Gaspare Buscemi e l'importanza del vino artigiano


A settanta anni suonati Gaspare Buscemi non è solo “l’enologo fuori dal coro” ma anche e soprattutto uno spirito libero ed irrequieto che difficilmente si fa “fregare” dalle tante parole che girano nel mondo del vino.

Gaspare Buscemi
Strano parlare con lui di tradizioni contadine, naturalità ed artigianato e non trovarlo in nessuna manifestazione vinoverista. “C’è troppa confusione” mi dice, “troppa gente che produce uva in maniera biologica e poi la trasforma industrialmente”. Schemi e manifesti a cui non vuole sottostare perché il vino lui lo produce secondo il suo credo e le sue attrezzature che, un po’ come tutti gli artisti, crea in maniera empirica all’interno della sua “pazza” officina. Strumenti unici e utili, come la macchina per pigiare l’acino come se fosse schiacciato con i piedi, per dar vita ai suoi vini d’artigianato perché, come mi ha ripetuto spesso qualche tempo fa, l’eccellenza che nasce da una grande uva diventa vino unico ed irripetibile solo quando la maestria dell’Uomo Artigiano la concretizza in cantina. Perché la qualità è soprattutto cultura.



Gaspare Buscemi è stato ospite di Slow Food Roma lo scorso 18 Gennaio e, grazie alla vasta gamma dei vini da lui presentati in degustazione, tutto il pubblico presente ha potuto testare (e comprendere) sul campo i motivi per cui ho speso tante energie per invitare questo “pazzo enologo” di Cormons.

Undici i vini d'artigianato proposti. Butto giù qualche nota.

Perle d’Uva 2008: è il suo vino frizzante naturale la cui spuma è prodotto non da zuccheri aggiunti ma da quelli presenti naturalmente nelle uve. Le uve impiegate, pinot bianco, chardonnay, sauvignon non aromatico, verduzzo e ribolla, sono una cuvèe delle due annate che precedono quella dell’imbottigliamento (quindi 2006 e 2007). Il risultato è un vino fresco, intenso, dal carattere fruttato/minerale e dal gusto decisamente ammiccante. 

RiBolla 1987: per  me è il vero capolavoro di Buscemi. Sboccato nel 1990 è un vino che fa drizzare i capelli per la sua bontà e la sua gioventù. Pan grillè, miele, cotognata e una fervida mineralità sono i descrittori che ho appuntato sul  mio Moleskine. Ottima persistenza finale. Da notare la faccia delle persone che non credevano che un frizzante naturale potesse vivere (bene) così a lungo


Alture Bianco 2009: a base pinot bianco e friulano, è il vino della sua terra, delle alture giuliane e friulane che fin dai tempi dei romani producono uve di grande qualità. Questo vino offre sensazioni di pesca, susina, glicine e è caratterizzato al gusto da una bella vena acido/sapida. Interessante da giovane, ottimo in futuro? 

Riserva Massima 1987: come dice Buscemi questo vino è una Riserva di bottiglieria. Davanti a me ho un pinot bianco di 34 anni che fa commuovere per integrità e spessore. Al naso troviamo gli agrumi canditi, la pesca matura, il burro fuso, il miele, la gardenia ma, quello che colpisce, è l’equilibrio gustativo del sorso. Elegante ed eterno. Un altro capolavoro di Buscemi.


Esperienze Bianco 2009: prodotto in quantità limitata è un vino privo di solforosa aggiunta. I vini della gamma “Esperienze” rappresentano per il nostro enologo dei veri e propri esperimenti, puntate zero uniche ed irripetibili. Questo vino non lascia grandissimi ricordi, è fresco e beverino ma, in ogni caso, quello che conta è la salute e il nostro (mancato) mal di testa. 

Alture 2009: è vino di collina rosso, da uve merlot, di Buscemi che ci incanta per la ricchezza e la complessità dei suoi profumi: visciola, mora di gelso, ciliegia, menta, tabacco. In bocca è ancora giovane, vibrante, ma Buscemi giura che diventerà un grandissimo rosso. Appuntamento tra venti anni, stessa spiaggia, stesso mare.

Riserva Massima 1988: Chapeau alla classe e alla finezza di un vino di 23 anni. Ha tutto ciò che vorremmo da un vino di questa età, lacrima finale compresa.


Esperienze 1986: puntata zero per questo Gattinara senza tempo dalla pelle eterea e dal piccolo frutto rosso in maraschino. Sorprendente al palato dove trova ancora un connubio la fervida acidità e la trama tannica. Potenza del nebbiolo made in Buscemi. 

Esperienze 1987: da uve merlot e cabernet franc, è un vino a bassa alcolicità, 10 gradi di volume, adatto, secondo il progetto originario, ad un consumo frequente e di alta qualità. Ha ragione Valentini quando dice che la potenzialità evolutiva del vino non dipende dall’alcol ma dall’equilibrio iniziale del vino, equilibrio che solo madre Natura e un tocco di artigianalità posso dare. Provare per credere.


Esperienze Bianco 2008: altro vino, base merlot, in assenza di solforosa aggiunta. E’ un ottimo vino da pasto che non toglie e non aggiunge nulla alla creatività di Buscemi. Come per il bianco, lo vorrei valutare in futuro. 

Esperienze 1988 da Uve Verduzzo - Ossidazione Estrema: può uno sbaglio di cantina creare un grande vino? La risposta è sì! L’ossigeno, involontariamente, si è impadronito di questo vino e l’ha fatto diventare una sorta di sherry friulano che è stato prodotti in due versioni: secco e con leggero residuo zuccherino. Io ho preferito il secondo che mantiene una struttura vellutata ricca di sensazioni di caramello, liquirizia, uvetta, dattero, crema bruciata, prugna secca. Vino che rappresenta il degno finale di una serata che non scorderemo facilmente.

Alla prossima “vecchio pazzo enologo”!!!

Percorsi Di Vino Wine Fest: è quasi ora....


