'A Vita di Francesco De Franco

Era il 3 Dicembre 2008 quando, sulla piattaforma Vinix, Francesco De Franco, che aveva appena presentato on line la sua azienda, mi manda questa mail di risposta alla mia richiesta di ulteriori informazioni:

Gentile Andrea Petrini,

La ringrazio per l'attenzione dedicata alla ns. azienda. Conforta sapere che ci sono persone curiose ed interessate a prodotti poco conosciuti.

Come avrà letto su vinix, riportato anche su www.vignadefranco.blogspot.com, la ns. è una piccola realtà che mette il lavoro in vigna al primo posto. Sinora ci siamo rivolti ad un mercato locale con prodotti dell'annata che per ns fortuna sono stati completamente consumati dai clienti abituali. Dalla vendemmia 2008 ci stiamo organizzando per affrontare il mercato extraregionale: abbiamo destinato un maggior quantitativo di uve alle ns. vinificazioni e operato una rigorosa scelta delle uve in modo da avere prodotti non solo da consumarsi nell'anno ma che possano tranquillamente affrontare un affinamento medio-lungo. Alcuni vini saranno pronti da maggio-giugno 2009 mentre i prodotti su cui puntiamo di più non prima dei 18-24 mesi dalla vendemmia.

Mi dispiace non poter esaudire la Sua gentile richiesta ma sarà sicuramente tra i primi a ricevere campione della ns. prossima produzione, convinti che una sana critica può aiutarci a crescere.

Non mancherò di seguirla sul suo blog.

Cordiali saluti

Dopo quasi circa un anno mi arriva questa mail

Gentile Andrea Petrini,
è una curiosa coincidenza ma Le scrivo esattamente un'anno dopo la sua richiesta di un campione del nostro vino. Ebbene ora ci siamo, siamo appena usciti con il Rosso Classico Superiore 2008 di cui sono ben lieto di inviarLe il campione. Dovrei passare da Roma il 9 Dicembre, c'è modo di lasciarLe personalmente il campione?

Un saluto, a presto

Francesco Maria De Franco

Passa poco tempo da quest'ultima comunicazione che Francesco me lo ritrovo sotto l'ufficio, zona Eur, tutto trafelato che sta andando di corsa, su e giù per l'Italia, per promuovere e far degustare il suo Gaglioppo in purezza. 

E' il 2009, l'inizio di una splendida avventura che ha portato il nostro vignaiolo calabrese tra l'elite dei produttori di vino nazionale ed internazionale. E' di circa un anno fa un articolo su 'A Vita pubblicato sul New York Times...

Quando finalmente lo vado a trovare,  Francesco è sicuramente un vignaiolo affermato e sicuramente più sicuro di come lo avevo conosciuto otto anni fa. Oggi, nel territorio del Cirò Doc, è senza dubbio un punto di riferimento che ha trainato tanti altri vignaioli, come Sergio Arcuri o Calabretta, ad uscire dal loro guscio e far scoprire al mondo intero la territorialità del gaglioggo che fino a pochi anni fa era un po' troppo "ostaggio" di produzioni troppo di massa.

Con Francesco iniziamo il piccolo tour delle sue vigne, otto ettari coltivati tra Cirò e Cirò Marina ad altitudini che vanno dai 70 metri ai 250 metri s.l.m.

Il primo appezzamento si trova in zona Sant'Anastasia, un valle molto bella dove la maggior parte delle vigne, non solo quelle di 'A Vita, sono coltivate ad alberello ad altitudini di oltre 200 metri. 
In questa piccola parcella viene allevato a cordone speronato un vigneto di circa 2 ettari, esposizione sud, reimpiantato nel 2004 totalmente a gaglioppo. Il terreno, come possiamo vedere dalle foto sottostanti, è argilloso e molto povero e Francesco mi confessa che difficilmente da queste parti le uve, particolarmente ricche di zucchero, forniscono vini con titolo alcolometrico inferiore ai 14.5°.



Terreno
Riprendiamo la macchina e, mentre percorriamo stradine di campagna bordate da fiori dai mille colori, ci dirigiamo verso la seconda parcella di proprietà che si trova in zona Fego, a circa 200 metri dal mare. Ovviamente, come mi fa notare Francesco, qua il terroir è totalmente diverse dall'appezzamento precedente, il mare in zona Fego fa la sua parte e anche il terreno, sempre argilloso ma molto più scuro, è più ricco e fertile.

