Da Predappio con amore: i vini di Noelia Ricci

“Siamo una storia di famiglia. Quattro generazioni di passione e dedizione al territorio. Siamo una storia di donne, siamo una storia di fratelli. Siamo una storia di terra, scritta con le antiche argille e le sabbie calcaree. Una storia che ha il colore chiaro del Sangiovese di una volta, quello delle vigne di Predappio e della Valle del Rabbi. Siamo una storia di silenzi, d’impegno e determinazione, una storia scritta con le mani di chi cura i filari e ascolta le viti.” 
Queste sono le parole di Marco Cirese che nel 2010 ha avviato il progetto Noelia Ricci, la sua azienda, il cui cuore, formato da sette ettari di vigneto, oggi diventati nove, si trova all'interno della Tenuta Pandolfa, una proprietà ricca di storia che si estende per 140 ettari tra vigneti, seminativi e bosco ai piedi dell’appenino Tosco-Romagnolo.

Entrata. Foto - Upperglass

La denominazione, Pandolfa, sembra che derivi direttamente da Sigismondo Pandolfo Malatesta, detto il “Lupo di Rimini”, che avrebbe stazionato a lungo in questi luoghi prima di accingersi a saccheggiare nel 1436 il Castello di Fiumana. Nel corso del tempo, dopo aver affrontato varie traversie, la Tenuta nel 1941 passò di mano al Commendator Giuseppe Ricci, imprenditore di Forlì, che negli anni '50, passata la guerra, iniziò i lavori di rinnovamento della tenuta acquisendo due poderi adiacenti e impiantò i primi vitigni di sangiovese e trebbiano

Alla morte del Ricci nel 1980, fu la figlia Noelia, carismatica e visionaria, ad intuire per prima il potenziale di questi pendii e, spinta da una forte passione per il suo territorio, iniziò a piantare nuove vigne e ad avviare i lavori di costruzione della nuova e più funzionale cantina che oggi formano un vero e proprio esempio di Chateaux in terra romagnola.
La zona di produzione, infatti, si trova a Predappio, lungo ampie vallate comprese tra le province di Ravenna e Forlì-Cesena, con quote tra i 100 e i 350 metri s.l.m. dove i terreni nascono da generose argille che salendo di quota, seguendo il torrente Rabbi, diventano sempre più colorate, leggere ed intrise di minerali. I cru più interessanti di Predappio si trovano in prossimità dei crinali delle colline sopra la linea dei calanchi e sono Predappio Alta, San Cristoforo, San Zeno e Rocca delle Caminate. 


I 9 ettari di vigneti di Noelia Ricci si trovano sul crinale della collina esposto a sud-est, tra i 200 e i 340 metri s.l.m. in località San Cristoforo. In questi terreni si vedono confluire tre differenti matrici geologiche: lo spungone da Bertinoro, l’arenaria da Modigliana e la marna sulfurea da Predappio. In queste terreni difficili si coltivano , attraverso una agricoltura sostenibile che cercherà di convertirsi verso una meditata scelta biologica, sangiovese, trebbiano e, in piccolissima parte, pagadebit.

Vigneti. Foto: 21grammy.com

Tre sono i vini prodotti da Noelia Ricci, tutti ispirati al mondo degli animali che viene riportato in etichetta attraverso illustrazioni provenienti dagli archivi storici di fine ottocento, perché in queste figure c’è quel realismo, non ancora fotografico, che lascia margine espressivo all'immaginazione. 


L'unico bianco aziendale si chiama Bro' (93% trebbiano romagnolo, 7% pagadebit) la cui etichetta si ispira alla balena che nelle culture orientali è simbolo della memoria, della famiglia e dell’esperienza. L'annata 2017, nonostante il caldo, è stata gestita egregiamente e regala un vino leggero ma al tempo stesso tagliente ed aguzzo grazie al suo profilo quasi da vino nordico visto che emergono prepotenti le sensazioni di agrume, pesca bianca e biancospino. Al sorso è una lama che stuzzica il palato con una decisa sapidità finale. 
Tecniche di Vinificazione: fermentazione in acciaio del solo mosto di Trebbiano in macerazione per 6 mesi con le bucce del Pagadebit.  
Affinamento: 6 mesi in acciaio sulle fecce fini e minimo 2 mesi in bottiglia.


