Il Fiorano Rosso è, con molta probabilità, il primo
taglio bordolese in Italia proposto alla vendita al pubblico con una sua etichetta e che
continua tutt’ora ad essere prodotto: il suo “genitore” fu il principe Alberico
Boncompagni Ludovisi, la “continuità”, con stessa etichetta, uvaggio, filosofia
e maestranze in vigna e in cantina, è opera del nipote Alessandrojacopo Boncompagni
Ludovisi.
La storia moderna della
Tenuta di Fiorano risale alla prima metà del secolo scorso: “[..] a Fiorano, il
vino si cominciò a produrlo all’incirca nel 1930, ma da viti locali. Fu nel
1946, quando ricevetti da mio padre la proprietà agricola di Fiorano, che
giudicai scadente il vino prodotto e consultai l’enologo dottor Giuseppe
Palieri, il quale mi propose di innestare sulle viti di Fiorano il cabernet e il merlot alla proporzione reciproca del 50% e,
separatamente, la malvasia di Candia e il sémillon per il vino bianco. Così
feci subito e mi valsi del dott. Palieri finché visse [..]”. [da Fiorano, memorie e girandole di A.
Castagno - Vitae - settembre 2014]
Di Giuseppe Palieri - direttore
dell’azienda vitivinicola di Maccarese dove nel 1960 produceva il San Giorgio,
un taglio bordolese che però non è arrivato fino a noi - e del suo lavoro, si
parlava già in un volume del 1935 di Vittorio Racah: “Varietà di viti a doppia funzione”. Il Principe Alberico si rivolse
a lui per impiantare un vigneto completamente differente dalle tradizioni
locali che producesse un vino di grandissima qualità.
Intanto, negli stessi anni,
anche il marchese Mario Incisa della Rocchetta aveva lavorato appassionatamente
al “suo” taglio bordolese (in terra bolgherese troviamo il cabernet franc a far
da vassallo al cabernet sauvignon) per la produzione del Sassicaia: "Dal
1948 al 1967, il Sassicaia rimase dominio strettamente privato, e fu bevuto
solo nella Tenuta", si apprende dal sito della Tenuta San Guido. Infatti
la prima bottiglia in commercio del Sassicaia fu quella relativa all’annata
1968.
Il
Marchese Mario e il Principe Alberico frequentavano verosimilmente lo stesso
ambiente aristocratico romano, per cui si può dire che l'idea di voler produrre
grandi vini in Italia -all’epoca identificati nel blend bordolese- si riconduce
a quella cerchia molto legata alla Francia con la quale poter condividere una
certa idea di qualità, di bello e di rinascita dalla Guerra. L’impronta di una
visione più personale, tra Mario e Alberico, si può cercare nella ricerca dei
consulenti: il primo si avvale di professionisti internazionali e fa uso di
barrique, il secondo segue una strada più italiana avvalendosi anche della
consulenza di Tancredi Biondi Santi e optando per l'utilizzo di botti grandi.
Dunque due storie
fondamentali per la nascita di una nuova era del vino italiano, della quale, per
fortuna, abbiamo ancora testimonianza concreta delle storiche origini: meno di
un anno fa, l’8 novembre 2015, all'asta internazionale di vini ad Hong Kong, organizzata dalla Gelardini&Romani Wine Auction, il lotto 285,
relativo ad una singola bottiglia di Fiorano
Rosso 1956 ha
fatto salire la febbre agli appassionati di vini storici; partendo da una base
d’asta di 1,400 HK$ è stato alla fine battuto a 9,000.00 HK$, pari ad un valore
di circa 1.070 euro.
Fonte: www.vinotype.it
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