 "Da questa vigna di appena oltre un ettaro - mi spiega De Franco - faccio uscire il rosato andando a vendemmiare le uve della fila superiore che sono meno ricche di zucchero. In passato, poi, con questi grappoli ho prodotto anche il Cirò Rosso F36-p27 nelle annate 2008 e 2009 il cui nome fa riferimento alla particella da cui nasce ed al foglio catastale. Andrea da queste parti trovi, oltre al gaglioppo, trovi anche qualche pianta di magliocco!".


Si sale di nuovo in macchina per visitare probabilmente la più vigna "vecchia" da cui Francesco fa uscire la sua Riserva. Ci troviamo in località Muzzunetto, stessa valle della vigna di Sant'Anastasia ma diverso versante, siamo dalla parte opposta dove, con esposizione nord/ovest, sono allevati ad alberello 4 ettari di gaglioppo di età media di circa 50 anni. Il terreno è sempre argilloso ma è più ricco di pietre che affiorano fino in superficie. 





Prachetto è posto unico da cui non andresti mai via ma è ora di andare in cantina e il tempo, come al solito, è sempre tiranno. La struttura, fortunatamente, è situata a pochi minuti di strada e, tra una chiacchera e l'altra, riusciamo anche a passare di fianco alla quarta vigna di 'A Vita, in località Frassà, dove viene coltivato in un fazzoletto di terreno un po' di Greco Bianco.

Arrivati! La piccola cantina di Francesco è di recente costruzione ed, entrando, non possiamo non notare i colori dei disegni creati da una scuola media cirotana, in collaborazione con l'associazione Jumara, e dedicati al vino Cirò.


La sala vinificazione è dotata di pochissimi fermentatori in acciaio da dove cominciamo il nostro giro di degustazione che parte, ovviamente, dall'annata 2014.



A prescindere dalle varie tipologie di Cirò degustato da vasca, con Francesco siamo d'accordo che il 2014 sia un millesimo già pronto grazie ad un vino molto fresco e già abbastanza equilibrato. Non so quanto potrà andare avanti nel futuro ma il presente sarà ricco di soddisfazioni per chi ha lavorato bene in vigna nonostante l'annata difficile.

Il 2013, invece, rappresenta un millesimo molto particolare e gli assaggi in vasca ci hanno confermato che siamo di fronte ad un Cirò più caldo ma, cosa più importante, sicuramente più indietro rispetto alla 2014. Infatti, ad oggi, è ancora un vino duro, scontroso, per certi versi aggressivo, per cui il prossimo affinamento in bottiglia sarà sicuramente fondamentale per fornirgli un primo essenziale equilibrio che, sono sicuro, troverà appieno tra non meno di cinque anni. 


Ci  mettiamo attorno ad un tavolo per degustare le annate precedenti iniziando dal Cirò Classico Superiore 2011 che si presenta in veste aristocratica e associa ai "classici" aromi di mora di rovo ed amarena anche eleganti sensazioni di bacce di ginepro, resina, tamarindo, alloro e vibrante mineralità rossa. Sorso perfettamente orchestrato dove le mordidezze alcoliche sono perfettamente equilibrate da un intervento tannico e da una sapidità davvero preziose per lo sviluppo gustativo che regala un finale generoso e lunghissimo.



Il Rosato 2012, le cui uve, come già detto, provengono dal vigneto Fego situato vicino al mare, rappresenta un po' un vino a cui sono molto affezionato visto che, anno dopo anno, rappresenta una delle miei vini estivi per eccellenza grazie alla sua estrema bevibilità che, stavolta, non fa rima non banalità. Già, il Rosato di De Franco non sa di Big Babol ma di ferro e sale per cui chiedo agli amanti dell'ovvio di non comprarlo e di starne alla larga il più possibile!



L'ultimo vino in ordine temporale è il Cirò Rosso Classico Superiore Riserva 2010, prodotto da uve gaglioppo coltivate nel vecchio vigneto di Muzzunetto che, grazie ad un affinamento di circa 24 mesi suddiviso temporalmente tra botte grande da 20 HL e bottiglia, riesce a fornire una complessità abbastanza inedita per un vino calabrese di questo territorio. Il colore oggi tende al granato ma se, intelligentemente, si va oltre la veste cromatica per giudicare questa Riserva, potremmo scoprire un vino davvero superlativo dove ritrovare al tempo stesso terra e sole, macchia mediterranea e fiori secchi, radici e frutta nera di rovo. Al sorso è viscerale, palpitante, sapido e intenso come la sua persistenza che non cede nulla per minuti e ti regala un sorso di Calabria senza compromessi. Francesco, probabilmente, con questo vino  è giunto ad una prima quadratura del cerchio anche se, ne sono sicuro, ancora ci sorprenderà col suo lavoro. 
Basterà aspettare senza fretta, vero?



