di Lorenzo Colombo
Il Ruchè è un vitigno del quale ancora non si conosce bene la provenienza, ma ci sono solamente alcune ipotesi -tutte ovviamente da prendere con le molle- relative al suo nome.
La prima sostiene che esso derivi da “Rocche”, ovvero che il vitigno si adatti bene alla coltivazione su queste conformazioni sabbiose, calcareo argillose (presenti soprattutto nelle Langhe e nel Roero) dovute all’erosione. La seconda recita che il nome derivi da “San Rocco” santo assai venerato in zona, mentre la terza cita un “Convento delle Rocche” i cui frati pare abbiano salvaguardato il vitigno.
Coltivato esclusivamente nei dintorni di Castagnole Monferrato, nel 2000 si contavano meno d’una cinquantina d’ettari di questo vitigno, mentre i dati forniti dalla Vignaioli Piemontesi e relativi all’anno 2019 ne quantificano, solamente per la Docg Ruchè di Castagnole Monferrato, 158 ettari (1.130.000 le bottiglie prodotte), ai quali vanno poi aggiunti -non molti per la verità- gli ettari che si trovano fuori dalla zona a denominazione. Analisi effettuate sul DNA del vitigno hanno dimostrato che non esiste nessuna somiglianza con altri vitigni presenti sul territorio pertanto Il Ruchè rimane un vitigno unico ed un poco misterioso.
Il Ruchè di Castagnole Monferrato DOCG
Per il Ruchè di Castagnole Monferrato la Doc è arrivata nel 1987 mentre nel 2010 ha ottenuto la Docg, il suo areale di produzione è limitato a sette comuni in provincia d’Asti: Castagnole Monferrato, Montemagno, Grana, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi. Solitamente se ne ricavano vini dal color rubino brillante, con una buona intensità olfattiva, i suoi profumi sono leggermente aromatici e speziati, la sua bassa acidità e la non elevata tannicità ne fanno vini da bersi entro pochi anni.
L’Azienda Agricola Crivelli
Un trisavolo di Marco Maria Crivelli, proveniente dalla Frazione Crivelli, del comune di Castiglione d’Asti, si stabilì a Castagnole Monferrato attorno alla metà dell’Ottocento, acquistando vigneti e iniziando da subito la produzione di vino sia da vigneti propri che da altri, condotti in mezzadria.
Dopo la seconda guerra mondiale il padre di Marco Maria conferisce le uve alla, da poco nata Cantina Sociale, siamo nel 1979 quando Marco Maria decide di produrre direttamente il vino con propria etichetta e dopo una decina d’anni riesce a commercializzarlo anche all’estero. Nel 2000 è stata costruita la nuova cantina e attualmente l’azienda -che viene condotta unitamente al figlio Jonathan- può contare su otto ettari a vigneto.
Il vino
Solitamente si consiglia di bere il Ruchè entro i primi anni di vita, anche se il produttore di questo vino sostiene che può resistere tranquillamente sino ad oltre dieci anni dalla vendemmia, noi ci siamo spinti più in là e la nostra bottiglia è rimasta quasi trent’anni in cantina. Questo lungo tempo ha contribuito a scolorire molto il vino, che ora si presenta con un color tra il granato e l’aranciato scarico e con unghia aranciata. In compenso il suo spettro olfattivo s’è ampliato a dismisura, seppur perdendo molto in intensità, i sentori sono ovviamente di natura terziaria anche se un leggero ricordo aromatico rimane, l’evoluzione del vino è netta senza però sfociare in note ossidative, si va dal cuoio alle note autunnali che richiamano le foglie bagnate, i funghi, la terra umida, le radici, i fiori appassiti, il bastoncino di liquirizia, ma anche spezie (pepe e vaniglia) e frutta secca, però non si tratta unicamente d’ampiezza di profumi, ma anche di notevole eleganza.
Tale ampiezza e complessità di sentori non ritroviamo però alla bocca dove il vino appare un poco smagrito, con una struttura leggera, il vino è asciutto ed i tannini paiono ancora graffianti, vi ritroviamo accennate le note speziate ed uno sbuffo di frutta cotta, leggeri accenni piccanti si colgono in chiusura dove troviamo ancora una buona persistenza.
In complesso un vino più da naso che non da bocca che però ha svolto egregiamente il suo compito durante il pranzo, accompagnando degnamente un gallo ruspante in padella. Ultima annotazione riguarda la bellissima etichetta.
Ps: ad articolo già scritto veniamo a conoscenza della morte di Lidia Bianco, per 25 anni sindaco di Castagnole Monferrato, fu sotto la sua spinta e quella di Giacomo Cauda, parroco del comune, che si rivalutò il vitigno Ruchè, sino ad ottenere nel 1987 la denominazione d’origine Ruchè di Castagnole Monferrato.
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