Di Roberto Giuliani
Ho avuto la fortuna di conoscere Gianni Masciarelli nel
lontano 1999, in occasione di un importante evento romano, ricordo molto bene
l'energia che trapelava dai suoi occhi, la voglia inarrestabile di raggiungere
obiettivi da chiunque altro inimmaginabili. Si può dire tutto di lui, ma non
certo che mancasse di volontà e di idee, è stato sicuramente uno degli uomini
cardine dell'enologia moderna, la sua azienda di S. Martino sulla Marrucina
(CH) è riuscita a portare alla ribalta internazionale un vino di cui ben pochi
sapevano, e quello che sapevano era spesso confuso, del resto il suo
Montepulciano era solo e soltanto suo, concepito secondo la sua personalissima
visione.
Così scrissi di lui quell'anno:
"Il suo sogno è sempre stato quello di fare il vino più
emozionante del mondo; può sembrare un'aspirazione un po' eccessiva e
irraggiungibile, ma lui è fatto così, è esagerato nei sogni, nelle aspirazioni,
nella cura meticolosa con la quale gestisce la sua azienda, nell'impegno
estenuante che mette in vigna ed in cantina, seguendo in prima persona ogni
singolo passaggio, fino all'imbottigliamento e alla spedizione. Gli uomini che
lavorano con lui, collaboratori, vignaioli, cantinieri, sono rimasti
inevitabilmente contagiati e trasportati in quest'enfasi, quest'energia vitale
che col tempo ha finito per trasferirsi inevitabilmente (e con nostra grande
gioia) nei suoi vini.
Ed il suo grande amico e maestro, Edoardo Valentini, il "folle"
che ha creduto nel Montepulciano e nel Trebbiano, vitigni considerati senza
speranza persino dagli enologi più esperti e blasonati, gli ha passato in
qualche modo la sua esperienza e quella stessa carica che in tutti questi anni
gli hanno consentito di diventare un mito, non solo in Abruzzo, ma in tutta la
penisola. L'intento di Masciarelli era quello di valorizzare al massimo queste
uve e dimostrare che, se si studia seriamente il terreno su cui è giusto
impiantare, se si opera una selezione clonale accurata, se si dà realmente il
tempo alla natura di consentire a queste piante di acclimatarsi (e ci vogliono
almeno vent'anni!), soltanto allora si potranno ottenere dei risultati veri,
non dettati dal caso, ma dalla grande esperienza maturata, dalla capacità di sapere
interpretare il vitigno, l'annata e tutte le possibili varianti che si
presentano durante il ciclo riproduttivo delle piante.
E' così che si arriva a produrre i vini "pensati", senza
scorciatoie, senza trucchetti, senza ragionare in termini di business. E per
fare questo ci vuole un amore viscerale per la propria terra, un grande
rispetto per la natura ed una forza di volontà incrollabile. Tutto questo è
Gianni Masciarelli, che ci sta regalando ormai ogni anno, senza sbagliare un
colpo, degli autentici gioielli enologici".
Sono passati quasi 8 anni dalla sua prematura scomparsa, aveva solo 53
anni, ma l'azienda continua ad andare alla grande grazie anche alla dedizione e
bravura di Marina Cvetic, sua giovane sposa che a soli 20 anni è divenuta direttore
commerciale e dalla morte di Gianni, pur madre di tre figli, è riuscita non
solo a mantenere in piedi un piccolo impero, ma addirittura a dargli
equilibrio, continuità. Oggi l'azienda dispone di oltre 300 ettari suddivisi
fra le quattro province abruzzesi e copre i mercati di oltre 50 Paesi.
Quello di aprire il Villa Gemma 1993 e raccontarvelo è stato un pensiero
maturato dopo giorni e giorni, ogni volta rimandavo, prendevo tempo, anche
perché questa era l'ultima bottiglia a mia disposizione di quel millesimo. Alla
fine mi sono detto "il vino è fatto per essere bevuto", 23 anni non
sono pochi, perché rischiare di trovarla rovinata? Ma figurati! Come poteva
succedere? A meno di un tappo bastardo, difficilmente questo vino gelosamente
custodito nella mia cantinetta climatizzata poteva rovinarsi, tanta è la
materia che lo ha forgiato.
La prima cosa che mi ha colpito è stato il colore, certamente granato, ma
di una intensità e concentrazione ancora potente, non c'era verso che la luce
lo attraversasse. Ovviamente gli ho dato il tempo di ossigenarsi, è rimasto nel
calice parecchi minuti, durante i quali percepivo continui movimenti e
mutamenti: i primi minuti le note terziarie e il goudron ne hanno marcato il
ritmo, ma poi si è via via aperto, rinfrescandosi e ringiovanendosi, rivelando
ancora una spinta fruttata matura ma non ossidata, l'amarena, la mora, la
prugna in confettura, cacao, pepe, sottobosco, fogliame umido, pelle conciata,
foglia di tabacco e una nota straordinariamente balsamica e mentolata che ne
suggellava l'ancora notevole vitalità.
Una volta assaggiato non ho avuto più dubbi, il vino stava
meravigliosamente, quella struttura e alcolicità, la concentrazione di materia,
tutto ha trovato una perfetta armonia, restituendo un vino di straordinaria
integrità e bellezza.
Il bello del Villa Gemma sta proprio in questo, a parità di potenza e
profondità, solo un grande Barolo può reggere tanta massa per oltre vent'anni
senza appesantirsi, perdere grinta, al contrario è un esempio fulgido di una
visione adulta, matura, saggia, ma ancora maledettamente giovane. Un
grandissimo vino, avercene ancora...
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