Hai voluto la bicicletta? E mò pedali come se dice a Roma!

 

Ci siamo quasi, tra le aziende partecipanti/patrocinanti, sono riuscito all'ultimo ad inserire Podere Il Saliceto, una giovane realtà che merita rispetto, grande rispetto, per il suo Lambrusco di Modena. Sarà un onore proporlo sia a pranzo che nel pomeriggio tra i pochi invitati.

Ah, i laboratori. Tutti completamente esauriti, come me, tranne la Wine Session delle 19 dove ne vedremo delle belle e....delle vecchie dalla mia cantina.

In cucina, oltre la prenza di Dino De Bellis, avremo una guest star del mondo dei food blog: Daniela di Senza Panna. Una scusa per conoscerla è quella di venire da noi!

Che aspettate? Tutti a Roma per i tre anni di Percorsi di Vino!

Rocca di Montemassi 2008: la Maremma by Zonin


Il Rocca di Montemassi 2008, assieme al Symposio, è l’altro vino facente parte della tasting list di Francesco Zonin. Cercando un po’ di informazioni in giro scopro che questo “figlio della Maremma” è il risultato di una collaborazione che da oltre dieci anni va avanti tra Franco Giacosa, enologo dell’azienda, Stefano Ferrante, direttore, e Denis Dubourdieu
Quest’ultimo è un importante wine maker internazionale e professore di Enologia all’Università di Bordeaux, famoso per le sue ricerche su aromi, lieviti e colloidi e specialista nel processo di produzione del vino e nell’invecchiamento dei vini bianchi.

Denis Dubourdieu
Il Rocca di Montemassi, composto da 40% Merlot, 35% Cabernet Sauvignon, 20% Petit Verdot e 5% Syrah, è pertanto un vino fatto a sei mani che, dopo averlo degustato, mi ha lasciato più di  una perplessità soprattutto per quando riguarda la sua armonia. Mi spiego meglio.
La presenza di Dubourdieu non mi lasciava dubbi circa lo stampo internazionale del vino, impronta che si fa ben sentire al naso dove, a fronte di un colore vivido e quasi violaceo, troviamo un ampio corredo aromatico di ciliegia matura, visciole in confettura, tabacco dolce e ogni altra sensazione che renda il vino facile e “piacione”. Lo immaginavo e non ne faccio un dramma.


Come accaduto col Symposio e la bocca quella che un po’ “tradisce” il mio film mentale: la ricchezza e l’opulenza del naso si scontrano con un vino di medio corpo, che stenta ad avvolgere il palato e se ne va troppo presto. Mi sento tradito. Da un certo punto di vista è come se una donna, a fronte di un bel vestito sartoriale, si limiti ad indossare un intimo prêt-à-porter

Denis Dubourdieu si accontenta di un vino così? 

Sicuramente il Rocca di Montemassi è un vino giovanissimo, in attesa di crescere ed equilibrarsi, però in futuro, anche da questo vino, mi aspetto di più.

P.S: concordo con Stefano il Nero che lo definisce un vino medio.

Su internet il vino è una questione per grandi?


Poche, sempre le stesse e dai grandi numeri. A leggere il recente rapporto di WineNews su vino e internet emerge l'evidenza che su internet il marketing lo fanno solo le grandi aziende che possono permettersi di spendere cifre che il  piccolo vignaiolo nemmeno si sogna.


In particolare si legge che la  classifica “Cantine in web” (edizione n. 10), dopo aver passato in rassegna oltre 2.300 siti, mette in testa nella “Top 12”, la cantina veneta Santa Margherita (www.santamargherita.com), seguita dalla siciliana Planeta (www.planeta.it); al terzo posto, sale il nuovo sito della cantina irpina Feudi di San Gregorio (www.feudi.it), che scavalca il pur sempre validissimo portale di Donnafugata (www.donnafugata.it); alla posizione n. 5, un altro bel sito, che si è rinnovato, quello di Firriato (www.firriato.it), seguito dall’attivissima Fratelli Muratori (www.arcipelagomuratori.it); nuova entrata, al settimo posto, per la Marchesi de’ Frescobaldi (www.frescobaldi.it); al n. 8, c’è la veneta Carpenè Malvolti (www.carpene-malvolti.com), quindi la cantina chiantigiana Rocca delle Macìe (www.roccadellemacie.com); al decimo posto, un ex aequo per due famose griffe delle bollicine: Ferrari (www.cantineferrari.it) e Ca’ del Bosco (www.cadelbosco.com); alla posizione n. 11, c’è il sito del colosso trentino Cavit (www.cavit.it); a chiudere la “top 12” un altro ex-aequo, quello tra la siciliana Tasca d’Almerita (www.tascadalmerita.it) e l’umbra Arnaldo Caprai (www.arnaldocaprai.it).


La situazione è, in generale, variabile in base alle coordinate geografiche delle aziende

Facendo un rapido excursus partendo dal Nord, vediamo che in Piemonte - regione che negli anni passati si è sempre dimostrata tra le meno propense alle innovazioni tecnologiche, qualcosa comincia a muoversi - anche se c’è ancora da fare molta strada. Pollice verso per la Liguria, dove esistono ancora (incredibile a dirsi) aziende che non hanno né un indirizzo mail, né tanto meno un sito. E’ il Veneto la regione che presenta mediamente la situazione più aggiornata e dinamica, grazie ad un rinnovo totale del suo “parco-siti”. Ancora molto indietro la Toscana, da cui - vista l’importanza che riveste nel panorama enologico del Paese - ci si aspetta senz’altro uno sforzo maggiore. Man mano che si va verso sud, la situazione peggiora ulteriormente: in Puglia, Molise, Abruzzo, Basilicata ci si trova a fare i conti con una serie di siti che risalgono più o meno alla preistoria di internet. Uniche eccezioni, la Campania e, soprattutto, la Sicilia, che si rivela ancora una volta la regione top.

