Verrone Viticoltori – Cilento Dop Fiano “Vigna Girapoggio” 2018


Un grande Fiano del Cilento, come questo prodotto dalla famiglia Verrone, lo riconosci subito grazie al perfetto connubio tra il caldo abbraccio delle terre del Sud e quella nota di timo, mandorla, agrumi e sale che ti ricordano come queste vigne, con vista sul Golfo di Salerno, siano legate intimamente al Mediterraneo con i sui colori e profumi.



Il Vinco: l'Alta Tuscia, con il Mistione, ha il suo vino rock!


Non c’è assolutamente dubbio che, assieme al basso frusinate, l’Alta Tuscia viterbese (delimitata a sud dalla provincia di Roma, ad est dall'Umbria, a ovest dal Mar Tirreno ed a nord dalla Toscana) sia l’area vitivinicola più dinamica, e per certi versi anche più anarchica, del Lazio.
Da qualche anno, infatti, tanti giovani vignaioli stanno cercando di dar vita a vini, spesso “naturali”, attraverso i quali si punta decisamente a rompere con un passato e, purtroppo, con un presente costellato da DOC, la più importante delle quali è l’Est!Est!!Est!!! di Montefiascone, che poco hanno valorizzato, tranne eccezioni, la viticoltura di un territorio la cui caratteristiche, se adeguatamente sfruttate, potrebbero senza problemi portare ad una alta qualità diffusa di tutto il comparto vitivinicolo locale.

L'Alta Tuscia

Il centro nevralgico di questa “nouvelle vague” del vino della Tuscia è caratterizzato da un luogo ben preciso: il lago di Bolsena. Questo specchio d’acqua, con i suoi 114 Kmq di superficie, rappresenta il più grande lago vulcanico d'Europa (tecnicamente è considerato una caldera) e la viticoltura in questa zona, storicamente, si è sviluppata attorno alle colline dei comuni più importanti: Montefiascone, Marta, Capodimonte, Gradoli, San Lorenzo Nuovo e Bolsena.

Il Lago di Bolsena

L’areale, come facile pensare, è costituito da terreni di origine vulcanica e ricchi di potassio anche se è possibile avere al loro interno delle importanti differenziazioni: nell’area nord-ovest l’attività intercalderica ha prodotto prettamente terreni ricchi di lave e scorie saldate, la sabbia è praticamente assente mentre la troviamo in abbondanza nella zona sud-orientale accanto, ovviamente, ad abbondanti formazioni di tufo. Le vigne, in queste zone, godono soventemente di una esposizione sud, sud-ovest e possono avere altezze variabili che possono arrivare anche ad oltre 600 metri s.l.m. da dove, ve lo posso garantire, si aprono scorci panoramici sul lago di Bolsena e le sue due isole (Bisentina e Martana) che lasciano senza fiato.
I principali vitigni a bacca bianca che possiamo trovare camminando tra questi filari sono procanico, grechetto, malvasia, moscato, verdello mentre a bacca rossa troviamo canaiolo, aleatico, ciliegiolo, roscetto e greghetto rosso (clone locale di sangiovese).

Gianmarco Antonuzi - credito: tutto wines

Come scritto in precedenza, l’Alta Tuscia Viterbese oggi è una vera e propria fucina di giovani produttori che stanno più o meno sperimentando nuove vie del vino riprendendo e sviluppando, è opportuno sottolinearlo, il grande lavoro fatto da Gianmarco Antonuzi (Le Coste) che nel lontano 2004, prima di tutti, aveva compreso la grandezza di un territorio vitivinicolo soprattutto se vigna e cantina venivano in qualche modo “slegati” da protocolli convenzionali poco rispettosi della Natura. Questo movimento “naturale ed indipendente” iniziato da Antonuzi, nel corso del tempo, ha avuto altri punti fermi come, ad esempio, Andrea Occhipinti arrivando oggi a contare almeno sei o sette cantine di riferimento tra cui Il Vinco

