Val delle Corti: profumo di Chianti Classico tra le farfalle


Quando ho letto questa lettera mi si è stretto il cuore

Quest’anno eravamo felici. Le vigne erano inusitatamente rigogliose, avanti nella vegetazione, splendide.
Era in corso la fioritura, che lasciava sperare in un annata non solo buona, ma anche generosa nelle quantità.

Ieri sera il cielo si è abbuiato all’improvviso e, tra le 17 e le 18, si è scatenato l’Armageddon, prendendo in pieno una fascia di territorio su una direttrice sud/nord lunga più o meno 5 km e larga 1, che andava circa da San Giusto in Salcio ai lembi meridionali di Fontodi, seguendo la Valle della alta Pesa.
Al centro di questa fascia c’eravamo, tra gli altri, noi, Paolo Cianferoni di Caparsino, Montemaggio ed altri amici piccoli produttori.
Non so cosa sia successo nello specifico di ogni azienda. Posso solo dire che a Val delle Corti sono piovuti 120 mm. (= 12 cm.) di acqua e grandine in soli 55 minuti, con una violenza ed una intensità note fino ad ora solamente nelle zone monsoniche subtropicali.

A guardare le vigne fa male allo stomaco. Avete presente la faccia di Rocky alla fine dell’incontro con Apollo. Ecco, questo è lo spettacolo – e la sensazione.
I capi, ancora teneri, sono bastonati dappertutto ed oggi già pieni di macchie brune, le contusioni. Molte cime sono spezzate, le foglie sufficientemente tritate. I grappolini, dove per caso non erano un poco protetti all’interno del fogliame, strinati. Come se fossero stati presi tra le mani e sfregati vigorosamente. In certe parti è forse rimasto un terzo dei piccoli acini ancora attaccato. Diciamo che in certe parti il danno si aggira sul 70% ? E l’anno prossimo ? I capi sono in parte compromessi. Ce la faremo a sfangarla in modo dignitoso nonostante tutto ?

Si vedrà cosa accadrà nei prossimi giorni. Le temperature, l’umidità, che verso prende la stagione. Dovremo aspettare di vedere come reagiranno le piante a questa bastonata. Cercheremo di aiutarle come si può.
Io passo per un pessimista, ma credo che a questo giro il danno sia veramente grave.
Ci vediamo con piacere a Radda. Ma, siate buoni, non ci chiedete come va…

Roberto Bianchi è una bella persona, lo capisci pochi secondi dopo che lo conosci, e durante la mia visita a Radda in Chianti sono andato a trovarlo per portargli la mia solidarietà e, perché no, per capire come era il mondo a Val delle Corti.

Per prima cosa visitiamo il vigneto, vogliamo capire, vedere, toccare con mano quanto la Natura, se ci si mette, può essere devastante con se stessa e con l'uomo. Le foto dicono tutto.




Passato l'attimo di scoramento ci incamminiamo lungo il vigneto coltivato secondo metodi biologici/biodinamici dove l'alberese sembra confondersi con la terra fertile di queste parti.




La cosa bella di questa micromondo sapete qual'è? La presenza di tante farfalle in giro per il vigneto, una cosa che, a detta di Roberto, fa il paio con le centinaia di lucciole che ogni notte accendono il sangiovese di Val delle Corti.

Risalendo il crinale arriviamo nella piccola cantina artigianale formata da una decina di vecchie barrique e qualche tino d'acciaio.




"E' tutto qua" - mi dice con un sorriso - "ti aspettavi qualcosa di più grandioso?".

No, caro Roberto, chi crea vino come il tuo, mai falso e spregiudicato, non ha bisogno di grandi architetture e di lustrini e cottillons, bastano un bicchiere e poche gocce di sangiovese per capire con quanta passione e dedizione lavori.

Ci fa degustare quello che sarà il Chianti Classico 2008, da botte, figlio di un millesimo dove non si farà Riserva perchè le uve non erano all'altezza. Il vino è delizioso, nel calice abbiamo un sangiovese dal frutto carnoso che intriga per una bella trama minerale. Ad oggi non è così profondo però va giù che è una meraviglia visto che la freschezza non gli manca.

Roberto toglie il tappo ad un'altra barrique. "Assaggia questo!" - mi dice con aria fiera - "è la sarà la Riserva 2009, è già una meraviglia".

Aveva ragione, oh se aveva ragione, perchè questo sangiovese, che non uscirà prima di due anni, è gia oggi un Chianti Classico di grande rispetto che, nonostante sia ancora in affinamento, potrebbe dare i punti a molti prodotti in commercio.
La Riserva 2009, a parer mio, ha come marchi di fabbrica l'assoluta finezza, l'eleganza, l'equilibrio. E' un vino soave che Roberto si coccola come un bambino che crescendo, e questo lo sa perfettamente, gli darà tante soddisfazioni.