Il vino rosso "di entrata" di Noelia Ricci è il "Il Sangiovese" che in etichetta è contraddistinto dall’immagine di una vespa, l’insetto che più di ogni altro vive la vigna e che ne protegge la biodiversità. L'annata 2016 dei questo Romagna Doc Sangiovese Predappio regala un vino assolutamente amichevole, gioioso, fresco ma al tempo stesso appagante per complessità e facilità di beva. E' un vino di grande qualità ma, al tempo stesso, di poche pretese estetiche che mira al godimento tra amici in una domenica spensierata dove si può stare bene anche con un bel panino col salame. La Romagna, per me, è questa!
Tecniche di Vinificazione: le uve Sangiovese dei differenti cloni sono raccolte assieme e fermentate in uvaggio. La fermentazione e la successiva macerazione sulle bucce avvengono in tini di acciaio a temperatura controllata. Il contatto del vino con le bucce dura mediamente 18 giorni; segue la fermentazione malolattica.
Affinamento: 6 mesi in acciaio e minimo 8 mesi in bottiglia.


Il terzo e ultimo vino della gamma è invece "Il Godenza" la cui etichetta rappresenta il primate che interpreta la scelta stilistica di un vino che torna alle origini delle tradizioni del sangiovese. Da me è stata degustata l'annata 2015 e, senza troppi giri di parole, non posso non affermare che questo sangiovese rappresenta per me una vera e propria sorpresa, ovviamente in positivo, grazie ad un profilo sensoriale diametralmente opposto a molti Sangiovese Superiore che spesso mi trovo a degustare in giro per l'Italia. Infatti, il vino in questione non ha quella robustezza e quella prepotenza che spesso li contraddistingue. No, il Godenza, proveniente da vigne con un’altissima presenza di sabbia arenaria, è assolutamente elegante e, per certi versi, aristocratico con quei suoi profumi che rappresentano un mix di ortensia, lampone, ricordi vegetali e spiccata mineralità. Al sorso è proporzionato, suadente, carezzevole grazie ad un tannino perfettamente levigato e, soprattutto, dotato di una gagliarda persistenza sapida che richiama il terreno da cui ha origine questo splendido sangiovese di assoluta territorialità. 
Tecniche di Vinificazione: le uve Sangiovese dei differenti cloni sono raccolte assieme e fermentate in uvaggio. La fermentazione e la successiva macerazione sulle bucce avvengono in tini di acciaio a temperatura controllata. Il contatto del vino con le bucce dura mediamente 28 giorni; segue la fermentazione malolattica.
Affinamento: 8 mesi in acciaio e minimo 12 mesi in bottiglia.

Il vino Frascati: un percorso storico millenario - Garantito IGP

L'origine della vitivinicoltura nei Castelli Romani si perde in epoche lontane fino a confondersi con la mitologia. Le leggende nate sulla vite e sul vino sono, infatti, numerose e hanno sempre come protagonista un Dio che dona la preziosa piantina all'uomo. Saturno, scacciato dall'Olimpo dal padre Giove, si rifugia nel Lazio e più propriamente nei Castelli dove insegna la coltivazione della vite a Giano (di qui il nome Enotrio).

Il mito di dio Giano - Foto: http://www.beatesca.com

I Romani svilupparono velocemente la coltivazione della vite tanto che ai tempi della Prima Repubblica il vino prodotto localmente non copriva più le richieste, e nel 200 a.C., iniziarono le importazioni e gli impianti di altri vitigni fino a quando, nel 92 D.c., Domiziano proibì di impiantare nuovi vigneti, per paura che la loro sovrabbondanza causasse una riduzione di coltivazione del grano. Cicerone aveva una Villa a Tuscolo e Catone nel 200 d.C. scriveva “ […] della vite mi piace non soltanto la sua utilità, … ma anche la coltivazione e la natura stessa”. La condizione della viticoltura nel Lazio mantenne un alto livello di ricchezza fino al primo secolo dell’Impero.

