Ornellaia 2005: festeggiamo davvero il ventennale della Tenuta dell' Ornellaia?
dare vita ad ua nuova, eccezionale azienda vinicola, su una proprietà ereditata dai Della Gherardesca, a cui appartiene il ramo materno della famiglia. La Tenuta sorge in una zona costiera ancora selvaggia della Maremma Toscana. Ispirandosi all'esperienza fatta da Suo zio nella vicina tenuta di Sassicaia, Lodovico ha scelto di piantare Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot, i vitigni più adatti a beneficiare del "terroir" del'azienda.L'Ornellaia è vino simbolo dell’azienda, nato nel 1985 e risultato di un’attenta selezione di Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc. Il prezioso rosso è affinato in barriques di rovere francese per un periodo di 18 mesi, con affinamento in bottiglia per 12 mesi. L’annata 1998 è stata consacrata dal Wine Spectator “Miglior Vino al Mondo” e l’annata 2001 ha ricevuto i massimi riconoscimenti delle principali guide enologiche italiane e internazionali.
attentamente valutati sono stati selezionati con cura su un doppio tavolo di cernita, prima e dopo la diraspatura. Dopo una pigiatura soffice, ogni varietà e parcella è stata vinificata separatamente dando origine ad un totale di 54 vini base interpreti della grande diversità dei terroirs della Tenuta. Alla fermentazione di una settimana in vasche d'acciaio inosiddabile alla temperatura di 26-30° C ha fatto seguito un periodo di macerazione di 18 giorni. La fermentazione malolattica è avvenuta in barriques di rovere (al 70% nuovi e 30% di secondo passaggio). L'affinamento in barriques è durato complessivamente 18 mesiin ambiente a temperatura controlla. Dopo i primi 12 mesi di affinamento è stato effettuato l'assemblaggio, e il vino è stato poi reintrodotto nelle barriques per ulteriori 6 mesi. Il vino è stato quindi sottoposto ad un ulteriore affinamento in bottiglia per 12 mesi prima dell'immissione sul mercato. E il risultato?Sagrantino Passito 2003 Scacciadiavoli: un sorso "dolce" di Umbria
antico borgo, che sorge in prossimità dell'azien
da, in cui viveva un esorcista (Scacciadiavoli). La cantina costruita nella seconda metà dell'800 e recentemente restaurata, è razionale e dotata di moderni impiamti. A metà del secolo XX, il nonno degli attuali proprietari, Amilcare Pambuffetti, acquisiva la proprietà. La dimensione attuale è di ha 130 di superficie di cui ha 30 investiti a vigneto. La produzione attuale è di 150.000 bottilgie che diventeranno 250.000 quando tutti i vigneti saranno in produzione. I terreni, posti in comune di Montefalco ad una quota compresa tra i 300 ed i 350 metri, sono prevalentemente argilloso-sabbiosi, con una buona capacità di drenaggio. Il 50% della superficie vitata è piantata con il vitigno Sagrantino; il restante 50% è rappresentato da Sangiovese, Merlot e Cabernet. I vini prodotti sono: il “Montefalco Sagrantino DOCG” , il “Montefalco Sagrantino Passito DOCG”, il “Montefalco Rosso DOC” ed il “Grechetto dell’Umbria IGT”.
- colore: rosso rubino carico talvolta con riflessi violacei e tendenti al granato con l’invecchiamento;
- odore: delicato caratteristico che ricorda quello delle more di rovo;
- sapore: abboccato, armonico, gradevole;
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 14,5%;-
- residuo zuccherino minimo: 30 gr.;
- acidità totale minima: 5 per mille;
- estratto secco netto minimo: 30 per mille.
