La Top 100 2010 di Wine Spectator. Posizioni 10 - 9 - 8...


Lo sappiamo tutti, la Top 100 di Wine Spectator in Italia interessa davvero a poca gente, qualche speculatore, qualche amante del vino frutto e nulla più.
A me, invece, incuriosisce e diverte allo stesso tempo, la Top 100 è una sorta di lista che spesso nelle prime posizioni della classifica raggiunge livelli umoristici pari ad un film comico del cinema muto.


Leggendo il sito si viene a conoscenza che la classifica di quest'anno si è concentrata molto sui vini dal buon rapporto q/p, provenienti da 14 paesi e con un punteggio medio di 93.
Ieri sono usciti i primi tre vini della Top 10. Chiamiamo un presentatore adatto e diamo inizio alle danze!


AAAALLLL NUMERO 10 TROVIAMO.......

Clos des Papes 
Châteauneuf-du-Pape White 2009


Superfresh, with blanched almond, green plum, yellow apple and verbena notes carried by almost brisk minerality. The finish is really bright and mouthwatering. There's rather stony precision and this still a touch tight. Begs for cellaring. Best from 2011 through 2020. 1,000 cases made. –JM

AAAALLLL NUMERO 9 TROVIAMO.......

 CARM 
Douro Reserva 2007


 An elegant and powerful red, with intense aromas and flavors of red berry, smoke, raspberry and spice that are supported by well-integrated tannins, with plenty of structure. Very Burgundian in style, with a focused finish of crushed red fruits and fig. Just a baby. Best from 2012 through 2017. 8,500 cases made. –KM

 AAAALLLL NUMERO 8 TROVIAMO.......
  
Fontodi
Colli della ToscanaCentrale
Flaccianello 2007


A generous Sangiovese, with loads of blackberry, dark cherry and berry on the nose and palate. Full and long. Chewy. The new wood could stand to have a little less barley flavor, but the fruit is fabulous. Takes off on the finish. Best after 2012. 5,000 cases made. –JS

EVVAI COL PRIMO ITALIANO IN CLASSIFICA

ITALIA

ITALIA

Commozione..

Il Brunello di Montalcino 1970 della Tenuta Il Poggione. Presidente mio Presidente...


Fabrizio Bindocci doveva essere il mio, il nostro presidente, non so se sarebbe stato il migliore, ma ho ben presente nella mia testa, e non sono il solo, che sicuramente avrebbe preservato il Sangiovese meglio di Rivella. E’ stato lasciato solo o quasi, al suo fianco c’era solo Carlo Lisini Baldi, ma in due non si riesce a vincere una guerra, soprattutto contro certe lobby.


Qualche tempo fa ho avuto l’occasione di trovarmi di fronte Bindocci e Lisini allo stesso tavolo, accanto a loro c’era un altro cavaliere della resistenza. Avrei voluto chiedere tante cose, volevo capire da loro perché sono rimasti soli, se si aspettavano tutto questo e cosa, secondo loro, cambierà a Montalcino da adesso in poi. Domande che mi sono rimaste dentro, non era il caso di riaprire una ferita aperta anche perchè erano là per una festa, per celebrare il loro Sangiovese, quello puro, vibrante ed emozionante.


Il Brunello di Montalcino della Tenuta il Poggione che ho nel bicchiere mentre scrivo le note di degustazione non è un Sangiovese qualunque, è un 1970, ha quaranta anni, è più vecchio di me ma non se ne accorge nessuno. E’ un vino che mi fa pensare al Tetris, è formato da tanti tasselli che all’inizio quasi si nascondono mentre col tempo, pian piano, escono fuori sempre più veloci e sempre più numerosi fino a creare un vero e proprio mosaico di emozioni.
Ruotando il bicchiere, inizialmente, si sente la scorza di arancia, le radici selvatiche, i fiori secchi, poi tutto si amplia, inesorabili escono le sensazioni ferrose di ruggine e mercurio cromo, la resina, la castagna, le erbe aromatiche. Un Brunello Tetris, si compone col tempo e cresce col tempo.
In bocca ha un equilibrio da applausi, verticale ed orizzontale, minerale e ferroso, fruttato e vegetale, tutto ritrovo al sorso che si mantiene sempre fresco e per nulla intaccato dal tempo. Più lo bevo e più lo berrei. 


Ecco l’archetipo del mio Brunello “invecchiato”, ecco il Sangiovese di una persona che avrei voluto diventasse il Presidente del Consorzio. Questo modo di concepire il vino, fatto di tradizione, giusta modernità e, soprattutto, onestà, deve essere conservato e preservato come il Santo Graal.

I Colli bolognesi contro il Gambero Rosso. Lettera aperta di Francesco Lambertini a Daniele Cernilli


Su Il Resto del Carlino è stata pubblicata una lettera aperta di Francesco Lambertini,  proprietario di Tenuta Bonzara, a Daniele Cernilli, direttore del Gambero Rosso. Una lettera polemica perchè Lambertini vuole capire cosa non va ai vini dei Colli bolognesi che sono, a suo parere, bistrattati dalla Guida del Gambero. Leggiamo.

Gentile Direttore,
chi scrive è un sopravvissuto. Un sopravvissuto (nella Guida ai Vini d’Italia) al terremoto che da un paio d’anni ha colpito l’Emilia Romagna con epicentro sui Colli Bolognesi. L’evento naturale, assolutamente non prevedibile fino a due anni fa, ha un nome, come si addice al più classico dei tifoni. Si chiama Giorgio. Ma, in questo caso, ha anche un cognome, Melandri. Dicevo, sono un sopravissuto perché la Tenuta Bonzara è una delle tre aziende ad aver mantenuto la scheda grande. La zona dei Colli Bolognesi che, sino a due anni fa contava 16 aziende in Guida (10 schede grandi e 6 piccole), l’anno scorso ne aveva 5 (4 grandi e 1 piccola) e quest’anno 6 (3 grandi e 3 piccole) e nessun vino in finale (come l’anno scorso peraltro), ma quello che sorprende è che i giudizi del “nostro” sono in netta controtendenza con la storia di questa zona e con le valutazioni delle altre Guide che non registrano un crollo di qualità nei vini bolognesi. Gambero (e Melandri) quindi sempre più voci isolate nel panorama delle Guide. Possibile che si sbaglino tutti gli altri? 

