Il vino invecchia il cervello? Allora dovrei essere già morto cerebralmente!!

A chi dare retta? Agli studi che dicono che un bicchiere al giorno di vino rosso, ricco di resveratrolo, è un toccasana per il nostro fisico oppure ai tanti studi che maledicono la bevanda di bacco?

Su Scienza.fanpage.it è uscito un questi giorni un articolo che mette in allarme noi amanti del vino. Già, ci dice che berlo fa invecchiare il cervello. Non ci credete? Ecco il testo!

Anni bevuti in un bicchiere di vino. Uno al giorno finché in dieci anni non ne passano venti. Secondo una ricerca pubblicata su Neurology e condotta da studiosi delle università di Londra e Parigi, consumare quotidianamente 36 grammi di vino (un bicchiere) per dieci anni accresce l’invecchiamento di 2,4 anni le capacità cognitive, di 5,7 quelle mnemoniche e di 1,5 le funzioni esecutive. Ai dieci anni di invecchiamento “naturale” se ne aggiungerebbero dunque 9,6 causati dall’alcool. Lo studio, durato dodici anni, ha coinvolto 5.054 uomini e 2.099 donne, e ha preso in esame gli effetti dell’alcool effettuando un primo test ad un’età media di 56 anni. In questo modo si è cercato di distinguere le conseguenze dell’alcool dal naturale invecchiamento cerebrale.

La reazione dell’essere umano all’uso frequente di alcool cambia da genere a genere. Per l’uomo le conseguenze sono lineari e di facile individuazione. Birra, vino e superalcolici, infatti, producono effetti negativi in maniera cumulativa: più si beve, maggiori saranno i danni. Le conseguenze dell’alcool sono immediatamente visibili se si confronta un astemio, chi ha smesso di bere molto presto o chi beve meno di 20 grammi al giorno con chi beve soprattutto superalcolici. Per le donne il discorso sembra essere diverso e ben più complesso. Le donne che bevono entro i 19 grammi quotidiani stanno meglio delle astemie e di chi consuma più alcool. Pertanto vi sarebbe una via intermedia migliore non solo dell’eccesso, ma anche dell’astensione completa. Il motivo per cui i due sessi rispondono diversamente all’alcool non è stato ancora spiegato dagli studiosi, ma è noto che uomini e donne non reagiscono agli alcolici nello stesso modo per differenze di metabolismo.E’ probabile che proprio da qui si debba partire per spiegare per quale motivo le donne possano (e debbano) concedersi un po’ di vino.
Foto: vinhill.cn

Bisogna dare retta a questi studi? Mah, tralasciando il mio caso, conosco personalmente persone che dovrebbe essere decedute da molti anni ed invece ancora stanno lì a godersi un bicchiere di buon vino. Certo, l'alcol non fa bene, ma se beviamo responsabilmente e senza eccessi non vedo troppe controindicazioni. Poco ma di ottima qualità, ecco il segreto!
Fonte: http://scienze.fanpage.it

Caves Cooperatives de Donnas - Valle d 'Aosta D.O.C. - Donnas 2006

E' da un pò che l'Altro Nebbiolo, quello che per intenderci non viene dall'area di produzione del Barolo e del Barbaresco, è entrato nel mio cuore di degustatore e amante del vino. 
I motivi? Tanti, magari personali, ma in generale l'unire vino puri, cristallini, eterei, ad un rapporto qualità\prezzo da brividi spinge moltissimo la scelta verso direzioni che vanno dalla Valtellina fino alla Valle D'Aosta, come nel caso di questo post, passando piacevolmente per alcune importanti denominazioni dell'Alto Piemonte come Boca, Gattinara, Lessona e Carema.
Ispirato da Fabrizio Gallino, che col suo libro "Vino in Valle" ha destato nuovo interesse verso i vini della Valle d'Aosta, ho deciso di acquistare da Bulzoni per circa 11 euro una bottiglia di Valle d 'Aosta D.O.C. - Donnas 2006 prodotto da un'altra importante e storica realtà cooperativa come le Caves Cooperatives de Donnaz fondata nel 1971 da un manipolo di vignaioli con l'intendo di tutelare l'appena nata D.O.C Donnaz, la prima della Valle d'Aosta. 