Soave La Rocca 2000 Pieropan: piccoli appunti di degustazione
E' stato il dottor Leonildo Pieropan a fondarla nel 1890 . I figli, Fausto e Gustavo, hanno continuato l'opera con infinita passione, ma è stato il nipote, di cui porta il nome, che con l'entusiasmo dei
suoi giovani anni ha rivoluzionato l'azienda.Leonildo e Teresita Pieropan la conducono con la passione e la competenza dei veri vignaioli amanti del loro mestiere e sono universalmente considerati gli interpreti migliori della loro zona, Soave, tra le più vocate d'Italia. Il legame con il territorio soavese, il rispetto delle tradizioni e della cultura del luogo sono tutt'uno con la storia della famiglia Pieropan e anche la ragione profonda che anima tutte le attività aziendali. Così come l'idea della centralità del vigneto che Leonildo concepisce di fondamentale importanza per raggiungere il vertice qualitativo dei prodotti. Ecco allora l'acquisizione, nel corso del tempo, di prestigiosi cru di collina, tra cui Pigno, Palestrello, La Santa, e l'aumento di superficie dei fondi di famiglia Calvarino e La Rocca, gli innovativi sistemi di coltura , la ricerca e la salvaguardia dei vitigni in via di estinzione, la valorizzazione ostinata della garganega, le potature corte, il diradamento, l'utilizzo convinto delle concimazioni esclusivamente organiche.
A ciò si accompagnano i caratteristici spazi per l'appassimento dell'uva per il vino Recioto ed una cantina che è un piccolo grande gioiello: moderna ed assieme sintesi felice della sapienza delle passate generazioni. Concreto simbolo di questo amore per il passato è la sede dell'Azienda PIEROPAN, l'antico Palazzo Pullici, perfettamente ristrutturato, la cui origine risale addirittura al 1460 e che ha ospitato fra le sue mura uno scrittore e poeta quale Ippolito Nievo, negli anni della sua infanzia. Il Soave La Rocca proviene dall'omonimo vigneto che si trova a ridosso del Castello Scaligero di Soave, dalla cui Rocca appunto prende il nome. Il terreno è di origine “eocenica”, ricco di microelementi con struttura calcarea, in parte argillosa. Il vino è prodotto esclusivamente con garganega raccolta in fase di surmaturazione per ottenere maggior volume estrattivo e fatto maturare per un anno in botti di legno di rovere.STILTON E PORTO: ABBINAMENTO VINCENTE
Il mattino seguente, i cagli vengono tagliati in blocchi per permettere un ulteriore drenaggio prima di essere macinati e salati. Ogni formaggio richiede circa 11 kg di cagli salati che vengono messi dentro ad una forma cilindrica. Le forme, dopo essere state riposte, vengono girate ogni giorno per permettere un ulteriore naturale drenaggio di 5 o 6 giorni. Questo assicura la regolare distribuzione del morbido contenuto e fa si che, senza che il formaggio venga mai pressato, si formi la tipica “pasta sbriciolata”, requisito importante per la fondamentale fase di “imbluimento”. Dopo 5 o 6 giorni, i cilindri vengono rimossi e l’involucro di ogni formaggio viene sigillato mediante levigatura o avvolgimento in modo da prevenire che l'aria possa entrare nel formaggio. I formaggi vengono poi trasferiti in speciale ambienti per la maturazione dove la temperatura e il livello di umidità sono attentamente controllati. Inoltre, durante tutto il periodo di riposo, ogni formaggio viene regolarmente girato.. Dopo circa 6 settimane, il formaggio ha formato la caratteristica crosta dello Stilton ed è pronto per essere bucato con speciali puntine di acciaio inossidabile. Questo procedimento permette all’aria di penetrare all’interno del formaggio e questo determina la creazione delle magiche venature blu associate allo Stilton. Dopo 9 settimane di maturazione, ogni formaggio pesa circa 8 kg ed è pronto per essere venduto. Ma prima che questo accada, ogni formaggio viene testato con uno speciale “ferro” per il formaggio. Il ferro viene utilizzato per sondare il formaggio ed estrarne un campione. Dall’ispezione visiva e olfattiva, il controllore è in grado di determinare se il formaggio è pronto per essere marcato e venduto come Stilton.
L'abbinamento tradizionale dello Stilton è con il Porto, binomio che la storia ci insegna è stato posto in essere più per necessità che per golosità. Non essendoci infatti, in passato, la possibilità di conservarlo al meglio per lungo tempo, gli insetti proliferavano al fondo dei contenitori di porcellana in cui veniva tenuto. Il Porto, in questo ambito, veniva versato periodicamente per annegare le simpatiche bestiole e, in generale, per preservarlo da agenti patogeni. Qualcuno poi ha scoperto che dava anche molto gusto al formaggio. Il modo più caratteristico oggi di degustare Stilton e Porto è prendere una forma di Stilton, togliere la crosta e scavare un buco a forma conica per 3/4 della profondità, versare il Porto e lasciare macerare per qualche giorno sino a completo assorbimento del vino da parte del formaggio. Da consumare con crostini caldi e un bel bicchiere dello stesso Porto versato nello Stilton.
