Marqués de Riscal tra passato, presente e futuro


Vai da Marqués de Riscal e capisci subito la vera essenza dell'enoturismo che da queste parti, in Rioja, è una cosa seria: prenotazioni on-line, Agosto sempre aperto, visite in tre lingue, sala d'attesa con wine bar, etc..
Vai da Marqués de Riscal e, nonostante una struttura all'avanguardia, capisci che qua la storia ha radici molto lontane. 
E' il 1858 quando Don Guillermo Hurtado de Amézaga, Marqués de Riscal, diplomatico, giornalista con residenza a Bordeaux, inizia a collaborare con Jean Pineau, enologo di Chateau Lanessan, al fine di insegnare ai produttori locali della provincia di Álava (Rioja) i metodi di produzione usati nel Médoc. 
E' l'inizio di una nuova era perchè ai classici Tempranillo e Graciano si affiancheranno anche uve fino allora sconosciute come Cabernet Sauvignon, Merlot, Malbec e Pinot Nero. 
E' il 1860 quando sulla scia dell'entusiasmo il Marqués de Riscal fonda la sua cantina con l'obiettivo di ottenere il primo “ Grand Vin ” spagnolo.
E' il 1895 quando quando il suo Rioja vince a Bordeaux il prestigioso Diploma d’Onore. Per la prima volta questo riconoscimento viene conferito ad un vino non francese. 

E' l'inizio del mito Marqués de Riscal!

Da buoni enoturisti in vacanza abbiamo prenotato il giro della cantina per il 7 Agosto e, dopo averci marcato con un adesivo blu (il colore per il tour in spagnolo) abbiamo aspettato il nostro turno all'interno del wine bar della reception...

La reception con tanto di wine bar aziendale...
La prima tappa del tour è il classico video aziendale che mostra all'allegra truppa vita, morte e miracoli dell'azienda. Appisolante.
Dopo qualche minuto, scendendo di un piano, la nostra guida apre un portone gigantesco e ci porta all'interno della sala di fermentazione dell'azienda, una sorta di cattedrale d'acciaio dove troviamo 251 tini che devono contenere la bellezza di 2000 Kg di uva proveniente da 1300 ettari di vigneto aziendale (solo per la D.O. Ca Rioja)!!

una parte della cantina
La sala controllo. Altro che artigianalità!
Scendiamo di un piano ancora e ci troviamo nella "sala malolattica" dove incontriamo altre vagonate di tank in acciaio, 76 per la precisione, che subito dopo la fermentazione devono lavorare circa migliaia di litri di vino per trasformare l'acido malico in acido lattico.

Tank in acciao per la malolattica
Dopo tanto acciaio arriviamo finalmente al legno e alla conseguente sala (?!) affinamento dove, a perdita d'occhio, troviamo migliaia di barrique per tutti i gusti e tutti i legni. L'idea di fare una cantina stile Bordeaux qua è molto tangibile.



Vabbè ma la storia di Marqués de Riscal dov'è? La domanda trova subito una risposta quando, uscendo sul piazzale principale, la nostra guida apre la piccola porticina di quella che viene definita "La Cattedrale" ovvero la cantina di affinamento del vino in bottiglia localizzata all'interno della vecchia cantina del 1860. Tra silenziosi e bui corridoi, tra ragnatele e muffe si può finalmente respirare il passato di questa azienda. Ora ci troviamo in un piccolo grande museo del vino dove sono tenute ancora oggi bottiglie che risalgono a circa 150 anni fa. Purtroppo lo possiamo vedere solo da lontano, non si fidano degli enoturisti...

La vecchia cantina. Foto dal sito aziendale.
Vecchie bottiglie. Foto dal sito aziendale.
Dopo la (noiosa) visita della sala imbottigliamento giungiamo all'interno della nuova cantina di affinamento (9 milioni di bottiglie son tante!) dove troviamo grattaceli di vino che attende il momento giusto per essere venduto. Da notare la differenza tra Reserva (2anni di legno più un altro anno minimo di bottiglia) e Gran Reserva (32 mesi di barrique più altri 3 anni minimo di bottiglia).



L'ultima parte del tour, come di consueto, è dedicata alla degustazione del vino all'interno della "tasting room". Due i vini presentati: il Rueda Verdejo D.O. 2010 (100% Verdejo) e il rosso Marqués de Riscal Reserva 2006 (90% tempranillo e 10% graciano e mazuelo).