Daniele, Nicola e Marco: Il Vinco

Questa azienda agricola, situata nella parte sud del Lago di Bolsena (Montefiascone), è un progetto fortemente voluto e realizzato da tre amici Daniele ManoniNicola Brenciaglia e Marco Fucini che attorno al 2014, dopo una serata ad alto contenuto di alcol, decisero di diventare anche soci intraprendendo questa nuova via di vita assieme.
Attenzione – mi blocca Nicola mentre giriamo per le vigne – eravamo alticci, euforici, ma non pazzi perché alla fine, tutti e tre, oltre ad essere grandi appassionati di vino, proveniamo da ambiti agricoli che conosciamo bene. Infatti, io e Daniele siamo anche produttori di olio mentre Marco alleva vacche da carne. In zona, poi, ogni famiglia tradizionalmente ha un pezzetto di vigna con la quale fa il vino di casa, per cui qualche rudimento enologico già lo sapevamo. Ci siamo detti, perciò, visto che avevamo un minimo di esperienza, un po’ di terra e anche i mezzi meccanici, perché non iniziare?”


E così Daniele, Nicola e Marco hanno cominciato a rimboccarsi le maniche prendendo in affitto piccole parcelle di vigneto dagli anziani del posto che lasciavano. Le vigne in produzione, gestite dal 2017 secondo i principi della biodinamica, sono coltivate solo con uve locali (canaiolo nero, rossetto, procanico, malvasia bianca lunga) e sono site a Capodimonte (la parcella più grande di circa 1.2 ettari), Montefiascone, da dove si produce il bianco, mentre una vigna più piccola, di canaiolo nero a piede franco, si trova a Marta. In totale circa tre ettari a cui si devono aggiungere altri tre ettari e mezzo di nuovi impianti (tutti attorno la cantina) dove troviamo anche piante di verdello (clone locale di verdicchio).


Mentre scrivo mi trovo all’interno della nuova cantina de Il Vinco, a due passi da Montefiascone, dove i ragazzi stanno vinificando in autonomia, non senza difficoltà, dopo essere stati ospitati da Andrea Occhipinti per i primi due anni di produzione. All’interno della nuova cantina, che in futuro si avvarrà anche di una sala degustazione con vista sui vigneti, troviamo sia vasche di cemento, usate per la fermentazione a scalare dei vini, sia tini in vetroresina (i loro preferiti) ed acciaio inox che sono invece usati per l’affinamento dei vari vini della gamma. Per ora non viene usato legno anche se per la prossima annata, la 2020, è in programma di acquistare una botte grande per affinare il greghetto rosso.


Dopo vari assaggi da vasca, tutti sorprendenti per identità e territorialità, chiedo di degustare il loro rosato, il così detto Mistione, che tanto sta spopolando, soprattutto in queste giornate estive, tra gli amanti dei vini naturali. Il vino non altro che un blend, ovvero un mischione\mistione (da qua il nome), di uve sia a bacca bianca che rossa come canaiolo nero, procanico, rossetto, malvasia bianca lunga che dopo una breve macerazione di due giorni vengono fermentante spontaneamente in cemento per poi affinare, una volta creata la cuvée, in acciaio e vetroresina per circa sei mesi a cui seguono altri tre mesi di bottiglia. 


Degustandolo, capisco perché questo rosato sta facendo tanto parlare di sé: è assolutamente originale, parte leggermente abboccato ma poi la forte componente sapida del vino, tipica della zona vulcanica dove sono piantate le viti, tende subito a controbilanciare la beva che, come un perfetto equilibrista, scorre lenta ma inesorabile su quel filo sottile che si chiama emozione gustativa e voglia di riempire un altro calice. Amici, siamo ovviamente di fronte ad un vino pop, sicuramente non è il miglior rosato bevuto nella mia vita ma, vivaddio, siamo nel bicchiere finalmente ho qualcosa di assolutamente inedito ed innovativo per l’Alta Tuscia abituata forse un po’ troppo abituata a vini tecnici e troppo uguali a se stessi.


Ultima curiosità: Il Vinco deriva il suo nome dal salice da vimini (Salix viminalis) con il quale un tempo si formavano delle corde per legare i le viti o le piante dell’orto. Il Vinco, perciò, sta ad indicare il forte legame con la terra di origine del progetto ma suggella anche il forte rapporto di amicizia tra Daniele, Nicola e Marco.

Ayala - Champagne Brut “Collection N°7” 2007

Lanciato in Italia lo scorso 23 Luglio con un evento unico che si è svolto in contemporanea in sette città italiane, il N° 7 è la seconda opera della "COLLEZIONE AYALA", champagne unico nel suo genere, prodotto in piccole quantità e presentate solo quando raggiunge il suo apice. Questa cuvée nasce da un blend (2/3 chardonnay e 1/3 pinot nero) di 7 Grands Crus della Côte des Blancs e della Montagne de Reims, tutti dell'annata 2007, è ha un dosaggio di circa 6 grammi/litro.