Quale Porto utilizzerei? Un Porto Vintage 1997 di Quinta do Tedo dai bei profumi di rosa canina, frutta secca, prugna, chiodi di garofano, cioccolato e tabacco da pipa. Grande vino per un grande formaggio.
Aglianico del Vulture Basilisco 1999. E chi lo dice che il rosso lo bevo d'inverno?
Basilicata a due chilometri da Rionero. La tenuta di circa 20 ha. è incastonata in un paesaggio collinare di suggestiva bellezza, alle pendici del Monte Vulture. In questa terra vulcanica, straordinariamente vocata a dal particolare microclima, viene coltivato il vitigno Aglianico, l'antico ellenico, trapiantato dai Greci. I vigneti, felicemente esposti, declinano dolcemente dai 450 ai 300 m. di altitudine. La vinificazione e la conservazione del prodotto in botti di rovere, avvengono in una graziosa cantina del 1400, interamente scavata nel tufo e naturalmente temperata, nel rispetto della cultura e
delle tradizioni del luogo. Nel 1992 nasce il primo Basilisco, con il preciso intento di valorizzare al massimo le potenzialità dell'Aglianico che, dopo essere raccolto manualmente, viene vinificato in vasche di acciaio per poi essere affinato in barriques per 18 mesi e, successivamente in bottiglia.Il vino che vorrei con....Terre Colte
Oggi è possibile grazie all’iniziativa di Terre Colte, azienda vinicola di Luogosano (Av) www.terrecolte.com che ha lanciato l’iniziativa denominata “IL VINO CHE VORREI”. In pratica,
chiunque può partecipare compilando, a partire dal primo settembre 2008, sul sito dell’azienda, un’apposita scheda con la quale esprimere le proprie preferenze circa il suo vino ideale. Le scelte verteranno sui tipi di uve da utilizzare e relative percentuali di assemblaggio, sul tipo di affinamento e invecchiamento e sulla filtrazione del vino. Non mancherà la richiesta di proporre il nome per il vino.Naturalmente, la scheda è predisposta dall’enologo di Terre Colte, in modo da guidare le persone nella compilazione della scheda fornendo informazioni semplici sulle scelte più appropriate. Al termine dell’iniziativa, a giugno 2009, l’azienda valuterà le schede ricevuta e, attraverso il supporto dell’enologo, provvederà ad assemblare le proposte con maggiori percentuali, realizzando il vino prescelto dalla maggioranza dei partecipanti. Per quanto riguarda il nome, verrà scelto mettendo a votazione i tre nomi ritenuti più validi.
Per finire, ogni bottiglia prodotta avrà un collarino riportante i nomi di tutti i partecipanti all’iniziativa, al fine di riconoscere ufficialmente a tutti il ruolo di “ENOLOGI” dell’azienda.
Bevuta...in una notta di mezza estate
partire meglio, un naso molto complesso che spazia tra note di albicocca, marmellata di limone inglese, nocciola, pietra focaia e lavanda. In bocca questo champagne ha ancora da dire visto che l'acidità, nonostante i 13 anni, è ancora sferzante. Buona la persistenza finale. Noi queste bollicine le abbiamo abbinate ad una straordinaria mortadella al tartufo. Sublime!Vino fatto in casa....la nuova frontiera dell'enologia(?) made in USA...
