Un Ferrari, inatteso, a Natale...

Natale mi ha portato una sorpresa, di quelle inaspettate e, pertanto, di quelle più gradite. No, non si tratta dell'ultima annata di La Tache, ma di una etichetta minore, di quelle che 99 persone su 100 avrebbero buttato via tanto tempo fa.

Di che vino si tratta? Prima il prologo! 
Non mi ricordo esattamente il giorno ma a Stefania serviva un vino bianco per sfumare della carne che stava cucinando.

Mi chiede:"Non ne abbiamo così tanti ma, ti prego, cerca in cantina qualche vino da poco che mi possa essere utile in cucina".

Le dico:"No, non serve che vada in cantina, ti porto quella boccia là che tanto...."

Mezza impolverata, riposta da chissà quanto tempo sopra un davanzale assieme ad altri presunti cadaveri enologici, era la classica bottiglia di spumante che non ricordi nemmeno come hai avuto, magari sarà stata inserita in qualche pacco natalizio aziendale, prima della crisi ne giravano tanti.

"Non mi guardare così Stefy, lo so, non è un bianco fermo, magari non sarà l'ideale ma questo passa il convento, altrimenti scendo e vado di Tavernello...."


Guardo la bottiglia e leggo la dicitura SBOCCATURA 2005. Caspita, da quanto tempo è qui? Elimino la capsula e la gabbietta. Comincio a muovere il tappo, convinto che l'anidride carbonica rimasta sia minima. Non mi aspetto il classico "botto" ed invece lo schioppo è secco, rumoroso, il gatto vicino a me fa un salto guardandomi con odio. Non è il solo.


"Scusa, pensavo fosse sgasato....Per curiosità, mi passi un calice?"

Col sorriso da beone di chi crede di saperla lunga, verso il vino nel bicchiere e, prima sorpresa, la spuma c'è ed è viva e cremosa. Ah, però...

Il colore del vino, come da foto, è bellissimo, un giallo dorato intenso che fa molto birra artigianale. Cominciano a cadere alcune certezze. Dai, mi dico, non può essere.

Metto il naso nel bicchiere e, sorpresa, il vino c'è. Eccome se c'è. Il corredo olfattivo è da grande spumante invecchiato. C'è tanto miele, poi sentori di mela cotogna, zenzero, albiccocca secca, burro, crema pasticcera. Ok, non ci sono le sfumature dei grandi metodo classico però, cavolo, questo è un Ferrari Brut base. L'ho detto! Quello che compri al supermercato per 10 euro e che mai e poi mai penseresti possa avere così lunga vita.


Anche al sorso, nonostante denunci una ossidazione abbastanza spinta, è ancora vivace, intenso, con un perlage fine ed una beva piacevolissima. 

Anche Stefy non ci credeva, e visto che eravamo tanto "scettici", abbiamo finito la bottiglia in un attimo con tanti saluti alla carne che, per questa volta, non è stata sfumata. 

Consiglio del giorno: mai fidarsi delle apparenze e tenere sempre una vino bianco per cucinare di scorta!

Il Petit Beaufort Brut Millésime 2010 del Domaine Alice Beaufort. Grande Champagne? No, grande Borgogna!

Difficile se non impossibile non occuparsi di vino quando hai un cognome come Beaufort e sei sposata con uno dei figli del più carismatico ed alternativo vignaiolo della Champagne. 

Alice e Quentin Beaufort, terzo figlio del grande Jacques, hanno coronato il loro sogno d'amore quando, nel 2007, gli venne offerta una piccola vigna di un ettaro e mezzo a due passi dal confine della Champagne e dagli storici vigneti di Polisy che distano circa 20 km in linea d'aria.

Quentin ed Alice Beaufort

Siamo in Borgogna, ai limiti della Côte d'Or, ma ad Alice e Quentin la cosa non spaventa, anzi, sono felici di lavorare all'interno di una legislazione più flessibile rispetto a quella dello Champagne ma, al tempo stesso, sono anche consapevoli che quella piccola vigna che hanno acquisito, e che oggi si è estesa raggiungendo circa 9 ha, ha un grandissimo potenziale visto che si trova all'interno di un terroir identico a Polisy, soprattutto geologicamente.

Perchè non sfruttare l'occasione per produrre, non una grande Champagne, ma un ottimo Crémant de Bourgogne?

In vigna, ovviamente, si seguono i metodi e le esperienze di casa Beaufort che prevedono la messa al bando della chimica e il solo uso di trattamenti basati su oli essenziali, aromaterapia e rame il cui impiego, così scrivono sul sito, è circa la metà di quello previsto dal disciplinare biologico.  

Anche la vinificazione segue la via della naturalità: nessun uso di lieviti selezionati, batteri o enzimi, nessuna pratica di zuccheraggio, acidificazione, filtrazione e nessun controllo della temperatura. Il freddo si avrà di inverno e il caldo d'estate. Viene usato solo pochissimo zolfo. 

La fermentazione avviene in botti di rovere di almeno tre anni. Dopo aver svolto la malolattica, il vino viene imbottigliato in estate, generalmente ad Agosto, per permettergli di eseguire la seconda fermentazione a cui segue sempre un dégorgement "à la volée". 