Veduta di Donnas. Foto: http://www.donnasvini.it

Perchè Donnaz e non Donnas? A questo punto è necessario chiarire con le parole di Michele Peyretti:"Donatium latino, Donatio nel 1620, Donax nel 1707, Donas nel 1799, Donnas nel 1800, Donnaz ad inizio secolo, ridiventa Donas dal 1939 al 1945. Dopo la caduta del fascismo che aveva italianizzato i nomi francesi nei nostri comuni, la quasi totalità dei Comuni riprende la precedente denominazione (Champorcher invece di Campo Laris, Pré Saint Didier invece di San Desiderio Terme, La Thuile invece di Porta Littoria ecc. ecc.). Donas diventa Donnaz. Nel 1976 si sostituisce la "z" con la "s". E' per questo che la DOC del 1971 è DONNAZ e tale è rimasta tale fino al nuovo decreto che ha istituito la Doc "Valle d'Aosta Donnas" del 1985. Un'altra curiosità: perché la "s" del plurale nella denominazione sociale "Caves Cooperatives de Donnas"? Perché fino al 1988, i soci hanno conferito alla cooperativa il vino. La vinificazione era fatta presso le varie cantine dei produttori, si trattava quindi di una cooperativa che riuniva le diverse cantine. Nel 1989 con la ristrutturazione e l'ampliamento dell'edifìcio, si è potuto finalmente dotare la cooperativa dei macchinari per vinificare in comune e da allora i soci conferiscono le uve come in tutte le cantine sociali".

A Donnas, piccolo paese della Bassa Valle d'Aosta situato a 300 metri s.l.m., l'attuale Cooperativa conta 86 soci e una superficie vitata totale pari a 26 ettari (!!) dove il nebbiolo, detto localmente "picotendro", fa la parte del leone assieme ad altre uve come vien de Nus, fumin, freisa, neyret, erbaluce e pinot grigio.
La viticoltura, nemmeno a dirlo, è eroica e mi ricorda molto la vicina Carema o la Valtellina vista la notevole parcellizzazione e la forte pendenza dei vigneti che, storicamente, viene affrontata con terrazzamenti sostenuti da muri a secco alti anche 4 metri collegati tra loro da ripidi scalini in pietra.

Picotendro. Foto:http://www.donnasvini.it

Il sistema di allevamento è quello classico della pergola, detta localmente "topia", che viene sostenuta da pali in legno di castagno, preso direttamente dai boschi nei dintorni, o dalla caratteristiche colonne in pietra dalla forma tronco-conica. Le differenze con il Carema DOC, areale che dista poco più di 5 km, sono davvero minime in questo caso!

Foto:http://www.donnasvini.it
Foto:http://www.donnasvini.it

Una viticoltura estrema, fatta di passione e sudore, che fornisce vini dalla grande personalità e mai banali come questo Valle d'Aosta D.O.C. - Donnas 2006 (90% nebbiolo, 10% freisa e neyret) vinificato in vasche d'acciaio per circa 10 giorni e successivamente affinato per 12 mesi in botti di rovere francese da 25 hl e successivamente in bottiglia per almeno un altro anno.


Aprendo questo Donnas e, successivamente, esaminando il suo aspetto olfattivo, ti rendi subito conto che hai di fronte un vino duro, contratto, compatto, che probabilmente farebbe scappare la maggior parte dei wine lovers che cercano la morbidezza e la dolcezza di frutto nel vino.
No, qua c'è tutta l'asprezza del terroir che esalta l'austerità del picotendro valdostano donando un profilo aromatico che, disegnandosi col passare del tempo, assume la forma della ferro, della ghisa, delle spezie rosse e nere, del sottobosco invernale, della viola appassita.
Tutt'altro che un vino "piacione", soprattutto al palato che viene irrorato dalla nobile durezza del Donnas fatta di prepotente freschezza e trama tannica di grande maturità e fittezza. E' un sorso di grande austerità e verticalità dove ritrovo il territorio e il rispetto del giusto tempo di affinamento. Finale serio, deciso, lunghissimo e caratterizzato da ritorni salini, iodati.



Da quello che scrivo sembra un vino difficile ma vi posso assicurare che ha una bevibilità eccelsa visto che non si porta dietro nessuna pesantezza di sorta. 
Il Donnas 2006 è un vino rigoroso ma soave, chiuso come un montanaro ma, se saprete apprezzare le sue caratteristiche, vi porterà in cima a vette ancora inesplorate.

Se volete abbinarlo a piatti regionali valdostani, vi posso consigliare un matrimonio d'amore con la zuppa di cavoli o di cipolle, col risotto al vino di Donnas ma anche con piatti più rustici come la polenta concia, spezzatino o fonduta a base di fontina stagionata.

Sul sito della'azienda c'è anche questa ricetta:

Carbonada

INGREDIENTI:

800 gr di carne di manzo (meglio se sotto sale)
gr 25 di burro
gr 50 di pancetta
una cipolla
un po' di farina bianca
sale
pepe
cannella in polvere
noce moscata
chiodi di garofano
mezza bottiglia (3 bicchieri) di Donnas

PREPARAZIONE:

Far cuocere, senza rosolare, la cipolla tritata finemente con la pancetta tagliata a dadini. Togliere la pancetta e le cipolle e nello stesso burro cuocere a fuoco vivo la carne tagliata a dadini, condirla quindi con sale, pepe, noce moscata, cannella e chiodi di garofano e spolverare con la farina. Aggiungere il vino e far cuocere a fuoco basso. Servire con patate bollite o polenta.