Invito alla lettura di ciò che è stato scritto nelle pagine di presentazione della Guida 2010 e 2011 a proposito dei Colli Bolognesi. Guida 2010: I Colli Bolognesi sono sempre più in difficoltà e i vini di questo territorio sempre più deludenti e omologati. E’ un declino che dura oramai da qualche anno . ma che con questa edizione della Guida diventa ingombrante e vistoso relegando la zona in fondo alla classifica dei territori regionali.
Guida 2011: Nei colli bolognesi (non meritiamo nemmeno più la maiuscola, nota mia) la comunità di produttori fatica a trovare la cifra del territorio, stretta tra progetti legati ai vitigni internazionali sempre meno convincenti e l’incapacità di ragionare sul vino in termini di linguaggio. Il risultato sono in generale vini formali e poco originali, concepiti su un’idea di qualità che non fa i conti con il terroir.
Solo una chiosa. Nella mia vita un po’ ho studiato, ma forse non a sufficienza per comprendere termini come “cifra del territorio” e “ragionare sul vino in termini di linguaggio”. Mi pare che queste espressioni, ermetiche e un po’ snob, contribuiscano ad allontanare il lettore che avrebbe bisogno di linguaggi chiari per ricevere un orientamento, che è la vera funzione di una Guida. Osservo solo che Melandri ha un’idea del vino tutta personale che a mio avviso si sta sempre più allontanando da quella di chi il vino lo acquista.  Ciò detto, da sopravvissuto, dovrei accontentarmi che a me sia andata meglio che a tanti altri, ma non è questo il punto. 

La verità è che non si può liquidare in questo modo una intera zona ed il lavoro appassionato di tante persone e di tante famiglie che sta dietro ad ogni bottiglia di vino di qualità, anche dei Colli Bolognesi. Si può certo discutere se di anno in anno i vini siano più o meno riusciti, ma non si possono tranciare giudizi sommari in questo modo.
I Colli Bolognesi non lo meritano e i risultati conseguiti in passato, anche sul Gambero, e l’anno scorso e quest’anno su tutte le altre guide sono lì a testimoniarlo. 

Data la situazione, vorrei dare una mano a Giorgio sollevandolo dal “pietoso ufficio” dell’assaggio dei nostri vini.
Mi fermo ai box per un po’ di tempo non spedendo più i campioni per la Guida. Rientrerò in pista quando sarà cambiato il direttore d’orchestra. Tengo a precisare che questa lettera esprime unicamente il mio pensiero anche se posso assicurare che un certo malumore, determinato dallo sconcerto, è diffuso in tutta la Regione e non solo sui Colli Bolognesi Per la stima che ho nei Suoi confronti, non credo Direttore che la mia “carriera” al Gambero si concluderà con questa lettera ma, se anche così fosse, per dirla con Totò, “ogni limite ha una pazienza”. Spero invece che questo serva a porre una serena riflessione su dove vogliono andare le Guide e in particolare quella del Gambero Rosso.
I saluti più cordiali.

Francesco  Lambertini.

Giudicati e giudicanti, quando ii voti sono di manica larga allora è un matrimonio d'amore ma se le cose cambiano e i giudizi diventano più severi? Tutti si offendono e si parla di complotto. Mah!


Da Giuseppe Mascarello ad Eleano, in alto i calici con Riserva Grande!


Riserva Grande è l’agenzia di distribuzione di Marco Cum che la scorsa settimana, come ogni anno, ha presentato al pubblico tutti i vini in distribuzione presso le migliori enoteche di Roma.

Marco e tutto il suo staff ogni anno selezionano delle chicche enologiche davvero interessanti, spaziando tra grandi vignaioli affermati, Giuseppe Mascarello su tutti, e produttori di nicchia come Eleano o Cantarutti. Quest’ultima azienda, sita sui Colli Orientali del Friuli a pochi passi, dall’Abbazia di Rosazzo, ha presentato un interessante Schioppettino 2003 che, nella sua bella e complessa rusticità, mi ha ricordato le parole di Mario Soldati nel suo “Vino al vino:”lo Schioppettino è un solitario senza macchia: campione pressochè unico, tra i vini, di quella virtù sconosciuta che l’Alfieri, tra le umane grandezze, giudicava forse la più grande”.
Eleano, invece, l’avevo già conosciuto lo scorso anno durante la prima edizioni di “Grandi Vini da Piccole Vigne” e rappresenta, per il vero appassionato dei vini del Sud, un punto di riferimento inossidabile per l’Aglianico del Vulture.

L'azienda, gestita da Francesca e Alfredo Cordisco, vanta 5 ettari di vigneti situati nella rinomata zona di Pian dell'Altare in agro di Ripacandida.

La produzione di Eleano si fregia di due grandi rossi: Dioniso ed Eleano. Tra i due ho preferito di gran lunga il secondo, un grandissimo vino che ha nel suo DNA gusto-olfattivo tutta l’anima del Sud. L’Eleano 2005 è davvero tanta roba, ci trovi di tutto in tutte le sfaccettature, dalla frutta rossa alle spezie, dai fiori al sottobosco fino ad arrivare al minerale, segno distintivo del terroir di appartenenza che, imperturbabile, non mollerà i nostri i sensi per molto, moltissimo tempo.
Marco lo sa bene, distribuire su Roma Giuseppe Mascarello è un onore ed un grandissimo privilegio soprattutto quando si ha il compito, tutt’altro che arduo, di “piazzare” all’interno delle enoteche e dei ristoranti quel capolavoro chiamato Barolo Monprivato Riserva Ca d'Morissio 2003.