nella vostra cantina decine di bottiglie di Montepulciano o Chardonnay con la vostra etichetta? Le nuove frontiere dell'enologia di massa sono aperte, per cui se volete diventare il nuovo Marchese Incisa della Rocchetta non dovete più usare terra, uva, sole e tanto lavoro....basta una semplice telefonata ed ecco a voi che la società E. C. Kraus http://www.eckraus.com vi manderà a casa uno stupendo kit per la produzione del vostro vino da bere nelle grandi occasioni. Con voi tutte le enoteche chiuderanno lo so. La ricetta è molto semplice, non bisogna studiare agronomia ed enologia, e perchè mai? Che servono ormai al giorno d'oggi? Basta seguire le semplici istruzioni della società e che trovate sul sito internet http://www.eckraus.com/wine-making-steps.html. Se non sapete l'inglese ve le sintetizzo:- in base al tipo di vino che vuoi fare, taglia a pezzettoni la tipologia di frutta indicata nella confezione, stando chiaramente attento a togliere i noccioli grandi;
- mescola il tutto con quanto c'è nella busta che trovate nella confezione e metti il tutto, ad eccezione dei lieviti, nel fermentatore primario (che devi chiaramente comprare a parte) insieme ad un pò di acqua;
- lascia riposare per 24 ore;
- versa nel composto i lieviti che trovi nella confezione e fai fermentare per 5/7 giorni. Ovviamente la temperatura non è indicata, tanto a che serve?;
- passati i 5/7 giorni versa il tutto nel secondo fermentatore facendo attenzione, altrimenti POTRESTI COMPROMETTERE TUTTO, a non versare i sedimenti;
- attacca al secondo fermentatore il gorgogliatore http://www.eckraus.com/LK210.html e lascia che il mosto fermenti per 4/6 settimane o almeno finchè non diventi CHIARO......
- al termine della fermentazione, versa tutto nelle bottiglie e.....MUORI. Chiaramente se vuoi diventare biodinamico devi prendere un pò di residuo della fermentazione e metterlo nella bottiglia. Fa molto fico con gli amici.........
SI POSSA PERMETTERE A UNA DITTA AMERICANA DI VENDERE PREPARATI PER PRODURRE VINI ITALIANI COME SANGIOVESE, MONTEPULCIANO, BARBERA, VALPOLICELLA, ETC... IO PENSO CHE, IN TAL SENSO, IL PRODOTTO ITALIANO VENGA SMINUITO AD UNA SEMPLICE POZIONE CHE TUTTI POSSON FARE. COME TUTELIAMO I VERI VIGNAIOLI? E' COSì CHE SI FA UN BAROLO? http://www.eckraus.com/WINEMAKING/Ingredient_Kits_-and-_Concentrates/European_Select_(7.5_L)/Page_1/ES113.htmlAzienda Vitivinicola Columbu: difensori della vera arte della vinificazione
Battista Columbu da inizio ad un primo rinnovamento e ristrutturazione del vigneto sostituendo i ceppi invecchiati e incrementando gli innesti del vitigno di Malvasia originario. In quello stesso periodo (1973-1974), assieme allo stimato produttore Salvatore Deriu (noto "Zegone", che per primo intuì l'importanza della selezione del vitigno e degli impianti a monocoltura e sperimentò l'imbottigliamento per la commercializzazione del prodotto) e ad alcuni altri famosi sostenitori del valore del pregiato nettare (come lo scrittore - regista Mario Soldati e il giornalista Luigi Veronelli, che alla Malvasia di Bosa hanno dedicato pagine d'alto pregio), G. Battista Columbu si dedica con entusiasmo allo studio e alla ricerca finalizzata al riconoscimento dell'identità enologica e culturale della Malvasia di Bosa e all'ottenimento dell'iscrizione all'Albo dei vini D.O.C.. Nel 1980 l'azienda s'ingrandisce. Il Sig. Columbu eredita un vigneto di circa 20.000 mq. già appartenuto al Sig. Deriu, situato in località "Campeda", in territorio del comune di Bosa. Attualmente l'azienda è dotata di moderni sistemi d'impianto per la coltivazione e la vinificazione ed è iscritta all'Albo D.O.C. dei vigneti dal 1988. Attualmente la produzione annua di uva si aggira intorno ai 60 quintali per ettaro, di cui circa duemila litri di vino sono destinati.
