Vinea Tirolensis 2015: la Schiava in Alto Adige - Garantito IGP


Da alcuni anni partecipiamo a VINEA TIROLENSIS, evento che si svolge presso la Fiera di Bolzano nel mese di ottobre, durante i giorni di "Hotel" la manifestazione dedicata al mondo dell'hotellerie e della ristorazione.


Durante gli anni abbiamo visto crescere sempre più il numero di Vignaioli dell'Alto Adige presenti (quest'anno erano ben settantatre) e di conseguenza anche quello dei vini in degustazione (circa trecentotrenta).

Di volta in volta ci siamo dedicati ad assaggiare i vini di una specifica zona, abbiamo così affrontato nel 2013 i Vini bianchi della Val d'Isarco, e lo scorso anno quelli della Val Venosta e del Burgraviato.

Quest'anno invece abbiamo deciso di cambiare registro, e anziché soffermarci su una specifica zona, abbiamo pensato di dedicarci ad un unico vitigno. Un vitigno, la Schiava, che è sempre stato uno dei più importanti dell'Alto Adige, ma che negli ultimi anni aveva perso sia in importanza come in ettari vitati (ancora nel 2000 se ne contavano quasi duemila ettari), ma che rimane comunque, con i suoi quasi ottocentocinquanta ettari, il più coltivato (18% della superficie vitata regionale).
Presente in tutta la regione, ha comunque la sua maggior diffusione in Oltradige, nel Meranese e nei dintorni di Bolzano e viene utilizzato in diverse denominazioni e sottodenominazioni, le più importanti delle quali sono Alto Adige Santa Maddalena e Lago di Caldaro.
Dicevamo di un vitigno spesso poco considerato, ma capace di fornire vini caratterizzati dalla semplicità e dalla facilità di beva, termini quest'ultimi da non considerarsi in senso negativo, ma che costituiscono invece il punto di forza dei vini prodotti con questo vitigno, rendendoli estremamente duttili dal punto di vista degli abbinamenti col cibo. Eccovi dunque i nostri migliori assaggi, selezionati tra i poco meno di quaranta vini degustati e suddivisi per denominazioni.

Trattandosi di una degustazione a bottiglie scoperte non inseriamo alcun punteggio (tutti i vini menzionati sono comunque stati da noi valutati con un punteggio superiore agli 82/100), i vini, all'interno di ciascuna sottodenominazione rispettano comunque il nostro ordine di gradimento). 


Lago di Caldaro Doc

È l'unica denominazione d'origine altoatesina che compare priva dell'indicazione "Alto Adige", poiché si produce anche in Trentino. Se prodotto nella zona a denominazione altoatesina, può portare in etichetta gli appellativi "classico", "superiore" e "auslese".

Weingut Klosterhof - Auslese Classico Superiore "Plantaditsch R" 2014
Color granato-aranciato molto scarico. Intenso al naso, pulito, fresco, elegante, con sentori di ciliegia speziata, tipico. Fresco, sapido, morbido, pulito, con un bel frutto (ciliegia), piacevolmente amaricante, lunga la persistenza.

Prälatenhof - Auslese Classico Superiore 2014
Color granato di discreta intensità. Buona l'intensità olfattiva, speziato, sentori di ciliegia. Fresco, elegante, con un bel frutto ed una speziatura dolce, lunga la persistenza.

Weingut Niklas - Auslese Classico "Charta" 2014
Color granato scarico. Non molto intenso al naso, pulito, elegante, ciliegia speziata. Fresco, pulito, piacevolmente speziato, leggeri accenni vegetali, lunga la persistenza.

Weingut T. Pichler - Auslese Classico Superiore "Olte Reben" 2014
Mattonato scarico. Sentori di legno al naso. Sapido e persistente, con sentori di rabarbaro. Ci ha convito più alla bocca che non al naso.

Weinberghof - Auslese "Eicholz" 2014
Granato scarico con note mattonate. Di discreta intensità olfattiva, tipico, sentori di ciliegia speziata. Fresco, fruttato-speziato, note balsamiche, bella vena acida, buona la persistenza. 


Alto Adige Santa Maddalena Doc

La sottodenominazione è situata sui versanti a Nord di Bolzano, al vitigno Schiava può essere aggiunto sino al 15% di Lagrein. Se le uve provengono dai vigneti di Santa Maddalena, Santa Giustina, Rencio, Costa e San Pietro, il vino può riportare sull'etichetta il predicato "classico".

Kandlerhof - Classico 2014
Granato di media intensità. Tipico al naso, fresco, elegante, presenta una bella ciliegia pulita. Fresco al palato, fruttato, piacevolmente amaricante, buona la persistenza.

Ansitz Waldgries - Classico "Antheos" 2014
Dall'intenso color rubino-granato. Di buona intensità olfattiva, pulito, elegante, con sentori di chinotto. Bel frutto speziato alla bocca, pulito, tornano i sentori di chinotto, piacevoli note amaricanti, buona l'intensità.