Il giudizio è mediamente buono, con numerosi picchi di eccellenza: non a caso nei primi 12 posti si piazzano ben 4 cantine siciliane. Eppure, siamo già da un pezzo nell’era del Web 2.0, ma le aziende italiane sembrano non essersene ancora accorte. Ciò che ieri era una novità oggi è già obsoleto, e in questa forsennata rincorsa tecnologica nel mondo italiano sono ancora poche - tranne rare eccezioni - le aziende che si sono rese conto dell’enorme potere di internet. Questo vale a maggior ragione nel mondo del vino, in cui la grande maggioranza delle cantine non solo non ha capito come usare il Web 2.0, ma fatica ancora a dotarsi di un sito presentabile e aggiornato. Da Facebook a Twitter, da Flickr a FriendFeed, passando per altri social media emergenti, i luoghi della rete in cui un’azienda può dialogare con potenziali clienti di tutto il mondo si moltiplicano a vista d’occhio.
Internet è il primo medium a cui le persone si rivolgono per farsi un’idea di ciò che vogliono comprare: nella fase pre-acquisto si acquisiscono informazioni sull’azienda, si dà una sbirciatina ai prodotti, si guardano le foto, si confrontano i prezzi e soprattutto si controlla su blog e forum come viene giudicato un determinato prodotto da chi lo ha già acquistato. Infine, last but not least, su internet si acquista comodamente da casa, evitando ricerca dei posteggi e file estenuanti nei negozi.


Ma soprattutto internet è sempre più importante per costruire l’immagine e la reputazione di un marchio. Se una volta tutto ciò era delegato alle agenzie di pubbliche relazioni, oggi questo compito spetta principalmente, o molto di più, alla rete, con i suoi tempi accelerati in cui tutto si moltiplica, e dove ogni utente può commentare, criticare, giudicare un’azienda ed i suoi prodotti.

Chissà cosa ne pensa Soldera di tutto ciò e se Veronelli, da lassù, benedirà questa classifica....

Fonte: WineNews

Il 2010 secondo il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero


La campagna vendemmiale che si è appena conclusa è stata caratterizzata da un inverno rigido e particolarmente prolungato visto il protrarsi della stagione fino all’inizio del mese di marzo, cosa abbastanza inusuale rispetto alle ultime annate, ma in media se si considera un arco temporale più lungo. Le abbondanti nevicate, hanno garantito importanti riserve idriche nel terreno, le quali, unite alle temperature rilevate nei mesi di aprile e maggio, hanno favorito un ottimo germogliamento e una buona vigoria da parte di tutti i vitigni della zona. L’inizio dell’estate è stato caratterizzato da abbondanti precipitazioni, a volte molto intense, e da alcuni eventi grandinigeni di lieve entità e comunque circoscritti, che in questo periodo avrebbero potuto arrecare danni considerevoli alla produzione. 
L’inizio di agosto ha visto temperature miti e più basse se confrontate alle annate precedenti, lasciando presagire un andamento della maturazione delle uve in ritardo sempre rispetto le ultime annate ma pienamente in media se confrontate con l’andamento “storico”. Per tutta l’ultima decade di agosto ed il mese di settembre si è notato un aumento delle temperature giornaliere con ottima escursione termica tra il giorno e la notte, questo ha contribuito in maniera fondamentale alle caratteristiche dell’uva, specialmente dal punto di vista dei contenuti polifenolici. Tale fenomeno è evidente soprattutto nelle varietà più tardive. 


Per quanto concerne la sanità delle uve si è trattato di un’annata complessa, infatti nelle zone maggiormente interessate dalle precipitazioni di inizio giugno, i produttori hanno dovuto intervenire in maniera precisa, anche dal punto di vista agronomico, per evitare il pericolo di attacchi fungini. In conclusione possiamo affermare che si è trattato di un’annata singolare dal punto di vista climatico, che torna a premiare le “grandi vigne” e quelle zone laddove la scelta del vitigno è stata fatta in maniera oculata tenendo conto delle esposizioni, della natura del terreno e delle variabili climatiche che caratterizzano le colline di Langa e Roero, e le rendono uniche nel panorama enologico mondiale.

Per le uve a bacca bianca si è da subito evidenziata la prospettiva di ottenere vini molto freschi con acidità spiccate, ma non dannose, in modo da garantirne la durata nel tempo. Questa ipotesi trova conforto nei controlli di maturazione periodici che hanno evidenziato un leggero calo nella gradazione zuccherina, se confrontato con la vendemmia 2009, ma al contempo è emerso un quadro aromatico molto positivo, quindi è lecito attendersi vini leggermente meno alcolici dai profumi intensi. L’Arneis e lo Chardonnay si presentano molto equilibrati forse leggermente meno corposi rispetto all’anno passato, ma con una spiccata nota di freschezza dovuta alle temperature non eccessive di inizio estate che hanno preservato il quadro acido ed aromatico da ossidazioni che si verificano spesso con le alte temperature. Lo stesso discorso lo si può estendere a tutti i bianchi della zona. 

Arneis
Per il Dolcetto la situazione si presenta diversificata sia per quanto riguarda l’aspetto pedoclimatico delle varie vigne, sia per le tecnica di conduzione dei vigneti stessi . Le tecniche colturali e le scelte agronomiche oculate in funzione dell’annata, hanno sicuramente giocato uno ruolo di primaria importanza per le caratteristiche finali dell’uva che è arrivata nelle cantine.

La Barbera è forse il vitigno che presenta i maggiori caratteri di variabilità nel panorama viticolo di Langa e Roero: dai risultati analitici effettuati sui campioni di uva, emergono chiaramente i vigneti ben esposti soprattutto per ciò che riguarda il quadro acido, già abbastanza spiccato per ovvi motivi genetici, ma che in annate come questa rischia di essere troppo elevato specie per le esposizioni meno favorevoli.

