Il Turriga, uno dei vini più premiati d'Italia, ha festeggiato a Roma il ventesimo compleanno con una storica verticale presso l'AIS Roma con la presenza di Francesca e Valentina Argiolas e dello storico enologo Mariano Murru.
Venti vendemmie, un vino e una storia famigliare da raccontare che inizia fra gli anni settanta e ottanta del novecento quando la Comunità Europea offriva incentivi per espiantare le viti.
In Sardegna, quando era più facile ed economico espiantare viti, la famiglia Argiolas, capeggiata da Antonio, padre, patriarca e fondatore della cantina, decise di andare contro corrente non solo decidendo di conservare ogni vitigno ma, inoltre, di produrre finalmente grandi vini di territorio.
Per raggiungere questo obiettivo Antonio, assieme ai figli Franco e Giuseppe, decide di investire pesantemente ammodernando l'azienda, compresi vigneti (gli impianti a tendone vengono rimpiazzati da quelli ad alberello) e processi di produzione, e puntando decisamente sulla riqualificazione dei vitigni autoctoni come il Cannonau, il Carignano, la Malvasia Nera e il Bovale.
Antonio e i suoi figli, in quel periodo, volevano anche di più: creare un vino in grado di confrontarsi con i grandi rossi italiani ma che nascesse dai vitigni tradizionali sardi. C'è una frase che Franco e Giuseppe usano per raccontare quei momenti:"Babbo voleva fare la Bottiglia!".
Quelli erano gli anni della nascita del mito del Sassicaia e chiamare Giacomo Tachis, enologo di Incisa della Rocchetta e grande amico degli Argiolas, fu una questione abbastanza scontata anche se, tutti gli attori, si presero tutto il tempo per avviare nel modo giusto il progetto che fin dall'inizio poteva contare su una terra unica e su persone di grande spessore e umanità come Mariano Murru che fin dall'inizio affiancò Tachis nel lavoro.
|
Mariano Murru - Foto: Unione Sarda |
Il Turriga, fin dall'inizio, nasce come un efficace blend di Cannonau (85% circa), Carignano, Malvasia Nera e Bovale che nascono dai vigneti di Selegas che si trovano ad un'altezza di circa 200 metri s.l.m. su terreni di tipo calcareo costituiti da un'alternanza di marne, marne arenacee e arenarie fini. Le piante, oggi, hanno circa 40 anni. Le uve, una volta selezionate, vengono pigiate e fermentate a temperatura controllata 28-32° con una macerazione che dura generalmente oltre due settimane. Affinamento in barrique nuove per 18-24 mesi e ulteriore invecchiamento in bottiglia per 12-14 mesi.
Durante la verticale storica, guidata da Paolo Lauciani e Daniela Scrobogna, abbiamo degustato le annate dal 1998 al 2008 con l'esclusione del millesimo '96 visto che nessun Turriga quell'anno è stato prodotto.
Turriga 1988: le prime annate, dicono, non andrebbero mai prese in considerazione perchè sono sempre frutto di esperimenti un pò empirici e, come ho letto da qualche parte, l'invecchiamento di questa annata è stato effettuato in una stanza refrigerata. Il vino, di un colore granato, si presenta all'olfatto bello come il sole che illumina la frutta mediterranea che ancora è ben avvertibile assieme a sbuffi mentolati e tabaccosi. Al sorso mi piace molto, è ancora integro, sapido, l'acidità è sferzante e ancora ben piantonata all'interno di una struttura affatto traballante. Progressione decisa, su ritorni di arancia amara ed erbe aromatiche. Se tutte le prime annate fossero così..
Turriga 1989: l'annata meno importante dà vita ad un vino meno solare e più introverso con sensazioni di carruba, legno e frutta matura a bacca nera. Al sorso è meno acido del precedente ma comunque salino. Pecca in persistenza scappando via troppo presto.
Turriga 1990: nella prima annata in cui Murro ha prestato collaborazione il vino si presenta più selvatico e irruento con nette espressioni di macchia mediterranea, iodio e terra. Sorso pieno dove sapidità e acidità sono il fulcro centrale attorno al quale girano le stesse sensazioni del naso. Rispetto al solito blend aumenta per questa annata la % di carignano.
Turriga 1991: rispetto al millesimo precedente ritrovo in questo vino maggiore eleganza con un impianto olfattivo che va dal cacao, alla scatola di sigari fino ad arrivare alla scorza di agrume rosso. Bocca vibrante, agrumata, e scia finale balsamica.
Turriga 1992: l'annata difficile mostra, come per la '89, un vino più chiuso, profondo, dotato di un frutto maturo deciso ma poco complesso. In bocca è diretto, senza fronzoli e dotato di scia sapida. Troppo rigido. Un Turriga in tono minore?
Turriga 1993: olfattivamente è un vino che ha dei caratteri diversi rispetto ai precedenti per via delle note di oliva, salamoia, terra, china e ginepro e per un sorso più austero e dal tannino leggermente sgranato. Finale di liquirizia. Anomalo.
