Vignaioli Naturali a Roma 2015: piccoli appunti di degustazione

A Roma, a febbraio, due sono gli appuntamenti fissi: quello con il freddo intenso e quello con i vignaioli naturali di Tiziana Gallo che con questa arriva alla settima edizione.
Come lo scorso anno siamo sempre al The Westin Excelsior Rome di via Veneto, cuore di quella che fu la "dolce vita" romana che questo fine settimana si è trasformata in un raduno di appassionati di vino e vignaioli naturali che, racchiusi tra le braccia di due sfarzose stanze, per alcuni anche troppo, hanno saziato la sete (fortunatamente per Tiziana) di tante persone.
Rispetto alle precedenti edizioni ci sono tante conferme e tanti volti nuovi, tutti potenzialmente interessanti anche se, come spesso mi accade, è francamente impossibile passare da tutti nell'arco di poche ore che scorrono via inesorabili tanto che il programma che ti eri fatto viene inesorabilmente sconfessato grazie anche alle tante chiacchere tra amici che stemperano, fortunatamente, l'ansia da prestazione del degustatore che è in me.


Basta tergiversare, veniamo al sodo. Tra i vini bianchi sono andato subito a botta sicura da due produttori che erano fianco a fianco: Ciro Picariello e I CliviIl primo va ricordato oltre che per il suo promettente Fiano di Avellino 2013, per ora meglio in bocca dove regala finezza e persistenza, anche per il suo Greco di Tufo da vigne prese in affitto da due anni e che solo ora, grazie alla mano di Ciro, stanno producendo uve all'altezza del vino che meritano.
Faccio un centimetro e mi sposto in Friuli da I Clivi che, come al solito, hanno una batteria di bianchi spettacolare dove svetta, a mio giudizio, un Brazan 2012 da urlo grazie alla sua esuberante mineralità, quasi sassosa, che al sorso si accompagna ad una persistenza quasi infinita. Ah, era presente anche una bottiglia di Brazan 2001 sui cui non esprimerei giudizi per non andare troppo fuori scala...


Tra gli altri bianchi da segnalare la garganega di Giovanni Menti che, per l'occasione, sfoggiava la t-shirt con scritto il suo credo aziendale: Vino Volutamente Declassato. Il suo Riva Arsiglia 2013, il suo cru di garganega, è davvero profondo e tira fuori tutto il territorio da cui proviene.


Non ho fatto in tempo a passar da loro ma mi dicono che, come al solito, i vini di Zidarich, Terpin e la selezione Sarfati erano tutti in splendida forma.

I rosati in degustazione non erano tantissimi ma, su tutti, è svettato il Cerasuolo d'Abruzzo "Le Cince" 2013 di De Fermo che mi ha davvero emozionato con i suoi profumi floreali e la sua beva terribilmente compulsiva. Stefano anno dopo anno migliora e, anche grazie ai suoi maestri, non può che diventare un nuovo punto (De) Fermo nel suo territorio. Giuro che questa non le sa sono preparata. P.S.: attenzione anche ai suoi bianchi a base chardonnay e pecorino e, ovviamente, al suo Montepulciano d'Abruzzo dal carattere intenso e minerale.


Tra i tanti vini rossi degustati, alcuni improponibili, le solite certezze vengono, come spesso accade, dai "soliti noti". Vogliamo parlare di ARPEPE? Isabella Pelizzatti Perego come sempre ha portato a Roma tutta la qualità del suo territorio rappresentata non solo dal grande Rocce Rosse 2002 ma anche, e soprattutto, dai vari Grumello "Rocca de Piro", Sassella "Stella Retica" ed Inferno "Fiamme Antiche" i quali, ognuno con le sue caratteristiche, forniscono luce abbagliante al panorama vitivinicolo della Valtellina.


Altre solite note sono Dora e Patrizia di Poderi Sanguineto che assieme a poche altre aziende di Montepulciano, stanno riscrivendo la storia del Nobile che spesso e volentieri così aristocratico non è stato. Degustate, se la trovate ancora, la loro Riserva 2011 e poi confrontatevi con gli altri Nobile di Montepulciano pari annata. Cambierete idea sul concetto di eleganza legata al prugnolo gentile.



