Friuli Venezia Giulia: i tre bicchieri 2017 del Gambero Rosso

L’andamento climatico del 2015, seppur caratterizzato da elevate punte di calore, lasciava presagire una buona vendemmia, con uve perfettamente mature e sane. La soddisfazione si leggeva sul volto di ogni produttore e il risultato finale è andato oltre le attese: è stata una grande vendemmia. Probabilmente l’entusiasmo generale derivava dal ricordo delle problematiche che avevano caratterizzato l’annata precedente. Con un’uva così era quasi impossibile sbagliare, e i nostri assaggi l’hanno verificato. La competizione nelle degustazioni finali è stata davvero agguerrita, e alla fine abbiamo assegnato ben 26 Tre Bicchieri.


Quest’anno l’ha fatta da padrone il Friulano, vitigno autoctono di riferimento, ma ci piace citare per primi i vini di pianura e in particolare il Pinot Bianco ’15 di Le Monde (che si conferma per il quarto anno consecutivo) e la new entry di Lenardo con lo Chardonnay ’15. Ben sei Friulano hanno ottenuto il massimo riconoscimento, tutti dell’ultima annata, quattro prodotti sul Collio da Doro Princic, Fiegl, Russiz Superiore e Schiopetto, e due sui Colli Orientali, da Angoris e Le Vigne di Zamò (che lo ha chiamato provocatoriamente No Name).

La Malvasia ’15 è rappresentata sul Collio da Ronco dei Tassi (una riconferma) e sul Carso da un’altra new entry: Castelvecchio, con la Malvasia Dileo. Poi c’è la splendida Malvasia ’13 di Skerk, sempre sul Carso, leggermente macerata e non filtrata.

Tre Bicchieri anche per il Sauvignon ’15 di Tiare sul Collio, per il Sauvignon Liende ’15 di La Viarte e il Sauvignon Zuc di Volpe di Volpe Pasini sui Colli Orientali. Il Collio Bianco ’15 raccoglie allori con il Broy di Collavini e con il Solarco di Livon.

Sui Colli Orientali Tre Bicchieri anche per Illivio ’14 di Livio Felluga, La Linda ’14 di La Tunella, Pinot Bianco ’15 di Zorzettig e Pinot Grigio ’15 di Torre Rosazza. Ennesimo riconoscimento per Jermann, vera bandiera dell’enologia friulana moderna, con il Pinot Grigio ’15, e seconda affermazione per il Desiderium ’13 di Eddi Luisa.

Tra i bianchi macerati spicca la Ribolla Gialla ’08 di Josko Gravner, il caposcuola riconosciuto, a seguire la Ribolla Gialla ’12 di Damijan Podversic e la Ribolla Gialla di Oslavia Riserva ’12 di Primosic. Dulcis in fundo uno spettacolare Tal Luc diLis Neris, cuvée di passito nata da una selezione speciale di uve vendemmiate nel 2006 e nel 2008.

Carso Malvasia Dileo 2015 Castelvecchio

Chardonnay 2015 di Lenardo

Collio Bianco Broy 2015 Eugenio Collavini

Collio Bianco Solarco 2015 Livon

Collio Friulano 2015 Schiopetto

Collio Friulano 2015 Fiegl

Collio Friulano 2015 Doro Princic

Collio Friulano 2015 Russiz Superiore

Collio Malvasia 2015 Ronco dei Tassi

Collio Ribolla Gialla di Oslavia Ris. 2012 Primosic

Collio Sauvignon 2015 Tiare - Roberto Snidarcig

Desiderium I Ferretti 2013 Tenuta Luisa

FCO Bianco Illivio 2014 Livio Felluga

FCO Bianco LaLinda 2014 La Tunella

FCO Friulano 2015 Tenuta di Angoris

FCO Friulano No Name 2015 Le Vigne di Zamò

FCO Pinot Bianco Myò 2015 Zorzettig

FCO Pinot Grigio 2015 Torre Rosazza

FCO Sauvignon Liende 2015 La Viarte

FCO Sauvignon Zuc di Volpe 2015 Volpe Pasini

Friuli Grave Pinot Bianco 2015 Le Monde

Malvasia 2013 Skerk

Pinot Grigio 2015 Jermann

Ribolla Gialla 2012 Damijan Podversic

Ribolla Gialla 2008 Gravner

Tal Lùc Cuvée Speciale Lis Neris

Rosso Breg 2003 Gravner è il Vino della settimana di Garantito IGP

di Luciano Pignataro



Il rosso arriva alla fine di una cena pazzesca alle Calandre. Ci serve un bicchiere, uno solo, dopo litri di bianchi. Fresco, pimpante come un adolescente. Proprio bello il Pignolo, se questo è il suo volto. Familiare, autentico. Perché solo un bicchiere?
www.gravner.it


Alto Adige: i tre bicchieri 2017 del Gambero Rosso

Spesso si ha un’idea dell’Alto Adige viticolo come di una provincia che offra omogeneamente vini di alta qualità in tutte le sue zone produttive. I numeri dicono che è certamente un’affermazione corretta. Sempre più, però, il lettore attento può cogliere le sfumature che ogni sottozona può offrire, alla ricerca del perfetto equilibrio tra vitigni, zone viticole e mano del produttore.

Proprio questi rappresentano realtà molto differenti tra loro, con le grandi strutture cooperative che lasciano spazio a produttori con minuscole proprietà, che a loro volta lasciano spazio alle storiche famiglie del vino atesino, forti di vigneti molto estesi e una fitta rete di viticoltori che conferiscono le uve.

