Quello che...il vino lo fanno bene
















Indovinato il loro nomi? 

Ovviamente alla lista mancano tantissimi altri nomi ma queste erano le foto che avevo all'interno della sim card della mia vecchia macchina fotografica.

 

Le stelle, il Brunello Montalcino, l'Espresso e l'onestà intellettuale

Tempo fa leggevo sul bellissimo blog dell'Espresso quanto segue:"secondo giorno di degustazioni a Montalcino, anche oggi dedicato ai Brunello 2007. Di solito non trascriviamo note di assaggio in questa fase. Prima vogliamo provare, riprovare, ririprovare i campioni: dalla stessa bottiglia a distanza di uno, due e anche tre giorni dalla stappatura; da una seconda bottiglia, nei casi interpretativamente dubbi; da una terza bottiglia fino a una centotrentaduesima bottiglia diversa, nei casi più aggrovigliati.

Le prime impressioni confermano tuttavia la sensazione avuta nel corso degli assaggi di Benvenuto Brunello, che si tratti di un’annata molto pronta. I vini sono in media caldi, percettivamente molto alcolici, a “maglie larghe”, piuttosto lenti nel percorrere l’arco gustativo.
Molto significativa, in questo senso, la riprova delle bottiglie a distanza di un giorno. Non pochi Brunello vivi, armoniosi, equilibrati appena aperti, si rivelano opachi, scomposti, slabbrati dopo ventiquattro ore di contatto con l’aria. La lotta – in certi casi accanita – dei produttori per dare freschezza e spina dorsale ai vini con ringiovanimenti assortiti (del tutto legali e spesso anzi utili, ricordiamolo) sortisce esiti alterni. In certi casi il vino regge la prova, in altri si sfilaccia, si scinde nelle componenti di partenza: da un lato la base 2007, statica e di forte spinta alcolica, dall’altro le voci più giovani, fresche e fruttate.
La generosa terra di Montalcino non tradirà comunque le attese dei suoi appassionati. I migliori vini sanno e sapranno farsi ben valere, come sempre.
E, a giudicare dai nostri risultati parziali, le sorprese in guida non mancheranno".

Rizzari e Gentili. Fonte: Pignataro wine Blog

Se andiamo sul sito del Consorzio all'annata 2007 sono state affibiate ben cinque stelle, la massima valutazione. I motivi che portano i geni del Consorzio ad attribuire certe valutazioni sono facilmente comprensibili

Al fine di evitare che il consumatore appassionato venga preso per il culo per i prossimi anni, volevo chiedere ufficialmente a Rivella se poteva ingaggiare Rizzari o Gentili come consulenti unici per la mappatura stellare del Brunello di Montalcino. Non sono proprio economicissimi però fanno evitare tante figura di merda e, di questi tempi, è una grande virtù.



I territori del Fiano con Luciano Pignataro e Slow Food


Il Fiano di Avellino, uno dei più grandi vini bianchi italiani, è stato al centro di un seminario tenuto da Luciano Pignataro in collaborazione con Slow Food Roma e Slow Food Ciampino. Il tema, impegnativo, era quello di capire le varie anime di questo vitigno che, a seconda del terroir di elezione, offre caratteri ed espressioni diverse, spesso anche in contrasto tra in loro, in un gioco che, alla fine, fa ritornare la mente del degustatore ad un unico grande concetto: il Fiano, quando fatto bene, è pura emozione.

Fonte: winesurf.it

I territori di elezione di questo vitigno sono stati studiati negli anni da molti giornalisti ed appassionati, Pignataro in testa, che in maniera più o meno empirica hanno individuato le seguenti zone: Lapio, Summonte, Cesinali e Montefredane.

Lapio

Questa è una zona storica del Fiano visto che già negli anni ’80 molti contadini hanno impiantato questo vitigno per contrastare la crisi del vino rosso a base Aglianico che in quel periodo stata soffrendo parecchio per via dello scandalo del metanolo.
Questa è una zona collinare, siamo sui 500 metri s.l.m. e i terreni sono prettamente argillosi. I vini che ne escono, pertanto, sono tutti di grande impatto e ben leggibili nelle loro caratteristiche di grande presenza di frutta dolce, succosa, suadente.
Il territorio è stato rappresentato da due produttori: Clelia Romano e Rocca del Principe.

Il Fiano della prima produttrice, annata 2010, esplode all’olfatto con un cesto di frutta gialla e bianca che non conosce confini. C’è rotondità ma, attenzione, non dolcezza perché il tutto viene smussato da una vena minerale semplice ma efficace. In bocca, invece, diventa austero e non concede quello che il naso prometteva. E’ una bella donna che seduce ma non porti a letto. Finale lievemente e tipicamente amarognolo.

Il Fiano 2010 di Rocca del Principe è più verticale di quello precedente, la vena minerale e acida si fa sentire in maniera netta come più intense sono le note di erbe aromatiche. E’ un Fiano meno pacioccone di quello di Cleria Romano, più sapido e meno diretto. Il mio preferito tra i due.