Anche sul Boca delle sorelle Conti (Castello Conti) c'è ben poco da aggiungere se non che l'annata 2010 ha regalato un vino meno ricco ma più seducente rispetto alla precedente annata. Anche in questo caso, se già non lo avete fatto, il mio consiglio è quello di mettervi in cantina una bella cassa che andrà rigorosamente aperta tra almeno 5 anni.


Sempre in tema di classe e stile non posso non segnalare Stella di Campalto che col suo Brunello Riserva 2009, dal colore #ammericanograzie, ha regalato ai fortunati che sono riusciti a berlo un piccolo momento di contemplazione.



Il giro dei rossi prosegue facendo tappa dai Grifalcoche sfoggia come sempre una batteria di Aglianico del Vulture davvero interessante, e termina davanti a due "laziali" ovvero Damiano Ciolli e San Giovenale
Il mio debole per il primo ormai è cosa nota così come è una certezza il Cirsium 2010 (100% cesanese di affile da unico vigneto di un ettaro) che, assaggio dopo assaggio, mi convince del suo essere una delle migliori espressioni di vino rosso prodotto nel Lazio, e non solo, degli ultimi 10 anni. Attenzione anche al Silene 2013, degustato in anteprima, che potrebbe rappresentare un'altra sorpresa per il futuro. Damiano è contentissimo di questa annata e, sempre sottovoce, mi confessa anche che il Cirsium......



Di San Giovenale e del suo Habemus avevo scritto tempo fa sul blog un piccolo articolo che terminava con un punto interrogativo circa il futuro di questa giovane azienda e del suo unico vino. Se, così come è accaduto, l'Habemus 2011 ha spiazzato più di qualche critico a causa della sua arrogante ostentazione strutturale, con l'annata 2012 i detrattori dovranno necessariamente ricredersi. Il motivo? Semplice, Emanuele Pangrazi e tutto il suo staff sembrano aver trovato prima del solito la quadratura del cerchio dando vita ad un vino maestoso ma, al tempo stesso, straordinariamente equilibrato in ogni componente. Qualcuno molto più bravo di me lo ha già premiato all'interno della guida AIS e, a posteriori, non posso che applaudire la scelta.




Come al solito le ultime righe le dedico a ringraziare Tiziana Gallo e tutto il suo staff che ha curato come al solito una organizzazione perfetta. Al prossimo anno!

I Signori del vino: la seconda puntata per farci una risata

Roma, un sabato sera silenzioso di inizio febbraio. 

Ore 23.25, un urlo squarcia il silenzio di Roma Nord


"Iniziaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!"

"Stefy metto su la macchinetta del caffè!! Ah, avverti il vicino di casa che anche lui voleva acculturarsi. Che?? Sta vedendo la replica de "La dottoressa preferisce i marinai"??? Beh, ora che ci penso, in effetti, di CULtura ce ne è anche là....".

Come un moderno Fantozzi, in contemporanea, accendo la TV e mi sintonizzo su RAI DUE mentre verso il caffè nelle tazzine e mi collego sui vari social network per fare il live della puntata.


Ore 23.30

"Andrea, ma Pippo Inzaghi è diventato vignaiolo?"

"Ma che cazzo, un altro (ex) calciatore che produce vino? E già lo intervistano?"

Passano venti secondi e altro urlo a Roma Nord....

"Nooooooooooooooooooooooo, ma che palle ste partite, ma proprio oggi dovevano giocare Juventus e Milan???????? Ma sto cavolo di Sabato Sprint fino a che ora dura???? Stefyyy altro caffè che questi si stanno lamentando dell'arbitro e facciamo notte!!!".

Cerco di perdere tempo, mi giro per casa alla ricerca delle pinzette perdute nel 1990, l'ansia mi sta assalendo quando, poco prima dell'ora delle streghe, sento lei, la mia musica preferita.....


DUDURUDUDU TARARARA DUDUDUDURUDUDURUDURU TARARA'


INIZIAAAAAAAAAAAAAAAAA DAVVEROOOOOOOO

Eccoli, sono loro, Tolfa e Masi, detto da oggi #er-bretella, seduti all'interno dell'immancabile fuoristrada che stavolta percorre le strade siciliane. Bellissima e ad effetto, in apertura di puntata, la frase del direttore:"Dopo il Piemonte ci sembra naturale ripartire dalla Sicilia". Probabilmente il nesso di tutto ciò è contenuto nel quinto segreto di Fatima ma noi siamo stoici, andiamo avanti, quello che conta ora sono le strade che corrono verso Regaleali dove sicuramente li starà aspettando un piccolo contadino del posto.