Sempre più le aziende si stanno specializzando sui vini che meglio rappresentano il loro territorio, come si può riscontrare in quella vera e propria fucina di vini di qualità che è la Valle Isarco, una stretta vallata che si incunea verso nord che esalta la fragranza e la profondità di Sylvaner, Riesling e Veltliner.

Pinot Nero carnosi e raffinati nel versante orientale d’Oltradige, con Mazzon che rappresenta il vero Grand Cru italiano per questo vitigno, o ancora lo spessore e la classe che il Pinot Bianco dona nelle zone di Appiano e Terlano.

Regione a tradizione bianca, con una presenza di vini di assoluto valore in tutte le aziende presenti in guida, spesso Tre Bicchieri, altre volte fulgidi esempi della classe che questo territorio conferisce ai suoi vini. Ben 20 vini su un totale di 27 premiati sono bianchi, con Gewürztraminer e Sylvaner, a imporsi, vitigni che si esaltano in zone ben definite, la fascia collinare che si protende da Magrè a Caldaro per il primo e la Valle Isarco per il secondo.


Poi un puzzle di vini premiati che occupa tutta la provincia, giocando con altitudini, esposizioni e suoli, che permettono ai produttori di esaltare caratteristiche a volte antitetiche.

La potenza dei Lagrein che giungono dalla piana di Bolzano con la finezza dei Riesling di montagna della Val Venosta, la sapida e intrigante leggerezza dei Lago di Caldaro e Santa Maddalena con la profondità dei Terlaner.

Infine segnaliamo la presenza sempre più diffusa di vini di altissimo profilo prodotti in quantità minuscole: Terlaner I Grande Cuvée della Cantina di Terlano, LR di Colterenzio e Appius di San Michele Appiano oggi sono seguiti dalle etichette di molte realtà che hanno scelto di osare e confrontarsi con i grandi di tutto il mondo.

A. A. Cabernet Puntay Ris. 2013 Erste+Neue

A. A. Chardonnay Löwengang 2013 Tenute Alois Lageder

A. A. Gewürztraminer Auratus Crescendo 2015 Tenuta Ritterhof

A. A. Gewürztraminer Brenntal Ris. 2014 Cantina Kurtatsch

A. A. Gewürztraminer Nussbaumer 2014 Cantina Tramin

A. A. Gewürztraminer Vom Lehm 2015 Castelfeder

A. A. Lago di Caldaro Scelto Sup. Bischofsleiten 2015 Castel Sallegg

A. A. Lagrein Ris. 2013 Erbhof Unterganzner - Josephus Mayr

A. A. Lagrein Taber Ris. 2014 Cantina Bolzano

A. A. Pinot Bianco Praesulis 2015 Gumphof - Markus Prackwieser

A. A. Pinot Bianco Sirmian 2015 Nals Margreid

A. A. Pinot Grigio St. Valentin 2014 Cantina Produttori San Michele Appiano

A. A. Pinot Nero Bachgart 2013 Maso Hemberg - Klaus Lentsch

A. A. Pinot Nero Trattmann Mazon Ris. 2013 Cantina Girlan

A. A. Santa Maddalena Cl. Rondell 2015 Glögglhof - Franz Gojer

A. A. Sauvignon Lafòa 2014 Cantina Produttori Colterenzio

A. A. Sauvignon Mervin 2014 Cantina Meran Burggräfler

A. A. Terlano Nova Domus Ris. 2013 Cantina Terlano

A. A. Terlano Pinot Bianco Eichhorn 2015 Manincor

A. A. Val Venosta Riesling 2014 Falkenstein Franz Pratzner

A. A. Val Venosta Riesling Unterortl 2015 Unterortl - Castel Juval

A. A. Valle Isarco Grüner Veltliner 2015 Kuenhof - Peter Pliger

A. A. Valle Isarco Pinot Grigio 2015 Köfererhof - Günther Kerschbaumer

A. A. Valle Isarco Sylvaner 2014 Garlider - Christian Kerschbaumer

A. A. Valle Isarco Sylvaner 2015 Taschlerhof - Peter Wachtler

A. A. Valle Isarco Sylvaner Aristos 2015 Cantina Produttori Valle Isarco

A. A. Valle Isarco Sylvaner Praepositus 2015 Abbazia di Novacella 

Vesuvio da bere, guida alle cantine da visitare - Garantito Igp

Di Luciano Pignataro

Siamo a Trecase, a due passi dagli Scavi di Pompei dove grazie al progetto di un altro visionario, Antonio Mastroberardino, si coltiva di nuovo l’uva per il vino cult Villa dei Misteri. Maurizio Russo con la sua Cantina del Vesuvio apre di buon mattino, riceve i visitatori, offre loro un pranzo semplice, un grande spaghetto al pomodoro del piennolo e verdure dell’orto e alle 18 chiude.