Il Nebbiolo, invece, ha potuto godere a pieno del mese di settembre dove il bel tempo ha compensato un leggero ritardo nella maturazione dovuto al periodo piovoso tra luglio ed agosto. Anche nella seconda metà del mese l’accumulo di zuccheri è stato crescente e costante, come rilevato dai controlli di maturazione; il quadro acido è gradualmente sceso fino ad arrivare a valori molto accettabili. La maturazione delle componenti fenoliche, essenziali per garantire il corpo e l’attitudine all’invecchiamento, è ottimo. Indubbiamente il Nebbiolo ha risposto in maniera sublime anche quest’anno dimostrando ancora una volta che la nostra zona è la sua culla, il suo habitat naturale. E’ dunque giusto attendersi che le denominazioni costituite da Nebbiolo possano essere eccellenti.

Nebbiolo

La pizza di Aleci a Trapani


Un po’ come la Gatta Mangiona e Sforno a Roma, due sono le pizzerie di qualità a Trapani: Calvino ed Aleci.
La pizza trapanese, lo anticipo subito, è molto diversa sia da quella romana, bassa e “scrocchiarella”, sia da quella napoletana che, in particolare, è dissimile nell’impasto (a Trapani pizza viene fatta con la farina di grano duro), nello spessore (è quasi doppia, ma non di molto) e nei tempi di cottura (la pizza napoletana cuoce 60/90 secondi mentre la trapanese impiega 3-5 minuti).


Con Stefania abbiamo provato la Pizzeria Aleci visto che Calvino risultava non prenotabile causa telefono costantemente occupato…o staccato.
Entrando sembra di essere all’interno delle pizzerie romane della vecchia Testaccio: caciara, servizio famigliare e sbrigativo, tavoli con la tovaglia di plastica sopra una plastica colorata, niente piatti, tovaglioli di carta, bicchieri di carta, una sola posata, tanta birra alla spina sgasata, coca cola, acqua.
Il gastrofighettismo a Trapani non è di moda!


La pizza viene fatta in varie misure: piccola, media, doppia e tripla e la si può fare anche bigusto. E’ servita su dei vassoi d’acciaio ricoperti da carta forno e viene tagliata a quadratini piccoli dando la possibilità all’ospite di non utilizzare il coltello.
Abbiamo ordinato due pizze: col salame piccanti e una con pomodoro, acciughe e pecorino.
Da notare come il pomodoro non sia passato ma sia quello fresco tagliato col coltello.



La pizza è buonissima, leggera, con ingredienti di buon livello e il fatto che venga tagliata a quadretti può favorire anche un interscambio goloso con altre pizze eventualmente presenti al tavolo. Del tipo ti offro due quadretti per tre pezzettini di margherita…
Conto da far sorridere: due pizze piccole, birra grande e servizio abbiamo pagato 16 euro.

P.S: ogni tanto vedevo passare un tegame stracolmo di patate al forno con sopra mozzarella fusa. Ho scoperto solo dopo il nome di questo ammasso informe: patate vastase.

Patate Vastase

Symposio 2007 - Feudo Principi di Butera


Leggi Symposio e subito ti viene in mente il Vinitaly dello scorso anno dove Zonin, con un’abile e innovativa operazione di marketing, ha chiamato 13 wine-blogger, ristoratori, giornalisti ed esperti per dar vita al progetto Myfeudo che ha avuto come obiettivo quello di creare il primo vino “open source” ascoltando anche le opinioni di opinion leader e consumatori finali.


Il Symposio era già un vino progettato quando l’operazione Myfeudo è partita e così, dopo che i 13 partecipanti hanno avuto il piacere di degustarlo in anteprima durante l’ultimo Vinitaly, la tenuta siciliana di Zonin,  Feudo Principi di Butera, si è messa all’opera e ha prodotto circa 6000 bottiglie di quello che oggi è il Symposio 2007, blend composto dalle seguenti percentuali: 65% Cabernet Sauvignon, 30% Merlot e 5% Petit Verdot.
Versando il vino nel bicchiere si notano già dei lievi riflessi granato del colore, sintomo di un vino che sta evolvendo e che, data la giovane età, forse sta mettendo i capelli bianchi troppo presto.

Francesco Zonin
Il naso, inizialmente, è segnato da note scure di frutta di rovo, ribes, china, a cui fanno eco delle sensazioni dolci, legno o surmaturazione del frutto, che rendono meno elegante il quadro olfattivo. Col passare del tempo il vino cambia, si chiude, diventa quasi inaccessibile, timido, come se fosse ritroso, giustamente ritroso, a farsi analizzare da me. Solo dopo un’ora si apre di nuovo e tira fuori timide sensazioni di spezie dolci e grafite.

L'etichetta. Fonte: Enoiche Illusioni
In bocca purtroppo non ci siamo: se all’olfattiva potevo perdonare l’eccessiva dolcezza di certe note, al sorso il vino non convince per una intemperante “amarezza” di fondo che, dal mio punto di vista, non è legata ad aromi di liquirizia o radici ma, purtroppo, ad una presenza del legno che ancora deve essere equilibrata. Peccato.

Mi sarà capitata una bottiglia no? Cercherò di confrontare la mie impressioni con quanto scritto dagli altri wine blogger.
Se comunque il Symposio è questo, sono sicuro che Zonin potrà fare di meglio.

Percorsi Di Vino Wine Fest: il 30 Gennaio tutti a Roma

Percorsi Di Vino, il mio diario enologico di bordo, il prossimo 30 Gennaio compierà tre anni e per festeggiarlo sto organizzando una Wine Fest a Roma presso L’Incannucciata di Dino De Bellis (via della Giustiniana 5, Roma).