"I Conti Tasca", per tre volte Tolfa e Masi ripetono la frase tanto che mi impaurisco e penso che la trasmissione abbia cambiato indirizzo rivolgendosi ad un pubblico di casalinghe alla ricerca delle migliori offerte nei supermercati. Oddio, non arriverà pure Luca Sardella?

Ma no, eccolo il primo ospite della puntata che spazza ogni mio dubbio: si tratta di un certo Conte Lucio Tasca d'Almerita, probabilmente un viticoltore locale che, dopo aver terminato il lavoro in vigna, ha voglia di raccontare un po' della sua terra non prima che Masi e Tolfa, con mossa astuta, ci facciano sentire delle emerite merde visto che, a quanto dicono, questo uomo dagli umili vestiti, tra le mille cose fatte nella vita, ha anche partecipato anche alle olimpiadi con la squadra di equitazione italiana. 


L'equazione mafia=Sicilia la quotavo a 1.01 ed infatti, dopo appena 4 minuti, arriva il domandone di Masi che, con aria funebre, chiede al nobile contadino:"In Sicilia incombe l'immagine della mafia, oggettivamente un'immagine cupa. Tu, nel sostenere la tua impresa anche all'estero, hai subito questo peso?". Risposta eloquente:"Sì, all'estero un po' mi domandano ma la magistratura ha fatto un ottimo lavoro, oggi la mafia è un fenomeno in forte diminuzione e questo lo si deve anche dai telegiornali che ogni giorno annunciano decine di arresti....". 

Mentre cerco il cartello di Scherzi a Parte, penso seriamente che alla fine non ci sono più le mezze stagioni e che Gianni Morandi non invecchia davvero mai.

A Regaleali non ci si stanca mai perchè, subito dopo un breve video sulla cantina Centopassi, riparte il pistolotto su quanto son bravi e belli da queste parti anche attraverso le parole di Alberto Tasca d'Almerita che, a confronto, fa apparire Gaia Gaia una liceale al primo giorno di scuola.

Dopo circa 10 minuti (un tempo pari ad un terzo del programma!!) è tempo finalmente di lasciare i Tasca d'Almerita. Peccato, stavo rivalutando la corazzata Potëmkin come nuovo genere di commedia brillante. 

Subito dopo, probabilmente perchè assopito, ho visto un tizio piccolo piccolo aggirarsi nel mondo dei giganti. Dopo la corazzata Potëmkin siamo entrando nel Fantastico mondo di Oz? Per la cronaca il mio non era un sogno ma, effettivamente, l'enologo della cantine Florio sembrava uno gnomo vino le antiche botti di vino marsala grosse quanto tre Bud Spencer.


La scena successiva vede Masi e Tolfa, leggermente impauriti e traballanti sulla Jeep, arrivare con qualche difficoltà sulle pendici dell'Etna. Appena scesi dal fuoristrada, e dopo aver ripetuto per almeno 150 volte la parola mineralità, cercano di spiegare al telespettatore, anche grazie all'aiuto del sempre affannato Simonit (#ossigienoalpotatoreplease), le caratteristiche della viticoltura etnea giocherellando ripetutamente con vecchie rocce laviche che vengano tastate a più non posso. Fonti interne riportano che la scena è stata ripetuta almeno 20 volte in quanto i due non si sono accorti che, inizialmente, hanno più volte strofinato le mani sui testicoli de La Cosa.


Parlando di vitigni e terroir etneo si arriva all'apoteosi quando Masi, con fierezza, parla del nerello (quale direttò?) come vino del futuro in quanto paragonabile per caratteristiche al pinot nero (di che zona direttò?)

Fonti interne sostengono che la Borgogna, dopo la puntata, abbia chiesto alla Francia il ritiro del proprio ambasciatore dal nostro Paese.

Il viaggio prosegue verso Pantelleria dove, pensando ai cannoli (vero direttò?), si intervista Diego Maggio, presidente del Consorzio, che parla del famoso vino dolce avendo come sfondo un carretto siciliano. Purtroppo è mancata la musica de Il Padrino suonata con lo scacciapensieri (marranzanu) ma, fonti interne, sostengono che la produzione abbia eliminato la colonna sonora considerata troppo rivoluzionaria.