Viaggio nell'Etna DOC: Ciro Biondi e i suoi vini

La mia Smart presa a noleggio sbuffa e sembra non volerne saperne di arrampicarsi sulle strade dell'Etna che portano fino a Trecastagni dove ci aspetta Ciro Biondi per farci visitare il suo piccolo mondo agricolo.

L'entrata sterrata della sua piccola azienda mette a dura prova le sospensioni della macchina che, stanca di sobbalzare e con la paura di smontarsi da un momento all'altro, ci scongiura di aspettare che Ciro ci venga a prendere con un ben più funzionale fuoristrada grazie al quale iniziamo subito la visita di alcuni dei principali vigneti della proprietà.

Ci troviamo nel versante Sud-Est dell'Etna, ad un'altitudine che varia tra i tra i 600 e i 900 metri s.l.m., dove Ciro e suo moglie Stephanie, dal 1999, gestiscono magistralmente circa quattro ettari di vigneto diviso in tre piccoli appezzamenti che rappresentano veri e propri Cru: Chianta, Cisterna Fuori e San Nicolò 

Il vigneto Chianta, che abbiamo visitato a piedi con lo stesso vignaiolo, ha esposizione est e si estende per circa un ettaro dove sono piantati alberelli terrazzati di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e varietà a bacca bianca tra cui troviamo Minnella e Carricante. 


Chianta

Chianta

S, Nicolò, piccolo appezzamento di nemmeno mezzo ettaro, ha una altitudine di 640 metri s.l.m. dove sono piantati Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio a piede franco.


Foto: Andrea Federici

Cisterna Fuori, il cui nome deriva dal contenitore posto al centro del vigneto a fini di raccolta dell'acqua piovana usata per i trattamenti, si estende per circa 2 ettari dove, sempre coltivati ad alberello, troviamo i soliti Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio. Questa è l'ultima tappa del tour con il fuoristrada perchè proprio all'interno di questo Cru la famiglia Biondi ha installato una piccola sala degustazioni all'aria aperta.


Foto: Andrea Federici

Foto: Andrea Federici
Foto: Andrea Federici

Mentre parliamo con Cirò del suo lavoro e della sua passione per il vino che ha origini antiche (il nonno già produceva con successo agli inizi del secolo scorso) degustiamo l'Outis bianco 2014. Il vino, composto da sapiente uvaggio di Carricante, Cataratto e Minnella, rappresenta un Etna Bianco assolutamente didattico che esprime in assoluta chiarezza il territorio vulcanico di appartenenza grazie alla sua veste sapida e minerale che si disegna nel bicchiere in modo elegante e sussurrato. L'Outis bianco è un vino che invoglia a bere per la sua freschezza e la sua franchezza senza per questo rinunciare alla complessità organolettica. E' un dipinto dell'Etna in bianco e nero che vale la pena concedersi, come abbiamo fatto noi, in una bellissima giornata di sole primaverile.


L'Outis rosso 2014, da Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, mi affascina fin da subito per il suo colore rubino trasparente che fa trapelare una purezza di fondo di grande fascino. Associa finezza e territorialità in maniera egregia donando al sorso mineralità e ritorni di frutta rossa di rovo in maniera ricca ed esemplare. E' un vino di luce e non di sole e, per questo, mi piace da morire.



L'ultimo vino degustato è stato il Cisterna Fuori 2011, un Etna Rosso derivante dall'omonimo Cru che, silenziosamente, ci circonda e ci ospita mentre degustiamo i suoi frutti. Il vino, da Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, viene fermentato in acciaio e affina in botti da 225 e 500 litri prima di terminare l'invecchiamento in bottiglia per almeno altri tre mesi. Rispetto all'Outis ha una maggiore profondità, è più celebrale e mediterraneo, odora di carruba e marasca, di cuoio e rabarbaro, di fiori rossi e ribes. Al sorso è molto diretto, minerale, con tannini serrati e finale quasi salmastro. E' un vino coraggioso per capitani coraggiosi e siamo sicuro che Ciro saprà sempre indirizzare i suoi Cru verso la rotta giusta



Salutiamo Ciro che ha un altro impegno in cantina, deve ricevere l'architetto col quale decidere in che modo ristrutturare l'antico palmento aziendale.