Turriga 1994: naso difficile da decifrare per via di una chiusura un pò troppo ostinata che stenta a far decollare i profumi che, solo dopo un'ora, cominciano a definirsi all'interno della famiglia della frutta nera matura. Anche in bocca il vino non è di grande complessità, è diretto, sapido, acido ma manca di mordente e di progressione. Altra annata non convincente.
Turriga 1995: dopo 2/3 annate non convincenti appena metti il naso in questo bicchiere ti rendi subito conto che la musica, finalmente, è cambiata. Profumi intensi, esuberanti di macchia mediterranea, brezza di mare, sabbia, roccia, iodio, pepe bianco e tanto, tanto altro ancora, una vera sintesi olfattiva del territorio. Anche bevendolo ti accorgi che ha una marcia in più per via della sua bocca tridimensionale che vibra e ti porta via con la sua scia salata e al tempo stesso agrumata. Grande annata per un grande bicchiere di vino!
Turriga 1997: altra grande espressione di Turriga che, rispetto alla '95, diventata ora pietra di paragone, è molto meno esplosiva e più giocata su un equilibrio su scala minore. Corredo aromatico che punta decisamente sulle bacche mediterranee per poi virare sulla torrefazione, sull'agrume rosso e sul balsamico. In bocca è decisamente ottimo anche se a mio parere è un vino da bere entro breve perchè ho paura che, come tutti i '97 degustati fino a data odierna, questo millesimo non abbia molto tempo davanti.
Turriga 1998: altra versione "alternativa" di Turriga che si dota in vinificazione, così ci dice Murru, di uve quasi surmature. Risultato? Un Amarone di Sardegna un pò spiazzante che non so quando sia stato voluto.
Turriga 1999: l'annata di passaggio, come la definisce Murru, va a definire un Turriga che ritorna austero, sanguigno, quasi autunnale. Scompaiono per questa volta le note mediterranee e balsamiche che spesso ritrovo nel vino. Al sorso è dotato di struttura quasi da Barolo col quale ha in comune un tannino graffiante e una sferzante vena acida. Finale grafitico, quasi fumè. Noir.
Turriga 2000: Difficili, tranne eccezioni, gli anni 2000 del Turriga. Questo discorso vale sicuramente per questa annata (calda) che va a qualificare un vino dove alcol e concentrazione sono due caratteri inequivocabili di questo Turriga che si completa aromaticamente con tratti di erbe essiccate e frutta matura. Bocca calda, avvolgente, si sente che è un vino un pò zoppo anche se il finale, grazie ad una buona acidità, è di discreto equilibrio.
Turriga 2001: ritorna l'eleganza e, per certi versi, la sfacciataggine del Turriga che è marino e territoriale nelle sue suggestioni di iodio ed acqua salmastra a cui aggiungerei cenni ben evidenti di arancia rossa, mirto e timo. Palato in trasognato equilibrio, un velluto animato da grande freschezza e pennellato da ad arte con evidenti richiamai di mare e luce. Bellissima prova per un vino senza eccessi.
Turriga 2002: vino di difficile inquadramento per via del suo carattere lento ad uscire. Scuro, dai tannini graffianti, sembra essere lì per esplodere ma, per ora, rimane contratto e sottile.
Turriga 2003: al naso ritrovo la frutta matura e polposa dell'annata 2000 senza però avere lo slancio. Al sorso è orizzontale, diretto, alcolico, più da mordere che da bere. Finale leggermente amaro.
Turriga 2004: con le ultime annate in degustazione il Turriga vira sostanzialmente verso sensazioni di frutta e spezie come in questo caso dove la loro sfacciataggine è davvero imperiosa grazie a ricchissime suggestioni di amarena, ciliegia Fabbri, mora, liquirizia, tabacco mentolato. Bocca caratterizzata da un martello tannico di grande vigore e con una persistenza, lunga, che ricorda il boero. Peccato per un amaro finale forse legato al legno non ancora digerito.
Turriga 2005: al naso offre intense note di mora matura, prugna, tabacco dolce, tanta balsamicità e un pò meno spezie del precedente. Al sorso conferma la struttura e la morbidezza data dal grande estratto e dall'alcol. Peccato per una nota leggermente "verde" nel finale che ne mina la persistenza.
Turriga 2006: rispetto al precedente è leggermente più contratto al naso ma al gusto è sicuramente migliore per via di un equilibrio migliore e per una maggiore bevibilità.
Turriga 2007: l'eleganza del Turriga sembra riemergere dopo anni in cui la potenza sembra essere stata la parola d'ordine. Meno estrattivo, si caratterizza per un sipario olfattivo doce e croccante di ribes e mora di gelso combinato con cenni di legno di cedro, spezie aromatiche e grafite. Bocca di grande classe, sapida, fresca, dal tannino vellutato e dalla persistenza fruttata. Meno invadente rispetto ai precedenti vini, è forse il Turriga anni 2000 per il quale prevedo un radioso futuro.
Turriga 2008: giovanissimo, sembra di mettere il naso in un cesto di ciliege mature con accanto mazzi di viole e radici di china. Sorso in cui la dolce e cremosa struttura viene interrotta da una vibrante carica tannica. E' il ventesimo Turriga prodotto, auguri!!