Oh, finalmente arriva Arianna Occhipinti che racconta la sua storia di agricoltore fiero della sua terra di origine. Tutto bello, emozionante, ma per noi miseri telespettatori, che abbiamo scavallato ormai la mezzanotte da un pezzo, l'aspetto fondamentale dell'intervista ha riguardato il seguente quesito: perchè la regia ha oscurato le scritte sulle t-shirt dei collaboratori di Arianna

Quali messaggi subliminali nascondevano? 

Forse il tutto è collegato alle scie chimiche? 

Fonti interne dicono che a Vittoria si stia dirigendo la troupe di Mistero.


Arrivano gli ultimi due contributi della puntata ovvero la (finta) intervista via Skype ad Enzo Vizzari (Direttore Guide de L'Espresso) che sfida i telespettatori a non addormentarsi mentre parla dell'epopea del vino siciliano mentre l'ultima scena, come di consueto, viene lasciata a Masi e Tolfa che da attori consumati ripropongono un remake del Kolossal #ostechecazzodivinomiproponi 



Applausi a scena aperta!!!


Resistenza Alsaziana ovvero il vino naturale contro gli OGM

Un documentario sulle sfide dell'agricoltura globalizzata, contro gli Ogm e a favore dei prodotti naturali. Resistenza Alsaziana è un mediometraggio del regista Jonathan Nossiter (estratto dal film Resistenza Naturale), che vuole invitarci a riflettere sulle conseguenze dell'agricoltura globalizzata nella produzione di vini naturali.

Il documentario vuole mostrare in 42 minuti le vicende di 2 dei più importanti vignaioli naturali francesi. Le vicende richiamano quanto accaduto nel 2010 in Alsazia, nella località di Colmar. Qui si trovava il vigneto OGM dell'Inra (Istituto Nazionale di Ricerca Agronomica) che venne parzialmente estirpato da 54 volontari.
I "falciatori volontari" furono condannati al rimborso di 57 mila euro per essersi ribellati alla sperimentazione degli Ogm. Solo lo scorso anno la Corte d'Appello francese ha giudicato illegale il decreto che consentiva all'Inra di piantare vigne transgeniche. Dopo una lunga attesa, le persone che avevano estirpato parte del vigneto Ogm sono state assolte.
"Sembra che la Corte ci abbia veramente ascoltati e che abbia preso coscienza del proprio ruolo dicendo che l'autorizzazione ministeriale era illegale. Sentiamo che la nostra battaglia è utile. E' un segno importante nel momento delle negoziazioni nascoste del trattato transatlantico di libero scambio tra l'UE e gli USA" – ha spiegatoJean-Pierre Frick, portavoce del collettivo dei Falciatori Volontari dopo l'assoluzione.
Si teme che con il TTIP vengano autorizzate colture Ogm ora vietate in Europa. Il regista cerca di fare luce su un tema molto delicato, legato alla coltivazione dei vigneti per la produzione di vino in modo naturale e alla possibilità che il settore viti-vinicolo venga minacciato dagli Ogm.
Jonathan Nossiter è autore di sei lungometraggi, di cui due dedicati al mondo del vino: Resistenza naturale (2014, presentato al Festival di Berlino) e Mondovino (2004), candidato alla Palma d'Oro a Cannes – uno degli unici 3 documentari nella storia del festival.
Il documentario sarà presentato il 14 febbraio 2015 a Piacenza Expo per la settima edizione di Sorgentedelvino LIVE, manifestazione dedicata ai vini naturali che proseguirà fino al 16 febbraio.



Articolo tratto da GreenMe.it e scritto da Marta Albè

I Signori del Vino su Rai Due l'ho visto e vi dico che.....

Se avessi avuto venti anni, I signori del vino, programma ideato da Marcello Masi e Rocco Tolfa, rispettivamente direttore e vicedirettore del Tg2, probabilmente me lo sarei visto prima di uscire con gli amici ma, diciamocelo, per noi quarantenni dal facile abbiocco post prandiale arrivare alle 23.30 di sabato sera non è facilissimo.
Ok, faccio lo sforzo, in fondo si parla di cultura del vino, e da abbonato mi sento di andare incontro alle esigenze di mamma RAI che, con scelta davvero avvincente, ha deciso di mandare in onda il format culturale in terza serata così da mettersi in concorrenza con alcuni capisaldi della filmografia mondiale con Sexters - Messaggi bollenti, Sex and the city e Vite segrete di mogli (im)perfette. 