legislature, durante gli anni Ottanta, ha fatto parte del Partito Sardo d'Azione ed è stato tra i promotori della legge sul bilinguismo. Columbu è attaccato alla storia e alle sue tradizioni e non per caso, il regista Jonathan Nossiter, lo ha fatto uomo simbolo del suo film Mondovino. Nossiter di lui dice: "Finche ci saranno uomini come Battista Columbu, che si batte per l'integrità della malvasia e non cede a offerte vantaggiose, potremo sperare. È uno di quei paradossi che ogni tanto capitano: proprio lui, un uomo della Barbagia, cosi chiamata dai Romani per indicare che la popolavano tribù selvagge, dimostra come si possano sconfiggere i nuovi barbari che dominano il business del vino. Con lui e con il figlio Gian Michele il futuro di tutti sarà meno preoccupante”. La Malvasia di Bosa dei F.lli Porcu entra tra i miti dell'enologia italiana
il sistema di allevamento a Guyot. L'intento dell'intrapresa non era solamente quello di dare inizio ad un processo di innovazione nella coltivazione del prezioso vitigno, ma altresì quello di far sì che i suoi due fratelli, allora emigrati in Svizzera, potessero fare ritorno nel piccolo e suggestivo paesino natio. Così avvenne e nel 1975 Don Porcu, assieme a
Giovanni e Angelino, effettuano la prima vendemmia e vengono gratificati degli sforzi compiuti con il primo imbottigliamento, avvenuto nel 1977. Nel 1985 l'azienda procede all'impianto di altri 10.000 mq di Malvasia e nei successivi cinque anni estende la superficie vitata portandola ad un totale di circa 40.000 mq. Negli ultimi dieci anni, i fratelli Porcu hanno avviato un importante processo di modernizzazione procedendo all'acquisto di attezzature più idonee per la vinificazione e alla predisposizione di opportuni spazi di accoglienza per i visitatori. L'azienda è iscritta all'Albo D.O.C. dei vigneti dal 1972 e ha una produzione annua di circa 60 quintali per ettaro, che viene interamente destinata all'invecchiamento per almeno due anni in botti di castagno. L'azienda è immersa in uno stupendo ambiente naturale e gode di uno spettacolare panorama. La cantina sorge in mezzo alla vigna e ha una superficie di trecento metri quadri. Malvasia di Bosa: magie di Sardegna nel bicchiere
Dalle genti che abitano la Planargia la Malvasia è sempre stata considerata un vino nobile ed elitario, un vino particolare da riservare per circostanze e persone speciali, perpetuando in questo modo un consolidato rituale sociale. La Malvasia è un vino "chi cheret chistionadu!", esclamazione questa di gradimento e al tempo stesso complimento al cantiniere-produttore all'atto della degustazione. E' il vino della mattina, non perchè leggero o di poco conto, ma perchè la domenica, dopo la messa, gli uomini fanno il giro delle cantine e si scambiano pareri e saperi sulle sue qualità. La Malvasia è il simbolo dell'amicizia e dell'ospitalità, e la si offre alle persone a cui si tiene particolarmente; è il vino della festa, e non tanto per le caratteristiche organolettiche della classificazione ufficiale dei sommellier, quanto perchè privilegiata nelle ritualità festive, in cui più che altrove si esplicitano lo scambio simbolico e le relazioni di reciprocità.La Malvasia di Bosa in questo territorio è quindi soprattutto un bene sociale. Così potete stare certi che quando vi viene offerta, il gesto ha un significato che va oltre i consueti rapporti conviviali perchè, come ebbe ad osservare già nel lontano 1895 Pompeo Trentin, "i proprietari difficilmente se ne privano" ma quando lo fanno vi stanno donando molto di più di un bicchiere di pregiata Malvasia di Bosa. Non si può comprendere l'eccellenza raggiunta da questo vino, senza fare riferimento a questo contesto culturale.
La zona di produzione interessa una superficie complessiva di quasi 200 ettari distribuiti su alcune piccole valli e una serie di colline che si aprono verso il mare a partire dai centri urbani dei comuni di Bosa, Suni, Tinnura, Flussio, Modolo e Magomadas. I vigneti si collocano sia lungo le valli che lungo i pendii collinari ad altitudini che vanno da qualche decina di metri sul livello del mare sino a 300 metri, ma la fascia di maggiore diffusione è compresa fra i 70 e i 170 metri s.l.m..
I terreni dove trova maggiore diffusione il Malvasia di Bosa hanno generalmente una colorazione biancastra per un'elevata dotazione di calcare, si distinguono per l'elevato contenuto di potassio, per la bassa fertilità e per la buona capacità di sgrondo dell'acqua. La zona di produzione è inoltre caratterizzata da un clima costiero particolarmente mite d'inverno, con temperature medie annue che oscillano tra i 17-18 gradi di massima e i 12-13 gradi di minima, ma che in ogni caso risultano superiori a quelle delle aree limitrofe più interne. L'eccezionalità del Malvasia di Bosa è fondamentalmente dovuta alla particolare situazione orografica del territorio della Planargia, all'orientamento delle valli e alla vicinanza di queste al mare.