Griesbauerhof - Classico 2014
Color granato di media intensità. Tipico al naso, di buona intensità, ciliegia speziata. Di buona struttura, sapido, speziato, con bella trama tannica, lunga la persistenza su note amaricanti.

Glögglhof - Classico "Rondell" 2014
Color granato-rubino. Pulito al naso, con sentori di ciliegia speziata. Fresco, pulito, elegante, piacevolmente amaricante, leggere note vegetali, buona la persistenza. Tipico.

Untermoserhof - Classico 2014
Color granato scarico. Di buona intensità olfattiva, note di ciliegia speziata e di chinotto, accenni aromatici. Buona la struttura, sapido, bel frutto (ciliegia), spezie dolci, lunga la persistenza.

Pfannenstielhof - Classico 2014
Color rubino-granato. Di media intensità olfattiva, ciliegia speziata, tipico. Fresco, sapido, fruttato, con bella vena acida, note speziate, lunga persistenza, piacevole beva.

Erbhof Unterganzner - 2014
Rubino-granato di buona intensità. Discreta l'intensità olfattiva con sentori di ciliegia speziata. Di buona struttura, sapido, con bella trama tannica (tannini morbidi), fresco, elegante, piacevolmente amaricante, buona la persistenza.

Weingut Larcherhof - Classico 2014
Rubino-granato luminoso di media intensità. Buona l'intensità olfattiva, sentori di ciliegia speziata. Di buona struttura, sapido, amaricante, con note vegetali, buona la persistenza.

Obermoser - Classico 2014
Color granato-rubino di buona intensità. Intenso e pulito al naso, con sentori di ciliegia e note speziate. Intenso al palato, di buona struttura, accenni vegetali, piacevolmente amaricante.

Wassererhof - Classico 2014
Rubino luminoso di buona intensità. Intenso al naso, pulito, con un bel frutto rosso. Sapido, di discreta struttura, piacevolmente amaricante, buona la persistenza.

Weingut Unterhofer - 2014
Color granato di media intensità. Discreta l'intensità olfattiva, sentori di ciliegia speziata, ricordi di legno. Fresco, con accenni vegetali, bella la vena acida, piacevoli note amaricanti su lunga persistenza.

Zundlhof - Classico 2014
Color granato. Di buona intensità olfattiva, tipico, sentori di ciliegia speziata. Speziato alla bocca, con tannini in evidenza, note vegetali, amaricante, buona la persistenza.

Fliederhof - Classico 2014
Granato-rubino di discreta intensità. Media l'intensità olfattiva, sentori di ciliegia speziata. Di buona struttura, morbido ed al contempo sapido, con accenni vegetali, discreta ala persistenza.

Ebnerhof - 2013
Color granato-mattonato. Intenso al naso, speziato, con sentori di chinotto ed accenni di rabarbaro, buona l'eleganza. Asciutto, con tannino in evidenza, speziato, amaricante, lunga la persistenza. 



Alto Adige Meranese Doc (o Colline di Merano)

La zona di produzione è situata attorno alla città di Merano.

Popphof - 2014
Color granato scarico. Di buona intensità olfattiva, tipico, sentori di ciliegia speziata. Fresco, pulito, speziato, con leggeri sentori vegetali, lunghissima la persistenza su note amaricanti.

Pardellerhof Montin - 2014
Color granato di media intensità. Non molto intenso al naso, pulito, fruttato. Fresco, fruttato, con note piacevolmente amaricanti, buona la persistenza. Di piacevole beva.

Innerleiterhof - 2014
Granato-rubino non molto intenso. Tipico al naso, di buona intensità, ciliegia speziata. Fresco, speziato, con note vegetali, buona la persistenza su note amaricanti.

Alto Adige Schiava Doc
Le uve possono provenire da qualunque area vitata altoatesina, dopo la scritta "Alto Adige" è obbligatorio mettere il nome del vitigno utilizzato.

Gumphof - Vernatsch 2014
Color rubino-granato. Di media intensità olfattiva, buona eleganza, sentori di ciliegia speziata. Fresco alla bocca, di discreta struttura e buona persistenza, legno percepibile.

Weingut Ebner - Vernatsch 2014
Granato non molto intenso. Discreta l'intensità olfattiva, speziato, con frutto rosso in sottofondo. Di media struttura, fresco, amaricante, un poco semplice ma di piacevole beva, buona la persistenza. 

Igt

Pranzegg - Vigneti delle Dolomiti Rosso "Campill" (Vernatsch alte Reben) 2012
Color granato con mote mattonate. Intenso e pulito al naso, vanigliato, con legno in evidenza. Di buona struttura, sapido, si colgono ciliegia matura e legno dolce, buona la persistenza. Anche se molto buono, ci è parso un poco atipico (se si può parlare di tipicità in un vino ad indicazione geografica). 