Saranno presenti i seguenti produttori di vino:

Bele Casel
Caparsa
Coletti Conti
Gianfranco Fino
Elena Fucci
I Botri di Ghiaccioforte
Le Macchiole
Le Ragnaie
Masciarelli
Monteraponi
Nanni Copè
Podere S.Lorenzo
Ronci di Nepi
Sergio Mottura
Tenuta S. Leonardo
Val delle Corti

Tutti assieme festeggeremo il wine blog con un pranzo conviviale (inizio ore 13.00) a cui seguirà un pomeriggio dedicato alle degustazioni libere e ai seguenti laboratori del gusto (gratuiti e aperti a tutti):

Ore 15.00: Apertura degustazioni libere con i vini dei produttori presenti

Ore 15.30: Il Terroir di Radda in Chianti (a cura dell’Enoclub Siena).

Ore 16.30: Presentazione progetto “Il PostVino” a cura di Fabio Cagnetti. Evento riservato a blogger, giornalisti ed operatori di settore. Durante la presentazione verrà degustata una verticale storica di Carema della Cantina Produttori Nebbiolo di Carema:

1970 etichetta bianca
1971 etichetta rossa
1974 etichetta rossa
1978 etichetta rossa
1978 etichetta bianca

Ore 18.00: Tutti i volti del Cesanese. Relatori: Anton Maria Coletti Conti, Pierluca Proietti, Andrea Petrini. Previsti ospiti speciali!

Ore 19.00: Wine Session a sorpresa.

Se vorrete passare a trovarmi anche solo per un bicchiere o per partecipare ai laboratori prenotatevi al 377/1615140 o info@percorsidivino.com

Marco De Bartoli: Marsala ha il suo faro!


Il navigatore satellitare impazzisce all’interno di tutte le stradine che compongono le varie contrade di Marsala, da soli non riusciamo a raggiungere Contrada Fornara Samperi ma, appena chiediamo in giro dov’è la casa Marco De Bartoli, tutti con grande curiosità ed orgoglio ci indicano la direzione esatta. Quel piccolo borgo disperso all’interno della Sicilia occidentale rappresenta da anni un faro per questa zona anche se, come sento dire da molti, spesso la tempesta e il mare grosso offuscano quella luce maestra.

Marco De Bartoli - Fonte: La Madia.it
Per capire bene chi è Marco De Bartoli basta leggere cosa ha detto ad Attilio Vinci nella biografia scritta per Veronelli.

Il mio primo lavoro nel mondo vinicolo è stato come tecnico nell’azienda di famiglia di mia madre. Le mie idee non erano condivise e allora, dopo alcuni anni, ho deciso di trasferirmi definitivamente al baglio Samperi, una nostra vecchia proprietà. Ho ripristinato il reparto di vinificazione mettendo a posto le cantine storiche. Nel 1980 ho accelerato il primo imbottigliamento del vino che in onore della contrada ho chiamato vecchio Samperi. L’ho presentato come vino di Marsala e non vino Marsala. Un impegno a combattere il declino dell’immagine di questo glorioso prodotto. Poi nel 1985 spinto da un desiderio di curiosità per il moscato passito di Pantelleria, ho imbottigliato il mio primo Bukkuram moscato passito

Qualcuno l’ha definito un pazzo perché si è messo a produrre Marsala negli anni più neri della tipologia, erano gli anni ’80, anni di Marsala all’uovo e di produzioni industriali di massa che hanno trasformato il vino italiano più famoso al mondo in spazzatura liquida.
De Bartoli non si arrende a questo schifo e, cercando di rilanciare tutta una denominazione, diventa nel 1993 presidente dell’Istituto Regionale del Vino e della Vite.
Forte del suo ruolo ha provato in quegli anni a parlare di qualità, vitigni autoctoni, fiere, sperimentazioni, associazionismo, ha strenuamente tentato di abbattere il muro di gomma e diventare finalmente ed oggettivamente il Faro


Sapete come è finita la storia? Una mattina del 1995 la Procura di Marsala lo accusa di sofisticazione. Ricorda lui stesso:“Quando è avvenuto il fattaccio io stavo prendendo quota. Dopo quindici anni di investimenti mi apprestavo a raccogliere i frutti. Sono stato colpito nel momento di maggiore crescita. Avrei festeggiato il fatturato più consistente della storia della mia azienda. Una cattiveria, la fine riservata in Sicilia a chi dimostra di sapere fare”.

Ha dovuto aspettare cinque anni per avere l’assoluzione: ci siamo sbagliati, il fatto non sussiste…
Deluso, arrabbiato ma non arreso, De Bartoli ha continuato da solo per la sua strada, sa perfettamente che a Marsala e nel Marsala dovrà contare solo sulle sue forze, una mosca bianca che ha spazzato l’infamia del sospetto producendo vini di straordinario spessore

Ad attenderci in cantina c’è la figlia di Marco De Bartoli, Giuseppina, due occhi azzurri tenaci e fieri che, assieme ai due fratelli, porteranno avanti la tradizione di famiglia, orgogliosamente coscienti di essere acqua nel deserto.
L'Azienda Agricola Samperi si compone di 25 ettari di vigneto di cui il vitigno principe è il Grillo, anche se non mancano vitigni come syrah e merlot col quale si produce il Rosso di Marco, un rosso fatto da De Bartoli per De Bartoli.

Il vigneto
Giriamo per la bellissima cantina, scopriamo botti vecchissime e bottiglie impolverate, tutto qua parla di storia, tradizione e qualità.
Entriamo in sala degustazione per scoprire tutte le declinazioni del Grillo, vero vanto dell’azienda Samperi.
Partiamo degustando “Grappoli del Grillo2008, un bianco secco monovitigno che ti parla di struttura ed identità territoriale: dentro quel bicchiere ci sono le saline di Marsala, c’è il mare, la frutta gialla che resiste al sole della Sicilia. Un sorso di grande carattere che si fa fatica a scordare.


Non ci giriamo troppo attorno, dopo aver degustato un ottimo Marsala Superiore Riserva 10 anni, è il turno del “Vecchio Samperi”, la luce calda del faro, il Marsala che reinventa il Marsala riportando l’immagine del vino a ciò che era una volta e alle parole di Luigi Veronelli che durante le degustazioni esclamava: “è arrivato il Marsala”.
Nessuna menzione in etichetta che si tratti di Marsala, De Bartoli nel 1983 rompe gli schemi e, soprattutto, rompe con un passato ed un presente fatto di prodotti ruffiani e di facile beva.