Foto: Andrea Federici
Foto: Andrea Federici
Riprendo la mia Smart, non sa che percorrere ancora tanti chilometri all'ombra del vulcano. Qualcun altro ci aspetta! Seguitemi.

Bere Vintage ma...a che prezzi?

“Cosa gradisce da bere?” - “Mah non saprei…ha per caso qualcosa di…“vintage”??
Suona strano ma effettivamente questo potrebbe essere un scambio di battute che bene sintetizza l’ultima tendenza nel mondo beverage: il vintage!

È il trend rilevato da Kijiji.it, sito di annunci gratuiti locali del Gruppo eBay, che ha lanciato poche settimane fa la nuova categoria Gastronomia, con un‘apposita sezione dedicata al mondo beverage, che sta riscuotendo un grande successo in modo particolare tra gli amanti del bere raffinato. Dopo l’abbigliamento, nel quale da fenomeno di nicchia si è trasformato tendenza mainstream, il vintage spopola quindi anche sulla tavola. Wiskey, liquori, grappe, oltre agli immancabili vini, tutti in versione rigorosamente “invecchiata” sembrano conquistare sempre di più appassionati e collezionisti, con alcuni pezzi unici davvero introvabili

Fonte: www.myluxury.it

Kijiji.it ha realizzato una selezione delle 10 rarità da bere che si possono trovare sul web. 
Eccole di seguito:

1) Collezione Grappe Bepi Tosolini 1990 – prezzo di vendita: 12.000 euro
“Intera collezione grappe MOST BEPI TOSOLINI,serie storica, una per ogni anno dal 1990, griffate, in vetro di Murano Occasione unica, l'intera collezione, anche con le bottiglie introvabili! In foto le bottiglie di alcuni anni”

2) Passito erbaluce Enrico Serafino 1920 – prezzo di vendita: 2.500 euro
“Storica e rara bottiglia di vino Enrico Serafino passito erbaluce del 1920, ultima onorificenza grande medaglia d'oro Milano 1906.provveditore di s.a.r. il duca di Genova. perfetta con anche il suo tagliandino originale al collo, tenuta per decenni in cantina chiusa in una cassa di legno che non le ha fatto risentire del passare del tempo, infatti etichetta scritte e colori sono perfetti , veramente in ottime condizioni come da foto, me ne separo a malincuore per necessità il prezzo e' molto meno di quello che vale”

3) Liquore Millefiori del 1968 – prezzo di vendita: 2.000 euro
“Vendo liquore Millefiori originale integro del 1968, mai aperto, per veri collezionisti e amatori del settore”

4) Salaparuta Sherry  del 1841 – prezzo di vendita 8.000 euro
“Vino bottiglia salaparuta sherry vino stravecchio 15 luglio 1874 ha 141 anni”

5) Collezione Cognac Curvoiseier collezione Erté- prezzo di vendita 6.500 euro
“Vendo collezione completa cognac " COLLECTION ERTÉ".Romain de Tirtoff d'origine russa artista francese, noto anche come Erté (nato nel novembre 1892), ha progettato e disegnato le bottiglie di questo edizione limitata. Le miscele sono costituite da rari Grande Champagne Eau-de-vie. Ogni bottiglia è completa di scatola e certificato di autenticità, tutto in perfette condizioni.”

6) Collezione Signatory vintage Wiskey – prezzo di vendita: 2.000 euro
“Intera collezione Signatory vintage s.w. - Bowmore 1974; port elen 1976; maccalan glenlivet 30 anni; caolila 1975; port elen 1975.”

7) Brandy Invecchiato Camel 1992– prezzo di vendita 1.600 euro
“Brandy invecchiato 25 anni - Azienda Camel - Udine - - serie limitata 500 pezzi - anno 1992 - Bottiglia in cristallo firmata Baccarat - la bottiglia nella foto è la N. 262 da certificato di garanzia, perfetta, mai esposta!”

8) Marsala Florio 1840 – prezzo di vendita 12.000 euro
“Rarissima bottiglia Marsala Florio del 1840 in ottime condizioni, anno di fondazione della casa offresi a euro 12.000. Rarissima bottiglia.

9) Brunello Biondi Santi Riserva 1955 – prezzo di vendita 8.500 euro
“Biondi Santi Riserva del 1955 in ottime condizioni conservato lontano dalla luce e suoni. Vendemmia grande ed eccezionalissima. Andamento stagionale ottimale con primavera piovosa ed estate asciutta. Vendemmia asciutta. Il Brunello Biondi Santi Riserva 1955 è stato inserito da Wine Spectator tra i 12 migliori vini del XXº Secolo, unico italiano. Vengono vinificate solamente le uve provenienti dalle vigne di nostra proprietà”.