La Carbonada. Foto: www.buonissimo.org


Verdicchio contro Fiano: la sfida finale?

Fiano e Verdicchio, due grandi vitigni italiani, sono stati valutati e comparati poco tempo fa a Roma in una sfida dove l'obiettivo finale era quello di valutare riconoscibilità e capacità di evoluzione dei relativi vini.
Sono state disposte quattro batterie da tre vini, ciascuna caratterizzata da alcuni elementi comuni come annata o territorio. Tutto è stato eseguito rigorosamente alla cieca. Vediamo come è andata?

PRIMA BATTERIA

Il vino è indiscutibilmente irpino. E' ancora chiuso, giovane, escono sottotraccia i fiori, sbuffi vegetali che terminano con una nota fumè e tostata. Bocca nervosa, tesa, progressiva, finale salino. Avrà un bel futuro il Fiano di Avellino 2011 di Ciro Picariello.

Il secondo vino sembra uscito da un quadro di Botero, è largo, godurioso, sa di frutta matura, esotica. Il sorso è morbido, caldo, intenso, quasi masticabile il vino in bocca. Non può che essere un verdicchio e solo un produttore ha questo stile inconfondibile. Trattasi del Verdicchio di Jesi "San Michele" 2010 di Vallerosa Bonci.

Il terzo vino sembra il più evoluto dei tre per delle note autunnali che, a mio parere, cominciavano a farsi notare all'olfatto. E' anche il più minerale con una netta espressione di pietra focaia. In bocca è maturo, morbido, rotondo ma meno boteriano del precedente per un equilibrio che questa volta è più convincente. Verdicchio con qualche dubbio per me stavolta. Scelta vincente. Trattasi di Verdicchio di Jesi "Capovolto" 2010 de La Marche di San Michele. Stesso vitigno e stessa zona di Vallerosa Bonci. Qualcosa vorrà dire..

Vittoria per il Fiano 2011 di Picariello

Foto: Salumeria Roscioli

SECONDA BATTERIA

Tappone per il primo vino che avevo già degustato durante il mio tour irpino. Peccato perchè era un grande Fiano di Avellino, annata 2010, di Rocca del Principe.

Col vino successivo, appena metti il naso nel bicchiere, capisci che si cambia marcia. L'espressione olfattiva è di grande intensità ed eleganza, l'affumicatura prende la forma della torba e per un pò pensi di stare ad odorare un grande whisky dell'isola scozzese di Skye. Poi, col tempo, escono sensazioni di agrumi, zafferano, terra. Bocca immensa, fresca ed opulenta allo stesso tempo, tridimensionale nella progressione al palato. Finale sapido, terroso, infinito. E' un grande Fiano questo. Di nuovo Picariello che non ho riconosciuto al volo perchè non pensavo ad un bis. E' il  Fiano di Avellino 2008, da comprare a casse!

Col terzo vino si ritorna verso situazione aromatiche più fruttate anche se questa volta sembra che tutta la materia sia stata infilata all'interno di un contenitore pieno di zucchero a velo. Un profilo "dolciastro" e piacione fa da anticamera ad un sorso stanco che arriva fino ad un certo punto ma poi crolla per mancanza di quella spina dorsale chiamata acidità. Verdicchio senza dubbio per me anche se trattasi dell'ennesima versione di vino "vorrei ma non posso". Colpa del manico? Trattasi comunque di Verdicchio dei Castelli di Jesi "Albiano" 2008 di Marotti Campi

Vittoria per il Fiano 2008 di Picariello

Foto: Salumeria Roscioli

TERZA BATTERIA

Il timbro aromatico a metà tra l'affumicato e il tostato ti riporta inevitabilmente in Irpinia ed in particolare a Summonte. Fiano sicuro al 100%. Oltre ai precedenti descrittore, aprendosi, il vino offre sentori di mela cotogna, limone candito. In  bocca si coniugano complessità, potenza e struttura, tutti fili che si intrecciano alla perfezione formando un arazzo territoriale da appendere alle porte di ogni cantina che si rispetti. La 2008 da quelle parti è stata una grande annata e Guido Marsella ha interpretato il suo Fiano di Avellino nel modo migliore.