Con la decadenza dell’Impero Romano le Ville patrizie dei Castelli vennero in parte abbandonate, e con esse la viticoltura subì una riduzione, che rimase concentrata soprattutto nei Monasteri nelle Abbazie, cosicché l’agro tuscolano arrivò intorno all’anno Mille con ancora una buona parte di terreni coltivati a vigneto e, verso il 1300, buona parte della viticoltura era sotto la protezione dei religiosi per la produzione di vino da messa e per preparazioni medicinali.

Gli Statuti concessi alla città di Frascati da Marcantonio Colonna, Signore e Vicario di Papa Giulio II della Rovere, datati 1515, stabilivano, in alcuni importantissimi articoli, le zone da destinare a vigneto, le modalità per determinare l'epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino: precisamente detta l'art. 96: "che il vino delli forestieri si venda a ellezione dei soprastanti" (quindi un Consorzio di Difesa e Tutela ante litteram) e "Statuimo et ordiniamo che qualunque del detto castello, ovvero altri che venda vino, che lo portassi fori d'esso castello, a vendere in esso, che sia vino latino, non sia lecito a nessuno venderlo più di quello che gli sarà imposto dagli soprastanti, et chi contraffarà paghi pena di soldi vinti per qualunque volta et per qualunque misura". Sante Lacerio, bottigliere di Papa Paolo III (1534-1549), in una lettera sulla qualità dei vini in circolazione afferma che il vino migliore si produce a suo giudizio a Frascati, Marino e a Grottaferrata.

Marcantonio Colonna

La nuova concezione filosofica del Rinascimento, che riportava l’uomo e la sua vita secolare al centro dell’attenzione, diede nuovo impulso alla ricerca e alla valorizzazione dei beni terreni. Desiderosi di beneficiare del clima salutare del Tuscolano, Papi, cortigiani ed esponenti delle ricche famiglie romane ricostruirono Ville e Palazzi abbandonati, e, con loro, anche le attività nei campi ripresero nuova vita. Le Vie che collegavano Frascati e Grottaferrata a Roma furono ripristinate e se ne costruirono di nuove. Il vino Frascati divenne protagonista della storia della Roma papalina e ne influenzò usi, costumi, economia. Le oltre mille Osterie del territorio, che affascinavano gli osti romani, i nobili e i visitatori di passaggio, erano quasi tutte proprietà dei produttori di vino, e, intorno ad esse, nacquero riti e costumi che sono arrivati fino al secolo scorso.


Il XIX secolo vide una trasformazione del tessuto sociale del territorio di Frascati, che, impegnato nella coltivazione della vite, dove ormai la produzione di vino era diventata l’economia trainante, richiedeva una maggiore mano d’opera nei campi. Nacquero società per la commercializzazione di quel vino laziale che, commentato da tutti i cultori della vitivinicoltura, eccelleva in bontà, robustezza e gradazione alcolica, gradevolezza e dolcezza: Giuseppe Marrocco (1835) parlando degli abitanti di Monte Porzio Catone diceva che “la maggiore utilità l’hanno sul commercio del vino”; che a Grottaferrata “i vini sono eccellenti”; e del territorio di Frascati sentenziava “il terreno è feracissimo …produce eccellenti vini”. Il Coppi, nel Discorso agrario del 1865, letto nell'Accademia tiberina il dì 15 gennaio 1866, riporta che Fabio Cavalletti nel suo podere di Grottaferrata (tuttora esistente) adottò un nuovo sistema di coltivare la vite e che il vino è di qualità eccellente.