Oggi, vicepresidente del Consorzio Vini appena riconosciuto dal ministero, può a ben ragione di dire di aver aperto una strada che tutti avrebbero potuto percorrere ma che nessuno aveva visto. Qui le radici delle vigne scavano nel terreno di sabbia nera plasmato dall’ultima eruzione del 1944. Di fronte il Golfo di Napoli chiuso da Punta Campanella, da Capri e da Posillipo sembra una culla, non c’è posto che non offra all’occhio del visitatore uno spettacolo unico al mondo.
L’esempio di Maurizio Russo è stato seguito da altre aziende. Nella vicina Boscotrecase c’è Sorrentino, in viticoltura biologica, che ha da poco ristrutturato lo spazio organizzando una bella cucina e una veranda che affaccia sui vigneti. Si può anche dormire nel silenzio assoluto di un paesaggio onirico. I figli di Paolo sono tutti impegnati: Giuseppe nel commerciale, Benny nella produzione, Maria Paola nell’accoglienza, appena nominata presidente regionale del Movimento del Turismo del Vino in Campania. Anche qui una cucina semplice, di orto, e la possibilità di vendere ai turisti.
A Terzigno, c’è un’altra azienda impegnata nelle visite: Villa Dora della famiglia Ambrosio che vede al timone la passione del papà Vincenzo, seguito soprattutto dalla figlia Giovanna. Bella realtà di oliveto e vigneto e tanti bianchi antichi da invecchiamento che fanno la gioia degli appassionati nei ristoranti stellati della vicina Penisola Sorrentina.
Sono insomma lontani i tempi in cui il Vesuvio era la sede di imbottigliatori che si spingevano nel vicino Sannio, in Abruzzo, in Puglia, in cerca di vino da rivendere. Anche altre aziende hanno bei vigneti da mostrare, come Sannino e Fuocomuorto a Ercolano e Cantine Olivella nel versante opposto del Vesuvio, a Sant’Anastasia. Progetti coerenti che puntano sui vitigni locali come piedirosso, caprettone, falanghina, catalanesca, aglianico. Vini di carattere, marcati da buona acidità, sapidità, tono amaro tipico dei vini nati in zone vulcaniche.
Insomma, una gita in cantina, una camminata nei vigneti più spettacolari del mondo, magari anche una visita agli scavi e poi una pizza.


Slow Wine 2017: l’Alto Adige

Anche quest’anno negli assaggi l’Alto Adige ci ha regalato soddisfazioni. Non siamo sorpresi, a essere sinceri, visti il livello medio (elevato) e la costanza alla quale oramai ci siamo abituati nel corso degli anni. Ed è proprio questo uno dei maggiori punti di forza del vino altoatesino, qualità e precisione enologica che nascono non solo da un terroir vocato, ma anche da una solida base tecnica e da una rete di servizi di appoggio e di consulenza unica in Italia. Basta pensare all’Istituto agrario di Laimburg, a quello di Ora, o al vicino Istituto agrario di San Michele all’Adige. Molti produttori inoltre hanno studiato nelle migliori università in Germania, come Geisenheim, Neustadt o Weinsberg,
Tutto oro quello che luccica? Certo che no: paradossalmente, infatti, il rovescio di questa medaglia è l’estremo tecnicismo, oppure la stndardizzazione dei protocolli, situazioni che rischiano di appiattire non poco la diversità di stili e offuscare la piena espressione di territorio e annata. Per fortuna sta crescendo il numero di produttori, nella maggior parte giovani, che perseguono un’agricoltura più consapevole e attenta agli equilibri naturali della vigna e un’enologia meno incentrata sull’interventismo e sulla mania del “controllo assoluto”. Alla terra bisogna saper stare vicini al di là di un diploma o di una laurea, e il tocco del cuore a volte conta più di una decisione ponderata.
In generale, comunque, c’è aria di cambiamento in questo lembo settentrionale d’Italia: durante le nostre visite annuali il tema più ricorrente è stato il lavoro portato avanti dal Consorzio vini Alto Adige sulla delimitazione ufficiale dei cru storici e l’intento di ancorarli finalmente alla legislazione vitivinicola. Come in tutte le aree vociate, nel corso dei secoli i viticoltori hanno individuato e denominato le zone più adatte. Oggi, in effetti, c’è tanta confusione: molti nomi di parcelle storicamente rinomate sono diventati marchi a tutti gli effetti, di solito perchè la produzione di un’etichetta di successo è cresciuta al punto che, non bastando più l’uva della vigna originale, si è iniziato ad acquisirla da altre aree.
Molto è stato fatto negli ultimi 30 anni per individuare le zone più vociate per ogni varietà, ora pare che ciscuna menzione geografica debba legarsi a una o poche varietà adatte a quel terroir. Anche se non ci saranno classificazioni, si tratta di un’operazione delicata che richiede buon senso e sensibilità per non ripetere gli errori già fatti in altre regioni, dove le circoscrizioni troppo generose hanno svuotato di valore proprio quelle vigne che si volevano valorizzare. Staremo a vedere, fiduciosi…
Per il momento vi proponiamo la lista delle etichette che ci hanno più emozionato nel corso delle degustazioni effettuate nei mesi scorsi (in ordine alfabetico):

VINO SLOW
A.A. Bianco Mondevinum Ris. 2013, Niklaserhof
A.A. Chardonnay Löwengang 2013, Alois Lageder
A.A. Schiava Gschleier Alte Reben 2014, Cantina Girlan
A.A. Terlano Pinot Bianco Eichhorn 2015, Manincor
A.A. Val Venosta Riesling 2014, Falkenstein – Franz Pratzner
A.A. Val Venosta Riesling Windbichel 2014, Unterortl – Castel Juval
A.A. Valle Isarco Riesling Kaiton 2015, Kuenhof – Peter Pliger
A.A. Valle Isarco Sylvaner 2014, Garlider – Christian Kerschbaumer
Donà Blanc 2011, Hartmann Donà
Elda 2012, Nusserhof – Heinrich Mayr
Kerner Radoy 2015, Radoar – Norbert Blasbichler
Pinot Bianco In der Lamm 2014, Weingut Abraham
Quirein 2013, Pranzegg – Martin Gojer
Sankt Anna 2013, Weingut in der Eben – Urban Plattner

