López de Heredia è un'esperienza di vita - Prima Parte


Fa freddo, nonostante sia una maledetta mattina di Agosto, il termometro della macchina segna 12° e la strada per Haro presenta tratti più autunnali che estivi. Ci siamo, il GPS sta implorandomi di svoltare ad Avenida de Vizcaya. Sono nel posto giusto, questa strada sembra un piccolo distretto vinicolo formato da Bodegas dalla grande tradizione visto che, una di seguito all’altra, sorgono Muga , La Rioja Alta, Roda, De Gomez Cruzado e, ovviamente, López de Heredia, la mia destinazione finale, forse il motivo recondito del nostro viaggio in Spagna. Arriviamo presto, sono le nove del mattino, c’è ancora calma piatta, i gruppi di enoturisti in pullman non sono ancora arrivati. 
Una voce, proveniente dall’ingresso degli uffici, mi scuote dal mio torpore mattutino:”Ola, sei Andrea?”

Il "Txori Toki"
Maria López de Heredia, indossa una grande sciarpa al collo ed una parannanza nera, mi stringe la mano sorridente, i suoi occhi sono modesti, orgogliosi e pieni d’amore per la sua Terra e il suo lavoro. Capisco subito che sono di fronte ad una grande donna ed incontrarla segnerà indelebilmente la mia storia personale, non solo in fatto di vino. 

Iniziamo a parlare della storia delle cantina: tradizione e passato sono presenti in ogni atomo della Bodega fondata nel 1877 da D. Rafael López de Heredia y Landeta, un lungimirante studente di enologia che, a soli venti anni, credette nelle potenzialità del terroir della Rioja grazie anche alle continue visite dei negociants francesi di Bordeaux che, a quei tempi, stavano cercando nuove fonti di approviggionamento visto che le loro uve erano stato distrutte dalla fillossera.

Don Rafael López de Heredia
Chissà se quella che oggi viene definita una vera e propria “cattedrale del vino” era l’idea originaria del fondatore, sta di fatto che attualmente la “moderna” Bodega si estende su una superficie di oltre 50.000 mq divisa tra edifici (19.718 mq) e cantine sotterranee lunghe fino a 200 metri e profonde oltre 15 metri.

Il piazzale d'entrata
Maria è impaziente di farci vedere il suo mondo e apre il primo grande, pesante, portone in legno della giornata. Superata la soglia sembra di entrare in una macchina del tempo grazie alla quale vieni sbalzato in un altro mondo, in un altro tempo, tutto sembra essere rimasto come una volta e ti ritrovi lontano da Ysios e dalla falsa esteticità di progetti nati solo per attrarre gli enoturisti beoni della Rioja.

Entriamo nella "Bodega Blondeau" pregni di un misticismo inaspettato. 

Questo luogo – mi confida Maria – è uno dei più antichi dell’edificio ed è utilizzato per la prima fermentazione dei nostri vini rossi. Il legno delle botti proviene direttamente dagli Stati Uniti e dalla Francia assieme a piccoli quantitativi da Spagna ed ex Yugoslavia. Questi grandi spazi che vedi – continua – permettono all’area fresca di girare libera. Così si mantiene fresco l’ambiente e si controllano naturalmente le alte temperature provocate dalla fermentazione. Noi qua non facciamo nulla, l’unica cosa tecnologica sono le luci..”. 


Scendiamo, giriamo angoli bui, entriamo ed usciamo da tetri accessi, il nostro Cicerone ci sta portando verso il cuore antico e pulsante della Bodega. Attorno a noi solo vecchie botti di vino di chissà quale anno scritte da chissàchi con un gessetto col quale si sono tracciate sigle indecifrabili per noi poveri umani. Respiriamo a pieni polmoni muffa e storia. 

L’ennesima porta ci conduce all’interno della “Bodega Nueva”, uno spazio cantina costruito tra il 1904 e il 1907 a partire da una buca di grandi dimensioni a cui è stato applicato un tetto di cemento armato sorretto da colonne dello stesso materiale. La "Bodega Nueva" divenne in quel periodo uno dei primi edifici in Spagna ad utilizzare cemento armato a fini civili.