La vecchia cantina
Il “Vecchio Samperi”, il cui nome è una dedica alla contrada dove si trovano le cantine, è un vino ottenuto con l’antico metodo Soleras che, attraverso una sequenza di passaggi di piccole percentuali di vino più giovane in fusti che contengono vini più vecchi, permette di creare un’armoniosa mescolanza di annate diverse, dal gusto unico e inimitabile.
Non starò qua a tediarvi con mille descrittori, sappiate solo che questo vino, il Marsala per eccellenza, è tutto ciò che non avete mai bevuto, è l’anima e il corpo del Grillo e la passione, le lacrime e la terra di Marco De Bartoli.


Journey in the Italy of wines: l'Italia del vino con gli occhi di Robert Parker


Sarà italiano uno dei principali “Cicerone” che animeranno questo viaggio nella terra dove “tutte le strade portano al vino”: il professor Attilio Scienza, dell’Università di Milano e uno dei massimi esperti al mondo di viticoltura e “archeo-viticoltura” condurrà “Journey in the Italy of Wines”, serie televisiva americana a cui sta lavorando Antonio Galloni, il responsabile per gli assaggi dei vini italiani di “Wine Advocate”, la newsletter di Robert Parker, fra le più influenti testate di critica enologica al mondo. 
 
Attilio Scienza
Si tratta di una serie di viaggi che attraverseranno le antiche vie consolari romane, con fermate nelle aziende vitivinicole più importanti dell’Italia, per raccontare la varietà straordinaria del “giacimento enologico” del Bel Paese. A presentare questo articolato percorso dentro le mete più suggestive del “Vigneto Italia”, William Petersen, attore per molti anni protagonista nella serie televisiva Csi e appassionato di vini.
Ma il protagonista assoluto, evidentemente, sarà il vino e la sua capacità di raccontare dalle piccole aziende del Chianti, al caos moderno d New York o di Parigi, di come mille status symbol non valgono un po’ di Brunello di Montalcino del ’90, oppure, ancora, di come dalla Roma imperiale all’attualità, il vino ha dettato i “ritmi” della fede, della politica, e, persino della religione. O, infine, di come siano arroganti i vini attraverso 400 anni di storia e umili dopo 2000 anni di vita.
Passando da una cantina per una degustazione a una festa in un piccolo borgo, attraverso tutte le fasi della produzione del vino, “Journey in the Italy of Wines” è un nuova serie televisiva sulla eccellenza dei vini italiani. Si tratta di un viaggio di scoperta attraverso il Bel Paese di mazzi di fiori, le tradizioni e sapori. Un percorso che copre l’intero territorio italiano, le tradizioni culinarie, l’arte, la storia. Un itinerario attraverso i sapori, ideato per stimolare gli spettatori ad intraprendere un viaggio tra i filari e i vigneti più importanti del Bel Paese, per avvicinarsi ad un mondo ricco ma, spesso, non troppo conosciuto: quello del cibo e dei vini italiani: dal Brunello di Montalcino al Fiano, dalla Franciacorta all’Amarone, dal Barbaresco al Primitivo di Manduria.
Nella “Journey in the Italy of Wines” ci saranno visite in cantina, anche in vendemmia, documentando le varie fasi di lavoro. Saranno intervistati produttori, enologi e appassionati.
In Italia ci sono oltre 300 varietà di vite, un enorme produzione di vini a denominazione e ci sono decine e decine di cantine e aziende agricole stimate in tutto il mondo: “Journey in the Italy of Wines” andrà alla loro scoperta, passando da Antinori, Sassicaia, Caprai, Cinzano, Gancia, Argiano, Guicciardini Strozzi ..., solo per fare alcuni nomi.

Antonio Galloni
La serie dovrebbe comprendere 13 episodi della durata di 60 minuti commerciale (48 minuti netti). Gli episodi, girati in HD, saranno registrati in inglese, competenza e precisione sarà garantita attraverso la narrazione di esperti come il professor Attilio Scienza e il critico di “Wine Advocate” Antonio Galloni. In alcuni episodi saranno ospiti nomi di prestigio come Trudie Styler e suo marito Sting, Carole Bouquet, Mick Hucknall dei Simply Red, Richard Parson, ex presidente di Time Warner, Guy Hands di Terra Firma.
 