Il successo del vino Frascati, nei decenni successivi, non poteva non portare ad una diffusione indiscriminata e disordinata del nome, tanto che fu decisa la costituzione di una regolamentazione a sua difesa. Il Consorzio di controllo fu costituito a Frascati il 23 Maggio 1949 su iniziativa di 18 produttori, nella sede di allora della Sezione Coltivatori Diretti.
Il gruppo così composto si nominò “Consorzio per la difesa di vini pregiati e tipici di Frascati”. Stabilita l’area all’interno della quale i vini prodotti potevano fregiarsi del marchio Frascati, il Consorzio aveva il compito di tutelarne il nome in Italia e all’estero.

Paolo Stramacci, attuale Presidente Consorzio. Foto: Vinotype

Nel corso degli anni e di precise disposizioni di legge, il Consorzio ha modificato la propria denominazione prima in “Consorzio Tutela Denominazione Frascati” e poi nell’attuale “Consorzio Tutela Denominazioni Vini Frascati”, a seguito dell’ottenimento della DOCG nel 2011 da parte del Frascati Superiore e del Cannellino di Frascati, prima di allora tipologie comprese nella Denominazione di Origine Controllata Frascati, Doc istituita nel 1966, tra le prime quattro in Italia.

Contini - Nieddera della Valle del Tirso IGT 1995

di Lorenzo Colombo

Un centinaio d’ettari in provincia di Oristano, solo qui troviamo la Nieddera, antico vitigno sardo.


Dopo ben 23 anni questo vino ci colpisce ancora per la sua eleganza, la complessità dei profumi e per lo straordinario equilibrio gustativo

Vitigni chiamati Piwi - Garantito IGP

di Lorenzo Colombo

Venerdì 9 novembre - prima giornata del Merano Wine Festival - presso “The Circle” (il cosiddetto Fuori Salone), una tensostruttura situata in Piazza della Rena, erano presenti venti produttori di vini da vitigni PIWI, ossia resistenti alle malattie fungine.

Si tratta di vitigni concepiti con l’ausilio di università ed istituti di ricerca con lo scopo di ridurre al minimo i trattamenti legati alle malattie fungine, peronospora ed oidio soprattutto, alcuni di essi sono stati iscritti al Registro Nazionale delle Varietà di Vite, anche se al momento sono utilizzati solamente in alcune regioni del nord Italia: Alto Adige e Trentino in primis, ma anche Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia e non è possibile utilizzarle nei vini a denominazione. Qui sotto una mini-descrizione di quelli che compaiono nelle nostre degustazioni, pur avendo ben presente che ne esistono ormai molte altri.

Solaris: vitigno a bacca bianca ottenuto nel 1975 da Norbert Beker incrociando Merzling x (Zarya severa x Muscat Ottonel), è riconosciuta come varietà resistente alle principali malattie funginee.  Iscritto al Registro Nazionale delle varietà di vite dal luglio 2013, è presente in Lombardia, Trentino e Veneto e può essere utilizzato in 11 vini ad Igt.

Joannither: ottenuto nel 1968 a Freiburg incrociando Riesling x (Seyve-Villard 12- 481 x (Ruländer x Gutedel)) è riconosciuta come varietà resistente alle principali malattie funginee. Iscritto al Registro Nazionale delle varietà di vite dal luglio 2013, è presente in Lombardia, Trentino e Veneto e può essere utilizzato in 11 vini ad Igt.

Bronner: è un vitigno a bacca bianca creato nel 1975 nell'Istituto di Viticoltura di Friburgo ed è un incrocio fra la vite europea (Vitis Vinifera) e la Vitis Labrusca. E' una varietà con una forte resistenza ai principali funghi patogeni (come oidio e peronospera). Iscritto al Registro Nazionale delle varietà di vite dal marzo 2019, è presente in Lombardia, Trentino – Alto Adige e Veneto e può essere utilizzato in 12 vini ad Igt.

Souvignier Gris: si tratta di un incrocio tra Cabernet sauvignon x Bronner, ottenuto in Germania nel 1983 presso l’Istituto di Ricerca di Friburgo e inizialmente nominato FR 392-83.

