di Roberto Giuliani
Chi conosce Franco Martinetti sa bene che è un perfezionista, direi maniacale, tanto che se c’è una critica che gli si può fare è di esserlo troppo, al punto che a volte i suoi vini perdono qualcosa in spontaneità, mancano di anima. Opinioni, ovviamente, di parte del mondo della critica enologica. Un argomento che affiora anche con altri “perfezionisti” del vino, come ad esempio Luigi Moio.
Ma non siamo qui per addentrarci in discussioni filosofiche, il mio compito è raccontarvi un vino che testimonia la sua capacità di tenere il tempo, come richiesto dalla nostra rubrica InvecchiatIGP.
In tempi dove si discute accesamente sui vini naturali (spesso a sproposito), con vere e proprie fazioni pro o contro, dove il tema centrale è la pulizia, l’approssimazione, a volte a ragione, a volte meno, ecco che sentire un vino così pulito appena versato nel calice, dopo essere stato chiuso in bottiglia per così tanto tempo, non può che spingere verso l’applauso.
Se poi pensiamo che questa è una Barbera, non un Barolo o un Barbaresco, che è figlia di un’annata calda che ha visto molti nomi blasonati cedere al tempo, allora chapeau bas per lo straordinario risultato.
Qui parliamo di frutta matura, non di confetture, non di frutta secca, non c’è alcuna traccia ossidativa; un equilibrio perfetto fra naso e bocca, un’acidità ancora vibrante e una succosità prepotente accendono tutti i sensi. In lontananza si afferrano note più tardive di tabacco, cuoio, ginepro e liquirizia, ma sono vive, non da vino “invecchiato”.
Assaggio e mi incanto, ogni sorso è una meraviglia, sinceramente non me lo aspettavo, non a questo livello. C’è sempre la possibilità di stupirsi, è questo il bello del mondo del vino.
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