Il secondo vino ti riporta al mare appena lo annusi, sa di sale e sole per poi lasciare affiorare la ginestra, il fieno, l'anice, l'oliva verde e la pietra focaia. Bocca densa che scorre nel palato lentamente ma inesorabile con i suoi ritorni di agrumi e sale. Persistenza infinita. E' un grandissimo vino, un grandissimo Verdicchio che non puoi non "beccare" alla cieca. Trattasi del Mirum 2007 della Fattoria la Monacesca

Nel bicchiere contenente il terzo vino metto il naso più volte ma non riesco a capire di cosa si tratta. Venditti direbbe che è "...chiuso come le chiese quando ti vuoi confessare...". L'esperienza mi dice che siamo di fronte a tanta materia che per ora ha i caratteri dell'algidità e della purezza cristallina che a volte prende la forma dei fiori bianchi e a volta quella della mineralità silicea. Bocca marina, salina, tesa, in divenire. E' il vino più faticoso da riconoscere. E' il Fiano di Avellino "Cupo" 2008 di Pietracupa. Da stappare tra un paio di anni per iniziare a godere.

Vittoria per il Mirum, di un soffio...

Foto:www.wine-searcher.com 

QUARTA BATTERIA

Il vino ha spiccata connotazione ossidativa che a mio giudizio maschera indelebilmente i caratteri del vitigno di partenza che anche i RIS farebbero fatica ad individuare. Appena vedo il tappo della bottiglia, di silicone di scarsissima qualità, capisco che probabilmente lo stato evolutivo avanzato del vino non dipende dall'annata di produzione. La tanta frutta candita al naso e una bocca che pare uscita da un distillato comprato al supermercato non aiutano la degustazione che termina mestamente strappando la carta argentata che copre l'etichetta del vino. A sorpresa è un Verdicchio dei Castelli di Jesi 2007 della Fattoria il Coroncino. Bottiglia sfigata o....?

Il colore farebbe pensare ad un vino appena uscito dalla cantina e anche al naso, linfatico e ricco di mineralità e fragranze di erbe aromatiche, sambuco, agrumi e non so quanta altra roba. Bocca sapida, ammandorlata, appagante, piena e caratterizzata dalla grande persistenza fruttata ed agrumata. Non finisce mai. So che è un verdicchio, è facile individuarlo. Difficile, e mi complimento visto che mi succede di rado, è riconoscere alla cieca il Verdicchio dei Castelli di Jesi "Riserva 2006" di Garofoli. Caspiterina che vino, giovanissimo nonostante sette anni di età. Nel futuro ci riserverà tante sorprese!

Al naso la prima cosa che noti è la grande complessità di un vino che sicuramente ha qualche anno sulle spalle. Naso caledoscopico dal timbro prettamente vegetale, contadino, dove emergono le note di basilico, timo, maggiorana, fieno bagnato. Poi, col tempo, esce la "canna di fucile" a cui seguono sensazione di pesca matura e nocciola. Bingo, siamo in terra di Fiano! Bocca austera, quasi d'antan, che coniuga setosità e floridezza, vivacità e determinatezza. Quando hanno scoperto l'etichetta ho tirato un sospiro di sollievo. Non poteva che essere un grande vino di un grande vignaiolo: Fiano di Avellino Villa Diamante "Vigna della Congregazione" 2006!!

Vittoria per....difficile dirlo...Fiano di Antoine Gaita per una mezza misura

Foto: Cucchiaio.it

Piccole considerazioni finali: nonostante una maggiore preferenza per il Fiano non posso dire che questi abbia vinto inesorabilmente sul Verdicchio, magari avrà vinto una battaglia ma la "guerra" è ancora lunga e apertissima, per le Marche mancavano all'appello alcuni numeri uno come Villa Bucci o Collestefano che in futuro potranno riequilibrare la sfida, se ti sfida vogliamo  parlare. 

Intanto, se vi va, provate ad indicare i prossimi contendenti!

Alla prossima

Sangiovese Purosangue a Roma il 25 e 26 Gennaio 2014


SANGIOVESE PUROSANGUE
Vini e Vignaioli d’Italia
25-26 gennaio 2014
Radisson Blu Hotel
Via Filippo Turati 181
00185 Roma

L’Associazione Enoclub Siena rinnova l’appuntamento con il Sangiovese. Il quinto evento romano con il marchioSangiovese Purosangue rappresenta
un salto di qualità nella definizione e nell’ampiezza delle ricerca sulle zone di produzione del Sangiovese.
Come nelle altre occasioni, il filo logico della rassegna è da ricercare nella selezione dei produttori di Sangiovese (al momento l’elenco ancora provvisorio conta 68 aziende partecipanti, suddivise per territorio e non per denominazione), nella loro aderenza all’espressione autoctona del territorio e nell’elevata qualità dei seminari.
Con una maggior estensione della ricerca in Toscana, particolarmente dettagliata nella zona del Chianti Classico, dove proporremo anche una ipotesi di zonazione, in modo da stimolare un dibattito sull’argomento. Poi un’ampia esposizione delle zone del Sangiovese di Romagna, con un prestigioso seminario condotto da Francesco Falcone di Enogea e l’agronomo Francesco Bordini, tra i massimi esperti in materia.
Armando Castagno, critico rigoroso ed eccellente divulgatore della qualità nei territori chiave della produzione vitivinicola Europea, condurrà due seminari alla domenica: una verticale storica di Carmignano Villa di Capezzana e una di Rufina Riserva Selvapiana.
Da sottolineare la costante presenza di degustazioni di vecchie annate ai banchi. Anche un seminario specifico, curato da Davide Bonucci, con storiche bottiglie di Sangiovese dagli anni Sessanta ai Novanta.