GRANDE VINO
A.A. Chardonnay Magré 2015, Cantina Nals Margreid
A.A. Chardonnay Ris. 2013, Bessererhof
A.A. Pinot Nero Renaissance Ris. 2013, Gumphof – Markus Prackwieser
A.A. Sauvignon Castel Giovanelli 2014, Cantina Caldaro
A.A. Sauvignon Voglar 2014, Peter Dipoli
A.A. Terlano Pinot Bianco Rarità 2004, Cantina Terlano
A.A. Valle Isarco Grüner Veltliner 2015, Strasserhof – Hannes Baumgartner
A.A. Valle Isarco Grüner Veltliner Eichberg 2014, Klaus Lentsch
A.A. Valle Isarco Grüner Veltliner Praepositus 2014, Abbazia di Novacella
A.A. Valle Isarco Sylvaner R 2014, Köfererhof – Günther Kerschbaumer
Rot 2013, Baron Widmann

VINO QUOTIDIANO
A.A. Lago di Caldaro Cl. Sup. Leuchtenburg 2015, Erste + Neue
A.A. Pinot Bianco Finado 2015, Cantina Andriano
A.A. Santa Maddalena 2015, H. Lun
A.A. Schiava Menzen 2015, Cantina Colterenzio
A.A. Schiava Vecchie Vigne 2015, Glögglhof – Franz Gojer
A.A. Terlano Pinot Bianco 2015, Cantina Convento Muti-Gries
A.A. Valle Isarco Sylvaner 2015, Cantina Valle Isarco
T Bianco 2015, Cantina Tramin

Trentino: i tre bicchieri 2017 del Gambero Rosso

Il Trentino del vino è uno dei territori italiani più ricchi di opportunità. Grandi spumanti metodo classico i TrentoDoc, rossi di pregio da vitigni autoctoni, come il Teroldego dei Campi Rotaliani, la consuetudine ai tagli bordolesi e ai vitigni internazionali che qui è radicata da oltre un secolo, le più estese vigne di chardonnay della Penisola e una serie di vini bianchi importanti da vigne di alta quota... E ancora: tanti vitigni autoctoni, bianchi e rossi, e piccole produzioni di straordinari vini dolci come il Trentino Vino Santo.

Queste per sommi capi le potenzialità della regione. Quando, ogni anno, andiamo a tirare le somme del lavoro del comparto vinicolo della provincia di Trento vediamo però che i risultati ottenuti non rendono giustizia, ancora, a questo potenziale. È il TrentoDoc a tenere alto il vessillo trentino, con sette eccellenti cuvée che sono sicuramente tra le migliori d’Italia. Accanto a FerrariMezzacoronaAbate NeroCavit,Letrari eCesarini Sforza, che non sono nuovi a questi successi, debutta la Maso Martis dei coniugi Stelzer con un Dosaggio Zero ’11 di livello assoluto.
Il San Leonardo ’11 è sui consueti altissimi livelli, mentre Zeni si ripete con un eccellente Teroldego Rotaliano. Vini che non si discutono. Così come il Fojaneghe Rosso ’12 della Bossi Fedrigotti, al suo primo alloro.
Ma ce ne potrebbero essere molti di più se solo questa terra del vino, tra grandi strutture cooperative e piccoli e piccolissimi vignaioli (divisi al loro interno, tra tradizionalisti e giovani propulsori del biologico e del biodinamico) trovasse la chiave, accanto alle istituzioni, per operare sinergicamente e incidere di più sul mercato italiano e internazionale, abbandonando le diatribe interne tra un mercato improntato sui grandi numeri, le scelte di coltivazione dei vigneti, il disciplinare delle denominazioni (non ultima quella riservata al Pinot Grigio Venezie: rese altissime che coinvolgono Trentino, Veneto e Friuli per business sul mercato americano). "In Trentino non mancano risorse economiche e viticole per far crescere la provincia tutta insieme e porla finalmente nella posizione che merita. È un peccato..." Con questa sintesi chiudevamo la presentazione della nostra Guida 1996. Vent'anni dopo le considerazioni sono quasi le stesse.

Fojaneghe Rosso 2012 Bossi Fedrigotti
San Leonardo 2011 San Leonardo
Teroldego Rotaliano Pini 2012​ Roberto​ Zeni
Trento Brut Altemasi Graal Ris. 2009 Cavit
Trento Brut Domini 2010 Abate Nero
Trento Brut Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2005 Ferrari
Trento Brut Ris. 2010 Letrari
Trento Dosaggio Zero Ris. 2011 Maso Martis
Trento Extra Brut Tridentum 2009 Cesarini Sforza

Trento Rotari Flavio Ris. 2008 Mezzacorona

Lombardia: i tre bicchieri 2017 del Gambero Rosso

Annata storica per la Lombardia, per il livello medio dei nostri assaggi e per il numero dei riconoscimento ricevuti, che arrivano a 23. Con questi risultati la regione si conferma una delle forze trainanti dell’enologia italiana. I suoi vini sono apprezzatissimi in Italia, ma siamo sicuri che dopo un anno di esposizione mediatica internazionale, grazie al successo di ExpoMilano 2015 anche l’export ne trarrà beneficio.