I vini di Barone di Villagrande tra Etna e Salina

La storia aziendale di questa bella realtà siciliana si lega indissolubilmente e storicamente alla famiglia Nicolosi che fin dal XVIII secolo, grazie alla produzione di grandi vini etnei, diventa un punto di riferimento importante per il territorio tanto che l'Imperatore Carlo VI d'Asburgo, nel 1726, concesse a Don Carlo Nicolosi il titolo di Barone di Villagrande.


Marco Nicolosi - Foto:www.indianwineacademy.com

Oggi, generazione dopo generazione, spetta al giovane Marco Nicolosi, laureato in viticoltura ed enologia, l'onere e l'onore di portare avanti la produzione e la commercializzazione dei vini "di famiglia" che attualmente provengono da circa 20 ettari di vigneti che si estendono in un ampio anfiteatro, digradante verso sud, ad una quota compresa tra i 650 ed i 700 metri s.l.m.
Il terreno, ovviamente, è di matrice vulcanica per cui è sciolto e profondo, a reazione sub-acida, ricco di microelementi (ferro e rame) e mediamente dotato di potassio, fosforo e magnesio.

Vigneti - Foto: Tripadvisor

Il clima, grazie all'altitudine e all'influenza del vulcano è abbastanza diverso da quello che troviamo nel resto della Sicilia visto che le temperature in inverno sono estremamente rigide (spesso sotto lo zero) mentre in estate, dove c'è grande escursione termica tra il giorno e  la notte, le massime non sono mai elevate,

La cantina, bellissima da visitare vista la sua storicità, accoglie sia grandi botti di castagno, memoria di una "vecchia" enologia etnea, sia "moderne" barrique con le quali Marco produce i suoi vini di punta.


Cantina - Foto: www.storienogastronomiche.it

Coadiuvati da Emanuele Fioretti, novello "brand manager", Barone di Villagrande poco tempo fa ha presentato a Roma i suoi vini più rappresentativi ad un pubblico di esperti del settore ed appassionati che, come vedremo, hanno avuto più di una sorpresa.

Si è partiti, ovviamente, con l'Etna Bianco DOC Superiore 2014 (carricante 100%) che da sempre rappresenta un validissimo biglietto da visita dell'azienda grazie alla struggente territorialità del vino che presenta un ventaglio olfattivo che ci ricorda l'odore del mare, della pietra focaia, delle erbe aromatiche e della mandorla sgusciata. Al sorso è verticale, freschissimo e salato nel superbo finale. Nota tecnica: criomacerazione, fermentazione a temperatura controllata. Imbottigliamento a 6-7 mesi dalla vendemmia.



L'Etna Bianco DOC Superiore "Legno di Conzo" 2011 (carricante 100%) deriva da un singola vigna che Marco ha individuato nel tempo per le sue caratteristiche qualitative. Rappresenta per certi versi un bianco "moderno" perchè, anzichè in acciaio come il vino precedente, viene lasciato fermentare in botti di rovere per affinare successivamente altri due anni tra legno e bottiglia.  Al naso è intenso e boteriano, si percepisce la frutta esotica, il miele, il burro fuso e la mimosa mentre al sorso è sapido, deciso e morbido come una coperta di cashmire. Lunga la persistenza. Nota tecnicafermentazione in botti di rovere e successivo affinamento di un anno in legno, dopo l’imbottigliamento continua l’affinamento in vetro nelle nostre cantine per un altro anno.



Arrivano i rossi e il primo ad essere degustato è l'Etna Rosso DOC 2013 (nerello mascalese 80%, n. mantellato/n. cappuccio 20%) il cui profilo aromatico è decisamente austero e scuro grazie ad una complessità aromatica che non va oltre a sensazioni di grafite, ciliegia nera, carruba ed erbe amare. Sorso deciso, maschio, dal tannino graffiante e dalla mineralità penetrante. Un vino da uomini veri. Nota tecnica: fermentazione a temperatura controllata per 60-10 giorni dopo la svinatura in botti per 12 mesi. Imbottigliamento a 24 mesi dalla vendemmia



L'Etna Rosso "Leza di Mannera" 2010 (nerello mascalese 80%, n. mantellato/n. cappuccio 20%) rappresenta una vino molto più femminile del precedente, un contraltare che molti apprezzeranno per la sua veste aromatica decisamente sensuale che punta dritta sui fiori rossi, la frutta di rovo succosa e le spezie orientali. Sorso di grande equilibrio, vellutato nel tannino e giustamente sapido nel finale. Il vino viene non viene prodotto  tutti gli anni ma solo in concomitanza di grandi millesimi. Affinamento : Botti di castagno da 500 litri per 24 mesi e un anno in bottiglia. 


L'ultimo vino della degustazione ci porta invece a Salina dove la famiglia Nicolosi ha una piccola vigna situata in contrada Vallone Casella e dalla quale nasce il Malvasia delle Lipari Passito che Marco vinifica con grande passione donando al degustatore un nettare di carattere che spiazza, nel senso buono del termine, per il suo essere "dolce non dolce" ovvero con un apparente scarso residuo zuccherino che garantisce un sorso piacevole, non stucchevole, con finale quasi austero.