Ecco, l'ho scritto e lo ripeto ancora una volta:  Val delle Corti è una delle massime punte qualitative del Chianti Classico e noi (presunti) comunicatori del vino lo dobbiamo gridare e scrivere a caratteri cubitali.


Gabriele Bonci allo Slow Food Day di Roma


Era il testimonial di Slow Food Roma e, come al solito, le sue parole erano musica per le nostre orecchie. Ci vorrebbero però 10, 100, 1000 Bonci in tutta Italia!


Il Vinòforum a Roma non riesce proprio a piacermi. No!

 
Modalità enosnob incazzato accesa

Vinòforum non fa per me, più ci metto piede e più mi dico che, per il vero appassionato, questa fiera estiva romana non ha senso tranne piccole e rare eccezioni (di cui dirò successivamente).
Cosa non mi piace? Anzitutto, e l’ho scritto anche lo scorso anno, più che una manifestazione sul vino mi sembra una sorta di area per lo struscio serale dove aspiranti Veline con tacco dieci sono continuamente pedinate da orde di omaccioni mezzi sbronzi. Vabbè, poco male se si bevesse decentemente e si facesse reale cultura enoica. 


E qua casca l’asino.

La cosa più deprimente di Vinòforum è la quasi totale assenza dei produttori perché tutti gli stand sono in mano alle agenzie di distribuzione del vino. Cosa significa questo? Che, salvo sempre pochissime eccezioni, visto che ti approcci come privato appassionato nessuno ti si caga a meno che non sei un ristoratore/enotecaro possibile loro cliente. L’unico a darti retta è il solito sommelier che, ben istruito, ti mette una lacrima di vino nel bicchiere comunicando il vino con le solite due parole imparate a memoria.

Se vuoi incontrare il produttore e imparare realmente qualcosa su ciò che stai bevendo devi andare nell’area “Primovino”, una zona un po’ periferica e sfigatella della manifestazione. Ora, anche qua, mettiamoci d’accordo: perché chiamare “Primovino” la parte (microscopica) di Vinòforum dedicata al vino c.d. naturale? Oggi che questi vini vanno tanto di moda e che tutti si riempiono la bocca con il biologico e il biodinamico, chiamare “Primovino” questo stand significa non far capire nulla al nostro povero appassionato che deve decriptare il titolo solo dopo aver sfogliato il libercolo della manifestazione. Chiamare il tutto “Area Bio” è troppo difficile?
Dell’area ospitalità non voglio nemmeno parlare perché, proponendo solo champagne e divanetti bianchi stile Briatore, sembra di stare in Costa Smeralda nel senso più modaiolo ed osceno del termine.

Mondanità. Fonte: Porzioni Cremona
Che rimane? Le interessanti degustazioni guidate targate soprattutto AIS, il Birròforum dove trova spazio la birra artigianale con tanto di produttori al seguito, e lo spazio enoteche dove si susseguono al banco la maggior parte delle storiche enoteche di Roma e del Lazio.

Ah, ultima cosa: non aspettate di trovare le etichette migliori delle vari aziende rappresentate, solo vini base e qualche bottiglia nascosta per il cliente VIP.

Modalità enosnob incazzato spenta

Vini (poco) naturali....


Ieri, andando sul sito di VinNatur, ho letto tra le news che l'associazione ha deciso di analizzare, con metodo a campione, i prodotti dei loro associati presenti a "Villa Favorita 2011".


La sorpresa viene quando si legge che"..... le analisi svolte hanno visto la ricerca di 88 principi attivi di pesticidi (ossia la totalità dei prodotti chimici in commercio che vengono utilizzati per la cura del vigneto), le quantità di anidride solforosa (conservante per eccellenza del vino) ed il residuo di Rame metallo.   

In particolare, su un totale di 132 campioni analizzati 110 sono risultati completamente esenti da ogni tipo di pesticida, mentre i restanti 22 presentano 1 solo principio attivo e in qualche caso più di uno.

L'analisi dell'anidride solforosa  totale (metodo per distillazione) ha evidenziato che 35 vini risultano avere meno di 10 mg/l di anidride solforosa (la legge permette in questi casi di apporre in etichetta la dicitura “NON CONTIENE SOLFITI”), i restanti 97 vini sono al di sotto dei 70 mg/l con poche eccezioni che superano questo livello, quindi con valori ben al di sotto della media dei vini convenzionali.

Il monitoraggio del Rame residuo ha evidenziato, con grande soddisfazione, che nel complesso, tutti I vini non superano il  valore di 0,5 mg/l ; risultato ottimo considerando che il valore limite per legge è di 2,0 mg/l.