Inizia il programma, prendo i popcorn, zitti tutti, si parla di Piemonte!


Foto: Fisar.com

Masi e Tolfa, belli paciocchi sulla loro Jeep che sfreccia sulle larghe strade di Langa, sembrano un po' la brutta copia di Miles e Jack di Sideways per cui, mentre il secondo legge per i telespettatori alcuni passi di Vino al Vino di Mario Soldati, mi aspetto che Masi, non inquadrato, si scoli una bottiglia di Cheval Blanc '61 alla faccia nostra, del suo dotto compagno di viaggio e di tutti i produttori di nebbiolo che andrà a trovare in cantina.

“Il vino è come la poesia, che si gusta meglio, e che si capisce davvero, soltanto quando si studia la vita, le altre opere, il carattere del poeta, quando si entra in confidenza con l’ambiente dove è nato, con la sua educazione, con il suo mondo.

La nobiltà del vino è proprio questa: che non è mai un soggetto staccato e astratto, che possa essere giudicato bevendo un bicchiere, o due o tre, di una bottiglia che viene da un luogo dove non siamo mai stati.” (Mario Soldati, Vino al Vino)

Chiudo gli occhi mentre ascolto queste bellissime parole, probabilmente mi appennico per un po' perdendomi parte della trasmissione perchè, quando li riapro, improvvisamente davanti a me c'è Gaia Gaja, self-made girl ed export manager della propria azienda famigliare la quale, statistiche alla mano, risveglia dal torpore me e, probabilmente, tutti i telespettatori quando, con malcelato spirito nazionalistico, esalta lo spirito di internazionalizzazione delle aziende vinicole italiane sottolineando ai due giornalisti che "il vino italiano oggi sta vivendo un buon momento nonostante arriviamo sempre per ultimi sui mercati esteri nonostante rappresentiamo la ciliegina sulla torta". Porca vacca, che figuraccia, penso tra un popcorn e l'altro, e come si fa ora a diventare torte e non solo ciliegine? Boh, ci penserà Gaia, tanto lei, così afferma, sta sempre all'estero!!

Da una self-made girl ad un self-made man il passo è breve visto che, subito dopo sua figlia, viene intervistato papà Angelo, classe '40 e profondi occhi azzurri, che con le mani ancora sporche di terra fornisce a Masi e Tolfi, ma indirettamente a tutti noi, importanti lezioni di enologia e marketing. Quando termina di parlare mi alzo e applaudo e capisco perchè qualcuno lo aveva proposto come Presidente della Repubblica. Un Presidente contadino poteva essere il suo motto.


Angelo Gaja intervistato in vigna. Foto: Intravino

Dopo il Giove Tonante dell'Enologia Italiana ecco che arriva Marco Simonit, il preparatore d'uva zappetta munito che, con un fiatone manco stesse salendo le vette dell'Himalaya, ci fornisce una bellissima lezione di geologia e terroir anche se alla fine ho temuto che le radici delle vigne, con le quali aveva limonato per almeno due minuti, lo strozzassero per dispetto. Roba da wine geek.

Simonit - Foto: Ansa

La trasmissione va avanti prevedendo un piccolo grande contributo di Oreste Brezza che riporta le lancette di Barolo e del Barolo indietro nel tempo offrendo uno scorcio in bianco e nero del territorio, anche a livello sociale, che da solo vale il sonno perduto.

Dopo il focus sui giovani vignaioli artigiani come Gaja e Brezza arriva, ahimè, il momento della lezione di numerologia presentata a turno dai Presidenti dei vari Consorzi di Tutela del Piemonte che, in maniera perentoria e con la faccia del "ce l'ho più lungo io", iniziano a spiattellare una serie di cifre relative ad ettari, bottiglie prodotte, date e quant'altro che a mezzanotte circa ti si ripropongono come la peperonata che hai mangiato a cena tre ore prima.

