E' proprio vero, quando il vino era ancora un alimento indispensabile nella vita quotidiana, la sua qualità era fuori discussione visto che, sempre, veniva fatto con amore e saggezza contadina.
Scrivo questo dopo aver conosciuto la storia del Chianti Classico Riserva 1965 (Sangiovese 65% Canaiolo e Ciliegiolo 15% Trebbiano e Malvasia 20%) di Badia a Coltibuono, degustato qualche tempo fa a Sangiovese Purosangue, grazie ad una amabile chiaccherata con Roberto Stucchi Prinetti, attuale proprietario, che mi ha sottolineato più volte come le annate storiche in loro possesso sono spesso il frutto del lavoro del fattore e dei mezzadri che una volta lavorano in azienda. La consuetudine era di produrre solo vini di Riserva e di conservare il vino migliore nelle botti delle cantine del “padrone”.
"Queste Riserve", continua Stucchi Prinetti, "provengono dai vigneti di Montebello e Argenina a Monti in Chianti, piantati negli anni 30 e ripiantati nei primi anni ’80. In quegli anni la superficie totale dei vigneti era di 27 ettari sesto d’impianto 220 x 80 a disposizione di cavalcapoggio e rettochino, lavorati a trazione animali e concimati con stallatico. Solo a partire dal 68 i vigneti hanno iniziato ad essere trattati con trattore a cingoli Fiat 411. L’uva verso i primi di ottobre era ammostata dal mezzadro stesso in tini di legno aperti della capienza di 90 hl e una volta entrato in fermentazione era follata con il bastone per immersione del cappello. I primi tini di cemento sono degli anni 70. L’ammostatura avveniva in presenza di raspi. Dopo 15 giorni circa il mezzadro consegnava in fattoria la parte padronale della svinatura che veniva sottoposta alla pratica del governo nella cantina storica dell’Abbazia.
"Queste Riserve", continua Stucchi Prinetti, "provengono dai vigneti di Montebello e Argenina a Monti in Chianti, piantati negli anni 30 e ripiantati nei primi anni ’80. In quegli anni la superficie totale dei vigneti era di 27 ettari sesto d’impianto 220 x 80 a disposizione di cavalcapoggio e rettochino, lavorati a trazione animali e concimati con stallatico. Solo a partire dal 68 i vigneti hanno iniziato ad essere trattati con trattore a cingoli Fiat 411. L’uva verso i primi di ottobre era ammostata dal mezzadro stesso in tini di legno aperti della capienza di 90 hl e una volta entrato in fermentazione era follata con il bastone per immersione del cappello. I primi tini di cemento sono degli anni 70. L’ammostatura avveniva in presenza di raspi. Dopo 15 giorni circa il mezzadro consegnava in fattoria la parte padronale della svinatura che veniva sottoposta alla pratica del governo nella cantina storica dell’Abbazia.
Alla luna di marzo il vino veniva tolto dalle vasche del governo e messo in botti di legno di castagno nella cantina padronale. Dopo due travasi all'anno e un tempo incalcolabile di permanenza nelle botti delle cantine di Badia a Coltibuono, questi vini sono stati messi in bottiglia".
Bevendo il vino non puoi ripensare a tutto ciò che ti è stato appena detto, alla sua storia, alla sua valenza sociale e, nonostante la '65 non sia stata una grande annata in Chianti, il sorso lascia davvero esterrefatti perchè tutto, ma proprio tutto in questo vino è ancora vivo, sano, sferzante come l'acidità che picchia ancora sulle papille gustative come un martello pneumatico. Certo, la struttura risente della poca "ciccia" del millesimo ma il senso di dinamismo e progressione non abbandona mai il palato che viene corroborato da una chiusura sapida e dai contorni autunnali.
Il Chianti Classico Riserva 1965 firmato Badia a Coltibuono dopo quasi 50 anni lotta e vive tra noi e, ripensando alla sua genesi, non posso che ringraziare tutti quei contadini che hanno sporcato le loro mani per produrlo e portarlo fino a noi.
Piccola curiosità finale: come vedete l'etichetta del vino è in perfette condizioni. Niente paura! Badia a Coltibuono conserva le bottiglie "nude" e le etichetta poco prima della messa in commercio..
Chiedo a Stucchi Prinetti maggiori lumi sul vino in degustazione e, con un certo orgoglio, mi dice che "questo Chianti, così come fatto per altre Riserve Storiche sono stati messi in bottiglia nei primi anni '80 in quanto Maurizio Castelli, enologo dell'azienda, aveva deciso di fare spazio in cantina. Ciò significa che questa annata è stata mantenuta in legno grande per quasi venti anni prima di proseguire l'affinamento in bottiglia!!".
Bevendo il vino non puoi ripensare a tutto ciò che ti è stato appena detto, alla sua storia, alla sua valenza sociale e, nonostante la '65 non sia stata una grande annata in Chianti, il sorso lascia davvero esterrefatti perchè tutto, ma proprio tutto in questo vino è ancora vivo, sano, sferzante come l'acidità che picchia ancora sulle papille gustative come un martello pneumatico. Certo, la struttura risente della poca "ciccia" del millesimo ma il senso di dinamismo e progressione non abbandona mai il palato che viene corroborato da una chiusura sapida e dai contorni autunnali.
Il Chianti Classico Riserva 1965 firmato Badia a Coltibuono dopo quasi 50 anni lotta e vive tra noi e, ripensando alla sua genesi, non posso che ringraziare tutti quei contadini che hanno sporcato le loro mani per produrlo e portarlo fino a noi.
Piccola curiosità finale: come vedete l'etichetta del vino è in perfette condizioni. Niente paura! Badia a Coltibuono conserva le bottiglie "nude" e le etichetta poco prima della messa in commercio..