AZIENDA AGRICOLA EMIDIO PEPE: siamo di fronte ad un altro pezzo di storia dell'enologia italiana. Accolto dalle figlie Daniela e Sofia, vengo coccolato attraverso una serie di assaggi di varie annate di Montepulciano d'Abruzzo che sfociano in un fantastico quanto "giovanissimo" 1979, carnoso, ampio, elegante, persistente, eletto da me e dai miei colleghi vino da meditazione dell'anno. Uno splendido prodotto da una grande cantina che forse non tutti amano ma che, negli ultimi tempi, mi ha regalato grandissime emozioni anche col suo 1977.Piccoli Appunti dal Vinitaly
AZIENDA AGRICOLA EMIDIO PEPE: siamo di fronte ad un altro pezzo di storia dell'enologia italiana. Accolto dalle figlie Daniela e Sofia, vengo coccolato attraverso una serie di assaggi di varie annate di Montepulciano d'Abruzzo che sfociano in un fantastico quanto "giovanissimo" 1979, carnoso, ampio, elegante, persistente, eletto da me e dai miei colleghi vino da meditazione dell'anno. Uno splendido prodotto da una grande cantina che forse non tutti amano ma che, negli ultimi tempi, mi ha regalato grandissime emozioni anche col suo 1977.Vinitaly...un breve tour
Chateau De La Tour Vieilles Vignes 2001: un grande pinot nero
le raccolte delle vendemmie nel 1890 dagli antenati delle famiglie Labet e Déchelette. Si erige nella parte nord circondato dai muri del Clos de Vougeot poco lontano dal maniero Cistercense oggi di proprietà dei Chevaliers du Tastevin. I 5.5 ettari posseduti fanno di François Labet il maggiore proprietario del Clos, l’unico a vinificare e a imbottigliare i vini all’interno delle mura di cinta. Il 15% di queste terre consistono in vigne centenarie lavorate con rendimenti naturali estremamente bassi (9 hl. per ettaro). Da questi vecchi ceppi Château de la Tour, considerato uno dei massimi esponenti di questa denominazione, elabora una cuvée denominata “Vieilles Vignes”, rare bottiglie considerate come un vino fuori classe. La versione classica invece consiste in un assemblaggio dei vini delle varie parcelle (età media 45 anni), vinificate separatamente. Anche in questo caso le basse rese, di gran lunga inferiore a quanto richiesto dalla legislazione della denominazione Grand Cru, generano un vino di grande eleganza e personalità.Verticale Storica Montepulciano Valentini: l'elogio della variabilità
Al di là delle singole note di degustazione che posterò successivamente, mi piace sottolinerare il fatto che tutte le bottiglie sembravano avere una storia personale, ogni bottiglia era un essere vivente che mutava continuamente. Molti dicono che se confrontiamo più bottiglie di Valentini della stessa annata non ne troveremo una uguale all'altra, mentre io, dopo questa verticale, sostengo che non solo non troveremo bottiglie simili, ma che esiste una variabilità all'interno della stessa bottiglia visto che qualche bicchiere al naso era diverso dall'altra (ciò ha influenzato anche i punteggi individuali). Confermato poi il filo conduttore dei descrittori tipici del montepulciano Valentini: note animali, ematiche, di polvere di caffè, talvolta ancora grezze e con pazzesche volatili in apertura, via via ripulite salvo poi tornare e scomparire di nuovo.Borgogna, 2000 anni di storia
Geograficamente il vigneto della Borgogna si estende per 250 chilometri tra Auxerre e Lione su una superficie di 45′000 ettari. occupando il 5% di quella a Denominazione d’Origine Controllata di tutta la Francia. È l’area europea più a nord in grado di produrre grandi vini rossi, per questo motivo si è scelto l’utilizzo del Pinot nero e dello Chardonnay, in grado di maturare prima dell’arrivo del freddo. Sfavorita dalle condizioni climatiche difficilmente i produttori riescono ed elaborare grandi vini ad ogni vendemmia, per questo motivo è storicamente ammessa la “chaptalisation” termine che indica l’autorizzazione ad aggiungere dello zucchero ai mosti che ne necessitano. Le zone di produzione si dividono in quattro regioni ben distinte: lo Yonne è la regione più a nord, situata al limite con la zona di coltura delle uve rosse. Questo favorisce la lavorazione delle uve Chardonnay