In particolare le uve nascono da 5 Grands Crus della Côte des Blancs : 
Avize : mineralità gessosa 
Chouilly : generosità, finezza 
Cramant : struttura, vinosità 
Le Mesnil-sur-Oger : vivacità, tensione 
Oger : frutta, opulenza 

e 2 Grands Crus de la Montagne de Reims
Aÿ : generosità, finezza 
Verzy : vivacità, carisma 


Queste sette anime, sapientemente assemblate da Caroline Latrive, una delle 3 donne Chef de Cave di tutta la Champagne, dopo circa 11 anni di affinamento nelle cantine della Maison Ayala, hanno dato vita ad uno Champagne assolutamente di carattere e potenza aromatica sciorinata in un ampio quadro olfattivo che spazia dalla frutta secca fino allo zenzero e la mineralità, passando per agrumi canditi e prugna Mirabelle.  Al sorso è goloso, strutturato ma, al contempo, elegantemente vivace e sinuoso. La chiusura, sapida, sfuma in un caldo e vibrante abbraccio agrumato.

Caroline Latrive

Ayala N°7 si abbina perfettamente a cibi ricchi ma dalla consistenza delicata, come un'aragosta alla griglia in burro salato servita con risotto allo zafferano, un medaglione di filetto di vitello in salsa cremosa o semplicemente un Comté stagionato 18 mesi!

De Bartoli - Marsala Vergine Riserva 1988


di Lorenzo Colombo

E poi ti capita d’assaggiare questo vino e commiseri coloro che dicono di non amare il Marsala.


Un vino questo che richiederebbe un’intera pagina per poter essere descritto, e probabilmente non basterebbe: miele di castagno, fichi cotti, frutta secca, un’ampiezza olfattiva e gustativa con pochi uguali, e poi non finisce mai. Ovviamente non ci riferiamo alla bottiglia, finita troppo presto.


Due belle trattorie da scoprire se passate in Lunigiana!


di Lorenzo Colombo

La Lunigiana è una regione storicamente divisa tra Emilia, Toscana e Liguria, dopo l’unità d’Italia e la creazione delle varie province il suo territorio è stato un poco smembrato ed attualmente per Lunigiana s’intende l’insieme di alcuni comuni situati lungo il corso del fiume Magra, suddivisi tra le province di La Spezia e di Massa Carrara.

Dal punto di vista gastronomico le preparazioni più conosciute sono gli Sgabei, pasta lievitata (la stessa del pane), tagliata a strisce e fritta in olio d’oliva, che vengono solitamente abbinate a salumi vari ed utilizzati come antipasti, famosi inoltre sono i Panigacci ed i Testaroli.

In realtà tra i due non è ci si sia molta differenza, si tratta sempre di un impasto simile, ovvero una pastella di farina, acqua e sale, leggermente più densa per quanto riguarda i Panigacci, per entrambi la cottura di questa pastella avviene in testi, di ghisa o terracotta. Ciò che cambia è l’utilizzo, infatti i testaroli, che si ottengono tagliandi in quadrati di circa 4 centimetri di lato il disco cotto, vengono bolliti per pochi minuti in acqua e quindi conditi in genere con pesto di basilico, ma anche con altri sughi, mentre i Panigazzi vengono in genere serviti caldi (sembrano delle piccole piadine) accompagnati da salumi o formaggi.


Ma veniamo ai nostri locali: sei giorni in Lunigiana e sei trattorie visitate, in tutte abbiamo mangiato più che bene, assaggiando a volte diverse versioni degli stessi piatti, qui andiamo a riferire dei due luoghi dove ci siamo trovati meglio, sia per quanto riguarda l’accoglienza, ma soprattutto per quanto riguarda il cibo e non ultimo il prezzo pagato.

