Louis Roederer Cristal 1990 e le false notizie


Per me è poco credibile che un essere vivente possa sborsare oltre 100 mila euro per una sola bottiglia di Cristal. 

A pensarci bene, però, se leggo la notizia che il poll...ehm...l'acquirente è un facoltoso saudita che ha voluto fare lo sborone all'interno di un esclusivo locale di Dubai quasi quasi ci convinco e mi faccio una grassa risata.

Fonte: Subito.it
La cosa che mi perplime, invece, è leggere sulla stampa e in vari siti internet che questa fantimatica bottiglia di Cristal 1990 abbia un costo di tale portata perchè di questo millesino esisterebbero solo altre due bottiglie nel mondo, una a New York e l'altra a Londra.

Ma chi le scrive ste cazzate? Basta fare un giro su Wine-searcher e capirete che di Cristal 1990 a 300 euro ne potete comprare una vagonata. 


Il Barolo di Borgogno tra passato, presente e futuro


PASSATO

Bartolomeo Borgogno ha creato la sua casa vinicola nel 1761 e già a quel tempo, nella notte dei tempi, l'obiettivo era quello di creare un grande vino. Prova ne è la scelta del Barolo, nel 1861, come bevanda per il pranzo celebrativo dell'Unità di Italia. Ma bisogna aspettare gli anni '20 del secolo scorso per avere la vera svolta grazie a quell'illuminato di Cesare Borgogno che fa conoscere il suo nebbiolo in tutta Europa spingendosi fino oltre oceano, Stati Uniti compresi. Alla morte di Cesare Borgogno la proprietà passa ai nipoti Ida e Franco Boschis e successivamente ai figli di questi, Cesare e Giorgio.

PRESENTE

Si chiama Oscar Farinetti che da qualche anno ha rilevato l'azienda con l'obiettivo dichiarato di non mutare ciò che Borgogno è stato nel tempo. Per cui, nonostante lo spirito imprenditoriale e moderno di Mr. Eataly, si va avanti con i lunghi affinamenti, le grandi botti di castagno e di rovere di Slavonia e con la centenaria consuetudine di mettere da parte consistenti quantitativi di Barolo delle annate più grandi, per un ulteriore affinamento la cui durata normalmente non è mai inferiore ai dieci anni. 
Il presente, il mio presente con Borgogno è rappresentato da quelle vecchie bottiglie e da Armando Castagno e Paolo Lauciani che ci hanno condotti per mano all'interno di una macchina del tempo chiamata Barolo Borgogno. La verticale storica prevedeva le seguenti annate: 1996, 1988, 1982, 1978, 1967 e 1961.

Foto: Andrea Federici
Barolo Borgogno Riserva 1996: annata austera queesta che dà vita a Barolo molto classici e di grande equilibrio. Al naso si conferma introverso, timido, è un nebbiolo lento a concedersi e la complessità aromatica, indubbia, va lentamente stanata. Si odono echi di sottobosco, fruttini croccanti, tabacco, fungo. Lentamente, col tempo, esce una avvolgente e sinuosa balsamicità accanto ad accenni di cipria e sali da bagno. La bocca è ovviamente austera, aristocratica, la freschezza iniziale del vino lascia subito il passo ad una sensazione sapida, decisamente salmastra che il naso aveva celato. Chiude lunghissimo su toni di arancia amara.

Barolo Borgogno Riserva 1988: quest'annata calda ma equilibrata regala un Barolo dal colore ancora vivissimo che stenta ad aranciarsi anche sull'unghia. Al naso esplode una meravigliosa florealità dove la rosa in tutte le sfumature la fa da padrone accanto a sensazioni meno esplosive di melograno, mineralità, miele di castagno e cenere. E' un nebbiolo coeso e compatto anche in bocca dove non cede nulla nonostante l'età. L'annata, ovviamente, regala una sensazione complessiva più morbida del precedente soprattutto nel tannino anche se l'acidità, sorprendentemente, è ancora tagliente e accompagna tutto il finale di beva che gioca su ritorni gessosi e fumè. 

Barolo Borgogno Riserva 1982: grandissima annata, talmente felice che, secondo Castagno, è possibile trovare sorprese anche dalle bottiglie di aziende ignote lasciate sopra al camino della casa di campagna. Mettendo il naso nel bicchiere capisci subito che tal nebbiolo è di altra dimensione, difficile mettere in ordine tutti i descrittori che, come una sinfonia, suonano all'unisono ognuno il proprio strumento emozionale. Potrei dire che abbiam sentito tutti l'odore del sottobosco, del muschio, dei legni aromatici, della frutta rossa ancora integra, il tamarindo, la pesca, la cera, la rosa canina, la castagna e poi, e poi, e poi. 
In bocca è un monumento al nebbiolo, dovremmo fargi un piedistallo e metterlo in piazza assieme al busto di Cavour. E' setoso, vitale, ha di tutto di più per essere condirato un inno al Barolo!