A contorno, altri interessanti appuntamenti: le zone del Sangiovese a cura di Marco Cum; e un vero esperimento, l’interessante degustazione che abbina emozioni enoiche e fotografica, a cura di Giampiero Pulcini
Come gustoso completamento, alcuni produttori ospiti: Gianfranco Fino e Fernando Proietti.
Per finire, l’importante selezione gastronomica di eccellenza, con nove aziende coinvolte e moltissimi assaggi.

PROGRAMMA SANGIOVESE PUROSANGUE

SABATO 25 GENNAIO 2013


ore 11.00 Apertura dei banchi di assaggio
ore 11.30 Introduzione al Sangiovese – Seminario a cura di Marco Cum – EURO 35
ore 14.00 – Le zone del Sangiovese in Italia – Seminario a cura di Marco Cum – EURO 25
ore 16.00 – I terrritori raccontati attraverso il tempo – Vecchie annate di Sangiovese. Seminario a cura di Davide Bonucci – EURO 25
ore 18.00 – Le zone del Sangiovese di Romagna – Seminario a cura di Francesco Falcone, Enogea – INGRESSO GRATUITO E AD INVITO, FINO AD ESAURIMENTO POSTI
ore 20.00 – Chiusura dei banchi di asssaggio

DOMENICA 26 GENNAIO 2013

ore 10.00 – Colazione in terrazza
ore 11.00 – Apertura dei banchi di assaggio
ore 11.30 – Toni e Forme del Rosso – Vino e fotografia. Degustazione a cura di Giampiero Pulcini. Fotografie di David Fratini e Fabrizio Battistoni – EURO 20
ore 15.00 – Verticale storica di Villa di Capezzana. Seminario a cura di Armando Castagno – EURO 40
ore 17.45 – Verticale storica Chianti Rufina Riserva Bucerchiale Selvapiana – Condotta da Armando Castagno, con Federico Giuntini – EURO 40
ore 19.00 – Chiusura dei banchi di assaggio

*La location

Uno spazio importante per un Evento altrettanto importante, nel cuore della Capitale: Radisson Blu Hotel in Via Filippo Turati 181
Si trova in una posizione centralissima ed è raggiungibile:
*Adiacente alla Stazione Termini, di fronte all’uscita laterale
*Fermata Metro Termini
*Da molti Autobus Atac, che provengono da tutte le periferie romane
*In aereo, con facili collegamenti da Fiumicino/Ciampino alla Stazione Termini
*In auto, utilizzando i parcheggi a pagamento esterni o il multipiano di fianco all’Hotel

AZIENDE PARTECIPANTI/VINI PRESENTI, ELENCO PARZIALE: 79

Sangiovese de LA SERRA/ROMAGNA
Costa Archi

Sangiovese di BRISIGHELLA/ROMAGNA
Andrea Bragagni
Gallegati
Vigne dei Boschi
Vigne di San Lorenzo

Sangiovese di MARZENO/ROMAGNA
Ca’ di Sopra
Paolo Francesconi

Sangiovese di ORIOLO/ROMAGNA
Ancarini
Cantina San Biagio Vecchio
La Sabbiona
Leone Conti
Poderi Morini
Zoli Paolo

Sangiovese di MODIGLIANA/ROMAGNA
Il Pratello
Torre San Martino

Sangiovese di PREDAPPIO ALTA/ROMAGNA
Nicolucci – Fattoria Casetto dei Mandorli

Sangiovese di CASTROCARO/ROMAGNA
Marta Valpiani

Sangiovese di TERRICCIOLA
Pieve De’ Pitti

Sangiovese di LUCCA
Il Calamaio

Sangiovese di CARMIGNANO
Capezzana

Sangiovese della RUFINA
Selvapiana

Sangiovese di SAN MINIATO
Pietro Beconcini

Sangiovese di CERTALDO
Il Casale

Sangiovese della VAL DI PESA
Cigliano

Sangiovese della VAL DI GREVE
Villa Calcinaia

Sangiovese di LAMOLE, CASOLE E CASTELLINUZZA
Fattoria di Lamole
I Fabbri
Podere Castellinuzza

