di Roberto Giuliani
Ormai è sempre più frequente dovere fare i conti con estati torride, punte di caldo estreme che ti tolgono le forze e ti spingerebbero a stare chiuso in casa con l’aria condizionata a palla. Io dal lontano 2003, quando non ne posso più di sudare e squagliarmi sul pavimento, scelgo una meta “alta” non lontanissima per riprendermi da cotanto calore. Proprio pochi giorni fa, quando la temperatura indicava 37 gradi alle 11 del mattino, ho deciso con mia moglie di intraprendere quel viaggio; la meta scelta, già conosciuta ma da tempo non più visitata, era Cervara di Roma, che a dispetto della distanza è in provincia di… Roma. E già, sono ben 71,5 km partendo dalla Stazione Termini, ma da casa mia a Fiano Romano sono ancora di più, 86,3 km! Ma pur di trovare sollievo da ‘sta calura non ci abbiamo pensato due volte, Cervara è a quota 1.053 metri, è il più alto comune della provincia e il secondo del Lazio dopo Filettino, un pochino meglio si starà…
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Cervara di Roma - Foto: Siviaggia.it |
E in effetti, mentre alle 12,15 passeggiavamo per le stradine di questo bellissimo borgo, la temperatura era al di sotto dei 30 gradi, speravamo ancora meno, ma il venticello e un’aria decisamente più pulita hanno contribuito a non farcela percepire in peggio. Ovviamente Cervara non è solo fresco, ma è anche un bellissimo borgo collocato all’ingresso del Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, la più grande area protetta della regione; così bello da essere stato ritratto da numerosi artisti nel corso dei secoli, compreso quel Samuel Morse che inventò il famoso codice.
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Parco Regionale Monti Simbruini |
Passeggiando tra le stradine del paese ci si trova spesso di fronte a dipinti, oltre ad ampie vedute panoramiche, certo bisogna avere una buona muscolatura perché dall’area di parcheggio ci sono da fare numerose rampe di scale e anche tra un vicolo e l’altro è frequente trovare altri gradini da fare. Poco prima di arrivare in cima dove risiede la Rocca, c’è la chiesa principale, Maria Santissima della Visitazione, dove gran parte dei 450 paesani va in preghiera.
Per pranzare si può andare al ristorante Ferrari, proprio nel centro del paese, oppure a circa 4 chilometri c’è la Locanda di Fonte Martino, che è quella che abbiamo scelto noi, anche perché volevamo stare in un ambiente immerso nel bosco.
La scelta è stata ottima, il posto è veramente un’oasi di tranquillità, con una bella terrazza con tavoli ben distanziati e intorno tutto bosco. Fra l’altro non mi aspettavo una più che buona carta dei vini, tenendo conto che l’ambiente è quello tipico di una trattoria.
Il proprietario ci tiene alla qualità, le materie prime sono ottime e cucinate molto bene, tra antipasti, primi e secondi ho trovato un’ottima misura, mai un piatto pesante, oleoso, ogni portata si è rivelata equilibrata e digeribile. La tagliata di manzo è uno spettacolo, alta e tenerissima, vale la pena andarci solo per questo, anche perché qui si fa tutto con la brace vera, lo dimostrano i peperoni buonissimi che abbiamo preso per contorno.
Nella scelta dei vini non potevo che orientarmi verso quelli più vicini al territorio, perché anche se siamo in provincia di Roma qui si respira aria d’Abruzzo; così, da una buona sequenza di Montepulciano ho scelto la Riserva 28 Quintali 2013 di Lampato, in edizione limitata. In breve, l’azienda nasce nel 2009 nel comune di Castellana di Pianella (PE) dalla coppia nella vita Morena Lamonaca e Tommaso Patricelli (dai loro cognomi il nome Lampato), ambedue già proprietari di una propria azienda agricola, le cui uve venivano conferite alla Cantina Tollo.
A dirla tutta Tommaso prima delle uve trattava le prugne, era uno dei principali produttori del centro Italia e serviva la grande distribuzione. Poi le cose sono cambiate, fuori e dentro, Tommaso si è trovato di fronte a un bivio e ha scelto di abbandonare il mercato ortofrutticolo e puntare alla produzione d’uva. Nel 2009, con Morena, ha finalmente fatto il salto definitivo con un’azienda nuova in grado di seguire l’intera filiera produttiva, non solo, l’impostazione è andata subito in direzione del biologico e dell’autonomia energetica, coprendo il tetto aziendale con pannelli fotovoltaici.
Il 28 Quintali è un Montepulciano d’Abruzzo Riserva, classe 2013, diciotto mesi in barrique e oltre un anno di affinamento in bottiglia. Alla Locanda l’ho pagato 35 euro (il ricarico mi sembra più che corretto), ma sul sito aziendale viene proposto a 18 euro, davvero un prezzo eccellente. Ha profumi intensi di marasca, prugna, mora di rovo, ciliegia in confettura, cacao, tabacco, liquirizia, mosto, leggera vaniglia.
Bocca con giusta freschezza e un’alcolicità importante ma ben coperta da una struttura energica, ancora qualche venatura boisé ma non disturba, c’è tanto materiale espressivo che bilancia bene anche nel lungo finale. Un ottimo vino insomma, ma con una pecca, veramente sempre meno giustificabile: la bottiglia pesa troppo! 1208 grammi sono davvero fuori misura, perché usare una bottiglia del genere? Da un’azienda che lavora in biologico e ha un occhio per l’ambiente una scelta del genere non me l’aspetto proprio!
Cari Tommaso e Morena, non è più tempo di bottiglie pesanti per simboleggiare la grandezza di un vino, quello che conta è cosa c’è dentro e, tutt’al più si può giocare con la scelta del formato e con un’etichetta accattivante, il resto è davvero di troppo.