che nello Chablis trovano condizioni ideali alla produzione di vini strutturati, minerali e longevi. La zona di maggiore prestigio risulta la Côte d’Or suddivisa tra la Côte de Nuits e la Côte de Beaune, qui si elaborano tra i più prestigiosi e longevi vini bianchi e rossi al mondo. Saône et Loire rappresenta la continuazione delle colline della Côte, è costituita da una vasta area divisa tra la Côte Chalonnaise ed il Mâconnais. I 6′700 ettari coltivati rendono il Mâconnais la regione viticola più grande, si estende per 35 chilometri tra Sennecey-le-Grand e Saint-Vérand. L’85% della coltivazione viticola è rappresentato dallo Charodonnay, vitigno che da questa regione trae le proprie origini. Il Beaujolais è la regione più a sud e raggiunge le vicinanze della città di Lione, in genere questa zona non è compresa nella Borgogna classica. I vini sono prodotti da uve Gamay, spesso sono semplici e di breve consumo; alcuni villaggi con condizioni più favorevoli alla viticoltura sono autorizzati alla produzione del Beaujolais-Village vini di maggiore struttura e complessità.Il vigneto della Borgogna rappresenta oltre 2’000 anni di storia infatti la coltivazione della vite fu introdotta dai Romani nel periodo delle loro conquiste. Dalla metà del I secolo il vino rimpiazzò la birra fin qui usata dalle popolazioni celtiche che abitavano la zona. Tra il 500 ed il 1400 vi fu l’impulso delle comunità religiose che godendo di una certa protezione durante un lungo periodo di guerre, svilupparono le loro conoscenze sulla viticoltura e sulla vinificazione per poi trasmetterle alle generazioni successive. I monaci vignaioli provenienti dalle abbazie di Citeaux, Cluny, Bèze e molte altre fondarono tra il 600 ed il 1100 i mitici “grands crus” Clos de Bèze, Clos de Vougeot e Clos de Tart,… ed impiantarono vigneti nelle zone più adatte alla coltivazione della vigna. Si dice che assaggiassero la terra dei vari terreni per intuirne le potenzialità. Introdussero il termine “cru” utilizzato per definire i migliori appezzamenti e ne tracciarono i confini con dei muri, perimetri che sono rimasti gli stessi fino ad oggi. In questo periodo si affermò l’identità del territorio, i vari vigneti furono classificati in modo naturale in funzione della qualità dei terreni e gran parte delle denominazioni attuali erano già conosciute. La protezione del Ducato di Borgogna permise ai vini di Beaume, com’erano conosciuti all’epoca, un importante sviluppo commerciale divenendo fonte di prosperità e di sostegno. Il miglioramento delle vie di comunicazione favorì sensibilmente gli scambi commerciali con Parigi e con i grandi centri dell’Europa del nord, permettendo lo sviluppo di aziende commerciali (maisons de négoce), queste acquistavano le uve o i vini prodotti per poi commercializzarli. Dopo la rivoluzione francese alla fine del XVIII secolo le terre della nobiltà e della chiesa furono confiscate, divise in piccoli lotti e distribuite tra i contadini. Qui non si trovano grandi châteaux come nel bordolese, ma vigneti (climats) suddivisi in piccole parcelle di proprietà diverse, ad esempio i 50 ettari del prestigioso Clos de Vougeot sono suddivisi tra circa ottanta proprietari. Tra il 1870 ed il 1880 l’intero vigneto fu distrutto, come avvenne nelle principali regioni viticole, dalla filossera, un parassita che attacca i ceppi di vite. I nuovi reimpianti furono fatti esclusivamente nelle zone vocate favorendo così una viticoltura di maggior qualità.Borgogna 2000 a Siena
Giornata solenne, lungamente attesa, pregustata, sognata. Vini già amati solo al nome, scorrere la lista sul forum è di per sè un piacere e parte integrante dell’evento.Arriviamo alla spicciolata, ore 12.30-13.30: gasati ma contenuti, pronti all’esborso ma fiduciosi. Saluti informali, un po’ di chiacchiere, ci accomodiamo nella sala. Mi sento un po’ ambasciatore alla ratifica di un accordo internazionale. La sala è bella, adeguata all’occasione. Il servizio è da calibrare meglio, i bicchieri sono i nostri, alcune temperature sbagliate… stai a guarda’ er capello… Orsù, passiamo ai liquidi.