Sangiovese di PANZANO
Fontodi
Le Cinciole
Monte Bernardi

Sangiovese della VAL D’ELSA
Cinciano
Ormanni

Sangiovese di RADDA IN CHIANTI
Barlettaio
Caparsa
Castello di Radda
Fattoria Vignavecchia
Istine
L’Erta di Radda
Monteraponi
Montevertine
Poggerino
Val delle Corti

Sangiovese di GAIOLE IN CHIANTI ALTA
Monterotondo

Sangiovese di MONTI IN CHIANTI
Badia a Coltibuono
Castello di Cacchiano
San Giusto a Rentennano

Sangiovese di VAGLIAGLI
Terrabianca

Sangiovese di CASTELLINA IN CHIANTI
Bibbiano
Castello La Leccia
Pomona
Rodano

Sangiovese della BERARDENGA/GAIOLE IN CHIANTI ALTA
Porta di Vertine

Sangiovese DI CASTELNUOVO BERARDENGA
Felsina
Le Boncie

Sangiovese di SAN GIMIGNANO
Cappella di Sant’Andrea
Il Colombaio di Santa Chiara

Sangiovese di AREZZO
Podere di Pomaio

Sangiovese di MONTALCINO
Biondi Santi – Il Greppo
Cerbaia
Il Marroneto
Le Chiuse
Le Potazzine
Le Ragnaie
San Giacomo
Tiezzi
Tornesi
Ventolaio

Sangiovese di MONTEPULCIANO
Contucci
Il Conventino

Sangiovese della VAL D’ ORCIA
Castello di Ripa d’Orcia

Sangiovese dell’AMIATA
Castello di Potentino

Sangiovese di SARTEANO
Palazzo di Piero

Sangiovese di CINIGIANO
Campinuovi

Sangiovese di SCANSANO
Poggio Argentiera

Sangiovese di TIRLI
Tenute Perini

Sangiovese di SANT’ENEA – PERUGIA
Cantina Margò – Carlo Tabarrini

Ospiti:
Gianfranco Fino
Fernando Proietti


GASTRONOMIA

Forno di Ravacciano (Siena)
Consorzio del Pane di Matera IGP
Casa Porciatti (Radda in Chianti)
Olio Quattrociocchi Americo (Alatri)
Pistocchi (Firenze)


ArPePe e il GIUSTO tempo di attesa del nebbiolo della Valtellina. Parte 2



E' tempo di salire nella nuova struttura voluta per festeggiare i 150 anni di attività dell'azienda. Locali moderni, dedicati all'accoglienza dei clienti, alla degustazione e alla vendita, dove l'architetto Enrico Massimino ha creato veri e propri cannocchiali sulle vigne e le rocce del Grumello creando un ambiente unico e di grande calore.

Sala degustazione
Il "cannocchiale" sui vigneti

Isabella e Guido ci aspettano per la degustazione, nei bicchieri vediamo versare il primo vino, il Rosso di Valtellina 2011 che, come ci spiegano i fratelli Pelizzatti Perego, rappresenta una sorta di testa di ponte fondamentale per il loro lavoro. "Se alla gente piace questo vino non potrà che amare tutti gli altri vini della nostra gamma" mi dice orgogliosamente Isabella. Il Rosso ha il colore del rubino, purissimi e preziosi sono i suoi aromi legati alla melograno, al ribes, alla viola, alla erbe di montagna, alla mineralità calcarea. Bocca setosa, succosa, coerente col naso e di beve irresistibile. Piccolo gioiello dal rapporto q/p straordinario. Affinamento: 6 mesi di botte grande poi bottiglia.




Sassella Stella Retica 2010, quasi un'anteprima per noi, viene vinificato tramite macerazione di 15/18 giorni con successivo affinamento di circa tre anni tra botte grande e bottiglia. Rispetto al precedente il respiro minerale si fà molto più intenso, c'è un  mix perfetto tra la morbidezza del frutto e la sapidità del vino che fanno di questo nebbiolo un equilibrista circense. Il sorso è teso, nervoso, duro come scalare le vigne del Sassella, immenso come l'orizzonte che si scorge una volta arrivati in cima alla montagna da dove nasce il vino. Non essendo un Cru (vedi Riserva) accoglie dentro tutte le uve del Rocce Rosse e del Vigna Regina quando l'annata non è considerata grande. Altro rapporto q/p strepitoso.