Il primo vino è un bianco che prevede macerazione a freddo e fermentazione di 20 giorni a temperatura controllata a cui segue breve affinamento. Per me è un classico vino estivo a tutto pasto che punta molto sulla freschezza e sugli aromi un pò "piacioni" di frutta esotica ed agrumi con un tocco d'erbaceo finale. Ottimo equilibrio, piacevole da bere. 
Da notare come Marqués de Riscal, nel 1972, fu la prima a creare all'interno della D.O. Rueda un'azienda dedicata esclusivamente alla produzione di vino bianco introducendo, nel 1974, sempre per la prima volta nella zona, l'uso del sauvignon blanc.


Il Marqués de Riscal Reserva 2006, maturato per due anni in botti di rovere americano ed affinato almeno un anno in bottiglia, rappresenta per l'azienda il classico stile Rioja: un vino fresco, fine ed elegante da poter invecchiare per anni. 
Per me rappresenta qualcosa di diverso, forse il futuro di Marqués de Riscal e non certo il passato perchè non è certo un vino "tradizionale". Anzi. 
Il naso inizialmente parte bene, minerale con tratti ferrosi, poi esce fuori la nota di frutta secca e, soprattutto, di legno che stanca l'olfatto e rende tutto troppo moderno.
In bocca è un vino abbastanza semplice che, a mio modesto parere, non ha alcun carattere di un vino di Riserva come lo intendo io. Ok, sarà abbastanza equilibrato, facile da bere, però da un vino di 5 anni mi aspettavo di meglio, soprattutto se ha il marchio storico di Marqués de Riscal. Dimenticato il passato troppo facilmente?



Fulvio Bressan ritorna a Roma e ne promette delle belle


Ieri una pomeriggio una telefonata mi ha scosso dall'afa che da molti giorni sta attanagliando Roma.


"Pronto Andrea sono Fulvio Bressan, ti volevo avvertire che domani pomeriggio sarò a Roma perchè come ben sai, lunedì sera, c'è quella cena con i miei vini a Grottaferrata"...

"Ciao Fulvio, tutto ok, domani sono libero nel pomeriggio"

"Bene, allora ci vediamo e porta l'attrezzatura, voglio raccontarti molte cose che sono successe, faremo un altro video di quelli tosti!!"

"Perfetto, a domani allora, non vedo l'ora!

Per chi non conoscesse ill carattere e, soprattutto, i vini di Bressan rimando a quanto scritto da me qua e a questo video


Pensate che Fulvio sia un maleducato? Io, invece, lo trovo un gentile anarchico del vino.....

Una verticale di Château d'Yquem grande come una casa



La foto forse non rende l'idea della grandezza ma, in tutti i modi, siamo di fronte ad un pezzo di storia del vino mondiale. Se avete già un vostro appartamento e non sapete come spendere i prossimi 700.000 euro ecco un'idea per farvi un regalo costoso come una casa: una verticale storica di Château d'Yquem. Io, ovviamente, faccio da intermediario, sarò il vostro agente di fiducia a provvigione low cost. 
Avanti, cosa aspettate, la vostra cantina sarà talmente invidiabile che potreste avere a cena anche Paris Hilton... 

Ah, il dettaglio dell'offerta speciale....

Chateau d'Yquem Vintages Bottles Chateau d'Yquem Vintages Bottles Chateau d'Yquem Vintages Bottles
1890 1 1931 1 1970 1
1891 1 1932 1 1971 1
1892 1 1933 1 1972 WINE NOT PRODUCED
1893 1 1934 1 1973 1
1895 1 1935 1 1974 WINE NOT PRODUCED
1896 1 1936 1 1975 1
1898 1 1937 1 1976 1
1899 1 1938 1 1977 1
1900 1 1939 1 1978 1
1901 1 1940 1 1979 1
1902 1 1941 1 1980 1
1903 1 1942 1 1981 1
1904 1 1943 1 1982 1
1905 1 1944 1 1983 1
1906 1 1945 1 1984 1
1907 1 1946 1 1985 1
1908 1 1947 1 1986 1
1909 1 1948 1 1987 1
1910 WINE NOT PRODUCED 1949 1 1988 1
1911 1 1950 1 1989 1
1912 1 1951 WINE NOT PRODUCED 1990 1
1913 1 1952 WINE NOT PRODUCED 1991 1
1914 1 1953 1 1992 WINE NOT PRODUCED
1915 WINE NOT PRODUCED 1954 1 1993 1
1916 1 1955 1 1994 1
1917 1 1956 1 1995 1
1918 1 1957 1 1996 1
1919 1 1958 1 1997 1
1920 1 1959 1 1998 1
1921 1 1960 1 1999 1
1922 1 1961 1 2000 1
1923 1 1962 1 2001 1
1924 1 1963 1 2002 1
1925 1 1964 WINE NOT PRODUCED 2003 1
1926 1 1965 1 2004 1
1927 1 1966 1 2005 1
1928 1 1967 1 2006 1
1929 1 1968 1 2007 1
1930 WINE NOT PRODUCED 1969 1 Total Bottles: 107
« Total Vertical Collection »
£600,000 / HKD$7,710,000 / €696,000 / $990,000