Prima di andarcene Marco ed Emanuele tirano fuori la sorpresa della giornata ovvero questa bottiglia senza etichetta!


La domanda sorge spontanea: cosa era? Beh ragazzi, un vecchio spumante metodo classico che il papà di Marco ha prodotto partendo da una base di nerello mascalese le cui caratteristiche di acidità, dovute al millesimo, non erano idonee alla produzione di un ottimo Etna Rosso. Il risultato di questo esperimento, che i Nicolosi vogliono condividere con i loro amici e clienti, è molto convincente: lo spumante, datato 1995, è ricco, intenso, con ricordi di mela cotogna, pane tostato, pera e tocchi di miele e zenzero. Il sorso è ampio e appagante. Bella scoperta e chissà se i Nicolosi, con questo risultato, non diano inizio in futuro anche ad una produzione di spumante made in Etna. Chi vivrà vedrà.

A presto e....Prosit!









Terraforte 2011 Castello di Lispida - Il VINerdì di Garantito IGP

di Stefano Tesi


Nulla ne sapevo e quando a sorpresa me l’hanno servito in un locale dove mi sarei aspettato tutt’altro, ho trasecolato: made in Monselice(PD), “naturale” del gruppo Viniveri, sangiovese e merlot, colore bello scarico,naso penetrante, frutto gentile e fragrante,bocca croccante. In azienda a 12 euro. Comprare!




La baguette? Una francesina a Roma - Garantito IGP


Lasciate ogni speranza o voi che, avvezzi a certe sedicenti baguette da autogrill, entrate a Le Carré Français di Vittoria Colonna a Roma, fra il Tevere e piazza Cavour, quartiere Prati. Perché è solo qui che in Italia si trova, almeno a modesta conoscenza di chi scrive, la baguette come la fanno le migliori boulangerie di Parigi. E cioè con la stessa tecnica, gli stessi protocolli, la stessa farina, gli stessi segreti e la stessa durata di uno dei prodotti-simbolo della panetteria d’Oltralpe.
Eh sì perché – lo ammetto, non lo sapevo! – la vera baguette è così fragrante che deve, anzi può necessariamente durare poco: quattro ore al massimo. Ed ecco quindi anche il reale motivo per il quale i nostri cugini la mangiano subito, già per strada, e se la fanno consegnare sporgente dal cartoccio o addirittura avvolta in un semplice fazzoletto. Prêt-à-manger insomma, se ci passate la parafrasi.


“E’ una cultura, volendo, diametralmente opposta alla nostra, in cui il pane si compra la mattina per tutto il giorno e deve mantenersi a lungo. Da loro, che in un certo senso sono più frivoli e più esteti, è invece il contrario: la baguette è un’arte, una cosa preziosa”, mi spiega agitando le mani infarinate il capo-fornaio Raffaele, che ha passato mesi nella capitale francese ad apprendere i segreti della materia prima di cimentarsi nei sotterranei del locale romano, dove dalle 4 di notte alle 13 del giorno sforna almeno quattro “generazioni” di baguette (praticamente 700 al giorno) per rifornire il bistrot soprastante. Mentre nel sotterraneo di fianco i pasticceri venuti direttamente dalla Francia producono a ciclo continuo e in modo strettamente artigianale dolci e pasticcini.

“I trucchi per produrre una baguette degna di questo nome sono infiniti – aggiunge – e vanno dalla materia prima ai tempi e ai modi della lavorazione, dalla lentezza e dai ritmi dell’autolisi a quelli di riposo dell’impasto. Anche se, alla fine, la vera differenza la fa l’abilità del fornaio, che deve imporre un taglio fatto con il rasoio a mano libera sul pane prima di infornarlo: lunghezza standard, profondità standard, intervallo standard. Senza sbagliare di un millimetro. Un colpo di bisturi che richiede anni di esperienza: da esso dipende l’uscita e la durata della giusta quantità di azoto dall’impasto e, quindi, la qualità finale del prodotto”, spiega. “La mia baguette? E’ quasi uguale a quella del mio maestro. Le uniche differenze sono un calibro ancora non corrispondente al centesimo con il protocollo stabilito per i concorsi e una lucentezza della crosta appena inferiore al dovuto. Ma questo dipende dalla composizione molto calcarea dell’acqua romana, non da me”, conclude.

Lievito fresco per baguette

Dalla prova d’assaggio, che alla fine almeno per noi italiani è quella che conta, il prodotto esce a testa altissima: gran profumo, croccantezza perfetta senza dispersione alcuna di crosta, fragranza oronasale che in bocca si riverbera in una sapidità, una consistenza e una alveolatura cedevole a cui è oggettivamente difficile resistere. Se poi ci si spalma il burro sopra (francese, ça va sans dire), il peccato mortale di gola è compiuto.
Per guadagnarsi definitivamente l’inferno morale, ma il godimento terreno, basta poi salire le scale ed esplorare per intero Le Carré Français.