Indeciso se prendermi un Alka-Seltzer o una caffè forte, non faccio in tempo a voltarmi verso la cucina che Masi e Tolfa incontrano a Canelli la Biancofiore mentre beve una coppa di Asti Spumante. Cacchio, penso io, vuoi vedere che ora inquadrano anche Dudù mentre vendemmia? Speranza vana. Avvicinandomi meglio allo schermo riconosco nella bionda signora la figura di Chiara Soldati (La Scolca) la quale, dopo averci ricordato per la millesima volta la sua parentela con il già citato Mario, fa letteralmente sciogliere il direttore Masi quando, tra le parole innovazione e tradizione, ricorda per la millesima volta che il suo vino è stato bevuto da Barack Obama durante il G20 del 2013. 
Fonti interne fanno sapere che i dipendenti dell'azienda, da quel momento in poi, siano obbligati a festeggiare il giorno del ringraziamento cantando in coro "The Star Spangled Banner".


La bella e brava Chiara Soldati - Foto: www.donnedelvino.com

La puntata volge al termine con due chicche: la prima riguarda Carlin Petrini che si offre di parlare di vino piemontese tramite connessione Skype. Se Rosy Bindi si vestisse da Cheerleader in Parlamento sarebbe meno moderna.

Petrini e Masi. Foto:www.lastampa.it

La seconda perla, invece, riguarda la scena finale della puntata dove Masi e Tolfa, seduti in una osteria, cazziano l'oste reo di avergli chiesto se volevano un rosso o un bianco. 
"Ci porti la carta dei vini", esclama Masi sprezzante e con la faccia di quello che "prega Dio che nun te meno qua". Fonte interne dicono che la scena sia stata provata almeno tre volte vista la reazione isterica e violenta del cazziato nei confronti del cazziante.

Vabbè, sabato prossimo I Signori del Vino si sposterà in Sicilia. Saremo tutti pronti per la seconda puntata o basta questa a farci cambiare canale?

Vignaioli naturali a Roma 2015

Si sta avvicinando anche l’attesissimo appuntamento con uno dei più importanti eventi enologici della Capitale! Il 7 e 8 febbraio avrà, infatti, luogo la settima edizione di Vignaioli Naturali a Roma, la manifestazione organizzata da Tiziana Gallo, che vanta ogni anno un numero crescente di visitatori e un ruolo di primo piano fra gli incontri dedicati al vino nel nostro paese. Sono sempre di più gli appassionati e i professionisti del settore che aspettano Vignaioli Naturali a Roma per poter assaggiare, tutte assieme, centinaia delle migliori bottiglie italiane e straniere e per avere l’occasione di conoscere personalmente i produttori naturali.


Rispetto alle scorse edizioni, in quest’occasione aumenteranno le rappresentanze estere: la Francia con Champagne, Grenache, Chinon e Chenin, Syrah e Mourvedre, il Portogallo con Touriga Nacional e Rabigato, l’Istria Slovena con le speciali Malvasie, la Mosella con il suo elegante Riesling, la Georgia con un folto gruppo di vignaioli che ci racconteranno la magia del vino in anfora, fino ad arrivare all’isola di Santorini per assaporare vini salmastri e minerali. Il vino naturale, con la sua attenzione per la genuinità del contenuto della bottiglia, la cura del territorio e la salute del consumatore, non è più un prodotto di nicchia, ma si sta attestando come una necessità per chi ama la qualità, in Italia come all’estero. Ecco che Tiziana Gallo ha deciso di dedicare grande attenzione anche ai produttori di altri paesi europei, per permettere al pubblico di cogliere le diverse declinazioni del vino naturale. 


Numerosissimi i produttori che partecipano all’evento: ai banchi d’assaggio saranno infatti presenti 82 cantine, 2 birrifici e 2 aziende alimentari. Per il secondo anno, la location scelta per Vignaioli Naturali a Roma è il prestigioso The Westin Excelsior Rome, nella suggestiva cornice di Via Veneto e gli orari saranno sabato 7 e domenica 8 febbraio dalle 12 alle 19. Anche quest’anno, come nelle sei edizioni precedenti, Vignaioli Naturali a Roma sarà un evento unico, a cui nessun amante del vino potrà mancare!