Fatta questa opportuna premessa che ben inquadra il contesto in cui il vino "effervescente" è prodotto, devo ammettere che Le Petit Beaufort Brut Millésime 2010 (75% pinot nero e 25% chardonnay) che ho bevuto da Remigio mi ha davvero sorpreso, ovviamente in positivo.


Il vino ha un perlage fine e persistente e presenta un profilo olfattivo inizialmente duro che son certo farà storcere il naso a quelli che.......lo champagne è più elegante. Qua, in effetti, la mineralità è prorompente, ti arriva come uno schiaffo all'improvviso e, mentre cerchi di capire cosa è accaduto, l'odore di sale ti entra nelle narici e, anzichè in Borgogna, se chiudi gli occhi pensi di essere sulla battigia della tua spiaggia preferita. 

Tutto qua? Accidenti no! Infatti, quando presupponi che, nonostante tutto, il tuo Crémant de Bourgogne sia buono ma un pò troppo monotematico, arriva la frutta, pera e pesca bianca su tutte, a rendere il quadro aromatico inaspettatamente complesso smorzando certe rusticità che, col tempo, vengono ulterioremente affinate grazie all'emergere di sentori di zenzero, terra bagnata, agrumi e karkadè. 

In bocca è coerente, affilato, la nota salmastra che lascia dopo averlo degludito mi fa ritornare in mente quando da piccolo, col mio solito mal di gola, mia mamma mi faceva fare gli sciacqui con acqua e sale.
La cremosità del vino arriva dopo, come un onda, ad equilibrare il tutto e a farmi ritornare dal passato. 


Alice nel sito del suo Domaine si scusa del fatto che vende vini troppo giovani. Parole che sono una garanzia di onestà e qualità. Se passate da Remigio cercate di comprare una bottiglia in più, una ve la bevete con Stefano e Alessandro, l'altra mettetela in cantina accanto ai veri Champagne. Vedrete che....

La Grecia del Nord e il vino da vitigno Xinomavro

Bisogna essere molto prudenti quando si fanno certe affermazioni, soprattutto se durante il passato Salone del Gusto si paragona uno sconosciuto vitigno della Grecia del Nord, lo Xinomavro, con il Nebbiolo e il Pinot Nero.
Ok, letteralmente fa riferimento ai termini acido (xino) e nero (mavro) però, a parte certe lontane similitudini, per il resto non ci siamo.

Xinomavro - Fonte:Wikipedia
Dico questo dopo aver testato durante un laboratorio varie espressioni del vitigno con il quale in Grecia, soprattutto nella Macedonia Centrale, si fanno vini bianchi, bollicine (blanc de noirs), vini rossi e dolci. Evviva la versatilità!!

P.D.O. Amyndeon Akakies Sparkling 2010 - Kir Yianni (100% xinomavro): questo rosè frizzante nasce da vitigni posti su terreni poveri a circa 700 metri di altezza situati presso la zona di Agios Panteleimon, areale dell'appellazione Amyndeon, l'unica in Grecia a potersi permettere vini rosè. Il vino, sia al naso che in bocca, risulta abbastanza stucchevole con una sensazione dolciastra di caramellina alla fragola che stenta ad acquietarsi. Bocca acida dominata da sensazioni di fruttini rossi. Abbastanza corta la persistenza. L'azienda Kir Yanni, fondata nel 1997, ha vigneti nei Comuni Naoussa e Amyndeon, nord ovest della Grecia.


OPAP Amyntas 2011 EAS Amyntaio (80% xinomavro, 20% chardonnay): vino abbastanza sempliciotto, frutta gialla, tanta banana, poco altro. Bocca fresca ma cortina. Il produttore, EAS Amyntaio, è una cantina cooperativa fondata nel 1959.


P.D.O. Amyndeon Akakies 2011 - Kir Yianni (100% xinomavro): come per la versione frizzante, ha un profilo aromatico stucchevole stile Big Bubble, troppa fragolina, troppo zucchero a velo. Bocca fresca, si perde a centro bocca. Piaciuto nulla.


P.D.O. Naoussa Ramnista 2009 - Kir Yianni (100% xinomavro): avevo tante aspettative per questo unico rosso che, da quanto letto, dovrebbe essere un incrocio tra nebbiolo e pinot nero. Ed invece ecco arrivare un vino rosso rubino caratterizzato da un profilo olfattivo molto internazionale con  un frutta rossa abbastanza matura in evidenza con contorni di aromi di tabacco e spezie. Bocca di buona struttura, intensa, la grande acidità del vitigno supporta le evidenti morbidezze del vino che, sarà il DNA del vitigno, ha una persistenza relativa. Nebbiolo e Pinot ringraziano per la comparazione. Il 90% di questo vino matura 16 mesi in botti di legno francese ed americano da 225 e 500 litri. Il restante affina in acciaio. 6 mesi di ulteriore affinamento in bottiglia.