Un altro 2003 e un altro schiaffo al pressappochismo di chi considera, e ce ne sono ancora molti, l’annata buona per fare vini da spalmare sul pane.
Sapete come Mascarello ha risposto a queste ovvietà? Imbottigliando il suo miglior vino, la sua Riserva. Un miracolo? Un caso? La combinazione tra uno dei migliori Cru del Barolo e un grandissimo vignaiolo di Langa può solo dar vita ad un’opera d’arte, un componimento dove la Natura è sapientemente moderata dalla mano dell’uomo, quella stessa mano contadina che dopo anni di affinamento tira fuori dalla cantina un Barolo da lacrime. Il bicchiere davanti a me è un inno al nebbiolo, tira fuori nel tempo fragranze austere, effluvi di viola, terra, prugna, scorza di arancio, tabacco, liquirizia. Al palato è elegante, setoso, avvolgente, maschio e, soprattutto, fresco e di grande bevibilità. L’Espresso gli ha dato 19,5/20. Un vero torto ai vinogeneralisti!

La competitività dei vini italiani di misura attravero l'indice Mps


Un interessante articolo tratto da "Il Sole 24 Ore" su come misurare la competitività dei vini italiani.

Un indice per misurare la competitività del vino italiano. Lo strumento, messo a punto dall'area Research del Montepaschi di Siena, sarà presentato venerdì nella città toscana al forum dedicato alle produzioni enologiche nazionali che è stato organizzato dal gruppo guidato da Giuseppe Mussari. A distanza di pochi mesi dal precedente lavoro sui vini nostrani, l'Area Research ha completato così il percorso iniziato quasi un anno fa indicando gli scenari di prospettiva e producendo uno strumento finanziario nuovo per la filiera italiana.

In cosa consiste lo strumento? L'indice di competitività mostra un'elevata correlazione con il future Liv-ex Fine Wine 100 Index, il principale benchmark dell'industria mondiale del vino, e dunque consentirà di valutare tendenze e prospettive della produzione enologica italiana. Al forum parteciperanno le massime istituzioni italiane, i rappresentanti della filiera vitivinicola nazionale e alcuni fra i più significativi importatori dei mercati internazionali. Che si confronteranno in due tavole rotonde partendo proprio dalla nuova ricerca Mps.




La prima parte del confronto, che proverà a mettere a fuoco le prospettive di questo fondamentale comparto produttivo del made in Italy, vedrà la partecipazione del ministro delle Politiche agricole, Giancarlo Galan, che si soffermerà sugli scenari futuri insieme al presidente di Mps Mussari, al direttore generale di Banca Mps, Antonio Vigni, al presidente di Ente Vini-Enoteca Italiana (che associa oltre seicento produttori), Claudio Galletti, al numero uno di Federvini, Lamberto Vallarino Gancia, e dell'Unione Italiana Vini (Uiv) Lucio Mastroberardino. 

Nella seconda parte del forum, si troveranno invece gli uni di fronte agli altri tutti gli attori della filiera commerciale vinicola: dai produttori rappresentati da Chiara Lungarotti amministratore delle "Cantine Giorgio Lungarotti" e presidente del Movimento Turismo del vino), a Etile Carpenè (presidente di "Carpenè Malvolti"), a Giovanni Poggiali (amministratore delegato di Felsina). Per gli enotecari sarà presente Francesco Bonfio, presidente dell'associazione Vinarius che comprende oltre centocinquanta enoteche. Mentre in rappresentanza del mondo della distribuzione interverranno a Siena Marc Taub, presidente della "Palm Bay International" (specializzata nell'importazione di vini e liquori) e Sen Liu, presidente della "Beijing Zhengyuan Youshi Inc".


Tra le due tavole rotonde sarà presentato lo studio realizzato dal giornalista enogastronomico e docente universitario Carlo Cambi sul progetto "Mps Tenimenti 1472". Un'operazione che lega l'anno di fondazione della banca ad alcune produzioni di eccellenza delle aziende gestite da Mps Tenimenti: Villa Chigi e Poggio Bonelli nel cuore del Chianti.


Un rubino rosso chiamato Brunello di Montalcino Biondi Santi 2003

Non si diventa Biondi Santi per caso e non si passa indenni attraverso generazioni di amanti del buon vino senza un perché, una motivazione che renda per certi versi il loro Brunello unico ed inimitabile nel tempo, al di là dei lustrini e dei cotillons che troppo spesso invadono il mondo del vino.

Il libro dedicato a Franci Biondi Santi

L’annata 2003 del Brunello Biondi Santi ci regala un vino di grandissima purezza, un vera e propria ode al sangiovese grosso di Montalcino che si concretizza nell’essenzialità e la limpidezza di beva.
Non vi travierò stavolta con i tanti descrittori che ho potuto ritrovare nel bicchiere perché questa volta non ha senso parlare di ciliegia, goudron, carruba, tè nero e carcadé, no amici, qua siamo di fronte ad un rubino rosso che, nonostante non abbia l’immortalità e le mille sfaccettature della grande annata (vedi riserva 2004), è pur sempre un dono raro ed inimitabile della Natura toscana.


In tutto questo sapete cosa mi ferisce di più? Che l’annata 2003, generalmente battezzata come calda, non la vuole nessuno, nemmeno se si chiama Biondi Santi e nemmeno se si pensa che il produttore, non realizzando la Riserva, ha messo tutte le uve, anche le migliori, nel vino d’annata.
Cavolo questo è un vino che ho visto in vendita, e non acquistato, per 35 euro!
Ma possibile che l’ignoranza possa creare questi danni, non tanto al produttore, quanto al nostro palato????
Io ve l’ho detto, acquistatelo e poi mi farete sapere!