Per informazioni:
Tiziana Gallo
Mobile: 338/8549619
E-mail: info@vininaturaliaroma.com
Web: http://www.vininaturaliaroma.com/

In Sardegna scoperto il più antico vitigno del Mediterraneo occidentale

L’équipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità (CCB) dell’Università di Cagliari ha pubblicato su Vegetation History and Archaeobotany, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali del settore, i risultati delle ricerche sulle origini della viticultura in Sardegna.
Sino ad oggi, i dati archeobotanici e storici attribuivano ai Fenici e successivamente ai Romani il merito di aver introdotto la vite domestica nel Mediterraneo occidentale, ma la scoperta di un vitigno coltivato dalla civiltà nuragica riscrive, non solo la storia della viticultura in Sardegna, ma dell’intero Mediterraneo occidentale.

Il luogo del ritrovamento. Foto: Repubblica
Grazie alla collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano e al ritrovamento di oltre 15mila semi di vite nel sito nuragico di Sa Osa (Cabras), datati al C14 come risalenti a circa 3000 anni fa, periodo di massimo splendore della civiltà nuragica, è stato possibile scoprire che la viticultura come la conosciamo noi oggi era già nota ai nostri antenati.
L’incredibile scoperta è il frutto di oltre 10 anni di lavoro condotto sulla caratterizzazione dei vitigni autoctoni della Sardegna e sui semi archeologici provenienti dagli scavi diretti dagli archeologi della Soprintendenza e dall’Università di Cagliari. I risultati sono giunti anche grazie all’innovativa tecnica di analisi d’immagine computerizzata messa a punto dai ricercatori del CCB in collaborazione con la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia.
L’analisi sfrutta particolari funzioni matematiche che analizzano le forme e le dimensioni dei vinaccioli (semi di vite), mettendo a confronto i dati morfometrici dei semi archeologici con le attuali cultivar e le popolazioni selvatiche della Sardegna, ciò ha permesso di scoprire che questi antichissimi semi erano appartenuti alle varietà coltivate, ma non solo, i semi archeologici hanno mostrato una relazione parentale anche con la vite selvatica che cresce spontanea nell’Isola.
L’antico vitigno scoperto in Sardegna sembra appartenere alle cultivar a bacca bianca in particolare mostra delle relazioni con le varietà di vernacce e malvasia coltivate proprio nelle aree della Sardegna centro-occidentale. Attualmente il gruppo di ricerca sta proseguendo le indagini e approfondendo le ricerche anche su materiali ritrovati in altri siti archeologici e relativi ad altre specie coltivate sin dall’epoca nuragica.

Fonte notizia: Università di Cagliari

Fiano di Avellino: riconoscimenti alla cieca e dibattiti territoriali

Nove bottiglie, tutte rigorosamente stagnolate da quel birbaccione di Alessio Pietrobattista, e poche ma insolenti domande: alla cieca, ovvero senza sapere nulla dei vini in degustazione, possiamo trovare un fil rouge tra i vari Fiano di Avellino proposti? 
Esiste realmente una descrizione territoriale del vino che prescinda dalle metodologie di vinificazione? L'enologo è in grado di imprimere davvero il suo marchio di fabbrica in maniera imprescindibile?

Per rispondere a questi quesiti, e a molto altro ancora, sono state magistralmente predisposte tre batterie da tre vini ciascuna della quali, ovviamente, aveva una (presunta) logicità tutta da verificare con i nostri sensi.

Come è stato fatto durante il test, vi dirò i nomi dei nove Fiano di Avellino solo alla fine del post.  Vietato sbirciare in fondo eh!!
PRIMA BATTERIA

Campione 1: impatto aromatico molto sussurrato dove si intercettano, se si è bravi, sensazioni di erbe e fiori gialli corredati da una cornice sapida che ritroviamo anche al sorso che è molto diretto e senza pretese. Chiude lievemente ammandorlato. 

Campione 2: naso inizialmente molto incentrato su sensazioni "dolciastre" che dalla caramella viravano verso una frutta a polpa gialla molto zuccherina e suadente. Col tempo, fortunatamente, escono note di bergamotto e ginestra che leggermente riequilibrano la componente aromatica. Al sorso è deciso e sapido e vanta un finale leggermente iodato. 

Campione 3: e come fai a dire che non è Montefredane quando, in sequenza, riconosci la castagna, le foglie autunnali, la mandorla tostata e quella conturbante sensazione di affumicato? Col tempo si apre, mette la marcia, soprattutto al sorso dove è il sale e l'acidità la fanno da padrone assieme alla persistenza già oggi spavalda ed armonica allo stesso tempo. 