Summonte

Siamo all’interno del versante opposto a Lapio, alle pendici dal monte Partenio, sede del Santuario di Montevergine. I suoli, meno profondi, sono meno argillosi e più calcarei e dotati in superficie di uno strato di cenere vesuviana derivante da antiche eruzioni del vulcano. I vini, in questo territorio, sono dotati di maggiore componente minerale, fumè, e spiccate note vegetali e balsamiche. I produttori rappresentativi del territorio sono Ciro Picariello e Guido Marsella.

Il Fiano di Avellino di Picariello, anch’esso 2010, pur giovanissimo rivela la sua anima minerale ed affumicata che col tempo si amalgama con una vena agrumata e vegetale che completa il profilo olfattivo. In bocca è lui, intenso, equilibrato, ammandorlato e con un finale sapido che non termina mai. Promette benissimo.

Il Fiano di Guido Marsella, unico 2008 della degustazione, ti fa capire quanto evolva bene il vitigno nel tempo. Al naso si apre sapido, salmastro, si percepiscono note di idrocarburo, poi col tempo, aprendosi, il vino diventa più agrumato, muschiato. In bocca, dopo un attacco leggermente amaro, si distende e si “addolcisce” gestendo al meglio la sua anima affumicata mediata da sentori di crosta di pane. Un cavallo di razza da non perdere.

Fiano di Picariello in primo piano 

Cesinali

Questa fascia collinare ad est di Avellino è rappresentata da terreni più sciolti, sabbiosi con una dotazione, se scaviamo in profondità, di ciottoli e minerali. I vini che ne risultano sono di immediato impatto, leggibili e dotati di carattere tostato. Due le aziende scelte come rappresentanti del territorio: I Favati e Cantine del Barone.

Il Fiano Pietramara etichetta Bianca 2010 de I Favati sprigiona aromi agrumati, di gesso, erbe aromatiche, camomilla e frutta a pasta gialla. E’ morbido, casalingo, beverino, di buona freschezza e sapidità. Posso dire che, per certi versi, mi riporta nel territorio di Lapio?

La particella 928 di Cantine del Barone, altro Fiano 2010, è spiazzante, un vino totalmente opposto al precedente che fa traballare un pochino le mie convinzioni sulla perfetta leggibilità del territorio. Il vino di Luigi Sarno è di stampo (quasi) naturale: nel vitigno di quasi mezzo ettaro, infatti, non vengono usati sistemici e diserbanti e la vinificazione viene effettuata senza ausilio di lieviti selezionati. L’impatto olfattivo del vino è verticale, floreale, di fiori di acacia, erba, col tempo escono nel Fiano dei tratti crudi e inestricabili che rendono la componente olfattiva molto personale. Bocca tesa, austera, sapida, unica e dinamica. Bevendolo ho la sensazione di avere di fronte un vino ancora troppo in fasce per capire come sarà da grande. Sarei curioso di bere le vecchie annate.

La platea

Montefredane

La collina di Montefredane vanta un terroir per certi versi estremo come estremi sono i suoi vini. Da queste parti c’è tanta argilla e roccia e i Fiano che escono sono inconfondibilmente minerali, boisè, vulcanici. Due le aziende scelte in rappresentanza: Pietracupa e Vadiaperti.

Il Fiano 2010 di Pietracupa è inesorabilmente, indissolubilmente e visceralmente salato, salmastro, con tratti non troppo accennati di idrocarburo a cui seguono, col tempo, soffi di pera e agrumi.
In bocca è scontroso, dinamico, freschissimo, sapido, controverso e affascinante. Lunghissimo. Il mio preferito.

Il Fiano 2010 di Raffaele Troisi è meno estremo del precedente in tema di mineralità e boisè visto che il corredo olfattivo è in parte mediato e smussato da toni di nocciola ed erba di campo. Anche al gusto è meno sapido e salmastro pur mantenendosi freschissimo e di grande intensità. Chiude, lunghissimo, con un retrogusto autunnale che ricorda la brace spenta.




Fergie dei Black Eyed Peas lancia il suo nuovo vino

Ormai, per chi ha soldi e successo, il vino più che una passione è investimento e immagine. Fergie, voce femminile dei Black Eyed Peas non è altro che l'ultima star della musica che ha deciso di diventare "vignaiola" attraverso l'acquisizione di una tenuta in California, precisamente nella zona di Santa Ynez Valley (Santa Barbara).

Fonte:http://www.thedrinksbusiness.com

L'azienda, chiamata Ferguson Crest, produrrà un bianco da uve Viognier e due rossi da uve Syrah e Cabernet Sauvignon. Piccole quantità: 1000 casse di Syrah e molto meno per il Cabernet e il Viognier. Si attendono prezzi in linea con lo star system.