Lo champagne firmato Vincent d’Astree


Vincent d’Astree è una cooperativa di piccoli produttori che opera da cinquanta anni nel territorio della Champagne nella zona di Pierry, sulla Côte d’Epernay nella Vallée de la Marne, in zona Premier Cru.
La realtà associativa vanta oggi 240 viticoltori conferitori, diretti dal vulcanico Patrick Boivin, che gestiscono con amore circa 85 ettari di vigneto piantato su terreni argilloso-calcarei e coltivato per il 55% a Pinot Meunier, 20% a Pinot Nero e 25% a Chardonnay.


I palati fini storceranno il naso per questo prodotto poco nobile, d’altro canto i pregiati Grand Cru sono là sullo scaffale a prezzi folli pronti per essere degustati da Paris Hilton e dalle sue amiche di Saint Tropez.
Oggi vorrei parlarvi di due champagne non gridati, umili, dopo averli bevuto mi sono venute in mente quelle persone che, apparentemente insignificanti fuori, nascondono dentro una grande anima e vorresti averli amici per sempre.


L’Empreinte du Temps Brut Millésimé 2000, 100% chardonnay, è l’anima sottile ed elegante di Vincent d’Astree. Con la sua rotondità si apre su note di mela cotogna e frutta secca per aprirsi poi su spezie gialle e pasticceria. Bocca coerente col naso e con l’eleganza dello champagne che regala finezza ma non struttura e possanza. Costo alla scaffale: 39 euro. Ottimo rapporto q/p e una valido inizio per chi si avvicina agli champagne invecchiati.


Brut « Coeur de Terroir » 2004: per una cooperativa che punta moltissimo sul Pinot Meunier questo dovrebbe essere il vino più rappresentativo. Elaborato da mono-vigneti appartenenti al comune di Pierry, questo è uno champagne che abbina la freschezza alla struttura dell’uva Meunier. A differenza del precedente, il naso sviluppa una complessità che fa riferimento a tutte le sfaccettature della frutta gialla e, alla gustativa, si presenta ampio, potente e dalla persistenza prolungata. Rispetto all’Empreinte du Temps Brut Millésimé 2000 questo champagne è più gridato, territoriale e maschio. Senza mezze misure. Costo alla scaffale: 33 euro. 


Bella scoperta vero?


Quanto paghereste una bottiglia di Château Lafite-Rothschild 1869?


QUANTO PAGHERESTE QUESTA BOTTIGLIA?



MMM, NO, TROPPO POCO!

Pare infatti che durante l'ultima asta tenuta da Sotheby's ad Hong Kong tre bottiglie di Lafite 1869, provenienti dalla cantina privata dello Chateau fracese, sia state battute per la modica cifra di 5.4 milioni di dollari di Hong Kong, pari a circa 500.000 euro, nuovo record per un vino durante un'asta visto che una singola bottiglia è stata valutata circa 165.000 euro.

Roba da ricchi!



Tutto questo, ovviamente, porterà le quotazioni di ogni annata di Lafite a salire vertiginosamente con buona pazienza per noi umani che dovremmo accontentarci di vini più terreni e meno speculativi.

Ah, ho scoperto un'altra cosa leggendo l'ultimo numero di WebWineNews: sull'etichetta dell'annata 2008 di Lafite ci sarà un beneaugurante simbolo cinese per celebrare la joint venture tra la famiglia Rothshild e la CITIC, la più grande compagnia d'investimento statale cinese, per dar vita a 25 ettari di vigneto nella penisola di Penglai, provincia di Shandong.

Ma in Cina col Lafite ci si fanno anche i gargarismi?



La bellezza del vino è nel suo vinacciolo?


Cari vignaioli, tradizionalisti o innovatori, amanti del pesticida o biotalebani, non abbiate timore se l’annata 2010 dovesse essere problematica come qualche segnale lascia pensare, il mercato ha trovato la soluzione per voi.
No, no, il mio consiglio non è vendere ettolitri di sfuso a basso prezzo, non dovete declassare nulla, perché se proprio il vino non vi piace potete sfruttare il vostro potenziale enologico, vigna compresa, esplorando il mercato della bellezza!

Sono pazzo? Non direi!!

Sentite questa storia. Nel 1993 i proprietari dello Château Smith Haut Lafitte, incontrano il il Professor Vercauteren della Facoltà di Farmacia di Bordeaux che vedendo i vinaccioli d'uva esclamò: "Sapete che state buttando dei tesori? Questi semini contengono dei polifenoli che hanno uno straordinario potere antiossidante e proteggono la pelle in modo eccezionale contro i radicali liberi”.

Mathilde and Bernard Thomas

Ai due proprietari non è sembrato vero e gli sono venuti gli occhi come quelli di Zio Paperone. Detto e fatto. Nel 1994 depositano un brevetto sull'estrazione e la stabilizzazione dei polifenoli di vinaccioli d'uva e nasce Caudale, termine enologico francese che indica l'unità di misura della durata di persistenza degli aromi del vino in bocca dopo la degustazione. 
Un secondo di persistenza equivale a una "caudalie". 
Effettivamente, una vera e propria industria della bellezza che ha brevettato cosmetici al Resveratrolo e alla Viniferina, molecola contenuta nella linfa che cola dai tralci quando la vite si risveglia….

Se siete, pertanto, vignaioli con tanti vinaccioli sulle spalle e se avete una vigna molto “lacrimosa” potete creare ad esempio il vostro solare, magari personalizzandolo in base ai vari Cru aziendali, attraverso un attento uso dei polifenoli dei vostri vinaccioli preferiti.