Vediamo ora nel dettaglio i risultati delle analisi:

- Totale vini aventi residui di pesticidi:  22, di cui 12 italiani, 5 francesi e 5 sloveni
- Numero di principi attivi riscontrati: 17 vini aventi un solo principio attivo, 3 aventi tre principi attivi e due aventi quattro principi attivi.
- Media di mg/kg (milligrammi su un chilo) di residui riscontrati sui 22 campioni: 0,076 mg/kg (la normativa europeo prevede in media un limite di 0,800 mg/kg)
- Principi attivi riscontrati: 16 di cui 13 fungicidi sistemici e 3 insetticidi. I più rilevati sono il Fenexamid (fungicida antibotritico) ed il Pirimetanil (fungicida antioidico).


Nonostante le spiegazioni di VinNatur che parla di possibili problemi di deriva (inquinamenti da vigneti limitrofi) o da uve acquistate e non gestite direttamente dal produttore (allora il problema è semmai il controllo dei tuoi fornitori), io comunque mi sento "tradito". Non da VinNatur che, in assenza di motivazioni plausibili, coerentemente estrometterà il socio "infedele", ma dal movimento "naturale" in generale che dovrebbe prevenire anzichè curare.
I 22 vini "diversamente Bio" non saranno certamente gli unici in commercio per cui la mia proposta è: si entra nel giro solo se meritevoli e questo implica una credibilità accertata preventivamente sia a livello chimico che morale.

Essere tanti, in questi casi, non significa essere forti perchè nel gioco di squadra la stronzata di uno diventa la stronzata di tutti e il famoso giocattolo, per dirla alla Mattiacci, rischia davvero di rompersi.

Ah, se ricordo le parole di Gravner..

La Visciola: la biodinamica nel Cesanese fa tendenza


Non sono un fan sfegatato del biologico anche se, devo ammettere, che una ventata di novità e coraggio nel mondo del vino la stanno portando quasi esclusivamente i produttori di quello che viene definito “vino naturale”.
Nel Lazio, in particolare, c’è una persona di nome Piero Macciocca che da un po’ di tempo sta cercando di rompere gli schemi di un vino che, troppo spesso, viene vinificato in maniera pesante ed opulenta: il Cesanese del Piglio.

I vini de La Visciola, piccola cantina biodinamica gestita egregiamente da Piero e sua moglie Rosa, nel panorama del Cesanese di oggi sono unici ed individuabili anche per un neofita alla cieca perché, contrariamente alla moda imperante nella zona, sono leggiadri e di femminile eleganza.
Con Piero ci incontriamo ad Anagni e da là iniziamo il tour presso i suoi tre Cru: Ju Quartu, Vignali e Mozzatta.

Jù Quarto è, secondo Macciocca, il vigneto da cui esce la sua versione “base” del cesanese, un fazzoletto di vigne degli anni ’60 in conversione biologica dal 2009. Rispetto al Vignali e al Mozzatta, la vigna presenta un clone di cesanese dal chicco più piccolo ed è allevata ad un’altezza media superiore. Ad oggi, come vedete dalle foto, tutto sembra andare per il meglio.



Il Vignali, invece, è il secondo Cru acquistato da Piero e Rosa ed è anche il vigneto dove, oltre al cesanese, troviamo anche la passerina che andrà nel loro Donna Rosa. Rispetto a Ju Quartu, il Vignali è in regime biodinamico da due anni e ha un clone di cesanese col chicco più grande del primo Cru. 


Da notare il terreno del vigneto che dopo due anni di regime biodinamico appare di grande fertilità!


Piero tra i filari usa la tecnica del sovescio che, come possiamo vedere dalle foto sottostanti, ha risultati sorprendenti. 
Notare la differenza tra la flora del suo vigneto e quello che un vigneto distante dal suo circa due metri...

Vigneto La Visciola

Altro vigneto...
Nel primo caso, oltre ai fiori, c'è la sola presenza di piante utili al vigneto. Nel secondo caso c'è il caos più totale di erbe infestanti...

Il vigneto Mozzatta, da sempre di proprietà della famiglia, è sempre stato condotto in maniera naturale fin dalle sue origini (anni '60) ed è il Cru più importante per La Visciola. Rispetto ai precedenti ha un clone di cesanese dal chicco grosso, il migliore secondo Piero, presenta una leggera pendenza ed ha una maggiore altitudine (circa 350 metri s.l.m.).
Basta fare un giro lungo il crinale per capire la magia di questo impianto dove talmente tutto è immacolato da trovarci anche le fragoline. Ho detto tutto...


La cantina è piccola e artigianale, trovano posto un paio di tini in acciaio e tre vasche di cemento. Un paio di barrique e tre botti più gradi (max 500 litri) completano la zona affinamento.

Cemento..

La Visciola vinifica solo uve passerina e cesanese che vengono fermentate tramite lieviti autoctoni e con l'unico controllo della temperatura dato dal condizionatore posto in cantina...
Due linee di produzione: la linea base è rappresentata dal quotidiano Cupella (bianco e rosso) che per entrambe le versioni risulta fresco e di grande bevibilità.