Rosso di Montalcino: non mi sono dimenticato del cambio di disciplinare


Dopo aver scritto molto in passato della questione cambio di disciplinare del Rosso di Montalcino, intervista esclusiva a Alberto Mattiacci inclusa, non è che ora me ne sto fregando di tutto quello che sta succedendo da quelle parti. 
La nuova sfida del Consorzio è per il 7 Settembre, giorno in cui l'assemblea dei soci dovrebbe essere chiamata a sceliere tra lasciare intatto il disciplinare (ipotesi che appoggio) oppure perseguire due strade: creare un Rosso di Montalcino con un 15% di vitigni internazionali (chiamati migliorativi) e un Rosso di Montalcino Sangiovese oppure creare un  Rosso di Montalcino con un 15% di vitigni internazionali (chiamati migliorativi) e un Rosso di Montalcino Sangiovese Superiore.

Fonte: Intravino
Fonte: Intravino
Il dibattito è infuocato e ci sono blog molto autorevoli che stanno conducendo una battiglia interessante, anche tra di loro..... Visto che i miei contenuti, ad oggi, non offrirebbero nulla di nuovo alla questione, invito tutti a leggere Intravino o Vino al Vino per farsi un'idea di come Montalcino sia, in tutti i sensi, un catalizzatore di interessi e di polemiche
Ecco, di quest'ultime io mi sono rotto le palle, come ho sempre detto il destino se lo creano gli stessi produttori e, anche se cambiasse tutto, saprò sempre da chi andare e da chi NON andare. Come faccio adesso.

Ciachè? Il Txakoli dei Paesi Baschi!


Fino ad ora vi ho fatto due scatole tante parlando di Pintxos e cucina basca, oggi torno ad essere un grande appassionato di vino e vi vorrei parlare del Txakoli, il "vinello" basco per eccellenza che ogni barista vi servirà, versandovelo dall'alto, con ogni Pintxos preso tra le strade di San Sebastian e Bilbao.

Ma che è sto Txakoli (pronunciato Ciacolì)? E' un vino bianco leggermente frizzante che si produce nelle aree a denominazione di origine DO  di Álava, Getaria e Vizcay.


Spulciando su internet ho potuto capire che nella prima zona il Txakoli è coltivato in oltre 55 ettari attorno alle città di Artziniega, Ayala, Llodio, Okondo e Amurrio dove, tra l'altro, si trova la cantina più antica della denominazione d’origine di Álava, El Txakoli. Il disciplinare di produzione per questa DO prevede l'uso principale dell'uva Hondarribi Zuria con la possibile aggiunta di Bordeleza Zuria (Folle Blanche), Izkiriota Ttipia (Petit Manseng), Izkiriota (Gros Manseng) and Courbu.

A Vizcaya, invece, i comuni di riferimento per la produzione di Txakoli sono Orduña e Orozko. In queste terre le uve ammesse, Hondarribi Zuria, Folle blanche (chiamato da quelle parti Munemahatsa) e Hondarribi Beltza (bacca rossa), sono coltivate per oltre 150 ettari e danno annualmente circa 700.000 litri di Txacoli. 

Le principali località di produzione del Txakoli con DO di Getaria sono la stessa Getaria, Zarautz e Aia. Questa regione, che ha incrementato ultimamente la produzione di Txakoli portando gli ettari vitati da 66 a 177, ha una peculiarità rispetto alle altre: coltiva le uve, la bianca Hondarribi Zuria e la rossa Hondarribi Beltza, attraverso un sistema a graticcio (chiamato parra in basco). 