Focus - Le “tappe” del Viaggio nell’Italia del vino di Wine Advocate

Episodio 1 - “Via Salaria” da Roma attraverso il Lazio (Rieti) e le Marche (Ascoli Piceno) fino all’Abruzzo (Teramo)
Episodio 2 - “Via Cassia” da Roma attraverso il Lazio (Viterbo) e la Toscana (Arezzo, Siena, Firenze, Pistoia e Lucca) fino alla Liguria (La Spezia)
Episodio 3 - “Via Aurelia” da Roma attraverso il Lazio (Viterbo), la Toscana (Grosseto, Livorno, Pisa, Lucca, Massa Carrara), la Liguria (La Spezia, Genova, Savona) fino alla Francia (Nizza e Marsiglia)
Episodio 4 - “Via Appia” da Roma attraverso il Lazio (Latina), la Campania (Caserta, Napoli, Benevento), la Basilicata (Potenza), la Puglia (Bari, Taranto, e Brindisi) e dalla Campania (Benevento e Avellino), attraverso la “Via Appia Traina”, in Puglia (Foggia, Barletta, Bari e Brindisi)
Episodio 5 - “Via Popilia” dalla Campania (Caserta e Salerno) alla Calabria (Cosenza, Vibo Valentia e Reggio Calabria)
Episodio 6 - “Via Latina” da Roma attraverso il Lazio (Frosinone) e il Molise (Isernia) fino alla Campania (Caserta)
Episodio 7 - “Via Tiburtina Valeria” da Roma all’Abruzzo (Chieti e Pescara)
Episodio 8 - “Via Flaminia” da Roma all’Umbria (Terni, Perugia), alle Marche (Pesaro, Urbino), fino alla Romagna (Rimini)
Episodio 9 - “Via Postumia” dalla Liguria (Genova) attraverso il Piemonte (Alessandria), l’Emilia-Romagna (Piacenza), la Lombardia (Cremona), il Veneto (Verona, Vicenza, Treviso, e Venezia) fino al Friuli Venezia Giulia (Udine) e, inoltre, attraverso la “Via Fulvia” nel Piemonte (Alessandria, Asti e Torino)
Episodio 10 - “Via Emilia” dalle Marche (Rimini) attraverso l’Emilia Romagna (Cesena, Forlì, Ravenna, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza) fino alla Lombardia (Lodi) e poi dalla Lombardia (Milano) al Piemonte (Vercelli), alla Val d’Aosta (Aosta) e al Veneto (Verona e Padova)
Episodio 11 - “Via Claudia Augusta” dalla Lombardia (Mantova) al Veneto (Verona) e al Trentino-Alto Adige (Trento) e dal Veneto (Venezia, Belluno) al Trentino-Alto Adige (Trento e Bolzano). E poi, attraverso la “Via Gallica” dal Veneto (Verona) fino in Lombardia (Brescia, Bergamo e Milano)
Episodio 12 - Sicilia e i suoi arcipelaghi
Episodio 13 - Sardegna 


Fonte: WineNews.it

Cannolo siciliano, I love You!


Sicuramente è il re dei dolci siciliani e in Italia, prima o poi, tutti hanno avuto a che fare con questa squisitezza.
Oggi, ancora una volta, mi trasformo in food blogger alla ricerca del vero cannolo siciliano.
Facendo una rapida ricerca ho saputo che un tempo era degustato solo nel periodo di carnevale proprio perché sembra essere nato per scherzo in un dimenticato monastero e successivamente prodotto dalle pasticcerie locali in ogni periodo dell’anno.
La leggenda narra che il termine “cannolo” prenda il suo nome dalla parola volgare “canna”, ossia “rubinetto” in siciliano: un motteggio carnevalesco del tempo faceva uscire dal rubinetto crema di ricotta al posto dell’acqua. Da qui deriva lo scherzo carnevalesco e l’impiego in quel periodo.

Trapani by night
Bene, vista la mia trasferta trapanese, pensate potessi non andare alla ricerca del miglior cannolo siciliano?
Le dritte che mi sono state date erano due: la prima portava a Trapani città, da Angelino, mentre la seconda dirigeva le mie papille gustative verso Dattilo, un paesino a 10 Km da Trapani.
Angelo Galati, detto Angelino, è un palermitano classe 1932 che ben 44 anni fa ha aperto a Trapani una delle prime rosticcerie della città. La bontà dei prodotti è stata tale che questi hanno subito conquistato i trapanesi e "Angelino" è diventato un punto di riferimento fisso per chiunque volesse gustare le pizzette, inimitabili, i calzoni, le iris arancine e qualunque altro prodotto di rosticceria. Nel 1996 "Angelino" ha inaugurato un altro punto vendita lungo il porto dove, affianco alla consolidata produzione di rosticceria, ha iniziato quella di bar e pasticceria dove possiamo trovare  anche cassate, strudel e cannoli.


Preso dalla fame atavica ho acquistato da Angelino il mio primo cannolo trapanese che, rispetto agli standard romani, è risultato davvero ottimo, abbondante e con una cialda che ho trovato dal sapore molte abbastanza deciso, a metà strada tra il dolce e il salato. Nessuna ombra di canditi o granelle varie.

Cannoli di Angelino
Dattilo, frazione del Comune di Paceco, tra i golosi di tutta Italia è famosa solo ed esclusivamente per i suoi cannoli, prodotti all’interno dell’Euro bar, il principale ritrovo del piccolo paese siciliano.
I cannoli, rispetto ad Angelino, sono più lunghi e stretti ((la scòrza è lunga da 15 a 20 cm con un diametro di 4-5 cm) ma al tempo stesso pieni zeppi di meravigliosa ricotta poco zuccherata, non setacciata e anch’essa priva di canditi. La cialda è eccezionalmente croccante e dal sapore meno invasivo rispetto a quella di Angelino. Su richiesta vi possono dare le cialde vuote e la ricotta a parte in un contenitore; ciò vi sarà utile se dovrete consumare i cannoli a distanza di qualche ora e quindi impedire che la cialda si ammorbidisca.

Cannoli di Dattilo
Ancora Dattilo

Confronto tra Angelino ed Euro Bar di Dattilo
Chi ha vinto la sfida? Euro Bar a mani basse, basta un morso per comprendere la differenza col resto del mondo e capire perché tutti i siciliani adorano questo bar e le sue specialità che, oltre al cannolo, riguardano le Pesche (due semigusci di morbida pasta da dolci che abbracciano il ripieno di ricotta), le Patate (una palla ricoperta di cacao con all'interno pasta reale e marron glacè) e i Carciofi (pasta sfoglia morbida ricoperta di scaglie di mandorle con ripieno di crema pasticcera e crema al cacao).

Altre specialità dell'Euro Bar


La storia del vino riparte da una grotta in Armenia


Una ricerca finanziata anche dalla National Geographic Society ha portato alla scoperta sensazionali: gli abitanti che polarono la caverna nei pressi del villaggio di Areni non siano stati soltanto i primi calzolai della storia, ma anche i primi produttori di vino visto che gli archeologi hanno rinvenuto una pressa per l'uva, recipienti per la fermentazione e la conservazione del vino, coppe nonché resti di graspe, semi e bucce.