Il Donna Rosa, invece, è il vino proveniente dalle migliori viti di passerina del Vignali. Io ho degustato sia l'annata 2009, attualmente in commercio, che la 2010 da botte. Tra le due preferisco senza dubbio l'ultima annata perchè, vuoi per la maggiore esperienza di Piero, vuoi per il millesimo particolarmente favorevole, il Donna Rosa 2010 risulta profondo, intenso e intimamente bucolico con i suoi profumi vegetali e la fragrante frutta gialla. In bocca poi è ampio e deciso.


Per i rossi vale quanto scritto su Rosso Cesanese.  

Jù quartu 2009 rappresenta la frutta di bosco più croccante, la semplice definizione di un terroir che sta evolvendo verso l'eccellenza. Da tenere d'occhio il millesimo 2010 perchè, come ho scritto per il Donna Rosa, via via che passa il tempo vigna e vignaiolo diventano sempre più efficaci ed efficienti.

Col Vignali 2009 si cresce di complessità e profondità, il vino comincia a diventare bidimensionale visto che al cesto di fragole e ribes si aggiunge una verve terrosa molto seducente. Bocca dinamica e di buona struttura. La persistenza comincia a farsi sentire.

Il Mozzatta, a prescindere dall'annata, è sempre un vino emozionante perchè è un compendio di fiori e frutta rossa che fanno da contorno a sensazioni viscerali di radici e terra bagnata. In bocca si propone in tutta la sua scorrevole struttura. Ha tanta ciccia ma la nasconde bene sotto un abito di velluto. Ancora una volta il millesimo 2010 mi sembra molto meglio del già ottimo 2009. 

La Visciola rappresenta oggi uno dei fari della nuova Docg laziale anche se il suo stile, così fresco e "leggero", porta attualmente Macciocca ad essere un uomo solo al comando. 

E se fosse il suo cesanese il vero pinot nero del Lazio?

Gli OT di Percorsi di Vino: Google +1 per i blog



Per chi come me non è un aggiornato su ogni uscita tecnologica, segnalo con ritardo l'uscita di un bottone molto importante per chi, come me, ha un blog o un sito internet.
Si tratta del fatidico +1, una sorta di "mi piace" che potrai virtualmente schiacciare ogni volta che trovi un articolo particolarmente interessante. In particolare il pulsante permette agli utenti di raccommandare siti Web al proprio circuito sociale (il “social circle” di amicizie e conoscenze).

Per attivare Google +1, che su Blogger è inserito di default, basta visitare la pagina di Google Experimental Labs (http://www.google.com/experimental/), loggarsi con il proprio account Google (è necessario avere un profilo pubblico su Google) e poi cliccare sul tasto “Join this experiment” nella sezione “+1 button”.
Andando su www.google.com vedremo quindi nella homepage il messaggio “You are currently using an experimental version of Google search” ed effettuando ricerche troveremo il bottone +1 in SERP, di fianco al title.


Si ritiene che il +1 influenzerà il posizionamento dei siti internet visto che, ad esempio, un recente post pubblicato sull’Official Google Blog si chiude con una frase che suona più o meno così: “spero sarai d’accordo (con noi) che il pulsante +1 sul web rende ancor più facile suggerire i contenuti ai tuoi amici e ai tuoi contatti, e rende i risultati delle ricerche ancor più utili e pertinenti.”

Le statistiche saranno visibili nei Google Webmaster Tools, in Google Analytics e anche in Google AdWords (per quanto riguarda l’impatto del +1 nel CTR degli annunci pubblicitari). 

Nei report si potranno osservare dati:


• geografici: da dove provengono le attività legate al +1
• demografici: età/sesso di chi clicca sul bottone +1
• relativi ai contenuti: elenco degli URL che sono stati “votati”
• relativi all’impatto sulle ricerche: numero di impression, click e CTR

Che aspettate allora? Votatemi, votatemi e ancora votatemi!

Fonte: TagliaBlog

Mc Donald's e vino: solo a pensarci rabbrividisco


Domenica a pranzo. Mentre mi accingo a mangiare una bella lasagna della nonna leggo su internet che la redazione di Snooth si è divertita ad abbinare una gamma rappresentativa di 7 vini ad un classico menù di Mc Donald's. 

I vini scelti sono stati i seguenti:

2010 Avalon Sauvignon Blanc  California –  fresco e abbastanza facile

2009 Spice Route Chenin Blanc South Africa – vinello di grande struttura e legno

NV Voveti Prosecco Italy – il frizzante italiano

2010 Atazuri Garnacha Rose Spain – rosè bello fruttato e bilanciato

2009 Bertani Valpolicella Italy – medio corpo, tannino moderno e grande acidità

2010 Trapiche Malbec Argentina – tipio vino tutto frutta e vaniglia

2008 Red Rock Merlot Reserve
California – bella struttura e modernità da vendere

Il menù "light" preso al fast food prevedeva Filet-O-Fish, Chicken McNuggets, Grilled Chicken Ranch BLT sandwich, un Big Mac, un Angus Deluxe e ben nove salse da abbinare ad un mare di patatine fritte.

