Ho comprato questa bottiglia diverso tempo fa presso la Città dell’Altra Economia di Roma con la convinzione che, prima o poi, riesca a bere un vino biologico laziale di una certa qualità.
Mi avevano parlato bene di Donato Giangirolami, piccolo vignaiolo laziale che da un po’ di tempo si è convertito ai metodi di produzione naturali.
L’azienda si compone di quattro corpi di cui due ricadenti nell’area dei Castelli Romani Doc, una ricadente nella zona Doc di Aprilia e l’ultima é iscritta all’albo dei vigneti I.G.T. Lazio.
Giangirolami, come detto, pratica l’agricoltura biologica, la sua uva è prodotta senza l’ausilio di prodotti chimici di sintesi, sia per i trattamenti che per la concimazione. In alternativa viene usato rame (max 5kg per ettaro all’anno) e zolfo, nonchè il bacillus thuringensis contro la tignoletta, in caso di necessitá, dopo aver verificato l’effettiva presenza delle uova del parassita sui grappoli.
Il vigneto é allevato a spalliera con potatura tipo guyot o cordone speronato.
La densitá di impianto é di 4.000 piante per ettaro. I vitigni sono Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah, Petit Verdot, Sauvignon, Malvasia Puntinata, Pignoletto, Vermentino, Grechetto di Orvieto, Chardonnay, Viognier, Falanghina, tutti con portinnesto SO4 per complessivi ha 38.
Non viene praticata l’irrigazione se non quella di soccorso.
La resa produttiva per ettaro é contenuta grazie alla mancanza di qualsiasi tipo di forzatura.
Il Peschio è uno dei suoi tre vini rossi (produce anche un syrah in purezza e un blend di petit verdot e syrah) dell’azienda agricola, figlio dell’unione di Cabernet Sauvignon (50%) Merlot (25%) e Syrah (25%) prodotti in località Le Ferriere (LT), zona particolarmente vocata nel Lazio visto che da quelle parti, nel 1968, piantò i suoi vigneti anche Bernardino Santarelli di Casale del Giglio.
Il millesimo 2005 che ho nel mio bicchiere ha un naso dolce, poco dinamico, composto da frutta rossa matura, mirtillo e ribes su tutti, poi cioccolato al latte, vaniglia, qualche tocco di pepe e una nota artificiale di gomma pane che un pò disturba il quadro olfattivo.
Va meglio in bocca dove pensavo fosse più stucchevole data le dolcezza del naso, invece le cose cambiano, migliorano leggermente in quanto il vino risulta equilibrato e le varie componenti sono ben fuse. Sicuramente un vino semplice, con una persistenza abbastanza limitata che comunque non va ad inficiare la bevibilità del Peschio che si mantiene di buon livello. Sarei curioso di provarlo con meno anni sulle spalle, forse ne gioverebbe la parte olfattiva che, dopo quasi quattro anni, segna decisamente il passo.
Per quasi 6 euro di costo allo scaffale è un vino da preferire a tanti altri prodotti da supermercato.
L’azienda si compone di quattro corpi di cui due ricadenti nell’area dei Castelli Romani Doc, una ricadente nella zona Doc di Aprilia e l’ultima é iscritta all’albo dei vigneti I.G.T. Lazio.
Giangirolami, come detto, pratica l’agricoltura biologica, la sua uva è prodotta senza l’ausilio di prodotti chimici di sintesi, sia per i trattamenti che per la concimazione. In alternativa viene usato rame (max 5kg per ettaro all’anno) e zolfo, nonchè il bacillus thuringensis contro la tignoletta, in caso di necessitá, dopo aver verificato l’effettiva presenza delle uova del parassita sui grappoli.
Il vigneto é allevato a spalliera con potatura tipo guyot o cordone speronato.
La densitá di impianto é di 4.000 piante per ettaro. I vitigni sono Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah, Petit Verdot, Sauvignon, Malvasia Puntinata, Pignoletto, Vermentino, Grechetto di Orvieto, Chardonnay, Viognier, Falanghina, tutti con portinnesto SO4 per complessivi ha 38.
Non viene praticata l’irrigazione se non quella di soccorso.
La resa produttiva per ettaro é contenuta grazie alla mancanza di qualsiasi tipo di forzatura.
Il Peschio è uno dei suoi tre vini rossi (produce anche un syrah in purezza e un blend di petit verdot e syrah) dell’azienda agricola, figlio dell’unione di Cabernet Sauvignon (50%) Merlot (25%) e Syrah (25%) prodotti in località Le Ferriere (LT), zona particolarmente vocata nel Lazio visto che da quelle parti, nel 1968, piantò i suoi vigneti anche Bernardino Santarelli di Casale del Giglio.
Il millesimo 2005 che ho nel mio bicchiere ha un naso dolce, poco dinamico, composto da frutta rossa matura, mirtillo e ribes su tutti, poi cioccolato al latte, vaniglia, qualche tocco di pepe e una nota artificiale di gomma pane che un pò disturba il quadro olfattivo.
Va meglio in bocca dove pensavo fosse più stucchevole data le dolcezza del naso, invece le cose cambiano, migliorano leggermente in quanto il vino risulta equilibrato e le varie componenti sono ben fuse. Sicuramente un vino semplice, con una persistenza abbastanza limitata che comunque non va ad inficiare la bevibilità del Peschio che si mantiene di buon livello. Sarei curioso di provarlo con meno anni sulle spalle, forse ne gioverebbe la parte olfattiva che, dopo quasi quattro anni, segna decisamente il passo.
Per quasi 6 euro di costo allo scaffale è un vino da preferire a tanti altri prodotti da supermercato.
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