To Kellari Tapnou tou - Dio Fili Estate (Cabernet Sauvignon, Merlot, Xinomavro): l'azienda, situata nella municipalità di Siatista, Macedonia Centrale, è stata fondata nel 2006 da Yiannis Boutaris, lo stesso proprietario di Kir Yianni. E' specializzata in vini dolci e non a torto visto che il To Kellari Tapnou tou rappresenta a mio giudizio il miglior vino della batteria. Di color granato, quasi aranciato, questo vino da vendemmia tardiva si presenta con un corredo aromatico molto interessante che spazia dalla noce al legno nobile, dalla frutta secca all'alibocca candita, fino ad arrivare a cenni di sandalo e lucido da scarpe. In bocca, nonostante più di 300 g/l di zucchero, ha un buon equilibrio e ottima persistenza. Vino interessante che, sarà un caso, vede lo xinimavro "accompagnato" da altri vitigni.



I vini sono stati abbinati a sei formaggi artigianali della Grecia del Nord


Vini e Vignaioli di Toscana a Roma con Sangiovese Purosangue


Il programma:

Sabato 26 gennaio 2013

ore 10.30 Apertura dei banchi di assaggio
ore 15.00 Seminario-degustazione sulla Viticoltura Sostenibile nel Centro Toscana. Con Ruggero Mazzilli, agronomo
ore 17.00 Seminario, a cura di Davide Bonucci. Degustazione orizzontale sulle zone del Sangiovese toscano.
ore 20.00 Chiusura banchi di assaggio

Domenica 27 gennaio 2013

ore 10.30 Apertura dei banchi di assaggio
ore 15.00 Seminario sul Sangiovese, a cura di Davide Bonucci. Verticale parallela di grandi toscani
ore 19.00 Chiusura banchi di assaggio


Le aziende in degustazione:

Barlettaio
Caparsa
Istine
L'Erta di Radda
Montevertine
Poggerino
Val delle Corti
Badia a Coltibuono
San Giusto a Rentennano
Bibbiano
Felsina
Villa del Cigliano
Fontodi
Vecchie Terre di Montefili
Fattoria di Cinciano
Le Casalte
Castello di Potentino
Fattoria del Pino
Campinuovi
Palazzo di Piero

Ingresso:
20 €

Informazioni:
Tel: 3311078464 (Davide Bonucci)

Vignaioli Naturali a Roma il 9 e 10 Febbraio!


La lista dei produttori è ancora in via di definizione ma, da quello che so, ci saranno tutti i BIG!! Ah, sono previste delle gustose anteprime anche made in Percorsi di Vino!!

Bianco di Bellona, c'è una coda di volpe della Tenuta Cavalier Pepe

Ho sempre amato i buoni vini da tavola, quelli che finisci senza accorgertene, sinceri e defilati compagni di incontri conviviali con i tuoi migliori amici.
In questo ambito vorrei condividere con voi la mia ultima scoperta in tal senso, il Bianco di Bellona della Tenuta Cavalier Pepe, una coda di volpe, vitigno autoctono campano, vinificato in purezza da questa importante azienda irpina i cui vigneti si estendono per circa 35 ettari all'interno dei Comuni di Luogosano, Sant'Angelo all'Esca e Taurasi, area del Taurasi DOCG.



Questo Bianco di Bellona, dedicato alla dea della guerra di origini romane, fa solo acciaio e tale caratteristica gli permette di conservare intatte tutte le proprietà del vitigno che, nella sua fiera rusticità, conserva tratti estremamente interessanti. Al naso, infatti, il vino è molto fresco, vivace, è agrumato, sa di frutta bianca matura e fervida mineralità.
Al sorso è molto semplice ma diretto, la sferzante vena acido/sapida del vino fornisce al Bianco di Bellona una bevibilità davvero piacevole. Chiude persistente su note agrumate, quasi saline.
Come detto in precedenza è un ottimo compagno a tavola, lo abbinerei con una bella frittura di pesce o con piatti di carne bianca. In enoteca costa meno di dieci euro. Bella scoperta!

Primitivo di Manduria cercasi!

Cosa rimane dell'evento AIS Roma sul Primitivo e il Negroamaro se togliamo dal contesto la faccia di D'Alema, Vespa, Cotarella, Ricci (dimagrito venti chili) e tutta una serie di ospiti che sembrano usciti dal film "Il Gattopardo"?

Confusione!

L'unica parola che mi viene ora in mente dopo aver degustato un pò dei vini presenti che, va sottolineato, erano forse orfani di alcuni punti di riferimento come, ad esempio, Chiaromonte o Attanasio.
Con il mio amico Antonio Di Spirito, incrociato nella sala, dopo esserci guardati in faccia ci siamo detti che, un pò come succede anche col Cesanese nel Lazio, anche il Primitivo (di Negroamaro non parlo avendo fatto solo pochi assaggi) sta soffrendo di una crisi di identità tra i produttori che interpretano il vitigno secondo un LORO stile che, spesso e volentieri, porta questa uva ad espressioni lontane dal suo reale potenziale. Espressioni, come dice qualcuno, un pò "paracule" che spesso e volentieri vengono distorte da un alcol difficilmente gestibile se  non lavori bene in vigna.

