di Carlo Macchi
Al termine della lettura del complesso e profondo libro di Piero Riccardi “Il cuore del vino”, da non seguace dei vini naturali, ho provato due cose: rispetto e ammirazione.
E’ un motivato e inattaccabile atto di accusa contro l’agricoltura industriale moderna, fatto da uno che di agricoltura se ne intende e ha girato diverse inchieste sul tema, anche per trasmissioni importanti come Report. Non si può negare (anche se per il vino credo, per esperienza diretta, che la cosa si declini in maniera diversa) che l’agricoltura intensiva, industriale renda gli agricoltori schiavi di un sistema e di una catena economica che gli lascia solo le briciole, mentre il consumatore (bella la definizione di questa parola come “termine vorace”) è costretto a utilizzare prodotti sempre meno nutrienti, sempre più pieni di sostanze che hanno ben poco a che vedere con l’alimentazione e sempre più difficili da digerire. In questo contesto non si può non essere d’accordo (io per primo) sulle sue considerazioni riguardo ad un termine con cui spesso ci sciacquiamo la bocca, “sostenibilità”.
Ed è anche la storia della sua vita, fatta con flashback vividi, sofferti in qualche caso, sognanti e allegri in altri, della sua gioventù passata tra l’amore del cinema e del jazz, a girare l’Italia e il mondo, in particolare l’India. Ma il bello di questo libro, dove si sta nettamente dalla parte della biodinamica e si demonizza più volte la viticoltura della fresa in vigna e del lievito selezionato in cantina, è che in realtà non vuole imporre un credo ma solo aprire un ragionamento che ha solide basi filosofiche e culturali. Del resto è lui il primo ad aprire la porta alla discussione dicendo che i vini naturali non devono avere la volatile alta o puzzare, quelli sono solo vini sbagliati.
Leggendo mi sono soffermato spesso a riflettere su alcuni concetti e su quello che implicavano, sul senso volutamente oscuro di certe frasi. Del resto l’oracolo di Delfi “non afferma né nega, accenna” e lo scrittore, anche per bocca di alcuni pensatori della Grecia antica (Eraclito e Teofrasto, per fare due nomi) propone scenari, enigmi e dubbi che non devono essere risolti ma sicuramente affrontati. Le certezze invece sono sul fronte della disgregazione agricola e sociale portata dall’agricoltura industriale e qui si fa forte anche delle parole non certo visionarie di un certo Karl Marx. Ad un certo punto tra i tanti temi da sondare, mi è venuta in mente una domanda forse sciocca, cioè perché in un libro che ha comunque la campagna, la vigna e la natura al suo centro non vi sia una sola foto e la spiegazione che mi sono dato è che forse Piero rifugge la fissità dell’attimo, privilegiando lo svolgersi e il dipanarsi del tempo del tempo e quindi una foto rappresenterebbe l’esatto opposto di quello che l’autore vuole dire.
Ma, mi ripeto, il bello è che quello che dice nasce da una solida base culturale, messa in mostra senza sfrontatezza ma con semplicità: per esempio, oltre ai mille rimandi precisi e godibili, si capisce che ha veramente letto Steiner e soprattutto ci ha ragionato sopra. E questo è un libro che non potrà non farvi ragionare, da qualsiasi parte lo prendiate e qualsiasi idea abbiate sul vino naturale.
Piero Riccardi, Il Cuore del vino, Iacobelli Editore, 14.90€
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