Il primo locale è Da Fiorella, situato a Nicola, frazione di Luni, in provincia di La Spezia. Situato a 180 metri d’altitudine, ci si arriva affrontando alcuni tornanti dopo aver lasciato l’Aurelia in prossimità del sito archeologico di Luni. Ci siamo stati domenica 12 luglio a pranzo. Visto dal di fuori non è che ci abbia fatto una grande impressione, le cose però cambiano appena entrati Un’ampia sala luminosa arredata in maniera moderna, con ampie finestre che spaziano sulla Val di Magra, sino al mare. I numerosi ed interessanti piatti in carta ci costringono ad una non facile scelta, optiamo quindi per un Antipasto misto, composto da torta di verdure, torta di riso e cipolla, caponata, polenta incatenata e verza ripiena e per un Gatzpacho e vaporata di mare. Buonissimo quest’ultimo piatto, anche se ce lo immaginavamo diverso.

Antipasto misto

Tra i primi piatti scegliamo il Bis di Panigacci (con olio e parmigiano e con pesto fatto in casa), Pappardelle all’amatriciana di polpo e pecorino e Tagliolini cacio pepe e cozze. I Panigacci sono dei pani non lievitati a forma di cerchio (ricordano nella forma la piadina) cotti a fuoco vivo in un testo di terracotta, gli ingredienti sono semplicemente farina, acqua e sale. Vengono poi serviti con varie pietanze, soprattutto salumi e formaggi, ma anche in maniera più semplice, ma non meno gustosa, come nella versione assaggiata da Fiorella.

Panigacci

Difficile la scelta anche per quanto riguarda i secondi piatti, alla fine decidiamo per dei gustosissimi Muscoli di Spezia ripieni e, mentre chi è più tradizionalista opta pe Filetto di manzo e Chips di patatine fritte.

I muscoli!

Un gelato alla crema e due caffè chiudono il nostro pasto che è stato innaffiato con un Trento Doc “Salísa” Millesimato 2016 di Villa Corniole e, per bere locale, un Vermentino “Vigne Basse” 2019 di Terenzuola, vini scelti in un’ampia carta che comprende sia vini locali che di altre regioni, il tutto con ricarichi più che onesti. 


Notevole la soddisfazione, sia per quanto riguarda il palato come pure per il portafoglio.


Il secondo locale di cui andiamo a scrivere, si trova invece a Fosdinovo, in provincia di Massa Carrara, proprio ai piedi del Castello Malaspina, si tratta del castello più grande e meglio conservato di tutta la Lunigiana, famoso per aver ospitato tra gli altri anche Dante Alighieri.


Ma torniamo al nostro locale, ovvero la Trattoria Quinta Terra, una sala a volte in pietra e pochi tavoli all’esterno ci accolgono mercoledì sera, 15 luglio, all’interno i tavoli sono ben distanziati, il menù si trova su un paio di lavagne, c’è pure il QR Code per scaricarlo, come può essere scaricata la carta dei vini.
Delicato il Flan di cavolfiore con salsa al gorgonzola che scegliamo tra gli antipasti; proseguiamo poi con i primi piatti, ovvero Orecchiette, cozze, pecorino e cannellini e Zuppa di farro con calamari al rosmarino.
Entrambi piatti assai deliziosi e saporiti.

Orecchiette, cozze, pecorino e cannellini

Tra i secondi piatti tortino di acciughe, melanzane, pomodoro e mozzarella e baccalà alla ligure gratinato al forno. Il tutto innaffiato da Breganze Vespaiolo Doc “Angarano Bianco” 2018, di Villa Angarano, un vino che con la sua acidità s’è sposa più che bene con i piatti scelti. 


Non molte le etichette nella carta dei vini caratterizzata da un ricarico onesto, l’azienda ha anche una propria produzione, abbiamo assaggiato per curiosità il loro Vermentino “Tziveta” trovandolo molto interessante. Conto finale onestissimo, con notevole rapporto qualità/prezzo.


The Court, il mio Cocktail Bar a Roma con esclusiva vista Colosseo

Drink con vista al The Court, l'esclusivo cocktail bar di Palazzo Manfredi aperto 7 giorni su 7, dalle prime luci del tramonto alle 2 del mattino. A quasi un anno dalla sua inaugurazione, sono diverse le novità che verranno svelate in occasione della riapertura ufficiale della location con meravigliosa vista Colosseo. Dietro l'inconfondibile bancone di marmo lungo 7,5 metri c'è sempre Matteo Zed, bartender di fama internazionale che proprio nel 2019 ha consacrato il suo successo con l'uscita della pubblicazione “Il grande libro dell'Amaro Italiano”, un appassionante itinerario made in Italy che ha riprodotto anche nella nuova drink list di The Court.