Fonte:http://www.thedrinksbusiness.com

Pare, comunque, che in America ultimamente molti cantanti stiano avvicinandosi a Bacco. Oltre a Fergie, anche Drew Berrymore ha cominciato a produrre pinot grigio mentre Dave Stewart degli Eurythmics, assieme all'australiana Mollydooker Winery, ha prodotto l'ennesimo Syrah maturato in legno nuovo chiamato Ringmaster General Shiraz 2010. Costo? 78 dollari a bottiglia.

Fonte:http://www.thedrinksbusiness.com

Riserva Ducale Oro, lo storico Chianti Classico di Ruffino compie 60 anni

I puristi dopo aver letto il titolo del post avranno storto il naso perchè Ruffino, ormai diventata di proprietà della multinazionale americana Costellation Brands, non dovrebbe rappresentare il target di riferimento di questo piccolo blog artigianale sempre pronto a dar spazio alle storie dei piccoli vignaioli.  
Forse, però, si dimentica che Ruffino e il suo Chianti Classico più prestigioso, la Riserva Ducale Oro, hanno fatto la storia del vino non solo in Toscana ma in tutta Italia. 
Perchè allora non festeggiare i 60 anni di un'etichetta che ha rappresentato un fulgido passato (italiano) che, speriamo tutti, tracci la via maestra (americana) anche per il futuro?


Un millesimo: 1947. Primo Levi pubblica "Se questo è un uomo", giura il quarto governo De Gasperi, la Spagna diventa stato monarchico, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite vota la spartizione della Palestina tra arabi ed ebrei, nasce la CIA e la Polaroid inventa la fotografia istantanea.  

In Toscana, invece, Ruffino creava la Riserva Ducale Oro come evoluzione del Chianti Classico "Riserva Ducale" in produzione sin dal 1927.

Sono gli anni in cui il Chianti si faceva con uve a bacca nera e bacca bianca, pigiandolo coi piedi e infiascandolo in generosi recipienti avvolti nella paglia, per berlo giovane e trarne energia spesso necessaria ad affrontare una sudata giornata di lavoro nei campi.
Però, già ai tempi, era costume serbarne un poco - il migliore - per le occasioni speciali: la nascita di un maschietto, un compleanno, la visita di un parente da lontano, il Natale. 
Questa partita doveva anche migliorare con gli anni, grazie al lento riposo nelle umide e buie cantine delle case di una volta, per diventare ancor più buono e rendere così ancora più unico il solenne momento della decantazione. Vino come bene edonistico, non più solo prettamente alimentare: un concetto antesignano per una nuova idea di vino che ancora aveva da compiersi e che in Toscana, e in Italia, era ancora poco diffusa ma a cui Ruffino credeva moltissimo. 


E' da questo vissuto che era nato un Chianti Classico Riserva che negli anni è cresciuto a fianco delle grandi storie d’Italia, dal progresso della giovane Repubblica, all’alluvione di Firenze, dagli anni difficili del vino Italiano nella metà degli anni Ottanta fino alla grande rinascita che senza sosta ha attraversato tutto il territorio del Chianti Classico e la nostra migliore enologia. 

Qualche giorno fa, a Roma, Ruffino ha voluto festeggiare il sessantesimo anniversario del suo vino più importante attraverso una mini degustazione verticale di tre annate di Riserva Ducale Oro: 2007 (edizione speciale 60 anni), 2001 e 1990.

Il Chianti Riserva Ducale Oro 2007 (sangiovese 80% minimo più cabernet sauvignon e merlot) è ancora giovane, inquieto, ma ha profumi di grande eleganza dove prevale il lato fruttato composto da marasca e lampone. Seguono poi echi di tabacco conciato, essenza di violetta e cannella. Gusto segnato da una gradevole vena acida, da ritorni di frutta rossa croccante e tannini molto fini.
 

Il Chianti Riserva Ducale Oro 2001 (85% sangiovese, 15% vitigni complementari come da disciplinare di produzione), versato da magnum, si conferma figlio di una bella annata in Toscana dove la frutta rossa, ancora una volta, gioca un ruolo importante nel profilo olfattivo del vino anche se, rispetto alla 2007, si affacciano intriganti note di spezie orientali, cioccolato e soffi balsamici. In bocca è di grande equilibrio e morbidezza. Un grande classico. 

Il Chianti Riserva Ducale Oro 1990 rappresenta un punto di riferimento inequivocabile per Ruffino e per il Chianti Classico in generale. E' un vino vecchio stile che non passa mai di moda e che grazie al piccolo apporto di uve bianche (all'epoca si poteva) garantisce quel guizzo di freschezza e tradizionalità che ogni prodotto storico dovrebbe conservare nel suo DNA. 
All'olfatto è un mosaico di colori, un tavolozza dove si riconosce ancora il rosso del frutto, il marrone del legno di ebanisteria, il giallo del sottobosco autunnale e il nero delle spezie. Al gusto è sapido, ampio, lunghissimo, strepitoso. Gran vino, un monumento.
 