Souvignier Gris

Fleurtai: vitigno a bacca bianca derivato dal Tocai e creato dall’Istituto di genomica applicata (Iga) dell’ateneo friulano e dai Vivai cooperativi di Rauscedo, iscritto al Registro nell’aprile 2015 è utilizzabile in 10 Igt tra Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Sauvignon Krethos: vitigno a bacca bianca, come il precedente è un progetto congiunto dell’Università di Udine e dell’IGA per la costituzione di viti resistenti alle malattie attraverso processi naturali di incrocio e selezione, iscritto al Registro nell’agosto 2015 è utilizzabile in 10 Igt tra Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Sauvignon Krethos

Merlot Khorus e Merlot Kanthus: anche queste varietà sono frutto della collaborazione tra l’Università di Udine e l’IGA, iscritte entrambi al Registro delle Varietà nell’agosto 2015 ed utilizzabili in 10 vini ad Igt tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

Quarantadue i vini presenti (e noi li abbiamo assaggiati tutti), provenienti principalmente da Alto Adige e Trentino, ma anche da Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Piemonte, i risultati migliori secondo noi giungono dalle varietà più collaudate, sia in vigna che in cantina, e che provengono da vigneti con qualche anno sulle spalle.
Ecco quanto più c’è piaciuto:
Spumanti
Bortolotti – Valdobbiadene (TV)
Oltre Brut VSQ 2015 (Joanniter e Solaris)
Color paglierino-verdolino.
Di buona intensità olfattiva, fresco, note d’erbe officinali.
Fresco, minerale, sapido, agrumato, con note d’erbe officinali.
Interessante. 85-86/100

Bortolotti
Oltre Brut VSQ 2014 (60% Bronner, 40% Joanniter)
Paglierino-dorato.
Intenso al naso, elegante, sentori d’erbe officinali, accenni di nocciole tostate.
Note tostate, accenni di caffè e d’erbe secche, buone sua la struttura che la persistenza. 85/100

Tenuta Croda Rossa – Lentiai (BL)
S.A. Derù Brut VS (Solaris)
Verdolino scarico.
Intenso al naso,  fresco, verticale, sentori d’erbe secche ed accenni d’agrumi.
Fresco, con spiccata vena acida, note d’agrumi, lunga la persistenza e piacevole la beva. 85/100


Bortolotti
Oltre Brut VSQ 2016 (85% Joanniter, 15% Bronner)
Verdolino luminoso.
Buona l’intensità olfattiva, come pure l’eleganza, minerale, sentori di fieno.
Di buona intensità, cremoso, frutto gallo, sentori di camomilla, buona la persistenza. 84-85/100

Vini Bianchi

Cantina di La-Vis e Val di Cembra – Lavis (TN)
Bronner Igt (Bronner)
Color verdolino.
Intenso al naso, fresco, pesca e buccia di mela.
Fresco, sapido, con bella vena acida, fruttato (mela e pera), lunga la persistenza. 86-87/100

Plonerhof – Marlengo (BZ)
Solaris Weinberg Dolomiten Igt 2017 (Solaris)
Color paglierino di buona intensità.
Pulito al naso, di buona intensità, sentori di mela.
Fresco e sapido, mediamente strutturato, si coglie frutta bianca (pesca e mela), note d’agrumi, lunga la persistenza. 86/100

Ceste – Govone (CN)
Ratio VdT 2017 (50% Bronner, 50% Joanniter)
Paglierino luminoso.
Bel naso, elegante, fresco, note di fieno e d’erbe officinali.
Dotato di buona struttura, fresco ed al contempo morbido, succoso, sentori di pesca gialla, lunga la persistenza. 86/100


Thomas Niedermayr – Hof Gandberg – Eppan (BZ)
T.N. 06 Abendrot 2015 (Souvignier Gris)
Aranciato-ramato il colore.
Buona l’intensità olfattiva, con sentori di mela matura.
Di buona struttura, ritorna la mela matura unita a note tanniche, buona la persistenza.
Interessante. 85-86/100

Thomas Niedermayr – Hof Gandberg
16 Souvignier Gris Igt 2017 (Souvignier Gris)
Color paglierino, con leggera nota velata.
Intenso al naso, sentori di fieno e di frutto giallo maturo.
Mediamente strutturato, sapido, tornano i sentori di frutto giallo, buona la persistenza. 85-86/100