Un torchio per il vino (davanti al cartello) e un recipiente per la fermentazione (a destra) scoperti durante gli scavi in Armenia.
Fotografia per gentile concessione di Gregory Areshian
"Si tratta della più antica e affidabile testimonianza di produzione vinicola”, afferma l'archeologo Gregory Areshian della University of California di Los Angeles (UCLA). "Per la prima volta, disponiamo di un quadro archeologico completo, risalente a 6.100 anni fa, di questo tipo di attività”.

La presenza di queste strutture è stata individuata per la prima volta nel 2007, quando iniziarono gli scavi co-diretti da Areshian e dall'archeologo armeno Boris Gasparyan al complesso di grotte Areni-1.
Nel settembre 2010 gli archeologi hanno completato lo scavo di una vasca (un tino), profonda una sessantina di centimetri, sepolta accanto a un recipiente di argilla, lungo circa un metro, dai bordi alti: manufatti che indicherebbero che gli antichi vinificatori dell'Età del Rame avrebbero schiacciato l'uva in modo tradizionale, ossia con i piedi, afferma Areshian. Dal recipiente d'argilla il succo d'uva sarebbe poi defluito nel tino, e lì sarebbe stato lasciato a fermentare, spiega l'archeologo.
Secondo la ricerca, appena pubblicata sulla rivista Journal of Archaeological Science, il vino sarebbe poi stato custodito in giare e l'ambiente fresco e asciutto della grotta - ideale per una cantina - avrebbe fatto il resto.

Tracce di vino

Per verificare che la vasca e le anfore custodissero effettivamente del vino, gli archeologi hanno sottoposto ad analisi chimiche dei frammenti di ceramica (che il radiocarbonio ha datato fra il 4100 e il 4000 a.C.) in cerca di residui. Le analisi hanno rivelato tracce di malvidina, un pigmento vegetale appartenente alla famiglia dei flavonoidi a cui si deve in gran parte il colore rosso del vino. "La malvidina è il miglior indicatore chimico a noi noto della presenza di vino”, dice Areshian. L'esperto di vino nell'antichità Patrick E. McGovern, archeologo biomolecolare alla University of Pennsylvania Museum di Philadelphia, concorda sul fatto che il ritrovamento testimoni una produzione vinicola. Un elemento però che avrebbe supportato maggiormente questa ipotesi sarebbe stato il ritrovamento di tracce di acido tartarico, un altro indicatore della presenza di vino: la malvidina, spiega lo studioso, è presente infatti anche in altri frutti dell'area, come la melagrana. 

Uva e raspi di 6.100 anni fa

Vino e DNA 

McGovern definisce la scoperta "particolarmente significativa perché suggerisce l'esistenza di una produzione vinicola su larga scala, che a sua volta implica il fatto che la vite fosse già stata domesticata". Questo perché la vite domestica (Vitis vinifera sativa) produce un maggior numero di grappoli rispetto a quella selvatica (Vitis vinifera silvestris) e quindi sono necessarie strutture più ampie per la loro lavorazione.
McGovern ha rilevato testimonianze archeologiche di vino (ma non di una cantina per la sua produzione) in Iran che risalgono a 7.000 anni fa - un millennio prima quindi del recente ritrovamento in Armenia. Ma la scoperta di quella che sembra una produzione vinicola con uso di vite domestica nell'attuale Armenia, spiega McGovern, sembra coincidere con gli studi genetici condotti in precedenza sulle varietà di uva coltivata, che indicavano proprio le montagne dell'Armenia, della Georgia e dei Paesi limitrofi come la culla della viticultura. Secondo McGovern, l'uva di Areni avrebbe avuto un gusto simile a quello delle antiche varietà georgiane indicate come "antenate” del Pinot Nero.

Antichi rituali

Mentre l'identità degli antichi produttori di vino (e di scarpe) resta un mistero, sembra probabile che la loro cultura comprendesse rituali in cui si beveva per onorare i defunti, afferma Areshian.
"Attorno alle strutture per la produzione di vino sono state rinvenute una ventina di sepolture. C'era un cimitero, e la produzione di vino nella grotta era legato a questo aspetto rituale”, ipotizza lo studioso della UCLA. Non a caso attorno e all'interno delle sepolture sono state rinvenute coppe per bere. McGovern conferma che esempi più tardi di riti funerari legati all'alcol sono stati rinvenuti in tutto il mondo. Nell'antico Egitto, ad esempio, "vi sono dipinti all'interno delle tombe che mostrano anfore piene di birra e di vino provenineti dal Delta del Nilo che vengono offerte ai defunti”.
I prossimi scavi ad Areni saranno rivolti all'individuazione di ulteriori legami fra le sepolture e la produzione vinicola, dice Areshian.

Antica pressa per il vino

La rivoluzione del vino

La scoperta è particolarmente importante, affermano gli autori della ricerca (diretta da Hans Barnard della UCLA e finanziata dal Committee for Research and Exploration della National Geographic Society), perché la produzione vinicola è considerata una svolta molto significativa da un punto di vista sociale e tecnologico nelle società preistoriche. La coltivazione della vite, spiega Areshian, annuncia l'avvento di nuove e più sofisticate forme di agricoltura. 
"L'uomo ha dovuto imparare il ciclo di crescita delle piante”, dice lo studioso. “Ha dovuto capire quanta acqua fosse necessaria, come impedire che i funghi danneggiassero il raccolto, e cosa fare con gli insetti che vivono sui grappoli. Il sito getta nuova luce sulle prime fasi dell'orticultura, su come nacquero i primi frutteti e vigneti”. L'archeologa Naomi Miller della University of Pennsylvania commenta che "da un punto di vita nutrizionale e culinario, il vino espande le risorse alimentari in quanto riesce a sfruttare l'uva selvatica, altrimenti acida e immangiabile. Dal punto di vista sociale invece l'avvento delle bevande alcoliche ha cambiato, nel bene e nel male, il modo in cui ci rapportiamo l'uno all'altro nella società”.