In un ambiente completamente sanificato in cui le sedute rispettano il distanziamento sociale, le necessarie misure di sicurezza non hanno in alcun modo impattato sulla raffinata eleganza e magica atmosfera del luogo. Ci sarà un ingresso dedicato differente da quello di uscita, per godere anche quest'anno di una delle viste più esclusive al mondo, l'Anfiteatro Flavio, sorseggiando uno dei cocktail della rinnovata carta firmata a cura di Zed. Oltre alle classiche sedute che assicurano privacy e intimità, c'è la proposta al bancone da cui si potrà ordinare dietro una protezione in plexiglass, attraverso cui osservare ogni passaggio della preparazione del proprio cocktail.

Il bar program offre grandi novità agli ospiti del The Court, come l'originale cocktail list a base di drink sorprendenti, preparati attraverso tecniche di ri-distillazione, fermentazione, chiarificazione ed estrazioni inedite in fat-washing. Tra i signature l’Expression Martini, un espresso Martini totalmente trasparente guarnito in modo minimale attraverso una foglia d’argento ed un chicco di caffè, oppure il Methamorphosis Negroni, un ri-distillato che mentre viene sorseggiato torna magicamente alla sua forma originale grazie allo scioglimento delle materie residue alla distillazione, racchiuse in uno skull di ghiaccio posto al suo interno. Sorprendente e gustoso anche l’Amaretto Colada, il famoso Amaretto di Saschiria, non del classico colore; la miscela viene accompagnata da un Cordial all’ananas, rum invecchiato e una soda all’acqua di cocco.


Non mancano Forgotten e Unforgattable Classic che insieme agli Evergreen e agli Intoccabili hanno accompagnato la brillante carriera di Matteo. Il Purple Sea è uno di quelli che lascia il segno: a base di Gin, Blu Tea e uno sciroppo di Fiori o lo spettacolare Golden Mai Tai con due Rum differenti e uno sciroppo tropicale preparato secondo un’antica ricetta. Ad Oriente guarda, invece, il Rising Sun, un omaggio al Giappone creato con Matcha Tea, miele e succo di yuzu per finire con lo Spicy Paloma, quest’ultimo un classico base tequila miscelato con il nuovo amaro al peperoncino di casa Caffo, il Vecchio Amaro del Capo Red Hot Edition, succo fresco di lime e pompelmo rosa e infine soda al medesimo flavor. Grande attenzione dedicata anche ai cocktail alcohol free, ispirati a viaggi tra le bellissime terre nel mondo.

Il The Court si rivela luogo privilegiato per gli amanti dell'alta miscelazione non solo per l’aperitivo ma anche l’after-dinner da assaporare immersi in un’atmosfera incantevole con vista mozzafiato. Altra novità è “In Suite Liquid Experience”, un’esperienza unica ed autentica che offre la possibilità di degustare magnifici cocktails (e non solo..) in un’altra location esclusiva, quale la terrazza della Grand View Gallery Suite di Palazzo Manfredi con servizio dedicato a due persone per 90 minuti di open bar a soli 120 euro.


Caratteristica di tutte le proprietà del Gruppo, incluso il The Court, è “The View” ossia la vista. Fanno parte della Manfredi Fine Hotels Collection (www.manfredihotels.com), di proprietà dei conti Goffredo e Leonardo Ceglia Manfredi, Palazzo Manfredi Small Luxury Hotel a Roma con il suo ristorante stellato Aroma sul RoofTop Una Stella Michelin proprio difronte al Colosseo, Punta Tragara Small Luxury Hotel, Le Monzù e Mammà Restaurants entrambi Una Stella Michelin a Capri. Altra novità sono gli appartamenti nel centro storico della capitale e il nuovo Palm Suite Manfredi. Una realtà imprenditoriale con radici antiche, che si distingue come brand d’eccellenza nell’arte dell’ospitalità e dell’accoglienza italiana.

The Court
c/o Palazzo Manfredi Small Luxury Hotel
Via Labicana 125 - 00184 Roma
Tel. 06 69354581
Aperto tutti i giorni dalle 18.00 alle 2.00


Il World’s Best Vineyards 2020 e i suoi vincitori!

di Chiara Giorleo

Il World’s Best Vineyards è il concorso intercontinentale organizzato dalla William Reed a Londra che premia le migliori 50 destinazioni al mondo rispetto all’offerta enoturistica. Siamo alla seconda edizione e la tanto attesa Top 50 è stata finalmente svelata nel corso di una cerimonia virtuale tenutasi su YouTube lunedì 13 luglio.