Sugli scudi la Franciacorta, che raccoglie ben 10 Tre Bicchieri. A oltre cinquant’anni dalla sua nascita si conferma come un distretto tutto centrato sulla sua vocazione, e le sue cuvée iniziano ormai a essere apprezzate in tutto il mondo. A una disamina dei vini premiati, 9 su 10 sono Extra Brut o Non Dosato, tipologie dove ormai i produttori franciacortini dirottano il fior fiore della loro produzione. I risultati sono affascinanti, dato che le uve di chardonnay e pinot nero delle migliori vigne della denominazione hanno davvero poco bisogno di ritocchi e liqueur per raggiungere l’eccellenza. Unico Brut un fascinoso Rosé, il Boké ’12 di Villa. Tra le aziende premiate spicca Bellavista.
Poco lontano l’Oltrepò procede spedito sulla strada della qualità, e si aggiudica ben sette premi. Per la prima volta è stata premiata una Bonarda, la Campo del Monte ’15 dei fratelli Agnes, un vino elegante e fragrante che racconta perfettamente un volto di questo sfaccettato territorio. Il resto dell’affresco è composto da ottimi spumanti, bianchi o Cruasé, a denominazione o meno poco importa, sempre incentrati sul pinot nero; sui terreni calcarei di queste colline quest’uva ha trovato (e non da ora) un habitat straordinario, prova ne sia il successo anche delle versioni in rosso, quest’anno testimoniato dal Tre Bicchieri al Bertone ’13 del Conte Vistarino.
Altra grande uva, altro grande terroir: nebbiolo (o chiavennasca) e Valtellina. 5 vini - 5 grandi rossi - si aggiudicano un premio, guidati dallo Sforzato 5 Stelle di Nino Negri, vero classico.
Chiude la rassegna dei vini premiati un bianco, lo straordinario Lugana Molin di Ca’ Maiol, al suo quarto alloro, a sottolineare l’importanza di questa denominazione condivisa con il Veneto.
Ma se queste sono le stelle vi ricordiamo che dalla Valcalepio al mantovano, dalla Valcamonica a Botticino la Lombardia del vino cammina spedita e ha sempre più da offrire.

Brut 2011 Monsupello
Brut Farfalla Villa Franciacorta Franciacorta Brut Rosé Boké 2012 Ballabio
Franciacorta Dosage Zéro Vintage Collection 2011 Ca' del Bosco
Franciacorta Extra Brut 2012 Ricci Curbastro
Franciacorta Extra Brut 2009 Lo Sparviere
Franciacorta Nature 61 2009 Guido Berlucchi & C.
Franciacorta Non Dosato Bagnadore Ris. 2009 Barone Pizzini
Franciacorta Pas Dosé 33 Ris. 2009 Ferghettina
Franciacorta Pas Dosé Girolamo Bosio Ris. 2009 Bosio
Franciacorta Pas Operé 2009 Bellavista
Franciacorta Zero 2012 Contadi Castaldi
Lugana Molin 2015 Cà Maiol
O.P. Brut 'More 2012 Castello di Cigognola
OP Bonarda Vivace Campo del Monte 2015 F.lli Agnes
OP Cruasé Oltrenero Giorgi OP Pinot Nero Brut 1870 2012 Tenuta Il Bosco
Pinot Nero Bertone 2013 Conte Vistarino
Valtellina Sforzato Albareda 2013 Mamete Prevostini
Valtellina Sfursat 5 Stelle 2013 Nino Negri
Valtellina Sup. Grumello Buon Consiglio Ris. 2007 Ar.Pe.Pe.
Valtellina Sup. Sassella Ris. 2012 Aldo Rainoldi
Valtellina Sup. Valgella Cà Moréi 2013 Sandro Fay


Slow Wine 2017: i migliori Metodo Classico italiani

Come da tradizione apriamo con i migliori Metodo Classico d’Italia, incontrati e segnalati in varie regioni: l’aperitivo più adatto in vista della lunga scorpacciata di vini che faremo nelle prossime settimane.

Come in passato, dopo il lavoro di selezione su base locale – che per quanto riguarda i Metodo Classico vuol dire lunghe degustazioni a Trento, in Franciacorta e nell’Oltrepò Pavese, oltre all’assaggio di alcune etichette che si producono anche in altre parti d’Italia – abbiamo testato i vini selezionati per le degustazioni finali non per provenienza o denominazione ma per tipologia, o se volete per dosaggio (Non Dosati, Brut, Extra Brut, ecc.).
Una modalità che abbiamo adottato da qualche anno e che reputiamo più adatta allo scopo, perché siamo sempre più convinti – lo abbiamo scritto più volte, leggi qui e anche qui – che nel caso di vini prodotti con uve chardonnay e pinot nero (diverso è il caso di spumantizzazione di vitigni autoctoni o fortemente territoriali) il metodo, in questo caso quello della rifermentazione in bottiglia con sboccatura e dosaggio, annienta il territorio.
Alla fine i riconoscimenti – che seppure limitati testimoniano l’evidente crescita qualitativa di tutto il comparto dei Metodo Classico italiani – sono i seguenti (in ordine alfabetico):