Sassella Rocce Rosse 2002: prima di berlo ho ripensato ad Arturo Pelizzatti Perego perchè questo nebbiolo, così come gli altri Cru prodotti da ArPePe, rappresenta l'essenza della sua vita, il suo sogno, la sua condanna e la sua rinascita. Otto anni di affinamento (5 di botte grande e 3 di bottiglia) e tanto orgoglio danno vita ad un vino che è la quintessenza del nebbiolo di montagna a cui il tempo ha dato luce e magnificenza. Il Rocce Rosse ha una sempre una complessità olfattiva prodigiosa che assume la forma e la sostanza di ogni tipologia di frutta e fiori inclini al colore aranciato che Dio ha creato. Non solo! Essendo un nebbiolo della Valtellina di grande profondità il suo corredo aromatico si arricchisce di erbe medicinali, eucalipto, mineralità bianca, carbone, tabacco da pipa. Un vino che stordisce positivamente anche in bocca dove c'è tutta la tempra di un vino che sa essere rigido, austero, duro ma, al tempo stesso, succoso, goloso nei suoi richiami olfattivi ed infinito nella sua persistenza di grande progressione ed eleganza. Il Rocce Rosse è un regalo all'umanità, sappiatelo!



Sassella Ultimi Raggi 2006: da uve nebbiolo leggermente appassite all'interno dei vigneti più alti della Sassella (circa 600 metri s.l.m.) nasce questo vino che rappresenta la risposta di ArPePe al mondo degli sforzati della Valtellina. Rispetto ai precedenti questo vino si caratterizza per una struttura più imponente caratterizzata da aromi intensi di ciliegia sotto spirito, fiori da diario, liquirizia, china, cuoio, spezie nere, grafite. In bocca entra energico, proporzionato, elegante, si espande a 360° nel palato e non ti lascia più. Chiusura sapida, minerale, austera. Un grande vino che ridà dignità ad una tipologia troppo spesso banalizzata.



E' tardi, ormai le luci qua a Sondrio sono accese già da un bel pò e fuori fa un gran freddo. Il tempo, strano a dirsi da queste parti, è passato stavolta troppo velocemente ma succede sempre così quando si è in compagnia di grandi persone come Isabella, Emanuele e Guido. Ho già voglia di ricontrarli e so che questo desiderio sarà soddisfatto presto perchè ho strappato loro la promessa di una piccola grande verticale di Rocce Rosse da organizzare qua a Roma. Sorrido...

ArPePe e il GIUSTO tempo di attesa del nebbiolo di Valtellina. Parte 1

C'è un filo conduttore che unisce i Pelizzatti Perego ad altri grandi produttori: il Tempo
Appena uscito dalla cantina di affinamento di ARPEPE, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la scritta in gesso vista per la prima volta nella bottaia di CantillonLe temps ne respecte pas ce qui se fait sans lui (Il tempo non rispetta ciò che si fà senza di lui).


I Pelizzati sono una famiglia abituata a gestirlo da oltre un secolo. Nel 1960, infatti, l'azienda ha festeggiato i cento anni di ininterrotte relazioni “enologiche” con un fedele cliente svizzero che, in barba ai cambiamenti generazionali, aveva continuato a rifornirsi con i loro vini. Pertanto, il 1860 è presumibilmente l'anno in cui Giovanni Pelizzatti cominciò con tenacia a produrre grandi nebbioli in Valtellina, una avventura che porterà suo nipote Guido, nel 1961, ad inaugurare una nuova cantina, l'attuale, scavando nella montagna, sotto le viti di proprietà piantate nell'areale del Grumello. 


Foto d'epoca

Da quel momento in poi, per gestire i lunghi affinamenti in botte, non si dovevano più affittare i vari scantinati sparsi a Sondrio, nello storico e popolare quartiere Scarpatetti e, soprattutto, si poteva contare sull'aiuto di Arturo Pelizzatti, la quarta generazione, che al cognome paterno aveva deciso di aggiungere anche quello della madre. Nascono così i Pelizzatti Perego che, è bene dirlo, non ebbero sempre il tempo a loro favore. Infatti, dopo la morte di Guido Pelizzatti, problemi di eredità costrinsero Arturo a vendere tutto, marchio e storia compresa, al gruppo Winefood che, come negli incubi peggiori, stravolse il lavoro, la tradizione e la gestione del tempo dei Pelizzatti che non potevano vedere trasformati i loro vini in prodotti di massa. Era troppo! Arturo Pelizzatti Perego, sebbene alle dipendenze della multinazionale, lasciò a malincuore il suo incarico.
Ci volle tanto, forse troppo tempo affinchè il destino e i Pelizzatti Perego si prendessero la loro rivincita: mentre Winefood, nei primi anni '80, entrò in crisi e vendette tutto al Gruppo Italiano Vini, Arturo cominciò ad acquistare varie parcelle di vigneto e a vinificare di nuovo nel centro di Sondrio fino a quando non ebbe la possibilità di riacquistare la vecchia cantina aziendale, quella voluta e costruita da suo padre. 
E' il 1987 quando, per distinguersi dal marchio Pelizzatti in mano GIV, nasce ArPePe che, dal quel momento in poi, ha una reputazione tutta da ricostruire e ridisegnare, senza più compromessi anche se il momento storico non era certo adatto.
I tempi di affinamento ideali di Arturo, infatti, vengono derisi da molti dei suoi colleghi che, a cavallo degli anni '90, stanno cavalcando l'onda della moda del modernismo esasperato e commerciale. Arturo invece continua per la sua strada che porta solo sei anni più tardi, nel 1990, a far uscire in commercio il Sassella Rocce Rosse, il vino del riscatto, il vino che spazza via la paura di non farcela e zittisce ogni polemica.
Isabella, Guido ed Emanuele Pelizzatti Perego, quinta generazione, producono ancora oggi vini anacronistici anche se non c'è più loro padre, morto nel 2004, lasciandogli una preziosa eredità: rispettare il tempo perchè altrimenti lui non rispetterà il loro vino.