Conquista la prima posizione, per il secondo anno consecutivo, Zuccardi Valle de Uco (Argentina) che si aggiudica anche il premio di migliore destinazione del Sud America. Resta invariato anche il secondo posto con Bodega Garzón (Uruguay), mentre al terzo posto si posiziona Domäne Wachau (Austria) che si assicura, così, anche il premio di migliore destinazione in Europa.
L’Italia ha guadagnato 3 posizioni con aziende ben note al pubblico internazionale: Gaja (Piemonte) al 36esimo posto, Ceretto (Piemonte) al 21esimo e Antinori nel Chianti Classico (Toscana) che balza dal 18esimo posto dello scorso anno nella top 10: al nono posto. Aziende di prestigio che, ancora una volta, raccontano il brand Italia nel mondo.


La Top 50 del 2020 include, per la prima volta, vincitori in India, Bulgaria e Giappone.
Ulteriori premi di rilievo sono i seguenti: Robert Mondavi Winery in Napa, California (5° e Migliore destinazione in Nord America); Rippon in Nuova Zelanda (13° e Migliore destinazione in Australasia); Delaire Graff Estate in South Africa (14° e Migliore destinazione in Africa). Château Mercian Mariko Winery rappresenta il primo ingresso in classifica per il Giappone (30° e Migliore destinazione in Asia).

L’edizione 2020 è stata organizzata in partnership con Sonoma County Winegrowers. Durante la premiazione del concorso sia Andrew Reed, il fondatore, sia la presidente della Sonoma County Winegrowers, Karissa Kruse, hanno sottolineato quanto siano stati colpiti “dalla capacità di adattamento delle aziende vitivinicole alla situazione corrente”. Ed ecco che, proprio in questo strano momento, un’iniziativa come questa assume un valore ulteriormente stimolante e, ci si augura, di supporto.
Come responsabile del panel Italia non posso che testimoniare il prestigio di una competizione di tale portata. L’augurio è che possa crescere sempre più al fine di esaltare quella diversità che ciascun Paese e ciascuna singola realtà sono in grado di sviluppare anche grazie al confronto internazionale.

Antinori nel Chianti Classico

Ecco la classifica completa:

1 The World’s Best Vineyard & The Best Vineyard in South America: Zuccardi Valle de Uco (Argentina)          
2 Bodega Garzón (Uruguay)
3 & The Best Vineyard in Europe: Domäne Wachau (Austria)
4 Montes (Chile)
5 & The Best Vineyard in North America: Robert Mondavi Winery (United States)
6 Bodegas de los Herederos del Marqués de Riscal (Spain)
7 Château Smith Haut Lafitte (France)
8 Quinta do Crasto (Portugal)
9 Antinori nel Chianti Classico   (Italy)
10 VIK Winery (Chile)
11 Catena Zapata (Argentina)
12 Fürst von Metternich- Winneburg’sche Domäne Schloss Johannisberg (Germany)
13 & The Best Vineyard in Australasia: Rippon (New Zealand)
14 & The Best Vineyard in Africa: Delaire Graff Estate (South Africa)
15 Weingut Dr. Loosen  (Germany)
16 Ridge Vineyards Monte Bello (United States)
17 Craggy Range (New Zealand)
18 González Byass – Bodega Tio Pepe (Spain)
19 Château Pichon Baron (France)
20 Opus One Winery (United States)
21 Ceretto (Italy)
22 CHÂTEAU MARGAUX (France)
23 Bodegas Salentein (Argentina)
24 Penfolds Magill Estate (Australia)
25 Henschke (Australia)
26 Bodega Bouza (Uruguay)
27 Clos Apalta (Chile)
28 Champagne Taittinger (France)
29 Champagne Billecart-Salmon (France)
30 & The Best Vineyard in Asia: Château Mercian Mariko Winery (Japan)
31 Château d’Yquem (France)
32 Bodegas RE (Chile)
33 Château Mouton Rothschild (France)
34 d’Arenberg   Australia
35 Viña Errázuriz (Chile)
36 GAJA (Italy)
37 DOMAINE SIGALAS SA (Greece)
38 Château Oumsiyat (Lebanon)
39 Wine Cellar Villa Melnik (Bulgaria)
40 Viña Casas del Bosque (Chile)
41 BODEGAS VIVANCO (Spain)
42 Familia Torres (Spain)
43 VIU MANENT (Chile)
44 Maison Ruinart (France)
45 Domaine Marcel Deiss (France)
46 KRSMA Estates (India)
47 Stag’s Leap Wine Cellars (United States)
48 Château Heritage (Lebanon)
49 Quinta do Noval (Portugal)
50 Trapiche (Argentina)