VINO SLOW
Franciacorta Dosaggio Zero Bagnadore Ris. 2009, Barone Pizzini
Franciacorta Extra Brut Pietro Camossi Ris. 2008, Camossi
Franciacorta Satèn, Cavalleri
Franciacorta Satèn, Corte Fusia
O.P. Pinot Nero Rosé Pas Dosé Norema 2012, Calatroni
Gran Cuvée Brut XXI Secolo 2009, d’Araprì

GRANDE VINO
Franciacorta Dosage Zéro Noir Ris. 2007, Ca’ del Bosco
Franciacorta Extra Brut EBB 2011, Mosnel
Franciacorta Pas Dosé 2011, San Cristoforo
Franciacorta Pas Dosé Girolamo Bosio Ris. 2009, Bosio
Lambrusco di Modena M. Cl. Rosé 2012, Cantina della Volta
M. Cl. Nature, Monsupello
O.P. Pinot Nero Extra Brut Nature Ècru 2010, Anteo
O.P. Pinot Nero Extra Brut Vergomberra 2011, Bruno Verdi

Alcune considerazioni generali, a margine dei riconoscimenti.
Franciacorta in grande spolvero: continuiamo a registrare la già avvertita crescita qualitativa dei vini Millesimati, sempre più buoni e definiti, in particolare nelle tipologie Non Dosato e/o Extra Brut; segnale di un’evidente raggiunta maturità di alcuni vigneti, capaci di produrre uve complesse adatte per questi prodotti. Oltre ai vini già segnalati con un riconoscimento, in Franciacorta sono emerse altre etichette di grande pregio che completano questo quadro positivo; sono (in ordine alfabetico) il Franciacorta Brut Naturae 2012 di Barone Pizzini, il Franciacorta Brut Teatro della Scala 2012 di Bellavista, il Franciacorta Brut Secolo Novo 2009 di Le Marchesine, il Franciacorta Dosaggio Zero 2011 di Ca’ del Bosco, il Franciacorta Dosaggio Zero 2011 di Corte Fusia, il Franciacorta Dosaggio Zero 2011 di Faccoli, il Franciacorta Dosaggio Zero Eretiq 2011 di Quadra, il Franciacorta Pas Dosé 2011 di Cavalleri e il Franciacorta Pas Dosé 33 Ris. 2009 di Ferghettina.
Nessun vino di Trento nella lista dei riconoscimenti, ma questo non va letto negativamente: non è spiccata sulle altre nessuna etichetta, ma in generale abbiamo riscontrato un buon aumento qualitativo generale, con le aziende più affermate che garantiscono buona continuità. Segnaliamo come particolarmente interessanti sia il Trento Brut Ris. 2009 che il Trento Brut Madama Martis Ris. 2006 di Maso Martis, Trento Brut di Balter, Trento Brut Perlé 2010 di Ferrari, il Trento Brut Ris. 2010 di Letrari e il Trento Dosaggio Zero Tridentum 2012 di Cesarini Sforza. Discorso a parte per il Trento Extra Brut Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2009, i cui ripetuti assaggi non ci hanno convinto come in passato: probabilmente si è trattato di una “chiusura” temporanea del vino, che pertanto aspettiamo di risentire nei prossimi mesi, per poter riaffermare che si tratta di una delle più grandi espressioni del Metodo Classico in Italia.
Ottima performance, infine, per alcuni vini dell’Oltrepò Pavese, zona di grande tradizione e di ottima vocazione che finalmente – nonostante le tante scriteriate politiche vitivinicole che vengono adottate nel comprensorio della denominazione – riesce ad imporre il lavoro di pochi ma rigorosi e validi vignaioli, i soli che riescono a dare lustro a questa meraviglioso territorio.

Valle d'Aosta: tre bicchieri 2017 Gambero Rosso

Il 2015 è stato per la Valle d’Aosta, forse, l’apice di un cambiamento climatico importante. Per anni i viticoltori valdostani hanno affrontato la difficoltà di raggiungere con le loro uve maturazioni complete. Il riscaldamento globale li ha costretti ad affrontare problematiche diverse cui non erano abituati. Il 2015 è iniziato con una primavera molto afosa, un luglio poi molto caldo e una settimana intera di piogge ad agosto. Un andamento climatico di questo genere ha limitato aree importanti e i vitigni di prima maturazione, zone come Morgex e La Salle sono state pesantemente penalizzate nella produzione, e molte uve sono state raccolte in sovramaturazione, con una produzione di vini più alcolici e meno equilibrati del solito.

Tutto questo ha pesantemente influenzato le caratteristiche tipiche dei vini di montagna, soprattutto i bianchi, la loro mineralità e il loro corredo acido. È stata comunque un’annata di grande soddisfazione per i vitigni a maturazione tardiva, come fumin e syrah, e per quei produttori che hanno saputo gestire la sfida climatica con intelligenza. Alla fine dei nostri assaggi ben sei vini hanno ottenuto il nostro massimo punteggio, e tra questi quattro sono della vendemmia 2015.
Si tratta dello Chardonnay Elevé en Fût de Chêne di Anselmet, della Petite Arvine di Ottin, del Pinot Gris di Lo Triolet e dell’ottimo Cornalin di Rosset Terroir che si conferma produttore di livello. Accanto a questi due vini del 2014, il Syrah Côteau de la Tour di Les Crêtes di Costantino Charrère, un nome che non ha certo bisogno di presentazioni, e un’altra affascinante versione dello Chambave Muscat Flétri de La Vrille.
Sei piccoli capolavori che nascono in un ambiente unico, da piccole vigne (poche aziende in regione, cooperative a parte, superano i 5 ettari di vigna) e da una passione autentica per il vino e per queste montagne. Vini rari, che hanno pochi eguali in Italia e nel mondo, e che valgono la fatica della ricerca per chi non ha la fortuna e il piacere di acquistarli nella bellissima Valle d’Aosta.

