieu.
Spero che Francesco Zonin possa trovare qualche spunto di riflessione dalla mia degustazione per aggiustare il tiro e creare in futuro un vino che ha tutte le qualità per diventare un grande bianco italiano, soprattutto da invecchiamento.
Alla prossima!
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