Eppure, come ha scritto su EnoRoma anche Elisabetta Angiuli, bravissima enologa del Lazio, "é un vino che viene buono da sé, la sua natura é semplice. Ci sono vitigni che possono generare vini incredibilmente diversi, dalle mille sfaccettature e possibili interpretazioni. Non il primitivo. Il primitivo é solido e genuino ed é questa la sua tipicità. Io nella mia testa ho una sola bellissima idea di Primitivo. Quella confusione che Andrea avverte scaturisce proprio dal tentativo di voler dare strane personalità a un vino che ne ha già una fortemente determinata."

In tutto questo, come ho scritto su Facebook, Gianfranco Fino gioca un campionato a parte, l'ES è un vino che per quella tipologia, ad oggi, non ha rivali in quanto ha raggiunto una maturità ed una eleganza di rara espressione.



Cos'altro ho degustato oltre i vini di Fino?
Di seguito una rapida carrellata di quello che ho potuto bere fino a quando Ricci ha fatto cessare ogni attività vivente per poter presentare il Primitivo di Vespa e il libro biografia su Riccardo Cotarella che lo sta affiancando nei suoi primi passi da vignaiolo. Sigh.

Polvanera - Polvanera 14 2009: primitivo di Gioia del Colle prodotto da uve biologiche, presenta un olfatto caldo di frutta sotto spirito e toni vegetali. Al palato esce fuori un pò di alcol e forse, perde un pò in persistenza. E' il fratello piccolo dei più blasonati Polvanera 16 e 17. Un buon base ma nulla di più.


Cantina Due Palme - Sangaetano 2011: primitivo di Manduria che offre un corredo olfattivo dove emergono note di ciliegia, visciola e toni minerali. Bocca mordida, calda, di buona freschezza. In vendita sul sito aziendale a otto euro e cinquanta.

L'Astore Masseria - Jèma 2010: da uve biologiche è, onestamente, il primitivo che più di tutti non ho capito. Aveva, e Antonio lo sa bene, una nota resinosa e aromatica che porta fuori da ogni schema. Dovrebbe fare solo acciaio.

Morella - La Signora 2009: di questa azienda apprezzo spesso l'Old Vines e questo "base" conferma il buon manico dell'enologa Lisa Gilbee che cerca di valorizzare al massimo il patrimonio di vecchie vigne a sua disposizione. La Signora si conferma molto tipico con i suoi sentori di frutta rossa matura e macchia mediterranea. Buona la beva grazie alla fervida acidità del vino.




Masseria Cuturi - Primitivo 2011:  caspita è il vino di Vespa e Cotarella! Risultato? Tanta dolcezza e morbidezza per un vino molto piacione e avvolgente che non è esente da pecche come un tannino che va un pò per cavoli suoi. Piacerà alla gente che piace?

Cantine De Falco - Bocca della Verità 2011: la verità è che trattasi di vino abbastanza anonimo, di quelli che fai perchè il primitivo nella gamma dei vini ce  lo devi avere. Tanta prugna, mora, spezie legnose e poco altro.

Racemi - Dunico 2009: da vigne ad alberello nasce questo primitivo abbastanza austero al naso che, sfortunatamente, non mantiene le premesse al sorso che rimane un pò sfuggente dal centro bocca in poi. Chiusura ammandorlata.

Soloperto - Cento Fuochi 2011: un primitivo che sa di fico, dattero e cioccolato. Ideale per Natale. E non è un complimento. 

Conti Zecca - Primitivo 2009: molto profondo, sa di cuoio, cacao, frutti neri, Sorso molto didattico, generoso, fruttato. 

Il Primitivo restante, come scritto, non ho avuto modo di provarlo ma alcuni illustri colleghi di bevute mi dicono che Albea aveva nella sua gamma due discreti prodotti. Non ho provato, perchè non trovato, il 7° Ceppo di Taurino che, da quanto leggo in giro, dovrebbe essere molto interessante.

Per chiudere il discorso, nel futuro, preferirei versioni di Primitivo meno spinte nella morbidezza e nell'uso della barrique che, in alcuni casi, è davvero spregiudicata. Spererei, inoltre, che i produttori riducessero anche la resa per ettaro in un'ottica di poco ma buono. E' vero, il percorso è lungo, ma la volontà di fare bene in Puglia c'è e il patrimonio ampelografico della Regione è straordinario. Seguire una rotta unica si può, basta volerlo!

Per completezza, ecco la lista delle aziende invitate dall'AIS Roma:

AGRICOLE VALLONE – ALBEA - ANTICHE TERRE DEL SALENTO – APOLLONIO - AZIENDA MONACI – BARSENTO - CANTINE DE FALCO - CANTINE DEL COLLE - CANTINE DUE PALME - CANTINE POLVANERA - CANTINE SANTA BARBARA - CANTINE TEANUM – CARDONE – CASALBAIO - CASTELLO MONACI - CONTI ZECCA – CUPERTINUM - DUCA CARLO GUARINI - FEUDI DI GUAGNANO - FEUDI DI SAN MARZANO - FEUDI DI TERRA D'OTRANTO – FINO - L'ASTORE MASSERIA - LEONE DE CASTRIS – LONGO - MASSERIA ALTEMURA - MASSERIA CAPOFORTE - MASSERIA CUTURI - MASSERIA LI VELI – MOCAVERO – MORELLA – PAOLOLEO - PRODUTTORI VINI MANDURIA - RACEMI - ROSA DEL GOLFO - SCHOLA SARMENTI – SOLOPERTO – TAURINO - TENUTA PARTEMIO - TENUTE RUBINO – TORMARESCA - TORRE QUARTO - VALLE DELL'ASSO – VETRERE - VIGNETI REALE