Se, invece, siete biodinamici dell’ultima generazione non potete farvi scappare la possibilità di creare l’Eau de Raisin Bio, 100% di origine vegetale, ottenuta grazie a un procedimento di distillazione di nuova generazione: bassa pressione, bassa temperatura.
Caudalie la vende una proveniente dai vitigni Merlot e Moscato Biologico delle terre molto soleggiate del Gard e dello Hérault (Montpellier) .


Voi magari potete crearla con il Pinot Nero dell’Oltrepo Pavese, tanto ne cresce tanto da quelle parti…




Luca Maroni e la lista dei suoi “I migliori vini d’Italia” 2011


Vabbè io la metto on line, ambasciator non porta pena...



Vini Bianchi

Prima fascia (98 punti)
 
Poggio Le Volpi, Donnaluce Lazio Bianco 2009
Montecappone, Tabano Bianco 2009

Seconda fascia (96 punti)  
Cardeto, Soliano Chardonnay 2008
Vetrete, Cre’ Vendemmia Tardiva 2009
Tenuta San Pietro, Gavi Gorrina 2008
La Vis, Traminer Aromatico Maso Clinga 2009

Terza fascia (95 punti)  
Cantina Altarocca, Chardonnay Bianco D’Altrarocca 2009
Di Lenardo, Chardonnay Father’s Eyes 2009
Vie di Romans, Chardonnay Vie di Romans 2008
Masseria Frattasi, Donnalaura Riserva 2008
I Capitani, Fiano di Avellino Gaudium 2009
Cantina Todini, Grechetto Bianco del Cavaliere
Terre della Custodia, Grechetto Colli Martani Plentis 2008
Ceraudo Roberto, Imyr 2009
Argillae, Panata Bianco 2009
Casale del Giglio, Petit Manseng 2009
Vallona, Pignoletto Permartina 2007
Fazi Battaglia, Rie Verdi 2009
Tenuta Ca’ Bolani, Sauvignon Aquilis 2009
Pescaja, Solo Luna Arneis 2009
Maremmalta, Vermentino Le Strisce 2007
Bruni, Vermentino Vendemmia Tardiva Perlaia 2009

Vini Rossi 

Prima fascia (97 punti)
 
Rocca di Frassinello, Baffo Nero 2007
Bellicoso, Barbera d’Asti Merum 2008
Elio Perrone, Barbera d’Asti Mongovone 2008
Nugnes, Falerno del Massico Riserva Caleno 2007
La Tosa, Gutturnio Riserva Vignamorello 2009
Firriato, Harmonium 2008
Farnese, Montepulciano d’Abruzzo Riserva Opi 2006
Feudi di San Marzano, Primitivo di Manduria Sessantanni 2007
Terre del Gufo, Timpanara 2008

Seconda fascia (96 punti)  
Tenuta Terre Nobili, Alarico 2009
Isabella Mottura - Tenuta Corte di Tregoniano, Amadis 2008
Tenuta dell’Arbiola, Barbera d’Asti Superiore Romilda XII 2007
Castello di Cicognola, Barbera Castello di Cicognola 2007
Albea, Lui Nero di Troia 2008
Serracavallo, Magliocco Vigna Savco 2006
Pasetti, Montepulciano d’Abruzzo harimann 2005

Terza fascia (95 punti)  
Accordini Stefano, Amarone Classico Acinatico 2006
Tenuta dell’Ammiraglia - Frescobaldi, Ammiraglia 2007
Maculan, Crosara 2008
Velenosi, Ludi 2007
Bove, Montepulciano d’Abruzzo Indio 2007
Valle Reale, Montepulciano d’Abruzzo San Calisto 2007
Icardi, Pafoj Rosso 2007
Ducato Grazioli, Riserva del Presidente 2008
Lungarotti, San Giorgio 2005
Mastroberardino, Taurasi Radici Riserva 2004

Vini Rosati

Prima fascia (97 punti)
 
Tenuta Ulisse, Merlot Unico Rosato 2009

Seconda fascia (93 punti)  
Monteci, Bardolino Chiaretto 2009
Cantina Tollo, Cerasuolo Hedòs 2009

Terza fascia (92 punti) 
Leone de Castris, Five Roses Anniversario 2009
Vigneti Pittaro, Valzer in Rosa 2009

Vini Dolci 

Prima fascia (97 punti)  
Abraxas, Passito di Pantelleria 2008
Cantina alle Isarco, Kerner Passito Nectaris 2007
Signae, Semèle 2007

Seconda fascia (96 punti)  
Ca’ Lustra, Fior d’Arancio Passito Zanovello 2008
Tiefenbrunner, Gewürztraminer Linticlarus Vendemmia Tardiva 2008
Livo Felluga, Picolit 2007
Altavita, Solesia Passito 2008

Terza fascia (95 punti) 
Isolabella della Croce, Brachetto d’Acqui Trentasei 2009
Tasca d’Almerita, Malvasia Capofaro 2009
Tenuta Gorghi Tondi, Oro di Dora 2008
Trabucchi d’Illasi, Recioto Terre del Cereolo 2006
Nals Margreid, Passito Baronesse Baron Salvadori 2008
Lis Neris, Tal Lùc 2007

Vini Spumanti

Metodo Classico - Cesarini Sforza, Aquila Reale Riserva 2003
Metodo Classico Rosé - Cantine del Notaio, La Stipula Rosé Brut 2008
Charmat - Vanzini, Pinot Nero Spumante Extra Dry
Charmat Rosé - Girardi Spumanti, Monchera Rosae Cuvée Rosé
Prosecco - Valdo, Prosecco di Valdobbiadene Cuvée del Fondatore
Lambrusco - Ariola, Marcello Lambrusco
Spumante dolce - La Montecchia, Fior d’Arancio 2009

NON POTEVA MANCARE IL VINO PER I 150 ANNI DELL'UNITA' D'ITALIA


I 150 anni d'Italia in un vino: arriva il ''rosso tricolore'' dell'Unita' del Paese che racchiude in un'unica bottiglia l'Italia del vino, una selezione dei vini da vitigni autoctoni piu' rappresentativi - dal Sangiovese al Sagrantino, dalla Barbera al Nebbiolo, dalla Corvina al Montepulciano, passando per Aglianico, Primitivo e Nero d'Avola fino al Cannonau - dei territori di tutte le regioni italiane, dalla Val d'Aosta alla Sicilia. 