Le Carré Français, baguette in attesa di taglio
Le Carré Français, taglio della baguette
Le Carré Français, baguette con taglio

Che non è certo una semplice panetteria né una pasticceria specializzata in prodotti transalpini, ma un interessante format commerciale costruito intorno alla gastronomia francese e ideato da Jill Mahè, ex editore bretone messosi a capo di una cordata di artigiani del cibo suoi connazionali: i panettieri Michel Galloyer (fondatore de Le Grenier à Pain, con 29 boulangerie in tutta la Francia) e Jean-Noël Julien (per tre volte primo classificato, guarda caso, al concorso per la migliore baguette di Parigi), l’allevatore e macellaio Alexandre Polmard (fornitore di ristoranti stellati e titolare di un processo d’ibernazione delle carni che le rende quasi prive di data di scadenza), l’esperto di vini e champagne Axel Rondouin e il mugnaio Alexandre Viron del Moulin Lecomte (un mulino ad acqua nell’Eure), creatore della farina senza additivi Rétrodor, pensata ad hoc per la baguette). Formaggi (fromagerie Beillevaire) a cura di Michel Fouchereau, salsamenteria affidata ad Anne-Marie Guillard. Insomma una squadra agguerrita.

Michel Galloyer
Il locale è suddiviso in negozio, laboratorio, cucina e salone d’esposizione: “Un concept totalmente inedito”, sottolinea Mahé, parlantina facile e sahariana da esploratore, “con personale francese chiamato in ogni reparto per addestrare i colleghi italiani, in modo tale da creare coppie di pasticceri, di panettieri e chef di entrambe le nazionalità».


Dettaglio importantissimo che forse ho dimenticato di sottolineare sopra: Le Carré Français è anche bistrot, quindi un locale dove si mangia (interessante il brunch domenicale). Ovviamente propone solo specialità della cucina francese. E il menu è solo in italiano e in francese. “L’inglese da qui è rigorosamente bandito”, sorride Jill. “Ma solo in senso di lingua, è ovvio naturalmente.

Le Carré Français
Via vittoria Colonna 30, Roma
Tel 06/64760625
Aperto dalle 8 alle 24

Ricetta e processo di lavorazione della baguette francese

10 kg. Farina tradition
6,8 lt. Acqua a 3° (68% Acqua)
100 gr. Lievito fresco (1% Lievito fresco)
190 gr. Sale (1,9% Sale)

Autolisi (processo biologico) gira per 6 minuti a velocità 1. Riposa da un minimo di 30 minuti a 10 ore; ma dipende dalla stagione: in estate minimo 30 minuti; in inverno 10 ore. Impasto gira 10 minuti alla velocità 1. Riposa per 20 minuti in macchina, poi fa un giro alla velocità 1. Riposa altri 20 minuti, poi fa un giro alla velocità 1. Riposa altri 20 minuti, poi fa un giro alla velocità 1. In totale riposa 1 ora e ogni 20 minuti fa un giro alla velocità 1: in totale quindi 3 giri alla velocità 1. Mastelli da 8 kg. Rimangono in frigo coperti per un giorno. Toglierli dal frigo e portarli alla temperatura ambiente, spezzatrice e riposo per 30 minuti, filonatrice. Le baguette riposano altri 20 minuti. Incidere le baguette con il famoso taglio del rasoio (con una lametta). La cottura a 260° costante, valvole chiuse, vapore, poi start per circa 19 minuti.


Il Sabrage ovvero come sciabolare uno Champagne cercando di evitare figure di merda!

La tradizione di aprire una bottiglia di Champagne o di Spumante con un colpo di sciabola (in francese sabre) è molto antica, risale a quando gli ufficiali della Guardia Reale francese festeggiavano le vittorie o la loro promozione aprendo le bottiglie di champagne con un colpo netto. La sciabola sfilata dal fodero, scivolava dolcemente sul collo della bottiglia (dalla parte della costa, non della lama) e liberava il tappo con il vetro che lo attornia.

Questo tipo di apertura è spettacolare e molto gradevole da vedere e può essere eseguita solo con bottiglie contenente spumanti, perchè é grazie alla pressione che questi vini esercitano all'interno della bottiglia che il vetro del collo si allontana facilmente dal tappo.
Per perpetuare questa tradizione è stata creata da Jean Claude Jalloux, un ristoratore francese, la confraternita detta du sabre d'or .

Cercando sul web ho trovato questo tre video che fanno capire come sciabolare o meno una bottiglia di Metodo Classico. Da vedere il terzo video per...l'epic fail!




Fonte: D'Araprì e Youtube

Trentodoc Abate Nero Brut - Il VINerdì di Garantito IGP

Di Luciano Pignataro

Ci sono vini che ti porti dietro da decenni, cambia il gusto, cambiano le mode, ma loro restano importanti. Come questo semplice ma efficace Brut Abate Nero, fresco e sapido come da oltre trent’anni a questa parte, ricordo di affetti, di amicizie, di viaggi lontani. Per ricordare i sogni non realizzati e festeggiare quelli divenuti realtà.




