InvecchiatIGP: Michele Chiarlo - Barolo Cerequio 1993



di Roberto Giuliani

Trent’anni cominciano ad essere un bel banco di prova persino per un Barolo, tanto più se figlio di un millesimo “minore” (se non ricordo male la ’93 fu valutata tre stelle su cinque). Ma qui stiamo parlando del signor Cerequio in quel di La Morra, ovvero uno dei cru più prestigiosi, capace di una progressione evolutiva che ha pochi confronti.


Chi conosce il territorio delle Langhe e la sua antica cultura vitivinicola, sa bene che la maggior parte dei cru (oggi Menzione Geografica Aggiuntiva, MGA) è condivisa da un congruo numero di produttori. Il Cerequio non fa eccezione, fra i nomi di spicco risaltano Batasiolo, Achille Boroli, Damilano, Roberto Voerzio, Gaja e altri. Michele Chiarlo, con i figli Alberto e Stefano, dispone di 110 ettari vitati fra Langhe, Monferrato e zona del Gavi, del Cerequio “solo” 2,5 ettari su una superficie totale di 24,12 interamente a nebbiolo (una piccola parte sconfina nel comune di Barolo), da cui ricava un vino che esce in versione Riserva solo nelle migliori annate. A conferma che la ’93 non lo è, eppure…


Sarà merito del suolo composto di marne calcaree e argillose di origine sedimentaria marina (era Tortoniana)? Sarà l’esposizione sud sud-ovest e l’altitudine superiore ai 300 metri? Sarà il pH basico, l’abbondante presenza di manganese e magnesio e la scarsa quantità di sostanze organiche?


Sta di fatto che ho davanti a me un Barolo in forma perfetta, dal colore ancora luminoso con la venatura granata in bella evidenza e senza particolari cedimenti al bordo. Pur non avendo riscontrato sentori di libreria stantia appena versato nel calice, gli ho concesso una buona mezz’ora d’aria per ricomporsi e mettere in mostra il suo bagaglio espressivo, che mette subito in evidenza una gamma ben diversa da quella che ci si aspetterebbe dopo trent’anni di vita in bottiglia: prugna, eucalipto, cacao, liquirizia, radici, genziana, di terziario avanzato neanche l’ombra, il cosiddetto goudron è appena percepibile, la sensazione generale è di balsamicità e freschezza, i funghi, il cuoio conciato, i cenni ossidativi, neanche per idea! Possibile? Al naso non gli darei più di dieci anni.


Proviamo a berne un sorso: ragazzi, dov’è il trucco? Sì, ok, una certa evoluzione si sente, e ci mancherebbe! Ma questo Barolo non ci pensa proprio a sedersi, anzi, è bello pimpante, con un tannino ancora mordace e una trama complessa e viva, succosa, piena di brio. E quella vena balsamica che rimane anche dopo minuti dall’assaggio. Davvero mi ha lasciato senza parole, secondo me qualcuno è venuto a rinfrescarlo mentre non c’ero…

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