Fonte: Wikipedia
Io, che non mi fido molto del vino versato dai vari osti locali, ho voluto comprare in enoteca una bottiglia del miglior Txakoli (secondo loro..) in circolazione. Ed ecco qua, la recensione del mio primo (ed unico) vino basco acquistato: Ameztoi - Getariako Txakolina Primus 2010.


Il vino fa parte della DO Getaria ed è prodotto dalla storica cantina Ameztoi con il solo uso di uve Ondarrabi zuri e Ondarrabi Beltza le cui bucce, per questo vino, sono state mantenute a contatto col mosto (sur lie) per qualche giorno al fine di estrarre la massima complessità aromatica del vitigno.
Questo però non deve trarre in inganno nessuno perchè, nonostante tutti gli sforzi, il vino rimane sempre di un colore verdolino chiaro, leggermente frizzante, con odori molto lievi e freschi di mela verde, pesca bianca, lime, finocchio e un tocco di mandorla verde.
In bocca è scattante, dinamico, agrumato quanto basta e, forse, con una struttura ed una complessità leggermente migliori rispetto ai "classici" Tkakoli da osteria. Nulla comunque di esaltante, il vino ha una persistenza breve anche se la sua acidità invita alla beva di frequente.

Un paradiso per i ristoratori che devono vendere Pintxos in quantità!!

Vigneti aziendali
Txakoli in imbottigliamento



A Bilbao tra il museo Guggenheim e alta cucina low cost


Il Guggenheim di Bilbao, uno dei vari musei della Fondazione Solomon R. Guggenheim, è un museo di arte contemporanea progettato dall'architetto canadese Frank Gehr ed inaugurato nel 1997 per dare nuova linfa alla città di Bilbao e, in generale, a tutta l'area dei Paesi Baschi.
Progettato interamente in lastre di titanio, calcare e cristallo, il museo ospita al suo interno quasi esclusivamente esposizioni di arte moderna soprattutto nella forma di installazioni e opere multimediali. Saltuariamente in alcune sale del museo sono esposte alcune mostre di arte antica e di antiquariato con il proposito di far incontrare pubblici diversi.

Il Gatto di fiori all'entrata del museo
L'entrata del museo
Il Guggenheim visto da fuori
Sarà che l'arte moderna non è proprio nelle nostre corde, sarà che una certa romanità ce la portiamo sempre appresso, visitando le varie sale del museo ci siamo sentiti un pò come Alberto Sordi e Anna Longhi alla Biennale di Venezia.
 
John Bock - Palms, 2007
Paul McCarthy - Tomato Head (Burgundy), 1994
Kutluğ Ataman - Küba, 2004
Spossati da tanta arte incompresa, per pranzo ci siamo più che consolati entrando all'interno del ristorante del Guggenheim affidato al talentuoso chef basco Josean Martínez Alija.
Il progetto gastronomico ha previsto la creazione di un caffè, un bistrot low cost e di ristorante gourmet, il Nerua.
Noi abbiamo scelto il meno impegnativo Bistrò che propone versioni prêt-à-porter della cucina del Nerua ad un costo che non supera mai i 35 euro per un mneù degustazione.
Avendo poco tempo abbiamo optato per la Comida Express che propone un piatto principale e un dolce (più acqua, cestino del pane e vino rosso) per circa 20 euro. Questi i nostri piatti che, anticipo, sono stati tutti di grande gusto!

La Sala
Chipirones a la antigua, crema de garbanzos y caldo de su cocción
Merluza al horno, berenjena, tomate y albahaca con majado de aceitunas negras
Helado de frambuesa, yogur de cítricos y piedras crocantes de chocolate
Melocotón asado con tomillo “oreado”, arena de almendra y helado de queso

Il Chissenefrega di Agosto è per....


"La vendemmia rappresenta per tutti noi un momento importante dell’anno, un momento di verità, di bellezza e umanità, di condivisione di un rapporto particolare con la natura, gli amici, le persone che ci circondano a molte delle quali dobbiamo lo straordinario lavoro che si svolge nelle nostre terre durante tutto l’anno”.

Queste la parole di Gelasio Gaetani Lovatelli rilasciate a WineNews durante un'intervista dove, in via esclusiva, ha svelato anche il suo prossimo progetto: “la vendemmia sarà la protagonista assoluta del mio film, che sto scrivendo in tandem con il regista Giovanni Piperno, con il quale abbiamo girato, nel 2010, “Il pezzo mancante” dedicato a Edoardo Agnelli”.