Siamo su Facebook


Da un pò di giorni Percorsi di Vino è sbarcato su Facebook. 
Molti hanno visto la cosa come un segno premonitore, una sorta di anteprima della fine del mondo.

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Vi aspettiamo!


Rosso Cesanese 2012: è tempo di cambiare!


Scrivere o non scrivere, questo è il problema. Lo scorso anno mi sono preso tutte le ingiurie dei produttori perchè avevo, secondo loro, mal interpretato il loro vino. Quest'anno, che la situazione è stata peggiore, mi domando: scrivere o non scrivere. Dirlo o non dirlo. La tensione, fortunatamente, un pò me l'ha stemperata il mio amico Fabio Cagnetti su Intravino che, senza giri di parole, ha scritto alla sua maniera quello che tutti abbiamo pensato ad Anagni.


E' stato cattivo ed offensivo? No, assolutamente, perchè gli offesi stavolta siamo noi che su oltre trenta vini ne abbiamo salvati cinque o sei mentre gli altri, e penso di parlare anche per le persone che mi erano accanto, erano senza anima o, peggio, difettati. In quest'ultimo caso non mi si venga a dire che c'erano molti campioni di botte perchè la scusa non regge. 

Cari produttori, proprio voi che nonostante tutto avete fornito il vostro vino al giudizio della stampa, perchè non vi fate un giro all'Anteprima del Chianti per verificare di persona come vanno le cose da quelle parti, soprattutto come sono i grandi vini spillati da botte. 

Abbiate coraggio e cambiate le vostre abitudini di cantina, parlate col vostro enologo (se lo avete) e mandatelo in giro per l'Italia a confrontarsi con realtà più dinamiche e qualitativamente migliori del Cesanese. Purtroppo, ad oggi, ce ne sono tante! Imparate dagli altri e dagli errori degli altri!


Uscite dal paesello, dalla logica del "chissenefrega tanto il vino lo vendo", cominciate ad amare il bello, l'estetica, perchè un produttore senza quel tipo di concezione non potrà mai fare un vino decente, nemmeno in una granda annata come la 2010 che, teoricamente ottima, siete riusciti a mal interpretare.

Insomma, datevi da fare perchè il prossimo anno non vogliamo più bere vini così, perchè il vostro "tirare a campare" pregiudica anche il lavoro di quei pochi produttori (peccato mancassero i Macciocca) che lavorano bene. Anche loro, mi chiedo, come fanno a crescere se devono confrontarsi con realtà del genere? Che senso ha dire che il loro vino è il migliore quando gli "sfidanti" non sono all'altezza di gareggiare?

In tutto questo bailamme, come ha scritto Macchi, salvo un paio Cesanese base 2010 come il Colleticchio di Corte dei Papi, molto fresco ed agrumato, e il Campo Novo di Casale della Ioria che rappresentano un punto iniziale discreto per approcciarsi al Cesanese di qualità.


Tra le DOCG 2010 Superiore, tra i tanti, troppi vini di scarso appeal, ho trovato più che discreti il Massitium di Pileum, Casale della Ioria e i due vini di Coletti Conti, Romanico ed Hernicus, con una leggere preferenza per quest'ultimo che risulta ad oggi davvero ben espresso e un vino dall'ottimo rapporto q\p.


Tra i DOCG 2009 Riserva, tra vini amaroneggianti e rifermentati, ho trovato un porto sicuro solo nel Torre del Piano di Casale della Ioria, davvero complesso e profondo, e nel Vajoscuro di Giovanni Terenzi che, rispetto alle annate precedenti, ho trovato felicemente ingetilito e smussato dei suoi angoli.


Abbiamo degustato in totale 31 campioni e me ne sono piaciuti circa un terzo. Questo fornisce la visione di insieme di una situazione da ribaltare. Subito.

Il Chianti è Rock, il Barolo è lento?

Dopo il vino rosso targato Motorhead che avrebbe venduto in Svezia circa 250.000 bottiglie, arriva dall'Italia un altro vino per uomini duri e cazzuti: il Chianti Rock!


L’idea è di Domenico Tancredi, direttore tecnico/cantiniere della Fattoria di Faltognano che, direttamente dalla Colline di Leonardo Da Vinci, ha realizzato il sogno di "mettere in comunicazione uno dei marchi del Made in Italy più famosi al mondo con il genere musicale che è sinonimo di libertà ed energia per eccellenza". "Questa - scrive testuale Tancredi - è l’idea alla base del Chianti Rock, che vuol essere un prodotto intorno al quale gli appassionati di musica e rock and roll si radunano e condividono eventi, passioni ed emozioni pure".