10) Dom Perignon 1955 – prezzo di vendita 5.000 euro
“Dom Perignon Vintage del 1955 bottiglia Lt 0,750 massima conservazione perfetta in ogni particolare


Vabbè ma, secondo loro, abbiamo l'anello al naso?

Gianni Ruggiero e il suo Expo di Milano

Sono stato a Milano e, quanto scriverò di seguito, di certo non andrà ad assecondare nessuno. Di certo, come qualcuno fa, non omaggerò le persone che contano attraverso piroette linguistiche che tradiscono il mio essere naturale che significa non andare incontro alla moda prevalente.

A Milano, ovviamente, ho visitato l'Expo che rappresenta un capitolo importante della storia di questo paese con un immenso potenziale di espansione nella formazione culturale e comunicativa del mondo dell'agroalimentare che paragonerei ad un grande Barolo tradizionale.

Certo, Farinetti dà l'impressione del vino "piacione" e senz'anima ed io preferirei il carattere austero, profondo ,schivo dell'uomo piemontese dei miei ricordi ma, si sa, il mondo è cambiato, va troppo veloce, e lui questo messaggio l'ha recepito e ne ha fatto di necessità virtù.


Non voglio essere blasfemo ma se nel cenacolo avessi predisposto il menù di Gesù non avrei avuto dubbi nel condividere la scelta sul pane ed il vino...quale rappresentazione della biodiversità più appropriata e ricca di grandi significati: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete"

E' li, in quel momento, sul palco dell'Expo, davanti a quella scenografica distesa di grano, di fronte a carabinieri e autorità dello Stato che ho avuto un sussulto:"Ma perché?..dico!..perché?..quale occasione migliore per mostrare una selezione dei nostri migliori autoctoni con tanto di cartelli a significare ogni singolo frutto della nostra stupenda cultura contadina (senatore cappelli, saragolla ecc..) invece no, un grano anonimo e, probabilmente, nanizzato.

Niente da fare..prevale lo stupore della forma con alberi di ferro che sparano fuochi d'artificio sacrificando la sostanza del sapore della "vita.

Non mi tocca che recitare il Maestro con la parabola del buon pane e della Zizzania.

L'Etna della famiglia Benanti

Benanti è stata la prima azienda che ho visitato durante il mio mini tour in terra etnea. 

Scelta assolutamente voluta, non potevo non iniziare dalla loro terra e dai loro prodotti che, tanti anni fa, per primi, mi hanno permesso di comprendere le potenzialità evolutive dei vini dell'Etna. Me lo ricordo ancora il Pietramarina 1995 che mi versò Giuseppe Benanti, non potevo credere alla giovinezza e alla territorialità di quel vino. 

Quel giorno ho giurato che, prima o poi, sarei passato a trovarlo in azienda.........

Entrata della tenuta

Con Stefania arriviamo a Viagrande a metà mattina e, varcato il cancello della bellissima proprietà famigliare, ci accorgiamo che non siamo soli visto che a far visita all'azienda c'è anche un folto gruppo di futuri sommelier siciliani.  
Non c'è nulla da fare, la cultura del vino etneo ha in questa azienda un punto di riferimento assoluto grazie all'opera e alla caparbietà un po' visionaria del cavalier Benanti che quasi trenta anni fa, coadiuvato da Salvo Foti e dai professori Rocco Di Stefano e Jean Siegrist, ha voluto riprendere in mano la tradizione vitivinicola di famiglia al fine di produrre grandi bianchi e rossi dell'Etna.

Salvino ed Antonio Benanti, oggi, rappresentano la nuova generazione e a loro  spetterà l'arduo compito di portare avanti le tradizioni di famiglia cercando di comunicare al meglio il loro territorio di appartenenza che quella mattina abbiamo calcato girando per le bellissime vigne ad alberello piantate attorno al corpo aziendale.

Salvino, Giuseppe e Antonio Benanti

I Benanti hanno attualmente circa 20 ettari vitati in varie zone dell'areale dell'Etna DOC e, tra questi, spiccano sostanzialmente tre tipologie di vitigno: carricante, nerello mascalese e nerello cappuccio.

Mentre camminiamo tra vigne nuove ed impianti centenari (alcuni alberelli ancora sono a piede franco come quelli da dove arriva il Cru "Serra della Contessa"), ci sentiamo osservati dall'Etna, 'a Muntagna come la chiamano da queste parti, che rappresenta per i contadini locali il vero e unico custode di questo patrimonio ampelografico unico al mondo.