Roberto Cipresso, winemaker italiano di fama internazionale, lo ha creato per le Citta' del Vino, che presenteranno la bottiglia n. 0 de ''Il Taglio per l'Unita''' il 5 novembre al ''Merano International Wine Festival''. ''La speciale cuve'e sara' realizzata in 150 magnum, tante quanti gli anni della storica ricorrenza, che - sottolinea il presidente delle Citta' del Vino Giampaolo Pioli - saranno donate al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano come omaggio negli incontri ufficiali con i ''grandi'' della terra''.


E' inoltre il risultato di un raffinato assemblaggio eseguito personalmente da Roberto Cipresso che ha unito i vini prodotti esclusivamente con piu' di 20 vitigni autoctoni italiani messi a disposizione da oltre 30 aziende selezionate da lui stesso in rappresentanza di tutte le regioni italiane.

''Il risultato - aggiunge il presidente delle Citta' del Vino Giampaolo Pioli - e' un vino che esprime il concetto di unita' del Paese, intensamente desiderata nel momento in cui fu conseguita nonostante la condizione di frammentazione e la presenza di realta' complesse, differenti, che comunque riuscirono a sentirsi una cosa sola, forse proprio in virtu' di quelle differenze. Oggi c'e' bisogno di riscoprire quell'entusiasmo, e non esiste altro prodotto che sia il simbolo di tutta l'Italia come il vino''. 
Le diverse regioni d'Italia sono presenti all'iniziativa.

Fonte: Asca

IL SENSO DEI VINI DI MEDIO PREZZO ALL'INTERNO DELLA CRISI ECONOMICA MONDIALE

 
Siamo in tempi certamente non facili e a ricordarcelo ultimamente c’è stato il rapporto Ires CGIL sui redditi dei lavoratori dipendenti denominato: “Salari in Italia -2000-2010: un decennio perduto".
Secondo lo studio, le retribuzioni negli ultimi dieci anni hanno avuto, a causa dell’inflazione effettiva più alta di quella prevista, una perdita cumulata del potere di acquisto di 3.384 euro ai quali si aggiungono oltre 2 mila euro di mancata restituzione del fiscal drag che porta la perdita nel complesso a 5.453 euro.
I dati della Banca d’Italia, inoltre, illustrano un generale abbattimento della ricchezza netta complessiva che, però, mantiene stesso grado di concentrazione. Non ci vuole molto a capire che questo vuol dire che i ricchi sono rimasti ricchi anche nel mezzo della crisi e i poveri sono ancora più poveri.


Il paese è dunque spaccato in due perché il cosiddetto “ceto medio” progressivamente si sta impoverendo, avvicinandosi alle tante famiglie che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese.
Le cose certo non migliorano se guardiamo gli paesi, Stati Uniti in testa. Secondo Edoardo Narduzzi, giornalista di Italia Oggi, il ceto medio americano al tempo di Obama è in crisi e il suo crescente impoverimento lo relega all’interno di una classe massificata che non offre più la tranquillità e le certezze degli anni settanta o ottanta.


Tirando le somme possiamo dire che, con gli opportuni distinguo, a livello globale la crisi ha accentuato la disuguaglianza economica tra i vari ceti spostando la maggior parte delle persone verso  un livello di mera sussistenza.
 
Il produttore di vino come vive questi momenti di crisi? Male, soprattutto se in passato ha puntato decisamente la sua offerta sul ceto medio. In tal caso dovrà rivedere ed affinare la sua strategia di marketing per mettere una pezza all’inevitabile crisi dei prodotti di medio prezzo, quelli da 30/40 euro a scaffale, che oggi sono diventati troppo cari per le famiglie di medio/basso reddito e troppo poco fighetti per i nuovi e vecchi ricchi.

Fonte: www.400asa.it
In un mondo dove le famiglie comprano solo vino dall’ottimo rapporto qualità/prezzo, che fine faranno i “vinoni”, Supertuscan in testa?
 
Ha ancora senso produrli e crearne di nuovi quando sono proprio questi prodotti a soffrire la grande crisi del ceto medio e a subire la forte concorrenza dei vini del Nuovo Mondo che costano meno della metà fornendo, per il normale consumatore, le stesse emozioni a tavola?

In tale ambito chiederò alle principali aziende vinicole di fornirmi dei dati di vendita per capire se questa mia riflessione ha un fondo di verità.
La sfida per i vignaioli è appena iniziata, spetterà alla politica e al buon governo riportare le cose a livelli accettabili perché il vino, soprattutto il grande vino, deve essere un bene di tutti.
 

Col vino andiamoci piano!


Pubblico interamente un articolo tratto dal Il Messaggero nella speranza che la sua lettura faccia riflettere sulle contraddizioni che esistono tra consumo di alcol (legale) e uso di droghe (vietato).

L'alcol è la droga più dannosa di tutte: più nociva di eroina e crack, se vengono presi in considerazione i danni per la salute di chi lo usa e per il resto della società: lo sostiene uno studio britannico pubblicato sulla rivista Lancet. Una ricerca condotta da David Nutt, l'ex consigliere del governo per la lotta alla droga, suggerisce che il danno complessivo prodotto dagli alcolici richiede strategie coraggiose e aggressive sul fronte della sanità pubblica. Lo studio riapre il dibattito sulla classificazione degli stupefacenti in Gran Bretagna e sulla necessità di una campagna complessiva contro l'alcolismo.