Champagne Facial: la nuova tendenza ha un non so che di...frizzante

La sua pagina Facebook conta più di 15.000 MI PIACE e il suo sito internet vanta migliaia di visitatori unici. 
Parliamo di Kirill Bichutsky, uno dei tanti fotografi della notte di New York che ama bazzicare le feste più cool per scattare scene di vita mondana.
Ok, ma perchè parlo di lui? Semplice, perchè questo tizio pare che si è fatto una grande pubblicità con una semplice trovata: scattare foto di "Champagne Facial".

Questa pratica, che si ispira ad un atto sessuale (e te pareva), consiste nel farsi fotografare mentre si beve champagne in maniera ammiccante cercando di fare fare più schiuma e spruzzi possibili.

Aspettando da un momento all'altro la foto di Paris Hilton, inserisco un pò di quelle che sono disponibili sul sito. Solo una domanda: visto il costo del vino e ciò che rappresenta, perchè non fare il "Romanella Facial"?











Vigna Rionda Massolino 1999: ah, che gran Barolo!!

Parlare di Massolino è come aprire un libro di storia del vino italiano visto che la famiglia è presente sulla scena vitivinicola dal 1896 e Giuseppe, fondatore dell'azienda, è stato tra i principali promotori del Consorzio di Tutela del Barolo e Barbaresco.
Alla famiglia Massolino, di stanza a Serralunga d'Alba, appartengono anche tre dei cru storici di Langa acquisiti tutti durante la metà del secolo scorso: Margheria, Parafada e Vigna Rionda.
Quest'ultimo Cru è stato fortemente voluto da Giuseppe e Renato Massolino che al tempo, comprendendone le grandi potenzialità, decisero di scambiarlo con un altro vigneto di maggiore estensione. Oggi, scrive Masnaghetti su Enogea, Vigna Rionda rappresenta un vero e proprio sinonimo di Barolo di Serralunga, anche se per la verità lo stile dei suoi vini è quello che più si stacca dai canoni riconosciuti di questo comune.

Fonte: Enogea

Il Vigna Rionda di Massolino attualmente ha un'estensione di 2,30 ettari ed è caratterizzato geologicamente da un terreno di origine terziaria (formazione geologica Elveziana), ricco di depositi calcarei, marne, sabbie fini, arenarie, alternati a residui minerali. L'esposizione è sud ovest.

Fatta questa opportuna premessa, utile per inquadrare il contesto di riferimento, torno a bomba al Barolo Vigna Rionda 1999 degustato qualche tempo fa durante la serata "Nebbiolo al Salotto" organizzata col mio gruppo EnoRoma.

Tanti i Barolo presenti alla cena, magari ne parlerò più avanti, ma questi, oh questo, è stato davvero il mio preferito. Ho scoperto che amo i classici. 
Che ci posso fare se, al posto del 3D e del Dolby Surround, adoro il bianco e nero?
Nel mio bicchiere, col suo confortevole color granato, si presenta un Barolo talmente puro e cristallino che il suo naso grida:"Nebbioloooooooooooooo" da cento metri di distanza. E' radioso nella sua espressione di anice e violetta, menta, lampone mentre col tempo si carica di dinamismo e subentrano le note più marcate di spezie e ferro impreziosite e alleggerite da una nota di arancia sanguinella che fa salivare dalla freschezza.


Al sorso è prepotentemente ed elegantemente fresco, giovane, con tannino solido e puntuale. Ciò che ammiro in questo Barolo sono le proporzioni, perfettamente modulate e cesellate da un artista per dar vita ad una beva di grande espressione e tipicità. 
Era ottimo appena uscito, è grande oggi e sarà eccezionale domani. Cosa chiedere di più ad un Nebbiolo così?

Piccola nota tecnica: il Barolo Vigna Rionda Massolino si caratterizza per una fermentazione e macerazione di 25-30 giorni ad una temperatura variabile tra i 31 e i 33 °C ed è invecchiato per 6 anni complessivi, di cui 3.5 in botti da 30 hI circa in rovere di Slavonia e 2,5 in bottiglia.

Arrestato il presunto attentatore al Brunello di Gianfranco Soldera

Sarebbe un ex dipendente il responsabile dell'atto vandalico compiuto nei giorni scorsi nelle cantine della ditta vinicola Case Basse di Montalcino (Siena), quando ignoti hanno versato nelle fogne 600 ettolitri di Brunello, danneggiando irreparabilmente la produzione dell'azienda guidata da Gianfranco Soldera. L'uomo, Andrea Diggisi, avrebbe compiuto l'atto vandalico per vendetta dopo essere stato licenziato.