Passiamo al tema, i Pinot Noir 2000 di Borgogna. Noto una certa omogeneità negli assaggi centrali dei rossi: Roty, Grands Echezeaux, Laurent, Ligner, Rousseau, Arnoux veleggiano in un range di 2-3 punti. Giusto Ligner mostra un finale più spento ed un’evoluzione nel bicchiere meno interessante.Domaine des Comtes de Lafon - piccola degustazione
Dominique Lafon dirige il Domaine des Comtes Lafon con sede a Meursault , la cui reputazione è da molto affermata. Individualista e perfezionista, pratica dalla fine degli anni ’90 la bio-dynamica e tutte quelle lavorazioni culturali che rispettano gli equilibri della vita del suolo allo scopo di avere delle vigne in buono stato sanitario, acini più concentrati e soprattutto una migliore espressione dei suoi grandi territori attraverso i suoi vini. Dai suoi inizi vicino a Henri Jayer, è convinto che la produzione dei “vins de terroir” passa inevitabilmente per un rigoroso lavoro in vigna e che l’avvento delle tecniche agricole hanno contribuito a confondere la giusta strada. “Per una ventina d’anni abbiamo dimenticato una cosa fondamentale in agricoltura: il suolo vive. Sono convinto che bisogna salvaguardare la fauna microbiologica perché consiste una delle condizioni per esprimere l’espressione del territorio. Per rivitalizzare i terreni abbiamo abolito tutti i trattamenti chimici utilizzando esclusivamente composti di origine naturale che sono prodotti con la collaborazione di altri viticoltori.
Il Domaine dei Conti di Lafon ha contribuito a fare la storia dei vini di Meursault negli ultimi due secoli. Fu fondata da Jules Joseph Barthélémy Lafon, che stabilitosi a Digione, nel 1894 sposa Marie Boch la cui famiglia era proprietaria di vigne a Meursault. Nel 1918 fu attribuito, da parte della Santa Sede il titolo nobiliare di Conte. Dopo essere stato nominato sindaco di Meursault ebbe il merito di ristabilire l’antica tradizione della festa di chiusura della vendemmia. “La Paulée de Meursault” diventò così, con il Gala a Clos de Vougeot e la vendita all’asta dei vini dell’Hospices de Beaune, uno dei tre eventi di più importanti. Nel corso del secolo scorso il patrimonio viticolo fu esteso, dalle generazioni successive, con l’acquisizione di parcelle nelle principali denominazioni di Meursault e Puligny-Montrachet. Quando, nel 1994, Dominique Lafon prende la successione di suo padre alla direzione dell’azienda, ricompone i circa 14 ettari di vigna dati precedentemente in affitto ad agricoltori della zona.
Iniziamo la degustazione con un trio di Genevrieres. Il Lafon Meursault Genevrieres 2001 è molto fresco in bocca ed è caratterizzato da una naso che va dal citrico al minerale, dalla frutta gialla matura (mela cotogna) ai fiori gialli di campo. Ricco e potente, in bocca si conferma comunque un vino molto elegante che ha tutto il carattere per evolvere ancora nel tempo per anni. E' NATO L'ENOCLUB ROMA!!!