Dopo un rapido giro all'interno della cantina di affinamento, che probabilmente tra cinque anni verrà sostituita con una struttura totalmente nuova e maggiormente funzionale alle esigenze aziendali, passiamo a visitare l'ottocentesco palmento in pietra lavica, comprensivo di torchio perfettamente conservato, per poi terminare il tour all'interno della sala di degustazione dove berremo tre vini: Etna Bianco DOC "Bianco di Caselle" 2013, Nerello Mascalese 2007, Nerello Cappuccio 2006 ed, infine, il Serra della Contessa 2004.

La cantina di affinamento

L'antico palmento. Foto: Lavinium

Il primo, il "Bianco di Caselle" 2013 (carricante 100%) rappresenta nella gamma aziendale l'Etna bianco base, sicuramente un primo ma deciso approccio al più complesso "Pietramarina" di cui parlavo all'inizio di questo post. Da vigneti situati a circa 1000 metri e localizzati in c/da Caselle, nel versante est dell'Etna, e c/da Cavaliere, nel versante sud dell'Etna nel comune di S. M. di Licodia (CT), nasce questo bianco dall'anima molto schietta e territoriale dove la spina dorsale minerale è piuttosto netta e marcata così come evidente al sorso è la freschezza di questo carricante che non smetteresti mai di bere grazie anche alla sua versatilità a tavola.N ota tecnica:  aa fermentazione si svolge ad una temperature di 18-20°C in serbatoi di acciaio. Il vino è lasciato a maturare per circa due mesi in vasca prima di essere imbottigliato.


Il Nerello Mascalese 2007, facente parte della linea "Monovitigni", rappresenta in rosso tutto ciò che ho scritto prima ovvero è un vino che legge molto bene il terroir etneo. Tradotto è un rosso molto scuro ed austero che sa di cenere, fiori secchi e bacche selvatiche. Al sorso deciso ma equilibrato, lungo e dalla chiusura decisamente e drasticamente sapida. Nota tecnica: dopo la malolattica il vino viene travasato in piccole botti da 225 litri dove rimane per oltre un anno. Affinamento :in bottiglia per 8-10 mesi.


Il Nerello Cappuccio 200a, anche della della gamma "Monovitigni", rappresenta il fratello estroverso del nerello mascalese, una sorta di Lucignolo alcolico dove, al posto della austera mineralità del precedente vino, entrano in gioco note più popolari e paffute di frutta e fiori rossi. Sorso aggraziato e rotondo con un finale sapido e solenne che tradisce solo leggermente lo stile casual di questo nerello cappuccio che fa davvero pandan col mascalese. Da oggi, sicuramente, capisco molto meglio i motivi dell'uvaggio tra i due nerello. Nota tecnica: dopo la malolattica il vino viene travasato in piccole botti da 225 litri dove rimane per oltre un anno. Affinamento :in bottiglia per 8-10 mesi.


Il Serra della Contessa 2004 (nerello mascalese e nerello cappuccio), proveniente dal vigneto centenario a piede franco situato sul Monte Serra (conetto vulcanico adiacente l'azienda) è un vino che sembra essere l'esatto profilo caratteriale del Cavalier Benanti: signorile, raffinato, di altri tempi, complesso ma al tempo stesso esuberante, estremamente conviviale e capace di raccontarti il territorio come nessuno il territorio. Sogni annessi. Bisogna solo berlo per comprendere quanto sto scrivendo. Nota tecnica: le uve, vendemmiate a fine settembre, vengono vinificate in rosso con lunga macerazione del mosto con le bucce in tini di rovere da 52 ettolitri. Dopo la malolattica, il vino viene travasato in piccole botti da 225 litri dove rimane per oltre un anno. Affinamento in bottiglia per almeno 12 mesi.




Il mio Etna Tour continua!!!!