Guido, Isabella ed Emanuele Pelizzatti Perego

Con Emanuele ripercorriamo la storia dell'azienda di famiglia mentre letteralmente ci inerpichiamo sopra i vigneti terrazzati posti sopra la cantina ipogea, zottozona Grumello, che rapidamente salgono fino alla sommità della Rocca De Piro. 


In basso a Sx i vigneti ArPePe e ingresso cantina


Vigneti sopra la cantina

Vigneti sopra la cantina

La Valtellina è sinonimo di viticoltura eroica, ho il fiatone dopo un minuto che salgo scale di roccia scoscese che durante la vendemmia vedono pestate da schiene ricurve cariche di uva da portare al più presto in cantina con le classiche gerle. Ho letto che mediamente per lavorare questi vigneti servono 1200 ore di lavoro all'ettaro, tre volte tanto che altrove. Ci credo ciecamente.
ArPePe, oggi, può contare su circa 13 ettari di vigneto, età media di 50 anni, con esposizione nord-sud (detti a "ritocchino") suddivisi tra le sottozone Sassella (8 ettari), Grumello (4 ettari) ed Inferno (1 ettaro) a loro volta frammentati in più parcelle che daranno vita, se l'annata permette, ai vari Cru aziendali.
Con Emanuele, nei vigneti, il tempo scorre veloce ma sembra fermarsi una volta che scendiamo nella cantina, il cuore pulsante dell'azienda, la stessa che il nonno ha costruito nei primi anni '60 strappandola alla montagna e che il papà Arturo ha "riconquistato" dopo la parentesi Winefood e GIV. Uno spazio di quasi 1500 metri quadri per 8 metri di altezza dove spicca la presenza di 12 botti di rovere, acacia e castagno da 50 hl Garbellotto e qualche vecchio tonneaux che viene usato ancora per piccole quantità e a compensazione.





Ti fermi un istante a guardare e noti che probabilmente la cantina, a parte un moderno sistema di controllo geotermico della temperatura, non è cambiata molto nel corso degli anni e tutto è progettato per far sì che il nebbiolo di Valtellina di casa ArPePe esprima tutto il suo potenziale a partire dalla macerazioni che, in base all'annata e alla conseguente tipologia di vino ("base" o "Cru"), durano 6/8 giorni per il Rosso di Valtellina fino ad arrivare a 50/60 giorni per le grandi Riserve come il Rocce Rosse o il Vigna Regina.

E' con l'affinamento in botte grande, però, che i Pelizzatti Perego prendono il loro gessetto virtuale e scrivono su ogni botte che Le temps ne respecte pas ce qui se fait sans lui
A loro non importa avere il rispetto degli altri produttori che per anni gli hanno dato dei pazzi, dei temerari e dei testardi, assolutamente no, quello che conta davvero è il rispetto del tempo che a sua volta rispetterà il loro nebbiolo, un percorso che per i Cru come Vigna Regina e Rocce Rosse può arrivare a sfiorare anche gli otto anni tra affinamento in botte grande (5 anni) e bottiglia (3 anni). 



Pochi passi e ci troviamo nell'altra ala della cantina dove spiccano le vasche di cemento vetrificato “Ermenegildo Velo” risalenti agli anni '60 così come le vecchie cisterne di cemento costruite direttamente all'interno della roccia che oggi, al massimo, sono usate come magazzino. L'ultima sala della struttura, imponente e con un potenziali di milioni di pezzi, è dedicata all'affinamento delle circa 250.000 bottiglie che ArPePe attualmente sta coccolando prima dell'uscita sul mercato, in pratica ci sono le ultime cinque annate che stanno aspettando il giusto tempo di riposo. Solo un visionario ed un idealista come Guido Pelizzatti poteva concepire un progetto del genere.

Vasche di cemento vetrificato
Grumello Riserva 2005 Buon Consiglio  in affinamento

Mercoledì prossimo, su Percorsi di Vino, la seconda parte con le note di degustazione sul  Rosso di Valtellina 2011, Sassella Stella Retica 2010, Sassella Rocce Rosse 2002 e Sassella Ultimi Raggi 2006.