Valle d'Aosta Chambave Muscat Flétri 2014 La Vrille
Valle d'Aosta Chardonnay Élevé en Fût de Chêne 2015 Anselmet
Valle d'Aosta Cornalin 2015 Rosset Terroir
Valle d'Aosta Petite Arvine 2015 Elio Ottin
Valle d'Aosta Pinot Gris 2015 Lo Triolet
Valle d'Aosta Syrah Côteau La Tour 2014 Les Crêtes

Vino e millenials cinesi: un'indagine

Internet è il secondo canale di acquisto di vino per i millennials cinesi, dopo la Gdo (23%) e prima delle enoteche (8%). Il 13% dei giovani e ricchi consumatori del Paese del Dragone acquistano infatti il vino principalmente on-line: una quota altissima rispetto all’altro grande Paese buyer, gli Usa, dove la percentuale è del 3%. Il dato sale ancora per i millennials che comprano vino da consumare a casa: qui il web è luogo di acquisto per il 26% dei giovani cinesi, contro il 4% dei coetanei statunitensi. Lo svela – a pochi giorni dalla ‘giornata del vino’ di Alibaba – un’indagine condotta su 1.200 millennials cinesi e 2.300 giovani Usa realizzata dall’Osservatorio Business Strategies Paesi terzi in collaborazione con Nomisma/Wine Monitor.

Foto: www.agenziaintercom.eu

L’importanza del web per i giovani winelover cinesi emerge anche nelle modalità di approccio al vino: se infatti il 44% preferisce scoprire le caratteristiche del prodotto con le degustazioni al ristorante, è altrettanto importante (40%) la quota di chi lo fa attraverso la consultazione di siti e blog dedicati al vino, una percentuale quasi tripla rispetto a quanto registrato dai coetanei statunitensi (15%). In rapporto al resto della popolazione, il cluster millennials – per antonomasia iper-digitale – è sicuramente quello che sta trainando la crescita dei consumi di vino in Cina, con una quota del 12% che ha bevuto vino nell’ultimo anno, in particolare a casa. E se il vino italiano nel Celeste Impero è fermo al quinto posto tra i Paesi fornitori con un misero 5% di quota di mercato (44% per la Francia), tra i giovani e ricchi cinesi il prodotto enologico italiano guadagna posizioni e raccoglie il 14% dei consumi, dietro soltanto ai francesi (30%). "Il crescente interesse verso il nostro prodotto – ha detto Silvana Ballotta, ceo della società fiorentina esperta in internazionalizzazione, Business Strategies –, lo dimostra la voglia di Italia dimostrata dall'indagine, se è vero che l’89% degli enoappassionati cinesi frequenterebbe un corso per conoscere meglio il vino del Belpaese”.

Secondo le elaborazioni Nomisma-Wine Monitor (su dati dogane), nei primi sette mesi di quest’anno l’Italia è il Paese tra i ‘top exporter’ in Cina che è cresciuto di più in termini percentuali, con un aumento – sullo stesso periodo del 2015 – del 28,1% (68,7mln di euro). Il dato è infatti leggermente superiore rispetto ai 3 principali fornitori in Cina, con la Francia che a luglio ha chiuso con un +26,3%, l’Australia a +26% e il Cile a +20,1%.

Fonte: Agenzia Intercom

Liguria: i tre bicchieri 2017 del Gambero Rosso

La Liguria del vino è una delle terre più affascinanti del panorama enologico italiano. È la regione delle piccole aziende, delle vigne affacciate sul mare e strappate alla montagna, tenute su da muretti di pietre a secco, le “fasce”, alle quali si accede da sentieri percorribili solo a piedi. Qui si produce poco, stiamo parlando di percentuali che oscillano tra lo 0,4 e lo 0,5 per cento della produzione italiana. Fortunatamente i numeri non raccontano tutto.


Quest’anno sono sei i vini premiati, quasi tutti figli di una vendemmia, la 2015, complessa, calda e poco piovosa, che ha donato struttura e alcolicità - e crediamo anche serbevolezza - ai bianchi. Unica presenza rossa un Dolceacqua seduttivo ed elegante, il Bricco Arcagna ’14 di Terre Bianche.
Per il resto, dicevamo, grandi bianchi. Ecco allora da Levante tre Vermentino dei Colli di Luni, quelli di Lunae Bosoni, Lambruschi e La Baia del Sole, premiato per la prima volta. A Ponente due ottimi Pigato, Le Marige de La Ginestraia, altro debutto tra i Tre Bicchieri, e il seducente Bon in da Bon di BioVio, un’azienda di Albenga a gestione familiare. N
el complesso una bella fotografia di una regione che ha fatto della conservazione del proprio patrimonio enologico e del territorio un obiettivo principale. Dal pigato al vermentino, dal rossese all’ormeasco, dal bosco all’albarola, dalla bianchetta genovese alla lumassina, l’elenco è lungo, ma i vignaioli liguri sono ben determinati, e ne sentiremo parlare sempre di più nei prossimi anni. Le piccole aziende pian piano si ingrandiscono, ne nascono di nuove, e il modello ligure dell’azienda vinicola che fa anche ospitalità rurale e ristorazione, e vende gli straordinari prodotti del territorio accanto al vino sta dando nuova linfa a quest’economia, come accade in altre zone dove le vigne sono difficili da coltivare ma sono inserite in un paesaggio di suggestiva bellezza come la Valle d’Aosta, l’Etna o la Costiera Amalfitana.