Enoclub Roma (www.enoclubroma.it) è una associazione culturale fondata da quattro amici accomunati dalla passione e la ricerca di quelle sensazioni uniche che vengono dal sapiente abbinamento tra un buon bicchiere di vino e tutti quei prodotti tipici che sono la base della rinomata enogastronomia italiana. Il “club” nasce dalla voglia di diffondere questa nostra passione condividendo con i nostri amici, i nostri soci, gli sponsor ed i simpatizzanti quei momenti unici di divulgazione in cui assaporare a pieno la cultura del bere e del mangiare di qualità.Gli strumenti con i quali il “club” persegue i suoi obbiettivi sono:
- Organizzazione di serate di degustazione in una selezione di ristoranti, enoteche e wine bar di Roma e provincia che condividono con noi la passione per l’enogastronomia di qualità e l’attenzione per l’abbinamento con i prodotti tipici;
- Programmazione di visite e incontri di carattere enogastronomico presso le migliori aziende vitivinicole d’Italia una basate su una sana volontà di riscoperta della cultura del vino la cui storia è legata a filo doppio con la storia dei nostri territori;
- Divulgazione culturale del vino attraverso il trimestrale di approfondimento enologico “DOLIUM”;
- Organizzazione di corsi a tema;
- Costituzione di una “banca dati ampelologica” che funga da ulteriore stimolo per la divulgazione culturale attraverso la lettura di libri e/o la produzione di tesi a tema da parte degli iscritti;
- Costituzione di una “cantina sociale del vino” che possa permettere agli iscritti del Club di godere di particolari agevolazioni per l’acquisto di bottiglie di pregio;
- Attività di carattere sociale che vedano impegnati l’Associazione ed i membri nell’aiuto verso le popolazioni disagiate.
METTI UNA SERATA TRA AMICI.........
Seduti davanti ad ogni ben di Dio, tra affettati e crostini di ogni tipo, abbiamo bevuto alla cieca:
Elio Altare - Vigna Larigi 1989: Bel granato, il vino prensenta un caledoscopio di profumi: caffè, pasticceria, qualcuno accenna ad un sentore di Mon Cheri o di Pocket Coffee. Un barbera di 19 anni che in bocca conserva ancora un bel nerbo acido e che chiude lungo su sentori terziari. Un ottimo vino da un ottimo produttore.
Tasca D'Almerita - Rosso del Conte 1986: Un vino di venti anni con un colore vivo, granato accattivante, splendido naso di notevole complessità, con mora in confettura, tabacco e spezie a profusione. In bocca mostra tutto il suo calore, una morbidezza suadente equilibrata da una sapidità piacevole.IL FUTURO DEL VINO?
BIBENDA DAY 2008
Chateaux Margaux 1999 Il vino della serata! (e ce ne vuole per me, a superare un Borgogna). Un naso profondissimo che non finisce mai, un pozzo di sensazioni olfattive che sembra scendere sempre piu' in profondita' (ribes, rabarbaro, caffe', .... non si finisce piu'). In bocca e' il paradigma del tannino elegante, fitto setoso, carezzevole. Strepitoso!
I VINI DOLCI
Naso un po' irregolare (sara' la bottiglia ad avere problemi?), miele, frutta candita. In bocca splendida acidita', mineralita' e dolcezza;
Domaine Leflaive
La famiglia Leflaive è proprietaria di vigne da più di quattro secoli, ma il domaine fu creato solo nei primi anni del 1900 da Joseph Leflaive. Causa la crisi della filossera l’inizio fu veramente sofferto, negli anni ’20 si dovette intraprendere un programma di reimpianto del vigneto distrutto. Con l’aiuto di François Virot, amico e gerente dell’azienda, furono selezione i ceppi che meglio si adattavano al microclima della zona. Da quel momento iniziò, a poco a poco, a commercializzare i vini sotto una propria etichetta. Dal 1953, alla morte del padre, furono i quattro figli Joseph, Jeanne, Anne e Vincent e rilevare l’amministrazione sia tecnica che amministrativa dell’azienda con lo scopo di portare lo chardonnay della Côte de Beaune a un rango d’eccellenza. All’inizio degli anni ’90 sotto la spinta di Anne-Claude, diplomata in enologia e figlia di Vincent, furono acquisite varie parcelle di gran valore fino a raggiungere gli attuali 23 ettari.