Robert Parker a cena con voi costa fino a 100 mila dollari

Robert Parker, chi era costui? Trattasi del più importante critico mondiale del vino. Uno che sulla sua rivista The Wine Advocate , dove recensisce e valuta i vini di tutto il mondo dando voti in centesimi, puù fare la fortuna o la rovina di un'etichetta o di un produttore.
E pazienza se non tutti riconoscono il suo magistero. Quel che conta è che Parker è l'uomo più influente dell'universo enologico. E lo dimostra un episodio: qualche giorno fa uno sconosciuto uomo d'affari cinese ha sborsato 100mila dollari per il privilegio di avere a cena - un evento a sfondo benefico di cui Parker è protagonista da qualche anno - l'esimio critico con lui e altri nove ospiti: antipasto, primo, secondo e contorno, dessert e caffè. E ovviamente vino, ci si augura all'altezza di un tanto esigente commensale. Il conto lo abbiamo detto: 100mila dollari.
La storia, riportata da Winenews.it ha quasi dell'incredibile. Gli altri anni infatti l'asta per aggiudicarsi Parker a cena (ma il vino almeno lo portarà lui?) si era fermata a 25mila dollari. Quest'anno un collezionista di vini di Washington ha sparato altissimo: 75mila euro. E all'anonimo e facoltoso cinese non è rimasto che alzare ulteriormente la posta, raggiungendo le sei cifre.
Foto: en.wikipedia.org
Una quotazione, quella di Parker, che è elevatissima se pensiamo al fatto che Barack Obama e la moglie Michelle nel 2013 furono «acquistati» come commensali per la cifra tutto sommato ragionevole di 32.400 dollari. E stiamo parlando della coppia più potente del mondo. Stracciati peraltro dall'altra coppia presidenziale (forse bi-presidenziale) Bill e Hillary Clinton, che sono stati valutati fino a mezzo milione di dollari. Eppure anche Parker impallidisce davanti a Tim Cook, l'uomo che ha sostituito Steve Jobs alla guida di Apple (si offrì anche di provare a salvargli la vita donandogli il fegato). Tempo fa il supermanager si è messo all'asta anch'egli per un evento benefico sul sito Charity Buzz e la cifra base è di 165mila euro. Che comprendono, è vero, anche due ingressi vip per il prossimo evento della mela morsa, la WWDC 2015 che si svolgerà il prossimo 8 giugno. Ma restano sempre una cifra (g)astronomica. Destinata per altro a crescere molto. Nel 2013 infatti Cook per un solo caffè strappò 610mila euro. Probabilmente il caffè più caro della storia.
Ma il vero recordman è Warren Buffet, imprenditore ed economista americano che malgrado il nome da cena in piedi, ha un record di 3,2 milioni per la partecipazione a una cena. Un personaggio evidentemente assai divertente. Non si sa, invece, per quanto è stata «aggiudicata» la procace attrice Pamela Anderson, che anni fa fu il premio di un'asta benefica: in palio una cenetta a due. Ma il verio premio sarebbe stato il dopocena, ovviamente. E in Italia? L'asta per la cena non tira. Il più quotato è Eros Ramazzotti: qualcuno anni fa sborsò 9350 euro per prenderci un aperitivo. Contento lui...
Articolo di Andrea Cuomo tratto da IlGiornale.it

Il pizzo corre sui vigneti dell'Etna

E' passato pochissimo tempo da quando sono tornato dal mio viaggio alla scoperta dei vini dell'Etna e leggere questa notizia mi riempie di dolore ma non sono stupito perchè il malaffare imperversa sempre nei posti dove l'economia gira alla grande.

La mafia però non c'è solo in Sicilia e io che sono di Roma ne so qualcosa. 

Se avete due minuti leggete questo articolo tratto da Catania Today per avere un quadro della situazione.

La mafia lucrava sul vino doc dell'Etna imponendo il "pizzo" ad alcune delle principali aziende vitivinicole attive tra Randazzo e Castiglione di Sicilia. E' questo lo scenario tratteggiato dall'indagine dei carabinieri del comando provinciale di Catania culminata la notte scorsa nell'esecuzione di 15 ordini di custodia cautelare in carcere nei confronti di esponenti del clan dei Brunetto, un'articolazione della famiglia Santapaola che operava nella fascia ionica della provincia.

Foto: repubblica.it

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, tra le vittime del clan almeno sette aziende vinicole, alcune di fama nazionale, alle quali sarebbe stato chiesto una tangente annua compresa tra mille e 12mila euro, secondo il fatturato della società. I nomi della aziende sono stati resi noti durante la conferenza stampa tenutasi questa mattina: Planeta, Mannino, Valenti, Vagliasindi e Tornatore.
A tal proposito, riceviamo e pubblichiamo la nota di Ettore Vagliasindi, dell’azienda agricola Vagliasindi: “L’azienda agricola Vagliasindi di Ettore Vagliasindi si ritiene estranea ai fatti accaduti”.
Ma anche un "pizzo" di 500 euro mensile legato alla "guardiania" di vigneti e frutteti, o attraverso l'assunzione di personale. Chi non si metteva in "regola" continuava a subire danneggiamenti, come il taglio di alberi da frutto, uliveti e filari di viti. In quel caso, come emerge da un'intercettazione, l'invito era "di cercarsi un amico, ma d'urgenza...". Non tutte le aziende hanno ceduto al ricatto. E la rappresaglia era garantita: "Poi i cavalli - ordinano telefonicamente dai vertici del clan - glieli bruci nella stalla, ci vai e gli dai fuoco...".