Oggi nel Regno Unito è partito un appello al ministero dell'Interno perché affronti i problemi posti dall'alcolismo "passivo" sull'esempio delle campagne contro il fumo passivo: «Troppe aree del paese sono vittima di vandalismi, vomito, risse e altri comportamenti asociali» legato al consumo eccessivo di alcolici, si legge nel documento di tre organizzazioni tra cui "Open All Hours?" un gruppo che si batte per una regolamentazione degli orari dei pub. 
Lo studio di Lancet va un passo oltre: se le droghe fossero classificate per il danno che producono, sostengono Nutt e i suoi colleghi dell'Independent Scientific Committee on Drugs, gli alcolici, venduti liberamente in Gran Bretagna a differenza di droghe come Ecstasy o marijuana, dovrebbero rientrare nella categoria A, con l'eroina e il crack. Nella classificazione di Lancet, su una scala di nocività da 1 a 100, l'alcol è a quota 72, l'eroina a 55 e il crack a 54. Gli alcolici sono tre volte più dannosi di cocaina (27) e del tabacco (26), si legge sulla rivista scientifica britannica, mentre i danni dell'ecstasy (9) sono appena un ottavo al pari degli steroidi e prima dell'Lsd (7) e dei funghi allucinogeni (5).

Nutt è stato licenziato lo scorso anno dall'allora ministro dell'interno Alan Johnson per aver contestato la posizione del governo contraria a una revisione della classificazione degli stupefacenti. Il professore voleva che la marijuana restasse droga di categoria C, mentre l'ecstasy venisse scalata dalla classe A sulla base di un giudizio di minor pericolosità rispetto ad altre sostanze proibite. «E' interessante notare - dice Nutt - che le due droghe legali in classifica sono in testa alla nostra scala di valutazione: un fatto che indica che le droghe legali provocano almeno altrettanti danni di quelle illegali». Secondo stime dell'Oms i rischi legati all'alcol causano 2,5 milioni di morti all'anno per malattie cardiache o epatiche, incidenti stradali, suicidio e cancro, pari al 3,8 per cento di tutte le morti.

Fonte: Il Messaggero del 02/11/2010

Bianchi della Maremma Toscana: l'Ex Rubro di Poggio al Toro


Chi non risica non rosica.
 
Questa è il motto che, indelebile, aveva in mente Vincenzo Ciaceri quando, assieme ai suoi enologi, ha pensato all’Ex Rubro, puro sangiovese Bio vinificato in bianco la cui idea sfidante è stata raccolta in Italia da pochissimi produttori.
Il sangiovese, infatti, è un vitigno tosto, difficile, che in questo caso diventa davvero scorbutico per via dei rischi non indifferenti nell’attendere in vendemmia uno sviluppo aromatico importante evitando, nel contempo, un’eccessiva colorazione dell’acino che porterebbe problemi durante la fase di ammortamento.

Le Vigne
Con la vendemmia (anticipata) i problemi non sono finiti perché un’altra partita importante Vincenzo Ciaceri l’ha dovuta giocare nel momento della pressatura: in queste fasi, infatti, si dovrà cercare di azzerare l’ammostamento delle uve in vigna, caricare la pressa manualmente con le uve intere (se e solo se l’agostamento del legno sarà perfetto, altrimenti si rischiano sgradevoli cessioni da parte del raspo) e calibrare l’intensità della pressatura in modo da estrarre più aromi possibili senza estrarre colore.
Paure ed ansie, soprattutto di tipo tecnico, che si sono dissolte man mano che il vino prendeva forma e si affinava in bottiglia.

La Cantina
L’Ex Rubro 2009, bevuto poco tempo fa a tavola con amici, ha sorpreso tutti, me per primo, per via di due caratteristiche fondamentali: la grande freschezza del vino e, soprattutto, la grandissima bevibilità.
Col produttore di Poggio al Toro non sono d’accordo, invece, su un punto: l’Ex Rubro non va servito troppo freddo. Le basse temperature, infatti, nascondono  l'anima del sangiovese, ingabbiano un po’ la struttura  e la complessità che, invece, vengono fuori alla grande quando il vino comincia a scaldarsi leggermente nel bicchiere. E’ in questo momento che escono fuori tutte le caratteristiche del sangiovese di razza, il naso sembra tuffarsi in una macedonia di frutta bianca e gialla non troppo matura a cui seguono note di fiori di campo e una leggera ma profonda sapidità.


In bocca l’Ex Rubro gioca tutte le sue carte su equilibrio e freschezza, caratteristiche che rendono, come detto in precedenza, la beva assolutamente compulsiva. Un vino non solo per l’estate, per chi vuole bere sano anche nel quotidiano. Fa anche rima!


Oggi non si beve vino ma si mangiano Cjalsòns rustici


Non sono un foodblogger, non sono bravissimo a cucinare ma non potevo tirarmi indietro alla richista di Rossella di Ma che ti sei mangiato che, circa due mesi fa, chiedeva a tutti i blogger di partecipare ad una importante iniziativa: far conoscere i Cjalsòns.
Cjache? I Cjalson non sono altro che una sorta di agnolotti della zona della Carnia ,dentro il Friuli, che, passati nel dimenticatoio, sono stati riscoperti da Gianni Cosetti, chef stellato friulano che ha condotto con successo il Ristorante “Il Roma” a Tolmezzo anticipando la moda del cibo locale e  tradizionale già negli anni Ottanta.

Il libro di Gianni Cosetti
Riprendendo le vecchie ricette di Gianni Cosetti, tutto lo staff di Percorsi di Vino, cioè io e Stefania, si è cimentato nella preparazione dei Cjalsòns rustici, i più semplici e gustosi da preparare anche grazie ai preziosi consigli di Rossella che vado ad elencare.