Cà del Re a Verduno: un classico della cucina di Langa - Garantito IGP

di Luciano Pignataro

Il successo turistico delle Langhe ha rilanciato questo piccolo paese che ha poco più di 500 residenti, che noi amiamo non solo per il Barolo, ma anche per il Verduno Pelaverga, un rosso fresco e bevibile.


Cà del Re è un’altra alternativa che offre il Castello di Verduno: piccolo agriturismo con cinque camere con una accogliente trattoria affrescata da Berruti. I Giovani Igp sono finiti qui la prima sera del loro mitico tour langhetto ed è stato davvero un buon inizio.
Il bello di questa locanda è l’atmosfera che si respira, ai tavoli non ci sono solo turisti ma anche frequentatori abituali, ed è questo sempre un segnale positivo quando per capire come gira un locale.


Bella carta dei vini con la quale ci si può divertire a prezzi giusti. E via con gli antipasti classici di Langa.
A parte i tomini, i piatti sono tutti decisamente centrati e in equilibrio. Buonissima, ad esempio, la lingua.

Si procede secondo uno schema collaudato e goloso: antipasti, un primo di pasta fresca con ottimo sugo. Ottima anche la carne, noi abbiamo optato per la quaglia e la chiusura con i formaggi.


Il conto alla fine è di circa 35 euro, vini esclusi ed è un ottimo rapporto tra qualità e prezzo.
I Giovani IGP non amano molto il dolce:-)

Cà del Re
Via Umberto I 14, 12060 Verduno (CN)
Tel. +39 0172 470 281
www.castellodiverduno.com 


I venti anni di Luce della Vite festeggiati al Pagliaccio di Roma

La storia di Luce inizia con un incontro, quello tra Vittorio Frescobaldi e Robert Mondavi che agli inizi degli anni '90, complice la loro amicizia, decisero di dare vita ad una collaborazione inedita tra due grandi famiglie del vino mondiali. Lo scopo? Semplice, quella di produrre a Montalcino un vino unico, espressione di due mondi e di due culture, a base di sangiovese e merlot (il cui rapporto all'interno del vino cambia in base all'annata e alla qualità delle uve) a cui venne dato il nome di Luce: fu proprio Margareth Mondavi a ideare questo nome, in omaggio ad una giornata in cui un raggio di luce illuminava Montalcino dopo un forte temporale, ma soprattutto in omaggio al fiorire di una nuova vita.

A fianco di Vittorio e Robert, furono coinvolti anche i rispettivi figli Lamberto e Tim, allora giovani enologi, entusiasti di far parte di questo progetto condiviso (dal vigneto fino alle pratiche di cantina) che portò alla produzione della prima annata di Luce nel 1993 suscitando, ovviamente, grande interesse e curiosità tra addetti ai lavori e semplici wine lovers.

Tim Mondavi e Lamberto Frescobaldi. Fodo: Decanter.com

Dalla vendemmia 2004, con la fine della partnership con Mondavi, è Lamberto Frescobaldi a seguire personalmente il progetto e oggi la Tenuta Luce della Vite è una realtà più che consolidata a Montalcino estendendosi per 192 ettari di terreno di cui 77 vitati. I vigneti sono stati piantati tra il 1977 e il 2007 con una densità media di 6.150 ceppi per ettaro. 

Le vigne. Foto:www.vinitalyclub.com
La cantina. Foto:http://www.wine.com/

Il sangiovese, in particolare, è stato piantato nella fascia superiore della collina in quanto i terreni, ricchi di galestro, ben drenati e poveri di sostanze organiche, sono particolarmente favorevoli a questa tipologia di uva mentre il merlot è piantato nelle zone più basse che presentano un substrato più adatto essendo ricco di argilla.

Luce è il vino top della Tenuta che produce altri prodotti come Lucente, il secondo vino frutto sempre di una selezione di sangiovese e merlot, e Luce Brunello di Montalcino, il vino della tradizione, il cui sangiovese proviene da 5 ettari di vigneto.


Pochi giorni fa l'azienda ha voluto festeggiare le venti vendemmie di Luce con un evento presso Il Pagliaccio di Roma (due stelle Michelin) dove ha presentato l'etichetta del ventennale firmata sia da Lamberto Frescobaldi che da Tim Mondavi a suggello di un rapporto di stima e amicizia che dura incondizionatamente da due decenni.


Durante il pranzo, i cui piatti sono stati abilmente descritti da Giulia in Scatti di Gusto, Tiziana Frescobaldi e Sergio Di Loreto (Responsabile vendite Italia Alta Gamma presso Marchesi de Frescobaldi) hanno proposto anche una mini verticale del Luce iniziando, ovviamente, dalla 2012 che rappresenta l'ultima annata in commercio.