Se ancora non siete disgustati e il fegato vi fa continuare la  colesterolica lettura,  posso dirvi che i risultati di questo test di abbinamento estremo sostengono che, ad esempio, con il Filet-o-Fish, panino con la cotoletta di pesce, si consigliano 3 vini: l’Avalon 2010, l’Atazuri Garnacha 2010 e il Prosecco Voveti. Sembra che acidità, una bella dose di frutta e tocchi vegetali aiutino a sopportare e supportare il sapore della pesce fritto.

Fonte: Snooth.com
Il Grilled Chicken Ranch BLT sandwich, dominato dall'aroma del bacon, ben si abbinerebbe invece con il sudafricano Spice Route Chenin Blanc 2009 visto che lo scontro tra legno del vino e affumicato della carne tenderebbe ad esaltare il pollo. Mah!

Gli unti Chicken McNuggets, bocconcini di pollo fritto, si abbinerebbero al meglio con l'italico prosecco che, grazie alle bollicine, rende la bocca pulita non interferendo troppo col sapore del pollo...sintetico.

Fonte: Snooth.com

E con il nerboruto Big Mac? L'abbinamento col prosecco e il sauvignon blanc non va molto bene perchè gli aromi tenderebbero sul dolciastro. Non va meglio nemmeno col malbec e con lo chenin blanc perchè il troppo legno sembra diventare reale.
Secondo Snooth i veri partner del Big Mac sono il Valpolicella Bertani e il Merlot californiano perchè il primo aggiungerebbe un "contrappunto vinoso" all'hamburger mentre il corpo del merlot sembrerebbe andare a nozze con la struttura del panino.

Con l'Angus Beef Deluxe, invece, il consiglio è quello di accostare o il Trapiche Malbec 2010, dall’Argentina o lo Spice Route Chenin Blanc 2009. Questione di gusto....internazionale!

Fonte: Snooth
Se, al termine della prova di abbinamento, la morale di Snooth è quella di non essere troppo snob e di abbinare comunque il vino al cibo di strada, il mio consiglio è un altro: rispetto a Snoot, mangiate e bevete meglio!

P.S.: nel frattempo ho smesso di mangiare la lasagna e mi è venuta la nausea. Me lo dicevan da piccolo di non leggere mentre si mangia....



Fonte: WineNews via Snooth

Referendum: salva l'acqua, noi mettiamo birra, vino e supplì!


Su internet gira quest'iniziativa a favore del referendum del 12 e 13 Giugno 2011 per cercare di mantere l'acqua un bene pubblico per tutti e poter continuare a vivere in questo paese! 

A tal proposito il bir&fud beershop di via luca valerio 41 (zona marconi) in collaborazione con DOL (D'origine laziale) di via Domenico Panaroli, 6 (zona centocelle) e Pizzarium di via della meloria 43 (Prati) offriranno da bere a chi, lunedì pomeriggio, una volta terminate le votazioni nei seggi, porterà con se la scheda elettorale con tanto di timbro ufficiale dell'avenuta votazione...che senza ombra di dubbio sarà un bel SI su tutti i quesiti, non solo l'acqua! PIZZARIUM offrirà 1 supplì!!!

bir&fud beershop (MARCONI) Info: 06.5561677 birefud@gmail.com
Metteremo alla spina un fusto (se siete bravi più di uno) di birra artigianale da poter offrire gratuitamente a chi si presenterà con la scheda autenticata dal timbro del seggio. Mi raccomando diffondi la notizia e ci vediamo lunedì pomeriggio dopo le 16:00!!!

DOL (CENTOCELLE) Info: 06.24300765 dol@dioriginelaziale.it
Offriremo gratuitamente da bere dell'ottimo vino a chi si presenterà con la scheda autenticata dal timbro del seggio. Mi raccomando diffondi la notizia e ci vediamo lunedì pomeriggio dopo le 16:00!!!

PIZZARIUM (PRATI) Info: 06.39745416
Offriremo gratuitamente 1 supplì a chi si presenterà con la scheda autenticata dal timbro del seggio. Mi raccomando diffondi la notizia e ci vediamo lunedì pomeriggio dopo le 16:00!!!

Il sangiovese d'altura di Radda in Chianti e Lamole


Alla faccia di chi dice che oltre una certa quota il Sangiovese non matura. Lo abbiamo pensato in tanti lo scorso sabato durante la bella iniziativa promossa da Radda nel Bicchere e dall’Enoclub Siena del mio amico Davide Bonucci.
L’ex Convento di Santa Maria, nel cuore del Chianti, è stato testimone della creazione di magiche alchimie nel bicchiere all’interno di un incontro/scontro tra il sangiovese di Radda in Chianti e quello di Lamole. Non ci sono nè vincitori nè vinti, solo tanto godimento!