Cosa lega questi vini? Ex post Alessio svela che i primi due sono a fermentazione spontanea mentre il terzo produttore usa lieviti selezionati. Non basta. Secondo e terzo vino sono dello stesso territorio, le vigne sono vicinissime. 
Senza l'aiutino a casa sul mio Moleskine ho scritto che c'era un qualcosa, invece, che legava i primi due a livello aromatico mentre il terzo, come già anticipato, era indiscutibilmente Montefredane. In questo caso si può dire che la fermentazione spontanea, con i suoi indiscutibili pregi, ha come controindicazione quella, a volte, di standardizzare il concetto di territorio che è più definibile se si usano i lieviti selezionati?

Apro i pop corn mentre arriva la seconda batteria...

SECONDA BATTERIA

Campione 4: chiuso, ermetico, pare che qualcuno durante la degustazione mi abbia visto trasformarmi in Michelangelo ed esclamare a viva voce"Perchè non parli?" percuotendo il bicchieri con il tappo della bottiglia. La cosa, sembra, abbia avuto successo visto che poco a poco, in punta di piedi, è uscito un Fiano dal respiro minerale, granitico, il cui sorso è sapidissimo e sicuramente in divenire. Da aspettare.

Campione 5: naso guascone o, come si direbbe a Roma, "coatto" negli aromi che sembrano esplodere ed amplificarsi nel bicchiere tanto da farlo sembrare inizialmente un vino da vitigno aromatico. Tanta frutta gialla e tanta luce per un Fiano che solo dopo una mezzora si placa virando aromaticamente verso sensazioni di erbe mediterranee e fiori di campo. In bocca non è arrogante come credevo, entra compatto ma a centro bocca un po' si perde.

Campione 6: prendi tutto ciò di buono del campione 4 e del campione 5, aggiungici classe e fine equilibrio ed avrai creato questo grande Fiano di Avellino che è completo anche nel finale salino che difficilmente riesce ad abbandonare i tuoi sensi. 

Cosa lega questi vini? Sul mio Moleskine non ho scritto quasi nulla, sembrano apparentemente tre Fiano di Avellino con tre diverse personalità. Alessio, però, tira fuori dalla manica il jolly: pare che, in un modo o nell'altro, abbiano in comune la mano dell'enologo.  Quindi il "winemaler" se vuole può rispettare il territorio? E' questo che volete dirmi?????


Foto: Winesurf

TERZA BATTERIA

Campione 7: un Fiano didattico, preciso nel corredo aromatico di mela annurca, erbe aromatiche con intrigante vena minerale.Energico al gusto per freschezza e sapidità e per una chiusura tostata da manuale. 

Campione 8: TAPPOOOOOOOOOOOOO ma l'anima di.....

Campione 9: un Fiano che ha tanta roba, sopratutto aromaticamente sembra un fiume in piena dove ritrovi la mineralità, il finocchio selvatico, l'agrume e le spezie bianche. Sorso piacevole e complesso e dal finale succoso e dai forti richiami di frutta. 

Peccato il tappo numero 8 perchè, a sentire il Sor Pietrobattista, tra 7 e 8 ci sono forti legami territoriali avendo entrambe le aziende vigne vicinissime mentre tra 8 e 9 vi è l'enologo in comune. Dovrò risentirlo sto Fiano di Avellino tappato, che dite?

Ok, è ora di scoprire le carte e di fare, ognuno per sè, le proprie considerazioni:

Campione 1Cantina del Barone - Campania Fiano Particella 928 2012



Campione 2: Villa Diamante, Fiano La Congregazione Igp 2012 (Ciao Antoine!)



Campione 3: Pietracupa - Fiano di Avellino 2012


Campione 4: PicarielloFiano di Avellino 2012


Campione 5: Di Prisco -  Fiano di Avellino 2012


Campione 6: Rocca del Principe -  Fiano di Avellino 2012



Campione 7: Contrada -  Fiano di Avellino "Selvecorte" 2012



Campione 9: I Favati -  Fiano di Avellino "Etichetta Bianca" 2012




Ah, gli enologi sono Carmine Valentino ( ex Picariello, Di Prisco e Rocca del Principe) e  Vincenzo Mercurio (Tenuta Sarno e I Favati).