L'annata, dopo le abbondanti piogge primaverili, si è caratterizzata per un clima estivo particolarmente favorevole anche grazie alle escursione termiche tra giorno e notte che hanno favorito lo sviluppo armonioso degli aromi e la concentrazione delle uve, 
Il Luce 2012 è ricco e profondo ed esprime tutta la sua gioventù attraverso forti richiami di frutta di bosco, amarena, mirto e spezie nere. Al sorso è di compatta struttura con una morbidezza già evidente grazie ad un vellutato tannino. Finale persistente su soffi di spezie orientali e bacche.


Il Luce 2006, da jeroboam, proviene da una bellissima annata dove il clima temperato primaverile, le leggere piogge estive e le giornate fresche ed asciutte di ottobre hanno dato vita durante la vendemmia ad uve sane e di grande livello qualitativo.
Rispetto alla precedente annata, questo Luce si caratterizza per una maggiore complessità olfattiva: accanto alle sensazioni di prugna, amarena in confettura e gelso cominciano a delinearsi coinvolgenti profumi di pepe nero, macis, tabacco, cioccolato, mallo di noce, rabarbaro e erbe aromatiche. Al sorso è corposo ma al tempo stesso carezzevole e sensuale e la bella spalla acida e il patrimonio tannico di qualità  ne assicurano una longevità da primo della classe.




Il Luce 2001, sempre in formato jeroboam, deriva da un millesimo iniziato non benissimo grazie ad una gelata primaverile che danneggiando i germogli ha ridotto notevolmente il raccolto il quale, grazie ad una estate particolarmente assolata, alla fine non ha subito ulteriori problemi generando poca uva ma di ottima qualità.
Rispetto alla 2006 ritrovo nel Luce 2001 una maggiore carica minerale e floreale che mette in secondo piano la vena fruttata e speziata del vino. Al gusto è  il solito archetipo di eleganza e morbidezza a tutto tondo. Finale succoso e durevole su note di incenso.


In ultimo, col dolce, abbiamo degustato il Vinsanto 2007 di Castello di Pomino, una chiusura tradizionale e raffinata degna di un grande pranzo orchestrato magistralmente da Anthony Genovese che in sala può vantare uno staff di assoluto livello composto da Matteo Zappile (chef sommelier), Valentina Dellepiane (assistente sommelier), Gianni Trani (chef de rang) e Gennaro Buono (restaurant manager).


Alla prossima e...grazie Tiziana Frescobaldi e Sergio Di Loreto per il graditissimo invito!

Recioto della Valpolicella Classico Recioto del Rosario 2008 - Contràmalini

Di Carlo Macchi

Sera tardi, termine visita in cantina: "Ora vi faccio assaggiare il Recioto".

La stanchezza e un po' la fretta mi fanno dire "Non importa, non sono appassionato di vini dolci".


Importava eccome! Un recioto sontuoso: naso esplosivo, bocca dolce ma equilibrata, lunghissima e concentrata: veramente grande.

Non amo i vini dolci e quindi ne ho comprate solo 6 bottiglie.


www.contramalini.it

Trattoria Caprini: vale il viaggio, nebbia e tornanti compresi - Garantito IGP

Di Carlo Macchi

Mangiare bene di lunedì in Valpolicella non è facile: quasi tutti i locali buoni (anche quelli meno buoni) sono chiusi per turno.
Ma ho scritto "quasi" e nel quasi si trova per fortuna l'eccezione, la Trattoria Caprini a Torbe.
C'ero già stato un anno fa e mi ricordo che mentre salivo a Torbe mi chiedevo se tutti quei tornanti sarebbero stati ripagati da una bella cena: venni ripagato abbondantemente e pensai che, quando fossi tornato in zona, anche tutti i tornanti dello Stelvio non sarebbero riusciti a tenermi lontano da questa Trattoria Storica con la T e S maiuscola.
Infatti non solo di trattoria, quindi di cucina familiare veneta si parla, ma di una tradizione di quasi un secolo, passata attraverso quattro generazioni di Bonaldi.


Oggi il ristorante è gestito dai figli della mitica signora Pierina: Davide in cucina, Nicola specializzato nel fare la sfoglia e Sergio che cura sala e cantina.
Ma anche se mitizzata, la signora Pierina è viva e vegeta, sopraintende alla cucina e soprattutto alla sfoglia, perché dovete sapere che uno dei piatti forti del locale è la "cofana" di lasagnette della Pierina, tagliatelle un po' più larghe del normale, finissime, di solito accompagnate con ragù di carne o, in stagione autunnale, sugo ai funghi. 