Non dormiremo la notte. 

Gelasio Gaetani Lovatelli. Fonte: Gioia.it

Riflessioni sulla crisi dei wine blog


Che sta succedendo al mondo del vino sul web? 

Quest'ultima settimana più di una persona che stimo si è concessa una pausa di riflessione dal suo blog, sosta che in alcuni casi diventerà più che definitiva. 
Il primo ad interrompere le trasmissioni è stato Mr. Gary Vaynerchuk, l'inventore della "Wine Library TV" che tre giorni fa, a sorpresa, ha deciso di interrompere le trasmissioni del “Daily Grape”. Nonostante provi simpatia per questo personaggio che con parole semplici ha "rivoluzionato" l'approccio al vino degli americani, Gary Vaynerchuk non mi mancherà moltissimo anche perchè, sono sicuro, ha già in mente qualcos'altro visto che ormai è un'azienda che fattura milioni di dollari. La sua è una pausa studiata....

Fonte: http://www.next-tv.it
La cosa che invece mi addolora di più sono le "pause di riflessione" di due voci libere del web italiano che, con i loro wine blog, contribuivano a diffondere la cultura del vino dove cultura non c'è. Sto parlando di Angelo Peretti e Maria Grazia Melegari.
Le poche righe di commiato lette sui loro blog, Internet Gourmet e Soavemente, sanno di delusione e tradimento, è come se il web avesse prima illuso e poi tolto le speranze di chi sta lì a scrivere solo per passione. 

Mentre Peretti sta cercando di rivedere il "....rapporto con il vino e con il suo mondo e con il mio ruolo in quel mondo. Ruolo minore, da comparsa. Di più temo proprio di non valere", la Melegari lancia un grido di dolore perchè, a conti fatti, tenere un wine blog ormai comporta degli obblighi, doveri di presenza, scrittura, relazioni che, scrive sempre Maria Grazia, alla fine stancano.

Per comprendere le loro inconfutabili ragioni bisogna capire anzitutto perchè tasi entra un bel giorno nel mondo dei wine blog. Provo a dare una mia versione.
La partenza è tutta passione, è un bel gioco, ma ogni persona che inizia un progetto ha anche un obiettivo che, per chi scrive di vino, è quello di diventare un giorno influente, autorevole, stimato e, perchè no, anche pagato per quello che fai. La madre di tutte le domande è proprio questa: girare l'Italia del vino alla ricerca di produttori e vini da raccontare, stare davanti al PC di casa sottraendo tempo alla famiglia e agli amici, prima o poi porterà a qualcosa?


L'illusione del sì spesso ci maschera la principale verità: la risposta è, tranne rari casi, negativa
Fare il wine blogger in Italia non porta proprio ad un ciufolo se non a pacche sulle spalle e a rarissimi momenti di celebrità condivisi tra te e i pochi "eletti" che leggono di vino sul web.
Anche io pensavo di spaccare il mondo quando vinsi nel 2009 il Blog Cafè di Squisito come miglior sito internet di vino. 
Gianpaolo Paglia, vincitore nel 2008, mi scrisse subito dopo che quel titolo non avrebbe spostato nulla nella mia vita. Aveva ragione e lo ringrazio ancora.

Celebrità pochissima, soldi zero, ansia a mille per cercare di capire cosa scrivere nel prossimo post, alte possibilità di entrare in polemica col primo coglione di turno che travisa le tue parole....perchè allora continuare a scrivere? 
La domanda me la faccio spesso anche io e le risposte che mi do portano sempre dritte ad un punto: le soddisfazioni economiche le devo cercare in altri lidi, le soddifazioni esistenziali le cerco nell'abbraccio della mia compagna e nel calore dei miei amici, il vino rappresenta una passione da condividere e non uno scopo della mia vita. Tutto ciò che verrà in più, se verrà, sarà un surplus che mi godrò accanto a ciò che già ho.


San Sebastian sta ai pintxos come la pizza sta a Napoli


Da qualche parte ho letto che i pintxos (pinchos) si dividono in due categorie: quelli di San Sebastian, l'eccelenza in persona, e quelli che trovi negli altri bar dei Paesi Baschi. 
Per qualcuno non si può andare via da Donostia (nome basco di San Sebastian) senza essere passati da Arzak mentre per noi che amiamo le cose più semplici non si può partire senza aver fatto una scorpacciata di questi "stuzzichini" (una fetta di pane con sopra verdure, carni, frutti di mare, salumi e formaggi) che spesso e volentieri raggiungono i livelli dell'alta cucina "in miniatura".