La coltura si basa secondo il metodo della biodinamica, tecnica che permette di rivitalizzare ogni aspetto del suolo e dell’ambiente che lo circonda, garantendo alle vigne una maggiore vitalità favorendo delle riduzioni di rendimento con una produzione di acini perfettamente maturi. Il vino prodotto sarà un perfetto equilibrio tra il terreno e lo spazio. Quando giunse all’azienda Anne-Claude Leflaive era cosciente dei problemi causati dai trattamenti aggressivi sul territorio ma non aveva alcuna esperienza con la coltura biodinamica, ma con l’aiuto di François Bouchet, divenuto poi consulente agricolo, iniziarono le prime sperimentazioni. Oggi questa lavorazione è attiva su tutta la superficie a vigneto. “Per confermare la validità delle nostre teorie basta citare quanto avvenne con una parcella di un ettaro del Bienvenue-Bâtard-Montrachet, nel 1989 questa vigna di 30 anni era ammalata e, visto che il vino prodotto non ci soddisfavano, era pronta all’espianto. Oggi, dopo i relativi trattamenti, la degenerazione si è arrestata e i vini che ci da sono molto profondi con un’evidente mineralità e in grado di esprimere le caratteristiche del territorio. Ora non parliamo più di sostituirla, forse arriverà a cento anni. Dopo quasi una decina d’anni di cultura biodinamica posso affermare che i mosti sono più equilibrati, mentre durante l’invecchiamento non dobbiamo intervenire per delle correzioni, permettendoci di non snaturare i vini. Questi hanno un maggiore potenziale d’invecchiamento, presentando maggiore complessità e finezza”. Generalmente le vendemmie sono eseguite tra il 15 di settembre e il 5 di ottobre.RACCOLTA E VINIFICAZIONE
Generalmente le vendemmie sono eseguite tra il 15 Settembre e il 5 Ottobre. L'uva è raccolta manualmente da circa 80 vendemmiatori che solitamente tornano anno dopo anno. L'uva messa in apposite ceste viene subito partata in cantina dove viene effettuata un'ulteriore cernita manuale sui grappoli al fine di preservare solo quelli di maggiore qualità. Il mosto, ottenuto dalla pressatura soffice dell'uva, viene trasferito in serbatoi di acciao inox dove staziona per 12 ore a 7° centrigradi e poi passato in botti di legno da 228 litri dove i lieviti naturali iniziano la fermentazione alcolica e la successiva fermentazione malolattica. In tale ambito è da sottolineare che l'azienda utilizza al massino un 35% di legno nuovo ad eccezione de Le Montrachet per il quale la produzione annua si aggira ad una botte che, per tale motivo, è sempre di legno nuovo. Dopo circa 12 mesi di maturazione sui propri lieviti i vini sono travasati in contenitori di inox dove riposano per sei mesi prima dell’imbottigliamento.
ll Domaine produce le seguenti "appellations" :Domaine Leflaive Bourgogne Blanc 2000
Meursault incontra i vini del Ticino

Domenica 18 novembre scorso abbiamo proposto a Meursault una degustazione di alcuni tra imigliori vini del Canton Ticino (Svizzera italiana). Oltre a Patrick Essa, riconosciuto degustatore e produttore a Meursault (Domaine Charles Buisson), alla serata erano presenti alcuni produttori locali ed amici francesi venuti appositamente per conoscere i vini della nostra regione.La Svizzera ha un’importante superficie destinata alla viticoltura, circa 3/4 dei 15′000 ettari di vigne si estendono nella regione di lingua francese, e più precisamente nel Vallese (oltre 5′000 ettari), Vaud, Ginevra e Neuchâtel. Il Ticino rappresenta per importanza il quarto vigneto nazionale (l’unico di lingua italiana). La superficie lavorata è di 1′040 ettari ed è divisa in due grandi regioni: il Sottoceneri in cui l’area coltivata rappresenta circa il 55%, e il Sopraceneri che copre il restante 45%. L’altezza dei vigneti varia tra i 220 e i 700 metri delle valli alpestri. La coltura