Per ulteriori dettagli: www.worldsbestvineyards.com

Pardi - Montefalco Rosso Riserva DOC 2016

di Stefano Tesi

E’ da pazzi bersi un rosso strutturato, e per di più di Montefalco, quando fuori ci sono 35°? 


No, se è servito alla giusta temperatura e se, come questo, al naso caldo e traboccante di note di ciliegia sovramatura si somma un palato lungo e ampio ma composto, gradevole, quasi severo.

Butussi, qualcosa di buono dai Colli Orientali del Friuli!

Durante i difficili giorni del lockdown ho avuto l’opportunità di assaggiare con calma parecchi campioni dei vini più disparati. Difficile, in effetti, trovare circostanze più favorevoli per una degustazione: forzata tranquillità ed isolamento, pochi telefoni e campanelli che suonano, minime distrazioni e incombenze.
La pace forzata indotta dal virus mi ha consentito insomma di mettere a frutto e a fuoco, con la massima concentrazione, molte cose.

Eppure mancava spesso qualcosa.

Ci ho pensato su a lungo e alla fine ho presto scoperto che cosa: mancava la gioia di individuare belle bottiglie e, conclusa la parte tecnica della seduta, di potersele godere in compagnia, di bersele tutte, in definitiva di far fare al vino la parte del vino.
Allora, in attesa di tempi migliori, ho esso da parte le bocce che, assaggiate con cura solitaria, mi sarebbe piaciuto però riassaggiare in compagnia, in un contesto cioè a metà strada tra il confronto coi colleghi e la bevuta tra amici.
Detto fatto: appunti buttati e note riprese da capo col metodo “simposiale”.


Cominciamo la rassegna con due gran belle etichette di un produttore storico dei Colli Orientali del Friuli, l’ultracentenaria Valentino Butussi, oggi guidata dal figlio Angelo e dai nipoti Filippo, Tobia, Matia e la sorella Erika. Eccole.

La Famiglia Butissi - credit: Cronache di Gusto

Valentino Butussi, Sauvignon Blanc “Genesis” 2018, Colli Orientali del Friuli DOC

Appena 1.275 bottiglie da una particella-cru di soli seimila metri con una vigna (biologica, come tutta l’azienda) di trent’anni sopra. Frutto di uno dei tanti esperimenti condotti negli anni e imbottigliato secondo il calendario lunare è un vino che di liscio ha solo il colore, d’un elegante paglierino. Al naso è invece esplosivo e intenso, che rilascia a ondate, in sequenza, ma senza sbavature né imprecisioni, note di pesca e di frutta a polpa bianca, biancospino, un accenno finale di buccia interna di agrumi. Al palato è sapido e lunghissimo, pulito, con una coda piacevolmente amarognola che invita alla ribeva. Elegante ma godibile. Amici contenti.


Valentino Butussi, Pinot Grigio Ramato 2018, Colli Orientali del Friuli DOC

Quella del ramato sarebbe una storia tutta da raccontare, anche per far capire meglio il “senso” di questo vitigno che nasce né bianco e né rosso e quindi si presta a molteplici interpretazioni. La meno diffusa, commercialmente meno redditizia ma senza dubbio più affascinante è quella adottata per produrre questo vino: il 25% dell’uva viene vinificata in bianco, mentre il 40% viene messo a macerare 36 ore, per estrarre la componente rosata; il restante 35% viene pigiato, raffreddata e lasciato anch’esso a macerare. Il macerato viene torchiato in modo soffice e il mosto messo a fermentare in botti tradizionali. Un mese prima dell’imbottigliamento le tre diverse vinificazioni vengono riunite.
Ne risulta un vino dal colore singolare, che definirei rosa antichissimo. Al naso è netto, diretto, con richiami alla polpa della frutta appena affettata e variegate note floreali in appassimento. In bocca è secco e deciso, verticale, con una prolungata nouance amara e bella persistenza. Col polpo grigliato è finito subito.