Il Chianti Rock è 100% sangiovese vinificato in bottiglia ed affinato in legno di rovere francese. Sempre sul sito si legge che "il Chianti Rock è un prodotto che si sviluppa sopratutto intorno al mondo musica, abbinato a meeting artistici, conferenze stampa informali o eventi ufficiali di promozione, personalizzando cosi ogni iniziativa.Si sviluppa ottimamente anche insieme ad eventi privati, mostre forografiche, presentazioni di libri e cortometraggi e tutto quello che è in effetti cultura. 

Domenico Tancredi può garantire la personalizzazione delle bottiglie trasformando un progetto personale in un progetto e un idea per tutti. Applicando infatti bollini sulle bottiglie, personalizzabili sia per dimensioni che per forme, potete rendere il vostro evento unico e senza dubbio originale".

Ora, a prescindere dal (più che lecito) progetto di Tancredi e da questo vino che non conosco ma che non dubito sia buono, mi chiedo perchè altre grandi denominazioni italiane, leggi Barolo, non adottino questo tipo di marketing. Sono meno avanzati commercialmente oppure da quelle parti cercano in ogni modo di tutelare il nome di una grande denominazione?  
Basta veramente avere una vigna nell'areale del Chianti e rispettare il disciplinare di produzione per poi fare come si vuole e trasformare, che ne so, un sangiovese in purezza nel vino ufficiale dei petomani toscani?

Buon rock a tutti!



 

Domenica 6 Maggio 2012: pranzo di beneficenza a Roma


Quest'anno non ci sarò ma invito tutti i lettori di Percorsi di Vino a partecipare al bellissimo pranzo di beneficenza che i forumisti del Gambero Rosso e il Salotto Culinario di Roma stanno organizzando. 

PROGRAMMA:

ore 11,30 aperitivo con "sgonfiotti con ricotta e acciughe del Cantabrico" di Massimiliano Sepe

ore 12,30 pranzo (costo 40 euro):

entrée: wafer, burrata, bottarga e uova di salmone di Massimiliano Sepe

antipasto: fiori di Zucca "Alice va in campagna" di Massimiliano Sepe

primo: Cacio e pepe bianco agli aromi di campo di Arcangelo Dandini

secondo: Faraona ripiena , con asparagi tortino di patate e cipollotto di Dino de Bellis

dolce: Cannolo con ricotta di bufala di Massimiliano Sepe

Il clou della giornata sarà l'asta durante la quale verranno messe all'incanto molte bottiglie di vino interessanti:

CHIANTIGIANI

Radda in Chianti (SI)

• 1 Chianti Classico Riserva Baron'Ugo 2007 Monteraponi magnum in cassetta legno 1.5 litri (30 esemplari in tutto)
DONATA DALL'AZIENDA (Michele Braganti) - OFFERTA: 60€ brozzi ASTA ONLINE
• 1 Chianti Classico Riserva Val delle Corti * magnum in cassetta legno 1.5 litri
DONATA DALL'AZIENDA (Roberto Bianchi) - OFFERTA: 30€ yayo85 ASTA ONLINE
* Per l'annata siamo in attesa di comunicazioni da parte del donatore, presumibilmente è la 2007
- Monterinaldi
• 1 Pergole Torte 2008 Montevertine magnum in cassetta legno 1.5 litri
DONATA DALL'AZIENDA (Martino Manetti) - OFFERTA: 100€ Timoteo ASTA REALE A ROMA (la porta brozzi)

Castellina in Chianti (SI)

• 1 Chianti Classico Montornello 2010 Bibbiano magnum in cassetta legno 1.5 litri
DONATA DALL'AZIENDA (Tommaso Marrocchesi Marzi) - OFFERTA:... ASTA ONLINE
• 1 Chianti Classico Riserva Capannino 2008 Bibbiano magnum in cassetta legno 1.5 litri
DONATA DALL'AZIENDA (Tommaso Marrocchesi Marzi) - OFFERTA: ... ASTA ONLINE
• 1 Siepi 1999 Castello di Fonterutoli
DONATA DA ilbeonefotografo - OFFERTA:... ASTA REALE A ROMA (la porta ilbeonefotografo)

Lamole - Greve in Chianti (FI)

• lotto da 2 bottiglie di Chianti Classico Riserva 2006 e 2007 I Fabbri
DONATA DALL'AZIENDA (Susanna Fabbri)- OFFERTA: ... ASTA ONLINE

MONTALCINO

• 1 Brunello di Montalcino 2007 Le Ragnaie magnum 1.5 litri
DONATA DALL'AZIENDA (Riccardo Campinoti) - OFFERTA: 50€ brifazio - ASTA REALE A ROMA (la porta brozzi)
• 1 Brunello di Montalcino 2006 Pietroso magnum in cassetta legno 1.5 litri
DONATA DALL'AZIENDA (Gianni Pignattai) - OFFERTA: 40€ ilbeonefotografo ASTA ONLINE
• 1 Brunello di Montalcino Riserva 2004 Fattoria dei Barbi magnum in cassetta legno 1.5 litri
DONATA DALL'AZIENDA - OFFERTA: ... ASTA REALE A ROMA (la porta brozzi)
• 1 Brunello di Montalcino 1978 Argiano
DONATA DA Sasha – Old Wines - OFFERTA: ... ASTA REALE A ROMA (la porta brozzi)