Fonte: TGCOM

Aggiornamento da Il Corriere Fiorentino

Avrebbe agito per vendetta l'ex dipendente dell'azienda vinicola Case Basse di Montalcino, arrestato con l'accusa di aver fatto finire nelle fogne 600 ettolitri di Brunello prodotto dalla stessa impresa per cui aveva lavorato. È quanto si spiega in una nota dei carabinieri del comando provinciale di Siena il cui nucleo investigativo, insieme ai colleghi di Montalcino, ha effettuato ieri sera l'arresto, in esecuzione di misura cautelare disposta dal gip senese Bruno Bellini, per il reato di sabotaggio. 

L'arrestato, un romano di 39 anni, A.D., già conosciuto alle forze dell'ordine per reati contro il patrimonio, spiegano sempre i militari, sarebbe stato «mosso da vecchi rancori» nei confronti del suo ex titolare: tra i motivi, «quello dell'aver preferito un altro dipendente nell'assegnazione di un alloggio di pertinenza dell'azienda». La scoperta dell'atto vandalico risale al 3 dicembre scorso: chi ha agito, dopo essere entrato nella cantina di Case Basse, aveva aperto i rubinetti delle botti facendo defluire nelle fogne 600 ettolitri di Brunello, distruggendo l'intera produzione di vino dal 2007 al 2012. Le indagini, coordinate dal pm Aldo Natalini, inizialmente si erano indirizzate su varie ipotesi investigative «per poi convergere su quella che ha portato all'arresto dell'odierno indagato nei cui confronti venivano raccolti molteplici e concreti elementi di responsabilità in ordine al contestato reato di sabotaggio». Maggiori particolari saranno resi noto in una conferenza stampa in programma alle 11 al comando provinciale dei carabinieri a Siena.

L'intervento del sindaco di Montalcino e del Consorzio 

In merito alle indagini sull’atto vandalico che ha colpito duramente Gianfranco Soldera e l’Azienda Case Basse, il sindaco di Montalcino Silvio Franceschelli e il presidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci – a nome di tutto il Consiglio di Amministrazione del Consorzio – sottolineano come “ad oggi le evidenze presentate dalle forze dell’ordine confermano quanto già espresso dal Consorzio e dai rappresentanti istituzionali della comunità montalcinese e cioè che si sia trattato di un atto vile ed inqualificabile totalmente estraneo alla cultura ed ai valori del territorio montalcinese che a sua volta ne è stato vittima indiretta in quanto colpendo una delle sue eccellenze più conosciute di fatto ha danneggiato tutto il sistema dei produttori”.

Ciò – prosegue Bindocci – mi porta anche a ribadire la nostra condanna di coloro che, a vario titolo, in modo cosciente e del tutto arbitrario, hanno voluto ricondurre quanto accaduto ad ipotesi criminali o vendette tra produttori, danneggiando consapevolmente l’immagine di Montalcino e, con essa, di uno dei più prestigiosi prodotti del Made in Italy nel mondo”

Per il sindaco Franceschelli e il Presidente Bindocci “questo ovviamente non diminuisce la gravità della vicenda che, al di là di letture fantasiose e strumentali di cui nelle sedi opportune si chiederà conto, rimane un atto inaccettabile che ha colpito duramente un produttore stimato e conosciuto come Gianfranco Soldera, cui confermiamo tutta la solidarietà dei produttori, solidarietà che da sempre rappresenta un grande valore di questo territorio”.

Desideriamo infine ringraziare le forze dell’ordine – concludono – per la celerità e competenza con cui hanno portato a termine le indagini, dissipando così ogni lettura tendenziosa dei fatti e ridando serenità al territorio che da sempre presidiano con grande efficienza”. 

I vini delle isole: Bianco Pomice 2008 - Tenuta di Castellaro

Un progetto coordinato dal bravissimo Salvo Foti, un'isola, quella di Lipari, in pieno Mediterraneo e di una bellezza disarmante, vigne ad alberello allevate tradizionalmente con tutore di legno in castagno che, a nord-ovest, si affacciano sulla spettacolare veduta dell’isola di Salina, Alicudi e Filicudi mentre a sud/est guardano l'isola di Vulcano.

Foto dei vigneti appena piantati
Se, poi, tutto questo è ben gestito da un'azienda seria come la Tenuta di Castellaro che, proprio grazie a Foti, è stata inserita nei progetto de I Vigneri, allora nel nostro bicchiere non possiamo non avere vini di grande personalità come questo Bianco Pomice 2008 (Malvasia delle Lipari 60%, Carricante 30%, e altri vitigni autoctoni 10%) che sto degustando mentre scrivo.

Fortunatamente altri, prima di me, ne hanno decantato le lodi perchè trattasi, almeno in questa annata, di uno dei migliori bianchi italiani che abbia degustato.