Herman Maurizio – Chiavenna (SO)
Orange Anfora Alpi Retiche Igt 2017 (80% Gewürztraminer, 20% PIWI)
(L’abbiamo inserito anche se è prodotto con solo il 20% di vitigni PIWI, tra l’altro non specificati)
Color aranciato-ramato.
Intenso al naso, con spiccate note aromatiche, buccia d’arancio candita, pasticceria, albicocca matura.
Dotato di buona struttura, asciutto, sapido, con note tanniche e buona vena acida, lunga la persistenza.
Vino particolare, curioso 85/100


Ceste
Ratio VdT 2015 (50% Bronner, 50% Joanniter)
Color paglierino verdolino.
Intenso al naso, presenta note di fieno e d’erbe officinali.
Fresco alla bocca, sapido, elegante, sentori di mela, di frutto giallo e d’erbe officinali, buona la persistenza. 84-85/100

Zollweghof Lana – Lana (BZ)
Goldraut Mitterberg Igt 2017 (Souvignier Gris)
Paglierino.
Intenso al naso, sentori di fieno e d’erba secca.
Sapido, note di fieno, d’erbe officinali e di frutto giallo, buona la persistenza. 84/100

Francesco Poli – Santa Massenza (TN)
Naranis Igt 2016 (70% Solaris, 30% Bronner)
Color paglierino-dorato luminoso.
Intenso al naso, con sentori di nespole, pesca gialla matura ed erbe officinali.
Buona la struttura come pure la vena acida, sentori di frutta gialla ed erbe officinali, accenni di smalto, buona la persistenza. 84/100


Terre del Lagorai – Castel Ivano (TN)
Solaris Vigneti delle Dolomiti Igt 2017 (Solaris)
Color paglierino-verdolino.
Intenso al naso, sentori di fieno, erba secca, mela.
Sapido, di media struttura, lunga la persistenza su sentori di mela.
Interessante. 84/100

Terre di Ger – Frattina di Pravisdomini (PN)
Limine Delle Venezie Igt 2017 (90% Fleurtai, 10% Sauvignon Kretos)
Color paglierino-verdolino.
Buona l’intensità olfattiva, sentori d’erbe officinali e fieno.
Fresc, sapido, verticale, sentori d’erba secca, buona la persistenza. 84/100

Rocche dei Vignali – Losine (BS)
Cà della Luce VdT 2017 (Solaris)
Giallo paglierino.
Intenso al naso, fruttato, sentori di frutta tropicale ed accenni di miele.
Fresco, con bella vena acida, leggere note di fieno, buona la persistenza. 84/100

Vini rossi

Terre di Ger 
El Masut Delle Venezie Igt 2016 (Merlot Khorus e Merlot Kanthus)
Granato-rubino.
Media intensità olfattiva, frutto rosso, note affumicate.
Di media struttura, fresco, asciutto, succoso, speziato, lunga la persistenza. 86/100


Irmgard Windegger – Lana (BZ)
Braunsberg Mitterberg Igt 2017 (60% Chambourcin, 20% Prior, 20% Cabernet Cortis)
Color rubino luminoso.
Intenso al naso, vinoso, ciliege leggermente speziate.
Bel frutto (ciliegia), leggere note speziate, bella vena acida, piacevolmente amaricante, leggera nota pungente, bella beva.
Ci ha ricordato una Schiava. 84/100

Vini dolci

Lieselehof Weingut – Lana (BZ)
Sweet Clare Mitterberg Igt 2017 (Bronner)
Dorato il colore.
Intenso al naso, canditi, pesca sciroppata, albicocca disidratata.
Buona struttura, marmellata di albicocche, dolcissimo, accenni tannici. 86-87/100

Il Consorzio Tutela Denominazioni Vini Frascati incontra i Giovani Promettenti

di Carlo Macchi

Ci sono degustazioni che sembrano semplici e quasi scontate e invece non lo sono. Una così è stata quella che noi Giovani Promettenti abbiamo fatto al Consorzio del Frascati, durante la nostra riunione di qualche settimana fa.