Colli di Luni Vermentino Et. Nera 2015 Lunae Bosoni
Colli di Luni Vermentino Il Maggiore 2015 Ottaviano Lambruschi
Colli di Luni Vermentino Sarticola 2015 La Baia del Sole - Federici
Dolceacqua Bricco Arcagna 2014 Terre Bianche
Riviera Ligure di Ponente Pigato Bon in da Bon 2015 BioVio
Riviera Ligure di Ponente Pigato Le Marige 2015 La Ginestraia

Emilia Romagna: i tre bicchieri 2017 Gambero Rosso

La varietà del viaggio sulla via Emilia, che da 2200 anni collega Rimini a Piacenza attraversando tutti i territori regionali del vino, è straordinaria e per molti aspetti ancora poco conosciuta. Partendo da nord il primo territorio è quello dei Colli Piacentini, un sistema articolato di valli e terroir che potrebbe esprimere molto in termini di qualità e identità. Purtroppo la strada della territorialità non è ancora stata intrapresa e tutta l’area “galleggia” su vini corretti ma senza grande personalità.

Proseguendo si raggiunge il mondo del Lambrusco, un territorio in cui abbondano entusiasmo ed energie, soprattutto a Modena che ne è di fatto la capitale. Una realtà formata da artigiani, cooperative e grandi aziende private, in pratica tutta la filiera. È un gioco dei ruoli che sta alzando la qualità dei vini ma soprattutto costruendo una narrazione sempre più chiara e leggibile dall’esterno. Il processo è positivo e sta di fatto allargando la forbice tra chi sceglie di lavorare con vini di forte identità e qualità e chi produce vini omologati da dolcezza e morbidezza. Dal punto di vista qualitativo la tipologia più centrata è quella del Sorbara, anche sui Metodo Classico.
I Colli Bolognesi hanno raccolto la sfida della nuova denominazionePignoletto e stanno facendo squadra, creando i presupposti per esprimere finalmente un territorio che ha un potenziale incredibile di mineralità e freschezza.
L’ultima tappa del viaggio è la Romagna, 150 chilometri di valli e diversità, un patrimonio ben descritto dalle sottozone codificate nella denominazione Romagna Sangiovese in questi anni. La Romagna sta vivendo un momento di passaggio che ne sta ridisegnando i confini qualitativi. Le aziende storiche faticano a interpretare in modo moderno il Sangiovese, con vini territoriali e freschi, insistendo su un’idea di Riserva troppo ricca e alcolica, spesso appesantita da lunghi affinamenti in legno piccolo. Una lettura più centrata sembra averlo il Superiore che esprime freschezza, qualità e longevità.
Un’ultima riflessione riguarda l’albana, vitigno bianco dal grande potenziale e dall’originalissima identità. I romagnoli stanno cercando di esaltarne la ricchezza (con surmaturazioni e piccoli tagli di albana passito) invece che di sfruttarne l’acidità. È un’idea stilistica che trova un parziale consenso sul territorio, ma che impedisce a questi vini di conquistare ruolo, reputazione e mercati fuori regione, anche internazionali. I Tre Bicchieri a I Croppi ‘15 di Celli, uno dei pochi produttori che vinifica cercando freschezza e bevibilità, hanno quindi anche il significato di indicare una strada per questo vitigno.

Colli di Parma Rosso MDV 2014 Monte delle Vigne
Colli di Rimini Cabernet Sauvignon Montepirolo 2012 San Patrignano
Lambrusco di Modena Brut Rosé M. Cl. 2012 Cantina della Volta
Lambrusco di Sorbara del Fondatore 2015 Chiarli Tenute Agricole
Lambrusco di Sorbara Secco Rito 2015 Zucchi
Lambrusco di Sorbara V. del Cristo 2015 Cavicchioli
Reggiano Lambrusco Concerto 2015 Ermete Medici & Figli
Romagna Albana Passito Regina di Cuori Ris. 2012 Gallegati
Romagna Albana Secco I Croppi 2015 Celli
Romagna Sangiovese Modigliana I Probi di Papiano Ris. 2013 Villa Papiano
Romagna Sangiovese Modigliana Sup. V. 1922 Ris. 2013 Torre San Martino
Romagna Sangiovese Sup. Godenza 2014 Noelia Ricci
Romagna Sangiovese Sup. Limbecca 2014 Paolo Francesconi
Romagna Sangiovese Sup. V. del Generale Ris. 2013 Fattoria Nicolucci

Cantine Balgera - Valtellina Superiore "Valgella" 2001 è il Vino della settimana di Garantito IGP

Di Carlo Macchi



Il primo stupore viene dal fatto che questa è l'annata in commercio.

Avete capito bene: Balgera affina i vini almeno 10-12 anni prima di commercializzarli.

Il secondo stupore deriva dalla finezza, freschezza, complessità e bontà del vino.

Il terzo dal prezzo: nemmeno 15 euro in enoteca.

Standing ovation!