si estende in circa 150 dei 205 comuni, situati principalmente nelle regioni del Mendrisiotto, del Bellinzonese, del Locarnese e in quelle di Lugano e del Malcantone. A parte alcune zone di pianura, la viticoltura in Ticino è praticata in zone collinari disposte a terrazzamenti per evitare l’erosione da parte delle abbondanti piogge. Anche se non direttamente situato vicino al mare, il clima è influenzato dal Mar Mediterraneo con primavere e autunni miti ed estati calde. Le piogge sono abbondanti e concentrate in brevi periodi dell’anno; malgrado ciò, grazie ad un’adeguata ventilazione ed un’ottimale esposizione solare, le uve raggiungono la perfetta maturazione tra la metà di settembre e l’inizio d’ottobre. L’unico effetto negativo di questo mite clima consiste nelle imprevedibili grandinate estive, contro le quali i vignaioli si devono proteggere. La suddivisione geografica creata dal Monte Ceneri coincide con la variazione del suolo e del micro-clima. Il Sopraceneri è caratterizzato da un suolo d’origine granitica con terreni piuttosto acidi, leggeri, sabbiosi e permeabili. Il Sottoceneri vanta suoli prevalentemente composti di roccia calcarea, in particolare nel Mendrisiotto i suoli sono più ricchi d’argilla rendendo il terreno più pesante con buoni livelli di fertilità. Queste diversità influiscono sulle caratteristiche dei vini: quelli del Mendrisiotto si possono definire d’ottima struttura, eleganti con tannini fini e godibili anche in gioventù; quelli del Sopraceneri presentano una maggiore robustezza, con tannini più ruvidi e una maggiore freschezza. Attualmente circa il 93% della superficie coltivata è impiantato con uva rossa, il Merlot è il vitigno principale rappresentando più dell’80% della produzione. Marginale è la coltivazione d’uva a bacca bianca.
La degustazione
Castello Luigi Bianco 2005
Tenuta Belvedere Besazio
Un grande Chardonnay ticinese, elegante e delicato che si esprime con una bellissima mineralità, note d’agrumi, cioccolata bianca e caffè. L’attacco è soave e avvolgente fa seguito una bella progressione di sensazioni, il tutto ben diretto da una bell’acidità; il finale minerale è molto lungo con un legno ben integrato. Grande inizio.Questo inizio sorprende i nostri “ospiti” che definiscono questo vino al livello di un Meursault 1er cru.
Bondola Riserva Nonu Mario 2005
Azienda Mondò Sementina
Abbiamo voluto inserire questo vino perché la bondola rappresenta il vero vitigno autoctono ticinese (zona Sopraceneri), un vitigno che in generale da vini di mediocre qualità. La versione di Giorgio Rossi, invece è un vino d’ottime sensazioni, è variegato e fragrante, delicatamente vegetale, con un frutto di buona maturità seguite da sfumature di pepe. In bocca è fresco e nervoso con tannini un po’ rustici ed un finale piacevole di frutta rossa. Di bella personalità. Buono+
Cavaliere Riserva 2005
Il Cavaliere Contone
Merlot del Sopraceneri. Un Merlot che offre freschezza, un bellissimo frutto ed un legno perfettamente assorbito, è sfumato da delicate speziature. Bell’attacco con tannini fermi e un’equilibrata materia, fa seguito un finale elegante ma leggermente asciutto. Un vino che necessita di un periodo d’affinamento in bottiglia per esprimere una bell’armonia. Molto buono
Vigneto Castello 2005
Daniele Huber Monteggio
Merlot del Sottoceneri. Avevamo qualche timore a presentare questo vino che non rappresenta, per il produttore, il top della produzione, ma siamo stati letteralmente stupiti. È carnoso, si percepisce splendidamente la polpa del frutto rosso ben integrato da una bella freschezza. Ha materia e forza data dall’intensità dei tannini, ancora d’ammorbidire ma ben integrati nella struttura generale. Il finale è di grande distinzione. Che bella sorpresa, veramente ottimo.