Cosa volete che sia degustare una trentina di Frascati, nelle varie declinazioni “base” “Superiore” “Riserva” e “Cannellino”? Una cosa semplice per dei degustatori seriali come noi: se però iniziamo a farci delle domande non tanto sulla qualità del vino ma sulle diversità emerse dall’assaggio allora la cosa si complica e c’è bisogno di agronomi e enologi locali per riuscire a farci capire qualcosa e a fugare dubbi che, per quanto mi riguarda, risalivano al pleistocene.


Ma prima di fugarci i dubbi due notizie sulla qualità dei Frascati degustati: consideriamo in primo luogo che siamo a novembre, cioè un anno dopo la vendemmia di vini che, in teoria, dovrebbero durare lo spazio di un respiro. Invece tutti i Frascati “base” degustati erano assolutamente in forma e i Superiore e i Riserva addirittura giovanissimi. Infatti uno dei punti della nostra degustazione è stato quello relativo al momento di beva di questi vini, che piano piano si sta allungando e spostando da quello che l’immaginario collettivo crede, specie per i Superiore e la nuova tipologia Riserva.
Per quanto riguarda la qualità dei vini eccovi qua sotto quelli che ci sono piaciuti di più, in rigoroso ordine casuale: li abbiamo selezionati con il nostro solito sistema “a maggioranza”, cioè i vini devono essere piaciuti ad almeno 3 dei 4 degustatori, cioè Carlo Macchi, Luciano Pignataro, Roberto Giuliani e Andrea Petrini (Lorenzo Colombo e Stefano tesi erano assenti giustificati).


Al di là del discorso qualitativo la cosa che ci ha colpito di più è stata la diversità, spesso notevole, tra i vini: qualcuno puntava verso il frutto bianco con bocca piena e armonica, altri andavano su note più speziate e vegetali, magari con un’acidità abbastanza marcata: nel mezzo a questi due estremi c’erano varie sfumature, tanto da farci domandare quale fosse la reale tipicità del Frascati.
E qui ci sono venuti incontro i tecnici, spiegandoci cose che sono davanti agli occhi di tutti ma spesso non si riescono a vedere.Tu infatti pensi che Frascati sia una denominazione “a senso unico”, cioè quasi monovarietale, tutta piantata su terreni simili e praticamente alla stessa altezza. In realtà questo è falso come una moneta da tre euro e lo si è sdoganato solo perché in passato da Frascati arrivava comunque un mare di vino di qualità non certo alta, e come fai a vedere differenze sostanziali in un mare in movimento.


Oramai il mare si è praticamente asciugato e, dovendo puntare sulla qualità e non sulla quantità è bene dare qualche dato e qualche spiegazione.
Il Frascati nasce da un uvaggio di malvasia bianca di Candia e/o malvasia del Lazio (malvasia puntinata) min. 70%, max. 30% trebbiano toscano e/o trebbiano giallo e/o greco bianco e/o bellone e/o bombino bianco, possono concorrere altre varietà di vitigni a bacca bianca  idonei alla coltivazione nella Regione Lazio, presenti nei vigneti, max. 15%
Ora, con una diversità ampelografica del genere, come è possibile avere vini simili?
Ma non è finita qui: i vigneti del Frascati partono da circa 100 metri sul livello del mare e arrivano a quasi 400, con terreni ed esposizioni che variano continuamente.
Quindi uve e uvaggi diversi da cantina a cantina, terreni, esposizioni e altezze diverse: come è possibili fare vini simili in questa diversità? Quasi sempre è impossibile e quindi possiamo dire che la vera scoperta relativa al Frascati da parte di noi IGP è che non esiste un Frascati (buono) ma ne esistono diversi tipi e forse sarebbe l’ora che queste caratteristiche venissero capite e apprezzate sia sul mercato locale che altrove.

Capitoni - Troccolone Orcia Doc Sangiovese 2017

di Stefano Tesi

Da vent'anni tondi, con coraggio e passione, dalle parti di Pienza Marco Capitoni fa vini sinceri. 