MONTECUCCO

• 1 Montecucco Riserva 2008 Collemassari doppia magnum in cassetta legno 3 litri
DONATA DALL'AZIENDA - OFFERTA: ... ASTA REALE A ROMA (la porta brozzi)

BOLGHERI

• 1 Sassicaia 1992 Tenuta San Guido
DONATA DA Sasha – Old Wines - OFFERTA: ... ASTA REALE A ROMA (la porta brozzi)
• 1 Piastraia 1999 Michele Satta doppia magnum in cassetta legno 3 litri
DONATA DA tasteclimber - OFFERTA: ... ASTA REALE A ROMA (direttamente a Roma)
• 1 Piastraia 2000 Michele Satta doppia magnum in cassetta legno 3 litri
DONATA DA tasteclimber - OFFERTA: ... ASTA REALE A ROMA (direttamente a Roma)

PIEMONTE

• 1 Barolo Monprivato 2006 Giuseppe Mascarello
DONATA DA chambertin - OFFERTA:... ASTA REALE A ROMA (la porta chambertin)
• 1 Barbaresco 1967 Gaja
DONATA DA Sasha – Old Wines - OFFERTA: ... ASTA REALE A ROMA (la porta brozzi)
• 1 Barolo Cannubi 1996 Prunotto
DONATA DA Sasha – Old Wines - OFFERTA: ... ASTA REALE A ROMA (la porta brozzi)
• 1 Barolo Riserva Bussia 1980 Prunotto doppia magnum in cassetta legno 3 litri
DONATA DA tasteclimber - OFFERTA: ... ASTA REALE A ROMA (direttamente a Roma)
• 1 Barolo 1970 Marchesi di Barolo
DONATA DA Sasha – Old Wines - OFFERTA: ... ASTA REALE A ROMA (la porta brozzi)

LOMBARDIA

• 1 Valtellina Superiore Vigneto Fracia 2005 Nino Negri
DONATA DA ilbeonefotografo - OFFERTA:... ASTA REALE A ROMA (la porta ilbeonefotografo)

VENETO

• 1 Amarone Acinatico 2005 Accordini
DONATA DA ilbeonefotografo - OFFERTA:... ASTA REALE A ROMA (la porta ilbeonefotografo)

MARCHE

• 1 Verdicchio "Il San Lorenzo" 1997 magnum Fattoria San Lorenzo
DONATA DA 10santolo - OFFERTA: 100€ timoteo ASTA REALE A ROMA (la porta ilbeonefotografo)

ABRUZZO

• 1 Trebbiano d'Abruzzo 1993 Valentini
DONATA DA BREKA - OFFERTA: 65€ apa - ASTA ONLINE

• 1 Montepulciano d'Abruzzo 1979 Emidio Pepe
DONATA DA Sasha – Old Wines - OFFERTA: ... ASTA REALE A ROMA (la porta brozzi)

CAMPANIA

• 1 Fiano di Avellino 2007 Marsella
DONATA DA TIMOTEO - OFFERTA:... ASTA REALE A ROMA (la porta timoteo)
• 1 Fiano di Avellino 2007 Marsella
DONATA DA TIMOTEO - OFFERTA:... ASTA REALE A ROMA (la porta timoteo)
• 1 Fiano di Avellino 2007 Marsella
DONATA DA TIMOTEO - OFFERTA:... ASTA REALE A ROMA (la porta timoteo)
• 1 Fiano di Avellino 2007 Marsella
DONATA DA TIMOTEO - OFFERTA:... ASTA REALE A ROMA (la porta timoteo)
• 1 Fiano di Avellino 2007 Marsella
DONATA DA TIMOTEO - OFFERTA:... ASTA REALE A ROMA (la porta timoteo)
• 1 Fiano di Avellino 2007 Marsella
DONATA DA TIMOTEO - OFFERTA:... ASTA REALE A ROMA (la porta timoteo)
 
Il ricavato andrà tutto a finanziare la Wend Barka, Onlus che in Burkina Faso garantisce a decine di bambini ed alle loro famiglie le necessità di base e favorendone l'accesso all'istruzione.
 
 

Castell'in Villa Chianti Classico 1996


Sono sempre più convinto che il vino, a prescindere dalla "ricette" dell'enologo, sia sempre lo specchio della personalità del suo produttore che per nessun motivo al mondo, se sano di mente, darebbe il via libera ad un prodotto che non berrebbe mai nella vita.