Sinfonia Barrique 2005
Azienda Chiericati Bellinzona
Merlot del Sopraceneri. Già al colore mostra una straordinaria estrazione, al naso è pieno e denso, con sfumature di ciliegia nera e di spezie. In bocca è coerente, potente e ricco di materia, manca forse un po’ di finezza. Un vino giovane da attendere nell’evoluzione. Buono+
Riflessi d’Epoca 2005
I vini di Guido Brivio Mendrisio
Merlot del Sottoceneri. Prodotto con uve merlot del Mendrisiotto, mostra la consueta eleganza e già un buon equilibrio, al naso è di piena maturità ben rinfrescato da un delicata sfumatura floreale. L’attacco è morbido e deciso, la trama tannica levigata conferisce al finale grande stile. Molto buono.
Sassi Grossi 2005
Azienda Gialdi Mendrisio
Merlot del Sopraceneri. Stessa vinificazione, stesso enologo (Fredy De Martin) del Riflessi d’Epoca ecco un vino diverso. “les gros caillous”, come lo chiamano simpaticamente gli amici francesi, è un nordista, cioè le uve sono vendemmiate nelle vallate a nord del Sopraceneri. Nel bicchiere si sviluppa discreto ed invitante ma consistente e complesso con note di frutti neri ben amalgamati con accenni boisé. L’entrata virile anticipa una grande progressione con tannini di grande personalità, logicamente d’ammorbidire. Il finale è lunghissimo e d’assoluta distinzione. Strepitoso.
Merlot Rovio Riserva 2005
Gianfranco Chiesa Rovio
Merlot del Sottoceneri. Un vino aromaticamente delicato, si propone con note di prugna e “nuance” di spezie dolci; un vino che si distingue per la sua eleganza e la sua finezza, sempre ben rinfrescato da un finale di piena soddisfazione e di grande bevibilità. Ottimo.
Ronco dei Ciliegi 2005
Azienda Mondò Sementina
Merlot del Sopraceneri. Seguiamo da diversi anni l’evoluzione del “Ronco”, ma trovarlo a questo livello tra i migliori vini ticinesi, un pochino ci ha sorpresi. Un vino che ha grande rispetto del territorio che lo genera, ci presenta complesse note di ciliegia e mora, è profondo e carnoso, sensazioni rinfrescate da note floreali, la maturazione in botte è ben integrato. È giovane ma con già un soddisfacente equilibrio, setoso e strutturato, termina con un gran finale, con ritorni di bellissima freschezza. Un vino di razza che conferma la grande ascesa di Giorgio Rossi.
Vindala 2005
Settemaggio Monte Carasso
Merlot del Sopraceneri. Il Vindala di Nicola e Raffaele Marcionetti è un vino muscoloso, denso e carnoso, la bocca è ricca e piena, il finale è levigato con ritorni di frutta dolce, cioccolato e caffè. Manca un po’ di freschezza e di bevibilità. Buono+
Culdrée 2005
Enrico Trapletti Coldrerio
Merlot del Sottoceneri. Esprime aromi d’ottima finezza e densi, dove primeggia un bel frutto maturo, rinfrescato da sfumature floreali a cui si alternano belle speziature. Ha forza ed eleganza con tannini maturi e levigati e un finale di grande armonia. Eccellente.
Vinattieri 2005
Vinattieri Ticinesi Ligornetto
Merlot del Sottoceneri. Il Vinattieri si esprime su toni eleganti con note di frutta nera e liquirizia, avvolgenza ed equilibrio anticipano un finale di assoluta classe. Un vino in grado di rivaleggiare a livello internazionale con le maggiori espressioni bordolesi, ma forse un po’ meno espressivo come vino del territorio.
Castello Luigi Rosso 2004
Tenuta Belvedere Besazio
Merlot del Sottoceneri. Il vino è coerente all’andamento dell’annata 2004, rivelando maggior finezza ed eleganza che potenza, l’attacco è morbido e diretto, una bella freschezza conferisce al finale una bella profondità. Seducente, da attendere nell’evoluzione.
36 Trentasei 2003
Azienda Gialdi Mendrisio
Merlot del Sopraceneri. Come indica il suo nome il vino matura 36 mesi in piccole botti di rovere, visto l’appassimento delle uve e l’andamento anomalo dell’annata, lo immaginavamo più stancante, invece dimostra un perfetto equilibrio garantito da una bella acidità, è ricco con una componente estrattiva importante, ma vanta tannini dolci ed una bella armonia; il finale è molto lungo e complesso con ritorni di frutta nera, tabacco, cioccolata, chiodo di garofano, … Grande vino.