Foto: Trentino Wine Blog

Per celebrare la ricorrenza ha invitato gli amici e ha abbinato questo potente, sapido, ruspante, verace Sangiovese fatto in anfora con gli antichi piatti di pesce dei laghi di Chiusi e Montepulciano, tipo brustico e tegamaccio. Connubio lacustre azzeccato.

Il Chianti Classico Lamole di Lamole alla prova del tempo - Garantito IGP

di Stefano Tesi

Una frazione di Greve che però, per questioni di antiche pertinente abbaziali, è da sempre considerata un’enclave di Radda e, di conseguenza, è sempre stata ricompresa nei confini del Chianti storico, quello del trittico Radda-Gaiole-Castellina.
Un antico insediamento a circa 600 metri di quota, vitato fin dal ‘300, con cloni locali di Sangiovese ed alcune vigne vecchie di quasi ottant’anni. Insomma uno dei luoghi-simbolo del Gallo Nero.


Qui, a Lamole, oggi proprietà del gruppo Santa Margherita, si produce in biologico il Lamole di Lamole, Chianti Classico che si potrebbe definire “di riferimento” sotto molti punti di vista.
E’ a questo vino, nella versione riserva, che Life of Wine, la rassegna dedicata alla longevità vinicola e organizzata ogni anno a Roma, ma con divagazioni itineranti, ha riservato una interessante verticale al ristorante Konnubio di Firenze, mentore l’enologo Andrea Daldin.
Occasione imperdibile per farsi un’idea dell’evoluzione del prodotto a cavallo di vent’anni fatidici, dal 1995 al 2014, con i campioni abbinati per decennio: 2014 e 2012, 2005 e 2001, 1999 e 1995.


Infatti non ce la siamo persa. Se l’avessimo fatto, ci saremmo persi anche l’eccellente (cosa da non dare sempre per scontata in queste circostanze) cena a due mani preparata dalla chef del Konnubio Beatrice Segoni (superlativi, va detto, i passatelli in brodo di faraona e tartufo nero) e da Riccardo Vivarelli del Vitique, il ristorante di Lamole.
Ed ecco le note.

Lamole di Lamole Chianti Classico Riserva 2014
Al bellissimo colore rubino caldo abbina al naso una freschezza quasi croccante e un frutto fine, etereo, elegante, mentre in bocca è profondo e asciutto, con retrogusto di mora e di amarena, a conferma di un’annata evolutasi assai meglio del previsto.


Lamole di Lamole Chianti Classico Riserva 2012
Rubino dai toni più cupi, all’olfatto è un po’ duro ma già evoluto, pronto da bere, con accenni di cuoio naturale. Al palato risulta vellutato e di buona lunghezza, pieno ma nell’insieme un po’ sfuggente.

Lamole di Lamole Chianti Classico Riserva 2005
Di colore rubino decisamente scuro, al naso offre un impatto piacevole e lineare, con sentori di cuoio usato, una nota calda e una sottile scia balsamica. In bocca è importante, strutturato, con grandi spalle e alcool in evidenza.


Lamole di Lamole Chianti Classico Riserva 2001
E’ una magnum e si sente. All’occhio è rubino scuro, mentre al naso si affaccia un pot pourrì di fiori grassi e di erbe di campo che poi si acquietano in un bouquet intenso ed elegante. Anche in bocca non delude: integro e solenne, lungo e severo.


Lamole di Lamole Chianti Classico Riserva 1999
Vino di tonalità decisamente scura, all’olfatto risulta molto evoluto, con marcate note terziarie di cuoio usato e sottobosco. Meglio in bocca, ove è ricco e sapido, elegante e solido, vagamente speziato.

Lamole di Lamole Chianti Classico Riserva 1995
Scurissimo, al naso è integro e denso, profondo, con sentori terziari in bell’equilibrio, accenni di viola e frutti di bosco, mentre in bocca è caldo, intenso, quasi abrasivo e molto vivo, ancora pienamente godibile.