di Andrea Petrini
Il 2021 sarà un anno che a Montalcino ricorderanno per molto tempo sia dal punto di vista climatico sia dal punto di vista organizzativo visto che l’Anteprima Benvenuto Brunello, con l’edizione numero 30 tenutasi dal 19 al 30 novembre scorsi, ha segnato una vera e propria svolta storica visto che per la prima volta, ufficialmente, i vini sono stati degustati e valutati “en primeur” visto che il Brunello 2017, la Riserva 2016 e il Rosso di Montalcino 2020 saranno messi in commercio solo a partire da Gennaio 2022.
L’altra grande novità di questo ultimo Benvenuto Brunello ha riguardato anche la metodologia di analisi della nuova annata, valutata in stelle, che il Consorzio, nelle veci del Presidente Fabrizio Bindocci, da questo anno ha deciso di non attribuire nell’immediatezza della vendemmia ma, invece, in occasione della Anteprima 2022, dopo almeno un anno di affinamento del vino, quando il grande Sangiovese di Montalcino svelerà molte più informazioni sul potenziale effettivo della vendemmia.
Durante i due giorni di manifestazione dedicati alla stampa di settore, come di consueto, mi sono soffermato prevalentemente sull’analisi e la degustazione dei Brunello dell’ultima annata che verrà commercializzata, ovvero la 2017, giudicata a quattro stelle, che in maniera sintetica potremmo definire calda ma, soprattutto, siccitosa. Andando nel dettaglio, questo millesimo è stato caratterizzato da una primavera con temperature miti e con scarse precipitazioni, condizioni che hanno favorito un germogliamento ed una fioritura anticipata che sono stati abbastanza compromessi dalla terrificante gelata dei primi di aprile che, come tutti ricordiamo, a Montalcino ha costretto molti produttori ad andare di notte nei vigneti bruciando grandi rotoli di paglia al fine di riscaldare l’aria ed evitare ulteriori danni alle gemme. Dal mese di maggio si è registrato, via via, un aumento dei valori termici al di sopra delle medie stagionali accompagnato da una siccità che hanno raggiunto l’apice nel mese di agosto dove le vigne, già in forte difficoltà per il passato, sono spesso andate in stress idrico con conseguente arresto delle fisiologiche maturazioni. A salvare (parzialmente) l’annata è arrivata fortunatamente il 2 settembre una provvidenziale pioggia di un paio di giorni che, principalmente nella zona nord-est di Montalcino, ha rimesso le cose a posto soprattutto per quei vigneti piantati su terreni argillosi in grado di trattenere l’umidità e ridare fiato alle piante.
Il Presidente Fabrizio Bindocci |
Da quanto sopra detto potete ovviamente capire come i bravissimi vignaioli di Montalcino, complice anche un cambiamento climatico che anno dopo anno si fa sempre più tangibile, abbiano dovuto gestire una vendemmia molto difficile che non è facile sintetizzare in poche battute visto anche i diversi terroir che compongono l’areale del Brunello di Montalcino DOCG.
All’interno de trecentesco Chiostro di Sant’Agostino di Montalcino, coadiuvato dai bravissimi sommelier AIS, sono riuscito a degustare circa l’85% dei Brunello di Montalcino 2017 presenti in degustazione (un discorso a parte meriterebbero poi i produttori assenti ingiustificati!) per i quali mi sono fatto una idea generale abbastanza chiara che, va sottolineato con forza, non può prescindere dall’assoluta gioventù dei vini esaminati i cui giudizi, che rappresentano una fotografia rigorosamente statica, possono essere facilmente rivedibili in un futuro a medio termine quando i vini avranno raggiunto il giusto grado di evoluzione.
Fatta questa opportuna premessa la prima cosa che salta all’occhio, esaminando anche le retroetichette, è l’importante componente alcolica dei Brunello 2017 che raramente, da anni, vanno sotto i 14% di alcol soprattutto in una annata calda e siccitosa come questa dove la sfida del vignaiolo non era tanto ridurre ma gestire al meglio il grado alcolico. In questo, devo ammettere, la maggior parte dei campioni ha rispettato l’obiettivo ovvero nella maggior parte di vini degustati la componente alcolica è stata abilmente equilibrata tanto che nessun Brunello di Montalcino ha sofferto di “sbuffi alcolici”.