Una degustazione che conferma la grande qualità raggiunta dai vini ticinesi.
Verticale storica di barolo dei Marchesi di Barolo
LA STORIA
La storia dell'azienda si intreccia con quella dei marchesi Falletti i quali avevano, a Barolo e nei paesi limitrofi, immense proprietà e, a Barolo, riuscirono a valorizzare il vitigno Nebbiolo: vitigno autoctono che, in quest'area, raggiunge l'eccellenza. Ciò avvenne grazie anche all'intervento di un enologo francese, il Conte Odart,
che la marchesa Giulia Falletti, pronipote del ministro Colbert, chiamò a Barolo con l'intento di migliorare il vino prodotto da suo marito e dai suoi avi. Sembra, infatti, che prima dell'interveno di Odart, il Barolo fosse un vino dolce e leggermente spumeggiante: il nebbiolo, infatti, è un'uva a maturazione particolarmente tardiva e, facilmente, i primi freddi ne interrompevano, in quegli anni, la fermentazione. Con la realizzazione di cantine interrate, di ambienti, quindi, a temperatura controllata, la marchesa ovviò a questo stato di cose: il Barolo divenne allora un vino fermo, di grande struttura e con un'ottima capacità di invecchiamento, così come i vini bordolesi e borgognoni che la marchesa, di origini vandeane, conosceva ed apprezzava. Nel 1864 insieme alla marchesa Giulia Falletti Colbert si estinse la stirpe dei Falletti di Barolo, ma a perpetuarne il ricordo rimase, nel bellissimo palazzo Barolo in Torino, l'Opera Pia Barolo, fondazione ancora oggi esistente, istituita per volontà della marchesa quale erede e continuatrice delle sue molte opere benefiche.In quegli anni nasceva Pietro Abbona che intorno al 1895 iniziò la sua attività nelle cantine di Barolo. Operando con tenacia ed abilità riuscì ad acquistare le cantine della tenuta Opera Pia Barolo e parte dei vigneti dando così continuità al marchio "Antichi Poderi dei Marchesi di Barolo".
Oggi l'azienda è in mano a Ernesto Abbona e sua moglie e conserva la stessa proprietà fondiaria di allora, con acquisizioni successive, esclusivamente nell'ambito del comune di Barolo.
a sud est nel Comune di Barolo sui confini di La Morra, in pieno terreno Tortoniano, mappato al foglio 9 particelle 149, 157, 154, 155 per una superficie totale di Ha. 2,15. La vinificazione avviene attraverso pigiatura soffice dell’uva raccolta a mano con conseguente diraspatura e fermentazione in vasche termocondizionate a temperatura controllata (30/32°). Macerazione di 8 giorni , con svinatura del prodotto a fermentazione ultimata. L'affinamento dura circa due anni in botti di Rovere di Slavonia e di Rovere francese da 30 e 35 ettolitri. La restante parte di questo Barolo viene affinata 12 mesi in piccoli fusti da 225 di Rovere francese mediamente tostato ed assemblato poi assieme al rimanente prima dell’imbottigliamento. Il vino termina il suo affinamento in bottiglia per 12 mesi prima di essere messo in commercio.
Il Barolo Sarmassa 2003 si presenta con un colore granato con riflessi rubino. Al naso il vino presenta aromi complessi di ciliegia sottospirito (non stracotta come potrebbe far pensare l'annata) ed eucalipto. Roteando ancora una volta il bicchiere escono poi le note speziate (incenso) e quelle floreali di rosa canina. In bocca il barolo è di buon corpo con un tannino ben integrato e una acidità insospettabile per l'annata che, comunque, si fa sentire per la nota alcolica del vino. Finale comunque molto lungo dove prevale un grido aromatico che ricorda le sensazioni olfattive. Uno dei migliori barolo 2003 in circolazione!
Il Barolo Riserva della Casa è prodotto nelle annate migliori con alcune partite di uve considerate di migliore qualità che vengono vinificate separatamente per ottenere un prodotto particolarmente longevo.