Questo vino è figlio del suo territorio, ha sale e sole come genitori e calda mineralità tra le sue radici, profonde, che immagini cercare acqua e  nutrimento nel terreno alla stregua dei cercatori d'oro nel Klondike.
L'impatto olfattivo, intenso, è tipico dei terreni vulcanici come quelli dell'isola di Lipari per cui la prima sferzata aromatica di ricorda la selce e l'ossidiana, poi arriva il sole e il vento dell'isola e la sfera aromatica muta, diventa calda di frutta gialla, mandorla, fiori di campo. 
E il mare? Non può mancare perchè di sale ne troviamo tanto, sia come cornice olfattiva sia quando beviamo il vino a cui le durezze del suo essere salmastro e  minerale vengono subito bilanciate dalla nota fruttata e ammandorlata. 
Finale lungo, lunghissimo, come la scia della nave che, finita la bottiglia, mi porta via, momentaneamente, da Lipari.

ES 2010, ESsere numero uno

Non capisco perchè l'ES di Gianfranco Fino sia spesso al centro di diatribe tra sostenitori o contrari. Come tutti i vini può piacere o non piacere, questione di gusti soggettivi.
La realtà oggettiva comunque dice che per il secondo anno consecutivo l'ES 2010 sia il vino preferito dalle guide secondo la classifica di Milano Finanza che incrocia i vari voti ottenuti dal vino. 
Che sia il miglior vino in assoluto non so, non mi interessa, quello che conta invece è che dietro a quel vino ci siano due grandi persone come Gianfranco e Simona Fino. Due persone oneste con i piedi ben piantati per terra. La terra pugliese. Tutto il resto, vino incluso, è una prosecuzione del loro lavoro.


Per quanto riguarda gli altri posti in classifica troviamo al secondo posto il San Leonardo 2007  e al terzo posto, a pari merito, il Barolo Cannubi Boschis 2008 Sandrone,  l'Amarone della Valpolicella Classico 2005 di Bertani, il Sassicaia 2009 e il Torgiano Rosso Vigna Monticchio Riserva 2007 Lungarotti.

Scorrendo, poi, due obrobri: l'83 dato da Maroni al Barbaresco Asili 2009 di Giacosa e l'81 dato sempre dal noto critico al Brunello di Montalcino 2007 Poggio di Sotto. Ma come si fa????

Gianfranco Soldera ringrazia ma va avanti da solo. Pensavate cambiasse?

Gianfranco Soldera nel suo ultimo comunicato stampa ha ringraziato tutti per le manifestazioni di affetto ma ha gentilmente declinato qualunque tipo di aiuto da parte del Consorzio che aveva invitato i produttori di Montalcino a devolvere parte del loro vino a Soldera. Un calcio all'ipocrisia visto che i rapporti con molti di loro non erano e non sono idilliaci. Per cui, avanti da solo, condannando ogni tipo di speculazione sul suo vino.  

Di seguito il comunicato stampa integrale:

Desideriamo innanzitutto ringraziare tutti coloro che - direttamente e indirettamente - ci hanno espresso la loro solidarietà e vicinanza; chi ci ha spronato a continuare e chi si è offerto di aiutarci anche con il proprio lavoro. Una partecipazione straordinaria, da ogni parte del mondo, che ci ha lasciati stupiti, commossi ed orgogliosi. Ad ogni messaggio abbiamo prestato attenzione ed ognuno rimarrà parte della nostra storia. Vorremmo rispondere a tutti se riuscissimo. Un filo invisibile ma indistruttibile ci unisce ormai a chi condivide i nostri valori, a chi si è indignato per questo crudele sfregio al lavoro ed alla passione, a chi come noi vuole reagire andando avanti senza cedere ai propri principi. Oltre l’ambito del settore in cui operiamo, oltre i confini geografici. Questo territorio e i suoi frutti sono patrimonio unico di una comunità senza confini e ciò conferisce a tutti coloro che lo vivono e vi prestano il proprio lavoro la responsabilità di preservarlo e di valorizzarlo. In questa logica, la proposta sorta in seno al Consiglio del Consorzio del Brunello di Montalcino, riunitosi in seduta straordinaria il 7 dicembre, merita il nostro sentito ringraziamento. E’, peraltro, preferibile, a nostro parere, che i frutti raccolti da questa azione venissero destinati non a favore di Case Basse ma a sostenere attività di ricerca e sperimentazione che abbiano come oggetto il vitigno ed il vino Sangiovese nel territorio di Montalcino e la sua valorizzazione nel mondo, con il coinvolgimento delle Università di Siena e Firenze e l’apporto imprescindibile di giovani ricercatori.

Per quanto ci riguarda, intendiamo continuare la nostra attività basandoci sulle nostre forze oltre che sull’apprezzamento e sostegno del nostro distributore in Italia e di tutti i nostri importatori ed affezionati clienti. Desideriamo, infine, informare tutti che dal 3 dicembre, fino a data da stabilire, abbiamo sospeso la vendita dei nostri vini. Pur rispettando la libertà commerciale degli operatori del settore, pensiamo importante comunicare il nostro dissenso e la nostra estraneità a pratiche speculative sul prezzo dei nostri vini già sul mercato, pratiche che allontanando il consumatore finale dall’accessibilità al vino snaturano il senso del nastro lavoro: condividere con gli appassionati il piacere dì apprezzare un vino unico”.