Ma torniamo a me che sto salendo i tornanti che portano a Torbe assieme alla nebbia che si infittisce di fronte alla porta del locale. Entro pensando che non solo tutti i tornanti dello Stelvio ma anche tutta la nebbia della Val Padana non sarebbe riuscita a tenermi lontano da qui.
Il locale è una vera trattoria: sale ampie e spaziose con sedie robuste e apparecchiatura corretta ma essenziale. C'è anche una saletta con caminetto, ma forse Caprini va vissuto solo e soltanto nella grande sala principale, che nel tempo ha visto passare migliaia di avventori soddisfatti.
Per iniziare ad essere soddisfatto anch'io ordino la carne cruda di puledro, scandalizzando chi è con me, anche se una volta assaggiata non può non dire che è morbidissima e saporitissima. C'è chi ordina invece la Polenta Brustolà (abbrustolita) con salumi locali e giardiniera e anche qui siamo nella concretezza estremamente saporita. 


Dopo qualche altro calice ( sì, che c'è di male????) mi metto a girare un po' per il locale a fare delle foto, in particolare a quello che io definisco “il polittico della pasta”, cioè una grandissima cornice appesa al muro, al cui interno ci sono i vari attrezzi usati per fare, tirare, tagliare la sfoglia.
Da vedere anche la cantina, una vera e propria fucina di bottiglia locali, dalle più semplici alle più importanti, da quelle recenti alle vecchissime. Li dentro si corre veramente il rischio di farsi del bene!


Naturalmente la carte dei vini è incentrata sui vini della Valpolicella e del Veneto in generale, con prezzi veramente molto interessanti. A proposito di prezzi: per la cena, vino escluso, abbiamo speso circa 30 euro a testa.
Sarà perché la tiriamo in lungo ma quando usciamo la nebbia si è rotta le tasche di aspettarci e la discesa a valle è tranquilla e beata. Caprini aspettami, nebbia o non nebbia tornerò sicuramente!

Trattoria Caprini
Via Zanotti 9, loc. Torbe, Negrar di Valpolicella, (VR)
Tel: 045 7500511
mail: info@trattoriacaprini.it
sito web: www.trattoriacaprini.it
Giorno di chiusura: mercoledì



Nasce il progetto Wines Hotel

Relax. La parola chiave che anima il progetto del Wines Hotel di Livorno ruota attorno a questo concetto ed al mondo del vino, da godersi in modo diverso dal solito. Un’esperienza sensoriale avvolgente e totalizzante: da un lato la passione per il vino, dall’altro il fascino di un luogo un po’ magico posto sulle colline livornesi che dominano il mar Tirreno. L’idea nasce da Fabio Spadoni, titolare dell’Hotel La Vedetta a Montenero - collina nota per il famosissimo santuario mariano - immerso in un bosco tipicamente mediterraneo come una terrazza sul mare, i quali hanno voluto coniugare enogastronomia e benessere in modo nuovo. Un piccolo hotel di charme, in una villa settecentesca, che si apre al mondo del vino offrendo ai clienti un’esperienza all’insegna della scoperta di tutte le sfaccettature di questo prodotto.

«Siamo a Livorno, porto della Toscana, in una regione che ha mille bellezze legate al Made in Italy, tra cui una produzione riconosciuta a livello mondale di grandi vini – spiega Spadoni, architetto d’Oltreappennino di origini, ma ormai toscano d’azione -. Da appassionato ho pensato che questo legame si potesse sviluppare offrendo ai nostri clienti un’idea per godere della produzione dei vini».


Ecco quindi che nasce il progetto Wines Hotel. Nello specifico, ad oggi, quattro camere dell’hotel sono state chiamate con il nome di altrettante aziende (Pietro Beconcini, Pagani de Marchi, Poggio Argentiera, San Gervasio) ed allestite con immagini delle stesse, materiale di presentazione ed il vino principe ad accogliere il cliente, che entrerà nella stanza come se entrasse direttamente in azienda.

Ma l’esperienza sensoriale non si ferma qui.  L’ospite del Wines Hotel, infatti, fin dalla sua prenotazione sul sito dedicato (www.wineshotel.it o .com per la versione in inglese) potrà selezionare in quale camera pernottare, che vini degustare nel soggiorno scegliendo da una carta selezionata di livello internazionale, le aziende del Wines Hotel da visitare, i menù con i quali cenare e i vini da abbinare.

«Abbiamo pensato – continua Spadoni – che fosse interessante per il nostro ospite avere molteplici possibilità di vivere l’esperienza enogastronomica costruendosi direttamente il proprio percorso di relax legato al cibo ed al vino attraverso l’applicazione interna al sito».

L’ospite del Wines Club ha poi la possibilità di scegliere e prenotare degustazioni esclusive, o decidere anche di degustare in camera propria grazie al servizio diretto ed anche con un professionista che possa guidare la sessione degustativa.

«Il nostro obiettivo – conclude Spadoni – rimane quello di donare ai nostri ospiti giorni di relax più assoluto tra buon cibo e buon vino, in un contesto particolare come quello dell’Hotel La Vedetta, immerso nel verde e con il mare a farle da “vicino di casa”. Vorrei ringraziare le aziende che hanno creduto fin da subito nel progetto del Wines Hotel dandoci la possibilità di chiamare le stanze con i loro nomi ed allestirle come se entrassimo nelle loro aziende».

  
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