Il video qua sotto, indegno come al solito quanto artigianale, mostra Gioacchino Bonsignore che intervista il presidente...


I Raddesi

Montevertine 2007 - Martino Manetti (sangiovese, canaiolo e colorino): inizialmente sembra chiuso, scontroso, poi si apre e sembra di essere affacciati sui vigneti di Radda durante una bella giornata di primavera. Mi colpisce la sua sferzante freschezza, la sua progressione e la sua finezza di equilibrio. Martino è sempre una garanzia.

Martino Manetti
Chianti Classico Riserva Doccio a Matteo Caparsa 2007 - Paolo Cianferoni (sangiovese, colorino, ancelotta): sembra di esser di fronte ad un ippopotamo all’interno di una negozio di cristalli. I vini di Paolo sono così, gagliardi e scalpitanti appena usciti, grandissimi dopo cinque anni di bottiglia. L’annata poi promette bene…

Paolo Cianferoni
Chianti Classico Riserva Val delle Corti 2007 - Roberto Bianchi (sangiovese): come scrive anche Davide sul suo blog, Roberto non deve essere più considerato uno dei tanti nel Chianti perché questo vino rappresenta oggi una pietra miliare del sangiovese per profondità e complessità. Floreale, fresco e di un equilibrio da lacrime.

Chianti Classico Riserva Il Campitello Monteraponi 2007 - Michele Braganti (sangiovese, canaiolo e colorino): Michele Braganti è il nuovo che avanza, inesorabile, e la sua aria un po’ dandy può sviare il degustatore meno esperto che di fronte ha un vino tutt’altro che racchiuso nel suo mondo. Il Campitello è un grande Chianti, fruttato e dotato di grande mineralità. Lo si beve in un istante. Qualcosa vorrà dire?

Michele Braganti
 
Lamole contro tutti

Il colore di Lamole
Chianti Classico Terre di Lamole I Fabbri 2007 - Susanna Grassi (sangiovese):  la differenza c’è con Radda, lo si sente al naso visto che il sangiovese di Susanna è soave, floreale di giaggiolo, sa di melograno, fragolina, eleganza pura. Bocca in linea, graffiante forse solo nel finale.

Chianti Classico Le Masse di Lamole 2007 (sangiovese): bottiglia non a posto

Chianti Classico Castellinuzza e Piuca 2009 (sangiovese e canaiolo): un vino che berresti a secchiate senza stancarti mai, nulla di esplosivo ma qua la semplicità la fa da padrona per un Chianti dal rapporto q/p fantastico. Vi ho incuriosito?

Chianti Classico Castellinuzza 2009 (sangiovese e canaiolo): la cugina dalla cantina accanto ci offre un vino un po’ dottor Jekyll e Mr  Hyde. Se all’olfattiva, infatti, il vino era una bella donna vestita di fiori e seta, al palato il sangiovese si trasformava dotando il vino di una mascolinità e di un vigore spiazzante ma affatto penalizzante. Rustico al punto giusto!

Chianti Classico Vigna Grospoli Fattoria di Lamole 2008 (sangiovese): amore a prima vista, Castagno ha scritto che è un grande Borgogna del Chianti, io posso solo consigliarvi di chiudere gli occhi mentre mettete il naso nel bicchiere perché vi perderete all’interno di un caledoscopio di aromi che vi porteranno per mano tra giardini fioriti e mercati orientali di frutta ed essenze. In bocca ha la classe di Audrey Hepburn e la verve psicadelica di un assolo di chitarra di Jimi Hendrix. Costa circa 35 euro, da prendere a casse anche se, con 745 bottiglie prodotte è un vino quasi virtuale…

Paolo Socci


A Montalcino tra sapientoni, guelfi, ghibellini e piccoli grandi produttori di sangiovese


Su Esalazioni Etiliche di Roberto Giuliani è comparsa questa lettera anonima (cliccateci sopra per leggere tutto)


Anche se qualcuno che non legge il blog pensa che io non abbia opinioni in merito, Percorsi di Vino da sempre è a favore di un mantenimento del vecchio disciplinare perchè penso che il sangiovese da quelle parte non abbia bisogno di compagni per valorizzare al massimo il vino del territorio.

La cosa, però, che mi lascia perplesso è che in parte ha ragione Mattiacci quando afferma nell'intervista da me rilasciata che, a Montalcino, c'è una lotta tra guelfi e ghibellini che non porta da nessuna parte. Lo scontro non è costruttivo e, soprattutto, non sono costruttive le lettere anonime come questa dove è tutto condivisibile tranne l'alone di segretezza ed omertà che lo circonda. So per certo che alcuni produttori vogliono stare con il piede in due staffe mentre altri hanno paura di esporsi per via di possibili ritorsioni.
Il vino è anche coraggio per cui, la prossima volta, se avete da fare delle (giuste) critiche tirate fuori i nomi, solo così sarete davvero grandi!