Per produrre il Malvasia di Bosa DOC le uve vengono pressate e successivamente solfitate. Contemporaneamente avviene la sfecciatura, con la quale si allontanano le particelle in sospensione. Segue la fermentazione del mosto pulito, che avviene a bassa temperatura. Al termine, con la svinatura, si allontanano i sedimenti di fermentazione. Il prodotto viene conservato a basse temperature e sottoposto a ulteriori travasi, solfitazioni e filtrazioni. A questo punto il vino è pronto per l’imbottigliamento. Secondo il disciplinare di produzione il vino Doc Malvasia di Bosa non può essere immesso al consumo se non dopo essere stato sottoposto a un periodo minimo di invecchiamento di due anni in botti di rovere o di castagno, e può essere preparato nelle tipologie “dolce naturale”, “secco”, “liquoroso dolce naturale” e “liquoroso secco o liquoroso dry”.
I principali produttori, dei quali farò degli approfondimenti successivi, sono:
Azienda Vitivinicola Fratelli Porcu – Modolo – tel. 0785/35420
Azienda Vitivinicola Columbu – Bosa – tel. 0785/373380
Claude Dugat e il suo Gevrey - Chambertin premier cru
all'interno del suo comune. E' un vigneron di altri tempi, avvolto forse da un alone di leggenda che gli deriva dal fatto che la sua cantina è all'interno di una chiesetta medioevale sconsacrata che poggia su un tempio longobardo e che, ancora oggi, lavora la sua terra con un cavallo.Claude Dugat conosce ogni zolla del suo vigneto, è legato in maniera quasi paterna alle sue viti, alcune di oltre 70 anni, che cura in maniera maniacale al fine di ridurre le rese a non più di 18 ettolitri per ettaro. E' questa caratteristica, questo zelo, che rende i suoi vini così straordinari e così ricercati vista la scarsa disponibilità.
Ho degustato per Percorsi Di Vino una mini verticale di Gevrey - Chambertin premier cru Claude Dugat: il 2002 si presenta di un bel colore rubino e presenta al naso belle note fruttate di ribes, lampone e anguria matura, seguite da una avvolgente e intensissima nota balsamica e da sentori di spezie orientali e floreali (garofano). Al palato il vino si presenta deciso e fresco, con una trama tannica fine ed equilobrata. Lungo il finale giocato su note fruttate. Grande bevibilità per un vino che potrà dire al sua per molto tempo.Il Gevrey - Chambertin premier cru 2003, anch'esso di un bel rubino brillante, è un vino che al naso gioca su note di frutta rossa di bosco e liquerizia. In bocca si mostra molto più ricco ed intenso del precedente con un palato che viene avvolto da sensazioni di frutta rossa matura. Finale molto lungo e persistente. Georges Roumier - Chambolle-Musigny Les Cras 2001
commercializzazione dei vini. È il figlio Jean-Marie, tra gli anni ’60 e ’70, ad ampliare il patrimonio viticolo acquisendo parcelle nelle denominazioni di Corton-Charlemagne e Musigny. Nel 1982 suo figlio Christophe lo affianca nella gestione dell’azienda che oggi lavora quasi 12 ettari ripartite in 9 denominaz
ioni. “Il nostro obiettivo è di tradurre, nel rispetto delle annate, il carattere di ciascun territorio. Queste finalità impongono dei principi rigorosi nella condotta delle vigne, nella vinificazione e nella maturazione dei vini. La cultura della vigna è basata su pratiche rispettose dell’ambiente cioè senza l’ausilio di fertilizzanti ed erbicidi. Le raccolte sono manuali, le selezioni rigorose, a cui fa seguito una diraspatura parziale. La macerazione prefermentativa a temperatura ambiente permette la moltiplicazione dei lieviti indigeni che daranno inizio a una fermentazione di 18-23 giorni in fusti aperti. Il controllo della temperatura con rimontagli e pigiature permettono di dare una maggiora estrazione ai vini. La maturazione avviene in piccole botti di rovere per un periodo compreso tra i 15 e i 18 mesi. La porosità del legno permetterà la lenta micro-ossigenazione del vino, ammorbidendo i tannini e amplificandone le complessità. L’importanza del dosaggio è fondamentale, infatti la percentuale di botti nuove varia a seconda della loro origine, tostatura e in base alla struttura dei vini. I vini di Chambolle-Musigny sono fini ed eleganti, la nota boisé dovrà rispettare la loro natura. A seconda del carattere dell’annata stimo che una percentuale di legno nuovo del 15-25% si adatta alle denominazioni comunali in modo di non alterare la loro finezza. La percentuale salirà progressivamente per le denominazioni Premiers Crus (25-40%) e per quelle Grands Crus (40-50%)”.Helmut Dönnhoff, Niederhäuser Hermannshöhle Riesling Auslese 2001
der Nahe, all'interno della regione vitivinicola della Nahe. La sua famiglia fa parte del mondo del vino da oltre duecento anni: Herrmann Dönnhoff, colto da inesorabile passione per il riesling, comprò i primi vigneti disponibili nel 1750.Considerato uno dei grandissimi produttori di Germa
nia, Dönnhoff è una vera e propria leggenda vivente e il suo dire "I miei vigneti sono come i miei figli" fa capire a tutti quanta attenzione è prestata al lavoro in vigna. La Grande Notte del Blues & Wine - Teatro Romano Ostia Antica - Roma
J.W.Williams Blues Band
In Italia accompagnato per questo tour dalla Band del famoso batterista Wince Vallicelli, con i bravissimi Pippo Guarnera all’organo Hammond e Luca Giordano alla chitarra .