Il bar Gandarias
ll posto migliore per mangiarli è senza dubbio la Parte Vieja di San Sebastian dove verso l'ora di cena inizia quello che da quelle parti si chiama Txikiteo, una sorta di "pub crawl" spagnolo dove ogni persona si sposta da un bar all'altro alla ricerca delle migliori prelibattezze accompagnate dall'onnipresente Txakoli (pronunciato "ciacolì"), il vino bianco frizzantino e dissetante di questa regione (a breve recensione del migliore bevuto).
Nel mio Txikiteo ho annotato i migliori bar: il primo che vorrei consigliare si chiama Gandarias (calle 31 de Agosto), un bar ristorante sempre pieno di gente che ti conquista appena metti piede col suo grande bancone pieno di ogni ben di Dio. Qua i pintxos, da mettere su un piattino con le mani, costano circa 2 euro e mezzo l'uno e noi ci siamo presi questi:


La Tosta de Jamón Ibérico che vedete in alto a sinistra è letteralmente da capogiro per la grande qualità del prosciutto.

La Cuchara de San Telmo è l'indirizzo da non perdere a San Sebastan se volete mangiare piccoli piatti di grande cucina basca. Qua non si trovano stuzzichini gourmet a base di pane ma veri e propri piatti di alta gastronomia in versione mignon, un assaggino e via. Appena entrati nel locale di proprietà di Alex Montiel Fuentes, barcellonese con esperienze da Ferran Adrià e Martin Berrasategui, una lavagna vi mostrerà il menù del giorno dal quale si deve solo scegliere per entrare per qualche minuto nel mondo dell'alta gastronomia. Noi abbiamo scelto due piatti a caso, un goloso Canelones caseros de carne de cocidas (2,9 euro) e uno strepitoso Foiè Cuchara con composta de manzana (3,6 euro).

La lavagna della Cuchara
Canelones caseros de carne de cocidas
Foiè Cuchara con composta de manzana
Altri ottimi indirizzi a San Sebastian sono La Cepa, Atari Gastroteka col suo ottimo maiale con zucca fritta e, sopratutto, Goiz-Argi che dal tanti anni sforna decine di spiedini di gamberi (bonus) e carne che voi sceglierete e che loro metteranno sul fuoco in un attimo. 



Ci siete ancora o siete già in viaggio verso i Paesi Baschi?

Il Made in Italy durante le mie vacanze......


RISTORANTI ALLA MODA

  
PIZZE TRADIZIONALI


 LA VERA MOZZARELLA ITALIANA


LA COLATURA DI ALICI PRESIDIO SLOW FOOD 


Che c'è di strano in questa ultima foto? Nulla, tutto perfetto, solo che in Italia in la colatura l'azienda me la vende a più del doppio..... Misteri

Festeggiare con lo Champagne in Formula 1

 

Questa è una foto abbastanza recente dove un pilota di Formula 1 esulta spruzzando Champagne dal palco inzuppando tutta la platea.  
Quante volte abbiamo visto questa scena? Moltissime, eppure pochissimo fino ad oggi si è saputo sulla genesi di questo rito a metà strada tra il gogliardico e il godurioso. Fino ad oggi perchè recentemente dai giornali si è appreso che è stato Dan Gurney il primo pilota a "profanare" una bottiglia di bollicine francesi a fini di festeggiamento.
Era il 1967 quando Dan Gurney, dopo aver vinto la 24 Ore di Le Mans a bordo di una Ford GT40 Mark IV assieme all'altro pilota A. J. Foyt, sul palco d'onore prese d'istinto una bottiglia di Moët & Chandon che si trovava là per altri motivi e cominciò a bagnare chiunque fosse a tipo di spruzzo.

Dan Gurney a Le Mans
Quella bottiglia e quel gesto non passarono inosservati visto che Flip Schulke, lungimirante reporter di Life, prese lo champagne vuoto e se lo fece autografare dallo stesso Gurney.
Schulke trattenne con sè il prezioso cimelio per decenni prima di ridarlo al pilota statunitense che oggi lo mostra alla stampa. La bottiglia è ancora bellissima, che ne dite?


Fonte: Rete