Famiglia Soldera

Gulfi, il Nero d'Avola buono della Sicilia

Ve la ricordate la moda del Nero d'Avola? Io sì, molto bene, non c'era wine bar a Roma che non proponesse vini siciliani da questo vitigno. 
Prodotti scadenti, derivanti da uve di dubbia provenienza e qualità, molte le aziende che hanno cavalcato il momento e poche, purtroppo, quelle che hanno lasciato veramente il segno.
Per offrire il meglio di un vitigno e di un territorio bisogna lavorare sodo e crederci veramente, occorre andare oltre le tendenze e il gusto imposto dal marketing.
Perciò, se qualcuno mi domanda chi produce un grande Nero d'Avola, la risposta che dò è sempre la stessa: Gulfi!

Grappolo di Nero d'avola

Lo dico, questo, non tanto perchè si tratta di un'azienda biologica e naturale, non tanto perchè le sue vecchie vigne ad alberello sono un capolavoro di tradizione ed agronomia, dico Gulfi perchè, tra le pochissime in Sicilia, questa azienda ha saputo mantenere ben saldo il timone della memoria contadina e della qualità anche in tempi non sospetti evitando, lo sottolineo, di sputtanare un grande vitigno autoctono italiano.

Vigneti Gulfi

Gulfi, un progetto nato nel 1996 attraverso la collaborazione di Vito Catania con Salvo Foti, non ha soltanto custodito un patrimonio vitivinicolo mantenendo in equilibrio tutti il territorio circostante ma, soprattuto, ha eletto il Nero d'Avola come suo vitigno di elezione andando a creare sei grandi vini in purezza, quattro dei quali sono cru con produzione nelle vigne di Pachino (Nerobufaleffj, Neromaccarj, Nerobaronj, Nerosanloré), a cui si devono aggiungere il Nerojbleo e Rossojbleo, anch’essi Nero d’Avola in purezza prodotti nelle vigne di Chiaramonte Gulfi (RG).

Cru da Nero d'Avola, capito? Ma sono pazzi, visionari o cos'altro questi?

La mia irrefrenabile curiosità di capire, provare, valutare, è stata soddisfatta pochi giorni fa, quando a Roma sono riuscito ad organizzare una cena con nuove e vecchie annate di Nero d'Avola Gulfi. Di seguito, le mie note di degustazione.

Nerojbleo 2008 (100% nero d'avola): è il "base" aziendale, non un Cru, derivante da vigne di quattro ettari locate in zona Chiaramonte Gulfi. Ha una approccio didattico, è caldo, sa di ciliegia sotto spirito e tanta solare avvolgenza. Bocca tipica, con tannino appena accennato e tanta rotondità. 

Nerosanlorè 2007 (100% nero d'avola): vino derivante dalla Vigna San Lorenzo (2,5 ettari) che, fra i vari, rappresenta il Cru più vicino mare (circa 700 metri). Da terreni particolarmente ferrosi e minerali nasce un vino che respira mediterraneità. Rispetto al precedente ha un naso più complesso, ci sento il timo, il cappero, la salamoia, il salmastro. L'anima marina la si percepisce perfettamente in bocca dove il nero d'avola esplode in orizzontalità ed equilibrio. Finale ammondorlato e caldo.

Vigna San Lorenzo

Nerobaronj 2002 (100% nero d'avola): la Vigna Baroni si estende per circa 3 ettari nell'omonima contrada di Pachino e il suo colore bianco, quasi lunare, dipende dalla fortissima oncentrazione calcarea del terreno che nutre le vigne, non irrigate, di oltre 35 anni di età che offrono rese che non vanno oltre i 40 q/ha. Il vino, figlio di un'annata non troppo calda in Sicilia, è soprendente perchè da un  Nero d'Avola di oltre 10 anni non ti aspetti questa profondità e questa terziarizzazione che sa di eleganza e territorialità. Suggestivi sono i soffi aromatici di caffè, cuoio, humus che escono subito nel bicchiere ma, col tempo, il vino cambia e diventa balsamico, fruttato di gelso. Sorso dinamico, vivo, verticale. Piaciuto molto e, penso, sia un vino che possa andare avanti ancora per molto.

Vigna Baroni, bianchissima

Neromaccarj 2000 (100% nero d'avola): la Vigna Maccarj, situata sempre in zona Pachino, si estende per tre ettari su un terreno calcareo argilloso caratterizzato da stratificazioni molto sottili e compatte. Questo fa sì che il vino che ne esce sia, tra i vari Cru, quello più potente e ricco e questo Nero d'Avola che ho nel bicchiere, pur avendo circa 13 anni, lo conferma appieno. E' un vino scuro, duro, a tratti scontroso, ineceppibilmente siciliano nei profumi di ginepro, liquirizia, fico, grafite. Sorso graffiante con un tannino più energico rispetto agli altri. C'è tanta acidità a sorreggere una struttura ancora importante. Chiusura lunga, in evoluzione.

Vigna Maccarj

Durante la cena ho anche bevuto un ottimo Carricante in purezza ma, per quello, farò un post ad hoc visto che è un altro grande vino targato Gulfi.

Alla prossima!

Foto: Gulfi.it