Coralìa Ghertsos Pignatelli della Leonessa. Fonte:supremeitalianwine.com

Questo è soprattutto il caso di una grande donna del vino italiano, la principessa Coralìa Ghertsos Pignatelli della Leonessa che, dal 1971, ha fatto una promessa d'amore al sangiovese di Castelnuovo Berardenga producendo un Chianti Classico (sia annata che Riserva) di grande fascino e nobiltà, praticamente l'alter ego della sua personalità che ama incantare senza provocare l'interlocutore di turno.

Foto: Andrea Federici

Tutto i Chianti Classico di Coralìa sono ammalianti, cristallini, sprizzano purezza ed avvolgenza, sono una coperta di cashmere per il palato e cibo per la nostra mente bisognosa di emozioni sincere.
L'annata 1996 degustata recentemente a Roma ha confermato ancora una volta la mia assoluta inclinazione per questo sangiovese che, nonostante 16 anni di età, rimane fulgido di un frutto rosso ancora croccante a cui seguono sussurri minerali e balsamici di grande intensità e schiettezza. 
Al palato è perfettamente coerente, la grana dei tannini è nobile e la cospicua dotazione acida fa intravedere per questo vino ancora tanti anni di onorata carriera. Finale radioso dove ritrovo tutto lo stile, la compostezza e l'"understatement" della principessa Coralìa. 

Un grande Chianti Classico da bere in giornate malinconiche davanti ad un tramonto toscano.

Fonte: hoteldelbuono.it

La Franciacorta odia le Bollicine

Dopo essersi incazzati perchè non volevano essere chiamati Spumante, in Franciacorta da pochi giorni è iniziata la guerra alle Bollicine. Sembrerebbe, in una delle zone a più alta vocazione per questa tipologia di vino, una contraddizione ma, a leggere le parole del Consorzio Franciacorta, l'appello fatto a tutti i comunicatori del vino è più che serio.

"Chiamiamo il vino con il proprio nome e non con termini che ne generalizzano e ne uniformano le peculiarita', appiattendone, di fatto, la qualita' percepita - spiega Maurizio Zanella, Presidente del Consorzio Franciacorta -. 'Bollicine' e' un termine obsoleto e senza futuro. Il tempo presente ci offre una nuova occasione per affermare i nostri vini di qualita', cominciando dal consolidare la cultura di base in materia e da un appropriato linguaggio". 


"E' necessario - aggiunge Zanella - iniziare un nuovo percorso per valorizzare i grandi vini anche dal punto di vista 'nominale'. Con impegno e passione il Franciacorta ha raggiunto il traguardo dei 50 anni; a questo punto, credo sia maturo per un passo successivo, importante per poter definitivamente trovare, a livello nazionale ed internazionale, un posizionamento coerente e rispondente all'eccellenza che esprime". "E che non si chiami piu' spumante - continua Zanella - per nessun motivo al mondo

La similitudine tra 'spumante' e Franciacorta e' da bandire in qualsiasi citazione. Non per velleita' o principio, ma per decreto ministerialeOggi il Franciacorta, come anche altri vini di qualita', esige piu' rispetto, eleganza, identita', che il termine bollicine, ormai, non e' in grado di dare - conclude il presidente Zanella. Franciacorta, Champagne e Cava: in Europa, solo questi 3 vini possono utilizzare un unico termine per identificare in modo preciso un vino, un territorio e il metodo di produzione".

Quindi, ricapitolando, se chiamo il vino col termine spumante vi incazzate e magari mi prendo pure una denuncia, se faccio riferimento alle bollicine vi incazzate....Qua tutti si incazzano ma, per caso, avete chiesto ai produttori di Champagne se il continuo riferimento a quella zona e a quei vini fa incazzare loro?


Andare per Taurasi 2012


Una grande giornata slow tra le belle colline della Valle del Calore assaggiando i vini e i piatti nelle cantine dei Vignerons. Nel cuore della verde Irpinia è custodita una delle aree rurali più sorprendenti della Campania. Si susseguono suggestioni e bellezze della natura che si fondono armonicamente con l’operato dell’uomo, in un binomio significativo di tradizione e modernità. 

 

Comodamente raggiungibile in auto, bus, treno, questa Terra si offre al visitatore come un rifugio, una realtà diversa ma possibile, a pochi chilometri dalle aree metropolitane e dalle località turistiche della costiera campana. Alla quotidianità metropolitana contrappone il silenzio dei campi, i sapori genuini, i mestieri della tradizione, i luoghi destinati al ristoro dello spirito e le testimonianze di una storia rilevante. I vigneti della D.O.C.G. “Taurasi”, si incastonano discreti in un incantevole scenario di ameni e soleggiati declivi collinosi, dei belvedere dei centri storici e delle fitte aree boschive baciati dal fiume Calore. 

