di Luciano Pignataro
Non so se è giusto inserire un Fiano di Avellino di undici anni in questa rubrica. In realtà prove e controprove, studi scientifici anche, verticali e orizzontali, hanno ampiamente dimostrato che questo bianco non solo resiste al tempo ma migliora, si evolve, ed è questa la ragione per cui chi dimentica un Fiano di Avellino in cantina non sbaglia mai perché lo ritroverà migliorato sempre.
Uno dei riferimenti di questa DOCG è sicuramente Colli di Lapio di Clelia Romano che sta completando il passaggio generazione con Carmela e Federico ormai in prima battuta e il giovane enologo Michele D'Argenio che ha preso il testimone del grande Angelo Pizzi. Anche questa azienda, con un po' di ritardo, ha deciso di lanciare un Fiano con un anno di ritardo. La verità è che la purezza della frutta coltivata in Contrada Arianello del Comune di Lapio ha sempre messo questa azienda un passo avanti alle altre creando un vero e proprio club di appassionati che aspettano diversi anni prima di stappare queste preziose bottiglie in grado di competere con qualsiasi bianco nazionale e internazionale in degustazioni cieche. Ecco perché durante un pranzo estivo fra amici è spuntata questa magnum assolutamente perfetta. Dodici anni dalla vendemmia, il formato aiuta nella conservazione e nella evoluzione, il Fiano di Lapio si conferma essere assolutamente ricco e pieno. Oltre alla frutta ben evoluta, spezie dolci, note di macchia mediterranea e soprattutto la tipica evoluzione fumé che esalta al naso e in bocca odori e sapori. Al palato la freschezza domina assoluta e rende la beva elegante, pulita, la chiusura è lunghissima, passando dalla sensazione olfattiva tendente al dolce all'acidità rinfrescante sino all'amaro.
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