Chris Cain Band
Uno vera esplosione di genio e di Blues con il suo trio interamente da S.Francisco !
Joe Castellano Super Blues Band
Quella che ormai è definita "La più grande Blues&Soul Band Europea" e che sta incantando artisti e critica di tutto il mondo. Un grandissimo Show con ben 16 elementi sul palco che, dopo avere entusiasmato e fatto ballare l'anno scorso tutto il pubblico di Ostia Antica accanto a delle leggende come gli Earth Wind & Fire, vede la Band Ufficiale del Blues & Wine Soul Festival con uno spettacolo ancora più grande e coinvolgente volto ad incidere dal vivo il nuovo disco di Joe Castellano "Blues & Soul with my Latin side" .
Accanto a lui delle vere leggende del Soul come ROY ROBERTS (già Band Leader della leggendaria formazione di Otis Redding), il fedele Sax Baritono e vocalist della Band di James Brown, Mr.WALDO WEATHERS, ed il nuovo talento del Soul americano SIMONE DE MOORE . Ben 16 elementi sul palco per un concerto ECCEZIONALE che farà scatenare tutti ! ! !
Si prevede una Jam Session finale da Storia del Blues ! ! !
INVESTIRE IN VINO - TERZA PARTE - L'ACQUISTO EN PRIMEUR
dall’operazione. Per tante persone che hanno una cantina, entrambe le ragioni sono valide. La domanda mondiale per il vino, che è prodotto in quantità molto ridotte, è aumentata moltissimo negli ultimi due decenni. Il vino può e spesso ha prodotto risultati economici superiori all’indice Ftse 100 ed al Dow Jones, con risultati significativi senza la volubilità del mercato azionario. Se si progetta l’investimento per raccogliere profitti futuri, è essenziale scegliere i vini giusti, delle annate giuste, comprarli al momento giusto, e tenerli correttamente. Infine, venderli al prezzo ottimale. Da anni in Francia c’è un fiorente mercato di vini en primeur, cioè venduti a termine con pagamento immediato e consegna futura: e proprio Chateau Margaux è il primo vino che ogni anno fissa il prezzo base per i mercanti di Bordeaux. La vendita dei vini en primeur consiste nella collocazione di certificati rappresentativi di vini posti in invecchiamento che necessitano di un periodo di affinamento nelle botti per poter essere presentati sul mercato. Il produttore si impegna a consegnare i vini al termine di tale periodo di affinamento, ai sottoscrittori che hanno acquisito il diritto di prenotazione, a condizioni economiche vantaggiose che tengono conto del divario temporale tra l’epoca di sottoscrizione e quella di consegna.
