Ho conosciuto Stefano Brunetto, di origine venete, a Montalcino quando con alcuni soci aveva preso in gestione una delle aziende più importanti di Montalcino: Le Macioche. Per vari motivi, terminata quella esperienza, Stefano non ha lasciato la sua amata Toscana, la sua seconda casa, e ha cercato di portare avanti il suo sogno di poter gestire una sua azienda agricola rispettando i canoni della tradizione e della sostenibilità ambientale.
Per perseguire i suoi obiettivi Stefano si è spostato solo di qualche chilometro a sud di Montalcino e ha trovato la sua seconda casa a Montenero d'Orciadove ha acquistato un bellissimo podere chiamato Montenero Winery. Come scrive lui stesso sul sito web aziendale, l'azienda è la realizzazione di un sogno: quello di fare vino secondo il suo sentire ovvero lavorare esclusivamente in regime biologico, seguendo le fasi lunari e facendo tesoro di tecniche antiche come il sovescio.
I
vigneti di Montenero crescono nella denominazione Montecucco, ai
piedi dell’Amiata, un vulcano inattivo, che grazie a questa sua
natura concede un terreno calcareo, galestroso e ricco di scheletro. All'interno di questo areale, spesso sottovalutato anche dalle stessa stampa di settore, Stefano coltiva sangiovese, il vitigno principe della denominazione, ciliegiolo e merlot con l'intento, grazie alla produzione di soli vini monovarietali, di riportare all'interno della bottiglia le caratteristiche uniche di ciascun vitigno in relazione al territorio di origine.
Ultimamente ho avuto la fortuna di degustare il Montecucco Sangiovese DOCG 2016, prodotto in circa 10 mila bottiglie, proveniente da viti coltivate a circa 400 metri s.l.m. su terreni di prevalentemente calcarei. Il vino, per alcuni aspetti, è piacevolmente spiazzante già dal colore, un rosso rubino scarico, di grande eleganza, caratteristica questa che viene ribadita prepotentemente anche all'olfattiva dove il vino, affatto gridato nell'intensità, sviluppa aromi di violetta, muschio, felce ed una letterale macedonia di piccoli frutti rossi di bosco. Il tutto incorniciato da una sensazione di cenere che richiama l'Amiata e le sue terre vulcaniche.
Una vera delizia, così come lo è la bocca, elegante, setosa, coinvolgente e perfettamente in equilibrio. Coerente e succosissima la persistenza sapida del vino con ritorni di viola mammola e ribes. Un vino davvero che sento di consigliarvi se lo trovate!
Nota tecnica: il vino fa 18 mesi di affinamento in botte grande e altri 6 mesi di bottiglia prima della commercializzazione.
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