La ricetta

Ingredienti per 4-6 persone

Per la pasta

300 gr di patate
200 gr di farina 00
1 uovo (di 75gr )
noce moscata (una spruzzata)
1 ciuffo di prezzemolo

Ho lessato le patate in acqua inizialmente fredda e poi portata al bollore con le patate dentro. Non ho aggiunto sale. Lessate le patate, le ho spelate a caldo e le ho schiacciate ben bene con la forchetta, dentro la ciotola da lavoro. Le ho fatte raffreddare. Poi ho aggiunto l’uovo, la farina, la noce moscata e ho lavorato il tutto con le mani. Per ultimo ho aggiunto il prezzemolo tagliuzzato.
Ho fatto riposare per 20-30 minuti.

Mani in pasta
Per il ripieno

300 gr di salsiccia
mezzo bicchiere di vino biancoo secco (circa 75 gr)

Dopo aver sbriciolato la salsiccia, ho acceso il fuoco e messo nella padella la carne alla quale, dopo due minuti, ho aggiunto il vino bianco, una passerina di Terenzi. Ho mescolato e ho cotto fino a completa evaporazione del vino. 
Ho fatto raffredare il ripieno.
Ho steso la pasta infarinando bene il tavolo e ho tagliato dei cerchi di 6 cm di diametro. Ho messo in mezzo ai cerchi mezzo cucchiano di carne e ho chiuso

Intanto, ho scaldato l’acqua. Ho messo in acqua calda un po’ di Cjalsons e li ho fatti cuocere per 2-3 minuti.

L'impasto a riposo
Ripieno work in progress  

Stefania e i suoi Cjalsons   



Per il condimento

200 gr di ricotta fresca
1.5 dl di latte
pepe in grani

Ho mescolato in una ciotola il latte con la ricotta, ma andrebbe meglio frullare il tutto.
Ho versato il condimento sopra i Cjalsòns già impiattati e ho macinato il pepe sul momento.

Et voilà!!!
Visto la grassezza del condimento e del ripieno, ho pensato di abbinare i Cjalsons rustici con delle bollicine di bella struttura. La scelta è caduta sul Prosecco Millesimato di Bele Casel, davvero ottimo su un piatto del genere.

Prosit!


PASSIONE, BLOGGER E #COLFONDO1




Tra pochissimo parte #colfòndo1, interessante manifestazione organizzata da Luca Ferraro di Bele Casel con l'obiettivo di  approfondire la conoscenza del territorio della Marca Trevigiana e di una delle sue espressioni enologiche più vere e profonde, passando in rassegna otto Prosecco delle zone DOC e Superiore DOCG dell'annata 2009, tutti caratterizzati dalla rifermentazione in bottiglia, i cosiddetti "col fondo" o, per usare un termine più accattivante, ma putroppo ora non più utilizzabile per questioni di legislazione europea, "sur lie".

Presenti all'evento produttori già noti in ambito forumistico, quali Giovanni Frozza, Silvano Follador, Casa Coste Piane, assieme ad altre aziende meno conosciute quali Biondo Jeo, Selezione Zanotto, Costadilà, Lorenzo e Carolina Gatti, La Basseta di Maurizio Donadi, oltre ovviamente all'organizzatore Bele Casel.

l'evento #colfòndo1, che avrà luogo il prossimo Sabato 30 Ottobre presso la nuova Locanda Baggio, sita in località Casonetto d'Asolo (TV), in via Bassane 1 (tel. 0423 529648 begin_of_the_skype_highlighting              0423 529648      end_of_the_skype_highlighting), e che si svolgerà in due fasi.

Nella prima parte (ore 11.00-13.00) avverrà una degustazione alla cieca degli otto campioni di Prosecco col fondo (Bele Casel e Biondo Jeo per la DOCG Asolo; Costadilà e Zanotto per la DOCG Conegliano; Casa Coste Piane e Frozza per la DOCG Valdobbiadene; Gatti e La Basseta per la DOC Treviso).

A seguire, verrà servito un pranzo "di territorio" durante il quale si potranno bere altri vini, sempre a rifermentazione in bottiglia: trebbiano e fortana DOC del Bosco Eliceo dell'azienda Mariotti, due Prosecco col fondo di vecchie annate, ed il Prosecco di Valdobbiadene Superiore DOCG metodo classico di Silvano Follador. 

C'è la possibilità, per chi vorrà partecipare al pranzo, di presentarsi durante la mattinata al ristorante e iscriversi, al costo di 35 EUR a persona.

Qua si può vedere la diretta web clicca

Io per  motivi di lavoro non sono potuto andare ma non mancherò al prossimo #colfòndo2.

Ragazzi in bocca al lupo!


Emanuele Rolfo - Roero Riserva 2006


Una settimana fa, con un pò di amici, ho potuto apprezzare il suo Roero Riserva 2006, una tipologia poco nota al grande pubblico, soprattutto se parliamo di Roma, la mia città, dove l'ignoranza in tema di vino fa si che si beva solo ciò ce va di moda e, si sa, il Piemonte è troppo tradizionale per essere cool.


Il Roero Riserva 2006 di Emanuele Rolfo è un vino che associa complessità e facilità di beva, un binomio interessante che fornisce immediatezza a questo nebbiolo rendendolo meno aristocratico e più vicino alle esigenze di chi, soprattutto a tavola, vuole un vino poco scorbutico e più adatto agli abbinamenti.


Tecnicamente è un vino che si esprime su sensazioni croccanti di viola, ciliegia, bacche selvatiche, terra rossa, lieve balsamico.
In bocca il vino rimane importante, fresco, assolutamente calibrato, invita continuamente alla beva e noi, a tavola, ci siamo “scolati” una bottiglia in pochi minuti.

In un mondo pieno di vini “ciccioni”e marmellatoni, il Roero Riserva di Rolfo rappresenta una delle tante boccate di ossigeno che tutti noi dovremmo imparare a prendere più spesso.
A Novembre proverò tutta la sua gamma di vini e, se tanto mi da tanto, ne vedremo delle belle!