Botti dappertutto nell'oscurità della cantina
Superiamo una mezza dozzina di umide gallerie e ci troviamo all’interno della "Bodega Vieja", un luogo magico, ascetico, dove anche un bambino comprenderebbe il significato della parola TRADIZIONE STORICA. File e file di vecchie bottiglie coperte da sana e utile muffa ci danno il benvenuto e quasi sembra di scorgere, tra le ombre, la sagoma di D. Pedro López de Heredia, terza generazione della famiglia, che per soddisfare impellenti esigenze di spazio sacrificò parte della volta a botte della vecchia cantina per avere un’area di invecchiamento per i vini migliori classificati “Gran Reservas”. Quando si dice lungimiranza…

"Vecchie" bottiglie di Tondonia nella Bodega Vieja
Le sorprese non sono finite perché, scuotendoci dal nostro stato di soggezione misto a profonda venerazione enologica, Maria ci conduce verso “El Calado”, un bellissimo tunnel del 1892 di quasi 200 metri scavato nella roccia arenaria i cui lavori, commissionati da D. Rafael López de Heredia y Landeta in persona, sono durati quasi 15 anni. La galleria, che attraversa tutta la collina sovrastante, arriva fino alle sponde del fiume Ebro e permette di impilare fino a cinque barrique che stazionano costantemente ad una temperatura di 12°.

El Calado
Non facciamo in tempo ad ammirare il “panorama” che Maria blocca ogni nostro impuro pensiero sul nascere sottolineando che ”…tutta quella muffa e quei ragni che vediamo sulle pareti sono utili per combattere le fastidiose falene”. “Ogni cosa – continua – dentro le nostre cantine è al posto giusto da oltre 130 anni, è un microuniverso che non abbiamo intenzione di modificare visto i risultati che otteniamo”.

Maria
La fine del tunnel ci conduce ad una porta che, una volta aperta, apre la vista sulle sponde dell’Ebro. “Laggiù c’è il nostro vigneto più importante, il Tondonia, risale al 1913-14 ed è stato piantato dal nostro fondatore che già a quel tempo aveva ben presente l’importanza di avere vigne proprie di qualità. 
Si trova all’interno di una depressione a forma di conchiglia (Tondonia deriva proprio dalla parola latina retondo) situata sulla riva destra del fiume e presenta un terreno argilloso sabbioso con alta percentuale di calcare. 
Attualmente si estende per  oltre 170 ettari e produce in media 800.000 quintali di uva distinta tra le varietà tempranillo, garnacho, graciano e mazuelo per i rossi, e viura e malvasia per i bianchi. Da questo vigneto si producono i nostri vini migliori! 
Andrea, dammi il tuo Moleskine che ti disegno come è fatto il Tondonia….” 

Le sponde sul fiume Ebro
Chiediamo dove sono gli altri vigneti dell’azienda e Maria, disegnando forme ellittiche nell’orizzonte, mi indica le zone dove trovano sede le vigne da cui derivano il Viña Bosconia, il Viña Cubillo e il Viña Gravonia
Laggiù – indicandomi una zona vicino alle sponde dell’Ebro – si trova la vigna El Bosque, 15 ettari piantati ad un’altitudine di 465 metri con esposizione sud. Il suolo è un misto di argilla e calcare e le viti hanno un’età di 40 anni. Viña Cubillas, invece, là trovi da quella parte, è un po’ distante dalla Bodega, circa 4 Km. Ha un’altitudine di 410 metri e si estende per circa 24 ettari piantati su suolo argillloso e calcareo e le vigne hanno circa 40 anni. 
Viña Zaconia, 24 ettari piantati esclusivamente a viura, si estende per 24 ettari e le vigne, che poggiano su un suolo estremamente povero e sassoso, ricco di calcare, hanno un’ età media di 45 anni. Il fatto di avere un terreno bianco aiuta moltissimo le uve bianche a maturare al punto giusto. Vieni qua che ti disegno anche questi vigneti…”.

Mercoledì la seconda parte di questo viaggio al centro del vino


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