Le indagini sono state avviate dai carabinieri della compagnia di Randazzo e del comando provinciale di Catania alla fine del 2012. E nell'aprile del 2013, a Giarre, militari dell'Arma sono riusciti a interrompere un 'summit' di mafia dove, tra gli altri, Lomonaco e Oliveri stavano delineando strategie criminali.
Il gruppo aveva una grande paura di essere intercettato, tanto da essere in possesso di strumentazione all'avanguardia per 'bonificare' locali e auto da 'cimici' e invitava alla cautela preventiva: "Ha i telefoni sotto controllo - dice Lomonaco, ascoltato dai carabinieri suo malgrado - che non si confonda nel parlare...". Il clan aveva in uso anche armi, ma preferiva "quelle tradizionali". "Un fucile automatico a cinque colpi - commentava Lomonaco al telefono - ha la canna lunga, meglio un due colpi, sono di meno, ma sono sicuri...".
Le indagini dei carabinieri sono state coordinate dal procuratore distrettuale Giovanni Salvi e dal sostituto della Dda di Catania, Iole Boscarino.


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Villa del Cigliano Docg Chianti Classico Riseva 2009

Niccolò Montecchi, che avevo conosciuto tempo fa a Sangiovese Purosangue a Roma, è un nobile contadino, ma vale anche il viceversa, che assieme alla sua famiglia ha ereditato Villa del Cigliano il cui nome deriva dall'omonimo edificio, da sempre di proprietà degli Antinori, costruito nella seconda metà del '400 su preesistenti edifici medievali e che ancora oggi conserva un fascino immutato grazie ai suoi interni rinascimentali e al muro di cinta che racchiude un giardino storico di grande bellezza con annessa statua del Nettuno.

Foto: archivio.gonews.it

Ci troviamo in prossimità di San Casciano in Val di Pesa, a circa 20 km da Firenze, in territorio di Chianti Classico dove l'azienda si estende per 60 ettari, di cui 25 coltivati a vigneti (situati tra i 300 e i 350 metri di altitudine) e i restanti a oliveto. 

Le vigne. Foto: portovinoitaliano.com

La famiglia Montecchi attualmente produce: Chianti Classico DOCG (base e Riserva), Toscana Rosso e Rosato IGT, Vinsanto del Chianti Classico DOC, Grappa, Olio Extravergine di Oliva.

Elisabetta e Niccolò Montecchi . Foto: thewaywewine.com

Fatta questa opportuna premessa andiamo al sodo, che dite?

Il sodo stavolta prende la forma del loro Chianti Classico Riserva 2009 che ho potuto ribere durante il master sul Chianti Classico tenuto da Armando Castagno che ha voluto descrivere il territorio di San Casciano in Val di Pesa anche con questo vino composto da sangiovese (90%), canaiolo (7%) e colorino (3%).

Foto: www.wineverse.it

I Chianti Classico di Villa Cigliano me li ricordavo buoni e rigorosi e anche questa Riserva non è da meno perchè nulla concede a modernismi e finte piacionerie. Tutt'altro, questo vino sembra essere un perfetto discendente e allievo della vecchia scuola del sangiovese che profuma intensamente di violetta e rosa canina. Il resto, il contorno, è pura eleganza ed austerità dove anche la frutta rossa, le spezie e i toni vegetali sono solo sussurrati e, comunque, sembrano usciti da La Primavera di Botticelli per via della loro entusiastica freschezza.

Al sorso coniuga perfettamente rotondità e durezze in un tutt'uno armonico che regala simmetrie gustative di grande classe. Chiude regalando una scia finale sapida da cavallo di razza.

Se non lo avete mai bevuto vi consiglio di farvi un regalo anche perchè costa poco.


Piccola nota tecnica: il Chianti Classico Riserva di Villa del Cigliano fermenta in acciaio e viene maturato, all'interno delle vecchie cantine aziendali, per 24 mesi in botti di rovere da 20 Hl, seguiti da un ulteriore affinamento di 8-12 mesi in bottiglia.