Il disciplinare del Taurasi individua un’area piuttosto ampia ed estesa che ricade principalmente nella Valle del Calore e abbraccia diciassette Comuni. Unica D.O.C.G. di tutto il centro-sud fino al 2003, il Taurasi viene prodotto con le uve di Aglianico. Uno dei primi a fiorire e tra gli ultimi ad essere raccolto, l’Aglianico è un vitigno vigoroso e allo stesso tempo delicato. Vino con una forte identità territoriale, risalendo il fiume Calore, si incontrano vigneti che si collocano attorno ai 300 metri per arrivare a siti che nella zona più alta, a ridosso dei Monti Picentini, sfiorano gli 800 metri. 

Attraversando le terre del Taurasi, non si può fare a meno di confrontarsi con un repertorio estremamente eterogeneo di esposizioni, altitudini e paesaggi.

La giornata è di approccio al Manifesto dei Vignerons d’Europe:

Il vignaiolo si prende cura in prima persona della vigna, della cantina e della vendita.

Il vino del vignaiolo è vivo, dona piacere, è figlio del suo territorio e del suo pensiero.

Espressione autentica di una cultura.

Il vignaiolo considera il consumatore un co-produttore.

Il vignaiolo custodisce e modella il paesaggio nel rispetto della biodiversità e della cultura del proprio territorio, che racconta e arricchisce.

Il vignaiolo come agricoltore si assume la responsabilità di preservare e migliorare la fertilità del suolo e l’equilibrio egli ecosistemi.

Il vignaiolo si impegna a rinunciare all’utilizzo di molecole e organismi artificiali e di sintesi con l’obiettivo di tutelare il vivente.

Il vignaiolo governa il limite in tutti i suoi impegni ricercando l’ottimo, mai il massimo.

Il vignaiolo si assume la responsabilità della propria attività nel rispetto dell’ambiente, della salute del consumatore e dei destini della propria comunità e della terra.

Il vignaiolo si impegna a creare e alimentare relazioni con altri vignaioli, agricoltori, produttori di cibo, cuochi, università e istituti di ricerca, educatori e cittadini nella propria comunità e nel mondo.

Il vignaiolo pratica la trasparenza: dice quello che fa e fa quello che dice.


Villa Gemma Masciarelli: ancora sorsi di grande Abruzzo


Ogni volta che incontro Marina e Rocco ritornano sempre le emozioni della storica verticale di Villa Gemma che organizzai assieme a molti amici in ricordo dell'appena scomparso Gianni Masciarelli. Da allora è come se quella parte d'Abruzzo non mi abbia più lasciato e questo legame, che a tratti sembra esser diventato di sangue, lo ritrovo ogni volta che davanti a me ho ritrovo un bicchiere di Villa Gemma, il vino di Gianni, quel vino che, come amava dire, "ha lo stesso sapore della mia terra".


Con Marina e Rocco abbiamo ripercorso di nuovo la vita di questo grande Montepulciano d'Abruzzo partendo dall'annata 1997 della quale, recentemente, avevo avuto "cattive" notizie. Nel mio bicchiere, invece, il vino si presenta con tratti terziari molto nobili che vanno dall'humus alla prugna fino ad arrivare al caffè. Un dipinto a tinte autunnali che in bocca non cede ancora nulla allo scorrere inesorabile del tempo visto che l'acidità e, soprattutto, il tannino sono ancora vivace e mordono le gengive. Un vino per nulla arrancante che potrà dare spettacolo ancora per molti anni.

Il Villa Gemma 1999 rappresenta la profondità e il lato oscuro del Montepulciano d'Abruzzo. Rispetto al 2008 non ha perso nulla di cià che aveva: china, fiori appassiti, cioccolato fondente, liquirizia, mineralità scura. E' un vino cervellotico, forse non di primo impatto ma proprio per questo lo amo e, penso, continuerò ad amarlo per molto tempo. Piccola annotazione: questa annata, forse in passato sottovalutata, sta dando vita ad una serie di piccoli capolavori enologici, Osso San Grato in primis.


Il Villa Gemma 2001 probabilmente è il più completo della batteria perchè, ad oltre dieci anni dalla vendemmia, rappresenta un Montepulciano nel pieno della sua maturità rinunciando sia ad esuberanze giovanili sia a cali di tensione dovuti all'età. Di un colore rubino impenetrabile si presenta al naso con un proporzionato intreccio di odori: frutta rossa ancora croccante, scatola di sigari, toni balsamici, cenni di humus e china. In bocca è superbo, formato da una intelaiatura tannica moderatamente vellutata e da una progressione da motore diesel. Succoso. Ha ancora ampi margini di miglioramento.

Il Villa Gemma 2003 è ricco, abbondante ed impetuoso senza però strafare. Il naso è un cesto di frutta rossa, sa di lavoro e fatica per gestire una vendemmia per nulla facile. Gianni però ce l'ha fatta anche stavolta, lo pensi quando porto il vino al palato che è certamente di buon peso ma affascina e seduce come come le forme di Crystal Renn. Ad oggi è un perfetto compagno di tavola, se poi l'abbinate ad un germano reale al forno......