a una delle enoteche che in Italia vendono i future, in effetti sono vere e proprie prenotazioni di lotti di bottiglie di vino. In passato sono stati emessi future sul Brunello di Montalcino della Castello Banfi, unica cantina italiana ad avere alle spalle due emissioni (1995 e 1997), o quelli sul Barolo della Tenimenti Fontanafredda, l´azienda del Monte dei Paschi di Siena che ha emesso future sull´annata del 1998. Il secondo sistema è quello di rivolgersi in banca: il Banco di Sicilia, già da qualche anno, colloca migliaia di certificati en primeur emessi da prestigiose case vitivinicole italiane. Gli ultimi certificati hanno avuto un valore complessivo di 700.000 euro, davano al possessore il diritto alla consegna a domicilio del quantitativo e del tipo di vino in essi rappresentato, alla data indicata sul certificato stesso (entro la prima decade di dicembre 2007). Il Banco presta garanzia di rimborso del valore nominale del certificato (performance bond) nel caso in cui l’azienda produttrice non dovesse consegnare il vino alla scadenza pattuita. I titoli sono trasferibili mediante girata.(1) fonte finanzaediritto.it
foto tratte da libero.it e dal sito winetip.com
INVESTIRE IN VINO - PARTE SECONDA
Medaglia d'argento è invece:
INVESTIRE IN VINO - PRIMA PARTE
più persone investono nel vino inteso come bene rifugio per i propri risparmi. Acquistare grandi bottiglie è considerato un investimento alternativo che, alla stessa stregua delle opere d'arte, segue regole differenti da quelli del mercato finanziario comune. «Una bottiglia di Chateau Margaux è unica, non può scambiarsi con un’altra bottiglia di un anno diverso, oppure dello stesso anno ma di un cru differente, è un bene fisico e infungibile, mentre i mercati trattano normalmente con beni immateriali», spiega Claudio Zara, docente di economia dei mercati e degli intermediari finanziari all’Università Bocconi di Milano.
o è mirato a certe bottiglie (le c.d. blue chips del vino), si ottengono guadagni molto elevati in tempi anche relativamente brevi. Un esempio? Chateau Le Pin 1998, cassa da 12 bottiglie, nel 1999 valeva 800 sterline. Nel 2003 valeva 1.550 sterline, con un incremento del 27% annuo.- il vino deve essere raro, nel mondo devono circolare poche bottiglie;
- il vino deve avere una conservazione perfetta e, pertanto, deve provenire da cantine certificate. In tale ambito, pertanto, la bottiglia avrà un valore maggiore se proviene da un famoso collezionista o, meglio, dalla stessa azienda produttrice;
- il vino, soprattutto dopo dall'avvento di Parker, deve aver avuto delle recensioni critiche estremamente positive (100 punti Parker);
- il vino deve provenire da una grandissima annata;
- il vino deve essere longevo.
dai grandi Chateaux: Lafite, Margaux, Mouton-Rothschild, Latour, Haut Brion, Petrus, Cheval Blanc e d'Yquem. Sempre in Francia una bottiglia molto ricercata proviene dalla Borgogna: parliamo della mitica Romanée Conti che, soprattutto con l'annata 2005, sta raggiungendo quotazioni che sfiorano i 10.000 euro. Le blue chips italiane sono in primis i toscani Sassicaia (mitica l'annata 1985), Brunello Biondi Santi, Masseto, Ornellaia, Tignanello e Solaia. Seguono poi i piemontesi con i grandi Barolo di Sandrone, Gaja, Conterno, Ceretto, Giacosa, Mascarello. Ma un buon andamento nelle aste inernazionali, lo stanno anche avendo alcune "creazioni" della nuova enologia italiana: un segno molto positivo nelle quotazioni delle aste anche per i "giovani" miti come l'umbro Sagrantino di Montefalco "25 anni" di Arnaldo Caprai, il toscano Sammarco e la Vigna d'Alceo del Castello dei Rampolla, le Pergole Torte del toscano Montevertine, il Turriga, il Siepi, il Fontalloro, il Redigaffi, il Messorio, il Terre Brune, il Montiano, il Montevetrano, il Flaccianello.Il Bonnes Mares 2002 del Domaine Bart
più precisamente nei comuni di Marsannay, Fixin, Gevrey-Chambertin e Chambolle Musigny. Come il cugino Bruno Clair hanno fatto molto per lo sviluppo del comune di Marsanny dove possiedono le migliori parcelle lavorate con una visione del tutto simile. Da qualche anno i Bart hanno trovato nell’espressione del territorio la loro direzione, il loro stile è lineare e senza effetti particolari, vini che possono sembrare un po’ austeri in gioventù, ma che invecchiano molto bene. Il tutto ad un ottimo rapporto qualità/prezzo.