Anche cromaticamente ed aromaticamente nulla da eccepire: la totalità dei vini aveva il classico colore rosso rubino brillante tipico del sangiovese di razza che, mediamente, fungeva da preludio ad un profilo olfattivo nitido, pulito, dove la frutta rossa succosa, mai troppo matura, la faceva da padrone sulle altre componenti odorose. Al sorso, come mi aspettavo, la struttura del vino, a volte imponente, spesso peccava leggermente di acidità e sapidità ma, se parliamo di componenti dure del vino, ciò in cui sono rimasto tremendamente imbrigliato ha un nome ben specifico: il tannino!!
Non me ne voglia il mio grande amico Carlo Macchi ma io, al contrario suo, ho trovato soventemente nei Brunello di Montalcino 2017 una componente tannica eccessivamente scontrosa, verde, tanto da diventare quasi fastidiosa. E’ chiaro, cercavo di spiegarlo anche in precedenza, questo è il risultato dell’annata siccitosa i cui effetti, mediamente, hanno generato un forte anticipo della maturazione tecnologica dell’uva su quella fisiologica con conseguenti tannini ancora immaturi in fase di vendemmia.
Ricapitolando: i Brunello di Montalcino 2017 sono figli identitari di una annata molto complicata che ha dato vita a molti vini intricati, tannicamente tortuosi e ancora da decifrare completamente. Non mancano, fortunatamente, le eccellenze che, al momento, si distinguono per la loro immediatezza e, soprattutto, per il loro sublime equilibrio tanto da renderli emozionanti, piacevolissimi da bere e territoriali fino al midollo.
Di questi, cinque mi hanno fatto innamorare!
Castello Tricerchi – Brunello di Montalcino “A.D. 1441” 2017: il loro, probabilmente, era il vino che aveva il colore più scarico di tutti ma non fatevi ingannare dalle apparenze cromatiche perché questo sangiovese in purezza, proveniente zona nord di Montalcino, è profondo, graffiante, ricco di sfumature agrumate, di viola essiccata, timo e ghisa. Sorso vigoroso, pregno di fresca acidità e massa fenolica saporita.
Fattoria dei Barbi - Brunello di Montalcino “Vigna del Fiore” 2017: i Cinelli Colombini conoscono il loro territorio a menadito e sanno, da sempre, come gestire annate complicate come questa. Il loro Brunello menzione “vigna” è un piccolo capolavoro di equilibrio, intensità fruttata corredata da eleganti note speziate e soffi di menta e liquirizia.
Fattoi - Brunello di Montalcino 2017: giratela come volete ma nelle annate complicate, alla fine, esce sempre fuori il “manico” del piccolo vignaiolo che conosce alla perfezione come gestire i suoi nove ettari di vigneto. Il vino si rivela con sensazioni scure di rabarbaro, ginepro, pepe, per poi virare verso sentori di amarena e prugna. Tannino nobile. Armonico al sorso.
Pietroso - Brunello di Montalcino 2017: sbuffi floreali si schiudono gradualmente verso una miscela boschiva di muschio e radici. Poi cesti di visciole ed erbe aromatiche. L’incidere gustativo si distingue per l’estrema eleganza e per un sorso teso e compatto. Finale lunghissimo con ritorni di frutta rossa succosa.
La Magia – Brunello di Montalcino “Il Ciliegio” 2017: non sono mai stato un fan di questa azienda ma davanti ad un vino del genere bisogna solo applaudire: immediati gli accenni intriganti di frutta rossa croccante soavemente accompagnati da una delicata speziatura di pepe, anice stellato e macis; completano il quadro soffi di viola, eucalipto rifiniti da una energica vena ferrosa. Grandioso l’impatto gustativo, immediato e sostenuto da tannini serrati ma vellutati. Il corpo è al tempo stesso potente ed elegante, rifinito da un alcol perfettamente calibrato. Persistenza da record!
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