Josko Gravner, un marziano a Roma


Bastano solo pochi secondi per capire che la persona che hai davanti è una sorta di alieno buono teletrasportato a Roma più per dovere che per piacere. Oslavia, il pianeta dove vive, gli manca da morire, lo deduco perché, gesticolando con le mani, disegna vigne ed anfore stilizzate.
Parlare con Josko Gravner, durante un pranzo in cui ti senti ospite indegno, ti riporta ad una dimensione irreale per i tempi moderni perchè, almeno per pochi minuti, l'uomo moderno riscopre la Natura dove tutto è lentezza, cura e amore.

Tre parole che solo in parte riescono a decriptare un UFO del Collio chiamato Pinot Grigio 2001 Anfora (bottiglia non in commercio) perchè ciò che resta sono solo fibrillazioni emozionali e gli occhi fissi di Josko che ti scruta per capire se te e il suo vino potete essere compatibili. Già, lo afferma senza timore, i suoi vini sono essere viventi che, esattamente come noi umani, si chiudono e diventano sgarbati quando sono avvicinati da persone che non confidano in altri mondi, che non credono nell'universo Gravner.

Gravner viene odiato o amato alla follia, lo sa benissimo. Tirato continuamente per la giacchetta da chi lo vorrebbe portabandiera di una delle tante associazioni di vini naturali, sui motivi del suo "esilio volontario" sapete cosa mi ha risposto? “Perché c’è gente che diventa "naturale" solo per sfruttare l’onda, dove erano questi produttori tanti anni fa quando io iniziavo a lavorare in un certo modo e tutti mi ridevano contro?”

Il vino, secondo Gravner, deve essere figlio dell'etica morale perché, proseguendo nel suo discorso, ci dice che "oggi, purtroppo, la maggior parte dei produttori di vino non hanno le mani sporche di terra, pensano più alla macchina. Non si può andare a puttane e produrre vino.”

E’ severo, non solo con gli altri, ma soprattutto con se stesso visto che più di una volta, in passato, racconta di aver sbagliato sia in vigna e in cantina.
Ha errato soprattutto quando ha usato prima l'acciaio e poi il legno per vinificare. L’utero del suo vino deve essere solo l’anfora di terracotta, tutto il resto crea prodotti che a lui non piacciono e, per questo, non produce più. Chiamatelo pure testone ma il suo grande Sauvignon 1991, bevuto qualche tempo fa con sommo gaudio, lui lo tiene nascosto in cantina e, se ve lo vende, vi dirà che questo è un prodotto lui non beve. Chiaro no?
Per capire chi è veramente Gravner inserisco qualche video di una sua recente degustazione romana. Le sue parole valgono mille righe del sottoscritto che, dopo qualche ora passata assieme a lui, pensa di aver conosciuto solo una parte infinitesimale dell’universo Josko.

In questo video c'è Filippo Polidori che legge del legame tra Veronelli e Gravner


Il Maestro spiega un pò di lui


Danielle Cernilli e Gravner


Ah, scusate la mano tremolante ma con una macchinetta fotografica senza piedistallo fare le riprese è quasi impossibile. Meglio sentire che vedere....

Montalcino reagisce alla crisi puntando sulla qualità!


L'assemblea dei soci del Consorzio del Brunello di Montalcino ha deciso di ridurre ulteriormente la resa per ettaro, scendendo a 60 quintali rispetto agli 80 previsti dal disciplinare. Una scelta coerente con quanto avvenuto negli ultimi 5 anni, quando sempre i produttori avevano spostato il limite a 70 quintali.

''Una decisione coraggiosa - commenta il Presidente del Consorzio Ezio Rivella, che si e' rivelata vincente. I frutti sia in termini di posizionamento di mercato sia di qualita' si sono subito visti, come testimoniano l'annata 2006 e la recente vendemmia 2010. Una scelta che conferma la politica intrapresa da tempo e mirata al corretto posizionamento del vini montalcinesi sul mercato internazionale. Un segnale forte che arriva da uno dei territori piu' impegnati nello sviluppo dell'alta enologia italiana''.

A tutela dei piccoli produttori e' stata inoltre garantita la possibilita' di mantenere le rese a 70 quintali per il primo ettaro di vigna, in modo da sostenere le aziende che, avendo poca estensione di vigne, vogliano mantenere volumi piu' alti.

