La scorsa settimana girovagando in internet mi sono imbattuto nel sito internet del Gruppo Vason, azienda tra le più importanti nella fornitura di prodotti e servizi per l'enologia. Esaminando la parte relativa ai lieviti selezionati, le mie budella si sono contorte un pochino leggendo le varie opportunità che un enologo ha di creare un vino. Esistono lieviti che forniranno al vino sentori marcati di banana, altri che aiutano ad avere un rosso dallo stile internazionale, altri che forniranno ampiezza e morbidezza al prodotto finale. Tralasciando per ora tutte gli altri prodotti enologici, perfettamente legali, che la Vason fornisce, la lettura di tutto ciò mi fa tornare un pò con i piedi per terra e mi toglie ogni romanticismo: il concetto di terroir e di sudore in vigna sembrano perdere ogni significato. Posso avere anche mosti terrificanti, tanto c'è la Vason (e aziende analoghe) che ti aiuta!
Allora penso ai lieviti indigeni, forse chi li usa, i c.d. biologici/biodinamici, sono costretti a lavorare bene, non possono barare. Domande che mi pongo e che ho posto su Vinix dove ne è nato un dibattito interessante soprattutto grazie al contributo di vari produttori. I punti salienti della discussione, per ora, sono questi:
- i lieviti selezionati garantiscono qualità del vino elevata e costante. E allora chi usa quello autoctoni come fa a garantire tutto ciò?
- se parti da uve Bio puoi usare lieviti indigeni purchè il produttore li conosca benissimo. Eventuali problemi di fermentazione si hanno solo con uve NON Bio;
- meglio fermentare spontaneamente all'interno di vasche piccole, grandi tank consentono di raggiungere risultati apprezzabili;
- pensare che si costruisca un vino solo con i lieviti è affermare un falso, ci sono tante altre variabili che bisogna considerare;
- se si usano i lieviti autoctoni è meglio selezionarli tramite l'ausilio degli istituti di ricerca grazie ai quali si otterranno solo i ceppi migliori. Ma se li seleziono allora non sono più selvaggi! Mi sembra un paradosso;
- Sempre in tema di "selezione" di lieviti indigeni, Luca Risso scrive che " quello che succede in una fermentazione spontanea è che all'inteno del tino arriva una massa di uva pigiata che nel suo cammino dalla vigna alla cantina ha raccolto una variegata carica microbica proveniente dagli acini di uva, dalle mani del vendemmiatore, dal contatto con le attrezzature (ceste, cassette, pigiadirspatrice, piedi dei biodinamici, pompe sporche,ecc.). Tutta questa flora comprendente ovviamente anche lieviti apiculati, batteri lattici ecc. ecc., si sviluppa in un brodo di coltura (il mosto) che senza interventi esterni (SO2 ad es.) seleziona naturalmente dei ceppi "momentaneamente" dominanti: apiculati all'inizio, ellittici dopo, se tutto va bene. Se va male possono prendere il sopravvento lieviti veramente deleterei (Brettanomyces, Schizzosaccaromyces, Hanseniaspora ecc. Non sono accademia, sono cose reali che soprattutto in passato capitavano spesso). Vorrei far notare anche una "ipocrisia" di fondo che c'è nel ragionamento seguente. Io sono per il vino naturale quindi non uso lieviti selezionati. Poi con la SO2 mi tolgo dalle scatole gli apiculati, con la temperatura alta o bassa mi tengo solo i lieviti termotolleranti o criotolleranti. Senza aver fatto nulla che non sia ammesso da ogni disciplinare biologico o biodinamico, DE FACTO ho realizzato una selezione di lieviti, magari senza saperlo";
- utilizzare è lieviti indigeni significa effettuare un processo di sperimentazione precedente che può richiedere molti anni prima che si possa applicare ad un mosto che possa portare ad un vino da commercializzare;
- per avere una fermentazione spontanea, con lieviti indigeni o autoctoni, c'è bisogno che in cantina non ci siano inoculi di lieviti selezionati ad altre vasche altrimenti quella fermentazione spontanea al 90% è fatta dal lievito selezionato e,cosa più importante, tutte le fermentazioni sponatenee in cantina sono date da lieviti che abbiamo introdotto noi quando abbiamo usato lieviti selezionati, anche dopo 3,4,5 anni che non lo usiamo.
(foto prese da www.diwinetaste.it e www.tigulliovino.it)
4 commenti:
Interessantissimo! Spero di poter presto leggere altro su questo argomento labirintico e affascinante.
Gianni hai detto bene, l'argomento è affascinante ma, proprio per questo, pieno di insidie soprattutto se non si conosce bene la materia
MA GUARDATE DA PRODUTTORE... PQR I LIEVITI SELEZIONATI VALE L'ANTICO ADAGIO "NULLA SI CREA, NULLA SI DISTRUGGE, TUTTO SI TRASFORMA" SE LE BASI SONO BUONE ABBIAMO VINI BUONI SENNO' I LIEVITI SELEZIONATI NON FANNO MIRACOLI. QUALCOSINA NEL BREVE PERIODO MA ALL'INVECCHIAMENTO UNA VOLTA PERSI I PROFUMI SECONDARI SI VEDE SE IL VINO HA STAZZA O MENO. I LIEVITI NON LIMANO I TANNINI, NON INGRASSANO I VINI ETC ETC. QUELLO CHE SCRIVE VASON PER PUBBLICIZZARE I LIEVITI SONO PAROLE "PROMOZIONALI" PER FAR COLPO SUI PRODUTTORI. TUTTO LI!!
LIEVITI INDIGENI PER ME E' SOLO MARKETING. QUELLO CHE LA GENTE SI ASPETTA E VUOLE OGGI... HO AVUTO DIVERSE FERMENTAZIIONI SPONTANEE IN CANTINA. POSSO GARANTIRE CHE PER CHIUDERE LA FERMENTAZIONE ALMENO IL LIEVITO DI PANE VIENE USATO. SOPRATUTTO SE LE UVE SONO IMPORTANTI E CON GRADAZIMNI ALCOLICHE POTENZIALI ALTE... MA ULTIMAMENTE SI ACCETTANO VINI DIFETTATI MA CHE HANNO CARATTERE (MI SONO CAPITATE VOLATILI COSI' ALTE CHE SE AVEVO QUEL VINO IO IN CANTINA FINIVA NEL TOMBINO). PREFERISCO ANCORA UN BUON VINO FATTO BENE E ELEGANTE...
diciamo che la cosa è abbastanza complicata .perchè le variabili sono infinite...non sono un'esperta,credo che un minimo di 'inquinamento'ci sarà cmq...però lavorare con lieviti autoctoni...non mi sembra un'idea cattiva dovrebbe, mantenendo il condizionale,salvaguardare una certa territorialità....non ci resta che provare....ma io al vino un pò di poesia gliela lascerei...
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