I dati rilevati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2010 fanno emergere che il numero di bottiglie di Brunello di Montalcino vendute ammonta a 8,3 mln, contro i 7,2 mln del 2009, con un incremento del 15%. Bene anche gli altri vini: 3,2 mln bottiglie di Rosso, invariate rispetto al 2009, 200.000 bottiglie di Sant'Antimo, 40.000 quelle di Moscadello. Di questi oltre 11 milioni di bottiglie commercializzate nel 2010, il 62% e' stato venduto sui mercati internazionali: se il 25% dell'export e' destinato agli Stati Uniti, buoni risultati di vendite si sono registrati in Germania, Svizzera, Canada, ma anche in Inghilterra e Giappone. In crescita anche il mercato asiatico, con in testa Corea, Hong Kong e Cina.

Il fatturato 2010 e' cresciuto di circa il 5%, passando dai 135 mln di euro del 2009 ai 142 mln di euro del 2010. Buoni segnali anche dai primi quattro mesi del 2011, che fanno registrate oltre 4,5 mln di bottiglie di Brunello commercializzate, contro i 4,2 mln dello stesso quadrimestre dell'anno scorso.

Fonte: Asca.it

C 66 2007, il vino femmina di Poggiotondo


Quando l'ho bevuto la prima volta ho capito subito che Poggiotondo ha due anime, quella più tradizionale del Chianti e quella più "sbarazzina" e salottiera del C 66, un sangiovese con piccole tracce di merlot. Incuriosito dal "nuovo" progetto aziendale ho chiesto a Cinzia Chiarion di presentarmi il SUO vino. Le parole seguenti sono tutte in programma....

Volevo fare un vino per le signore perchè quelli di mio marito non lo sono. Allora per la vendemmia 2007 mi sono messa d'accordo con il cantiniere e KIM, il mio meraviglioso pastore tedesco che mi segue come un'ombra. Il cantiniere e KIM hanno accettato di fare un esperimento quasi di nascosto a mio marito. Abbiamo selezionato le uve migliori di sangiovese dalla Vigna Grande (è stata piantata nel 1973), ho comprato una botticellla di legno e via.


Via via l'ho assaggiato ed il cantiniere me lo teneva sott'occhio. Alla fine ho aggiunto il 10% di merlot 2007 e vai ... era nato il mio nettare, una donna per le donne! Una meraviglia!

A Lorenzo, mio marito, avevo detto dell'esperimento anche se pensava che ad un certo punto avrei delegato tutto a lui. Invece, quando ha capito che le cose erano diverse ci è rimasto un pò male visto che io, il cantiniere, KIM ed anche l'enologo (che nel frattempo avevo coinvolto) si era decisi ad andare avanti. A quel punto bisognava scegliere un nome e fare l'etichetta. Mentre ero in autostrada e stavo tornando a Firenze da Poggiotondo mi è
venuto il nome.....C 66. In fondo è il mio vino: C per Cinzia e 66 per 1966 il mio anno di nascita (sul 66 Lorenzo dice che sta per i miei anni che sarebbero 66!). Il nome mi piaceva perchè volevo qualcosa di nuovo non il solo nome del podere, del paese o della mamma.



In clinica (io lavoro in una clinica come medico internista) ho chiesto ai miei colleghi: "vi piace C 66?". Purtroppo la risposta è stata devastante ed evito di scriverla. 

Ora, l'etichetta: il bianco, il colore che preferisco, e il nero, che è la sua morte. Nessuno credo abbia mai fatto fondo nero con scritte bianche per un vino rosso (di solito è stato fatto fondo nero con scritte rosse). Anche se non fossi stata la prima a me piaceva così. Poi è venuta la ballerina perchè io da bambina volevo fare danza classica ed i miei genitiori, puntualmente, mi hanno iscritta ad un corso d'arpa. Poi una donnina sul retro come simbolo del riciclo (per dire che anche l'etichetta è tutta al femminile). E la capsula con la mia firma per concludere il mio capolavoro.


L'imbottigliamento l'ho fatto personalmente col cantiniere nel maggio 2009. Le prime bottiglie le ho fatte assaggiare alle mie amiche a Natale 2010. La prova è andata benissimo.
 
Per la guida di Maroni 2011, secondo il quale C 66 era il vino migliore, ho anche scritto una battuta su mio marito: visto che è il mio primo vino ed è venuto il migliore dell'azienda è bene che mio marito si ritiri a fare l'avvocato o a dipingere e faccia fare il vino a chi lo sa fare....

Il vino di Cinzia Chiarion, come scritto in precedenza, diverge dalla restante produzione aziendale per un maggiore facilità di approccio al bicchiere che si presenta con bei profumi di liquirizia, amarena, viola e un legno ancora un poco presente. A questi profumi più intriganti si associa un sorso abbastanza morbido, di media intensità, dove la sensazione di equilibrio è in via di definizione e la beva, soprattutto se il vino viene servito leggermente fresco, è facile e diretta, senza fronzoli. Prodotto in 666 esemplari, il C 66 fa due anni di botte grande. Brava Cinzia!