Foto: Andrea Federici
Barolo Borgogno Riserva 1978: l'annata un filo troppo calda fa intravedere il lato maturo di questo Barolo che vanta un profilo abbondante ma per nulla decadente. Al naso esce il lato esotico del nebbiolo, si odono sensazioni di pesca, miele di castagno, frutta rossa dolce, felce, pepe. In bocca è "piacione", ha tratti di pasticceria ma la struttura è bella ferma e solida e vanta un tannino ancora vibrante. Grandissima bevibilità. Da bere ora che è al suo picco di maturità.

Barolo Borgogno Riserva 1967: l'annata calda ma sostanzialmente equilibrata regala un bicchiere dove iniziamo ad intravedere il lato terziario del grande nebbiolo. E' un Barolo più scuro degli altri, senz'altro minerale, ferroso, ematico, la frutta non è più fresca ma in gelatina, ribes e prugna in evidenza. Col tempo il ventaglio aromatico si amplia ulteriormente regalando profumi di incenso e mirra, cenere, spezie orientali, tè nero.  Al palato è ancora vivacissimo con un tannino serrato anche se meno muscolare del '78. Dotato di  una buona dotazione acida chiude lungo su note di tè Lapsang Souchong e arancia amara.

Foto: Andrea Federici
Barolo Borgogno Riserva 1961: l'età viene avvertita solo parzialmente perchè questo Barolo di cinquanta anni suonati non mostra nulla di clamorosamente terziario. Mettendo il naso nel bicchiere subito veniamo pervasi da una nota di menta bianca poi, col tempo, arriva il muschio, la violetta essiccata, la corteccia aromatica, la gelatina di frutta, la mandorla amara, il dattero, la lavanda e, infine, tocchi di cipria ed essenze da trucco. Al palato ci sorprendiamo per la tattilità del tannino, per l'abbraccio glicerico e per la persistenza mentosa con finale di arancia amara e frutta rossa da diario. Una grande bottiglia per una grande emozione finale.

FUTURO

Fonte: arcante.wordpress.com
Questo è Andrea Farinetti, figlio di Oscar, appena 22 anni. Da poco è diventato l'enologo di Borgogno, la sua azienda di famiglia. A lui il compito di preservare la tradizione.


L'equazione sul vino di Jonathan Nossiter vi piace?


VINO CONVENZIONALE = TOSSICO

VINO BIOLOGICO = SPESSO SNATURATO

VINO NATURALE = RIGOROSO, SALUBRE E TERRITORIALE ANCHE SE IMPERFETTO

Mentre non sono d'accordo con lui nel ritenere tutto il vino convenzionale Tossico, parola che in italiano implica cose un pò troppo spiacevoli, sulla relazione tra vino biologico e naturale forse potrei dargli in parte ragiona perchè, purtroppo, le maglie dell'agricoltura biologica sono talmente larghe ed aggirabili che, alla fine, il vino BIO è più un prodotto legato al marketing che altro. 

Ecco esattamente ciò che scrive su Vanity Fair (perchè sempre sti giornali?): 

Attualmente in Italia esistono tre associazioni di vini naturali: viniveri.net, vinnatur.org e renaissance-italia.it. Naturali, non semplicemente biologici. È un concetto più forte, che implica un rispetto assoluto della terra, della vigna e del percorso in cantina della trasformazione dell’uva in vino, dove spesso i vini “solo” biologici sono snaturati con la chimica e un eccesso di tecnologia. I vini naturali sono più rigorosi e salubri, esprimendo con purezza il proprio territorio. Alcuni dicono che sono vini “sporchi”, non perfetti. Ed è pur vero che non rassomigliano a una bella donna ritoccata in photoshop. È proprio l’imperfezione che dà nobiltà al vino.

Siete d'accordo?

Fonte: Vanity Fair

Champagne e Rolls-Royce: binomio coatto?


Come trasmormare un'auto di lusso in una macchina per enocoatti. Questa Champagne & DJ Rolls-Royce non è altro che una Silver Shadow del 1977 modificata per ospitare 21 bottiglie di Champagne, 100 flutes ed uno stereo da oltre 1000 watt con casse acustiche piazzate sia sulla fiancata che al posto dei fari antinebbia. Il progetto è del designer Stef van der Bijl.




Se proprio deve valere il binomio bollicina-Rolls-Royce allora mi piace di più questo esemplare. Ricordate?

Foto tratte da Repubblica.it

Il vino naturale a Cerea 2012


La prima impressione dopo aver lasciato Cerea è che la manifestazione, organizzata dal Consorzio Vini Veri, rappresenta un bel punto di riferimento per ogni evento di vino visto che spazi, atmosfera e professionalità sono esattamente quelli che ogni buon appassionato sogna e si meriterebbe.

Già all'entrata il visitatore viene colpito dalla selezionata proposta di piccoli produttori di delizie gastronomiche. Io sono impazzito, ma non ero il solo, per i formaggi di Valle Scannese e per i tajarin di Mauro Musso.

La grande sala
Parlando di vini, tra i bianchi merita attenziona la vitovska di due produttori che non conoscevo: Zidarich e Vodopivec. Il primo ha presentato una interessante Vitovska 2006, minerale e sapida al punto giusto mentre il secondo mi ha impressionato per una Vitovska 2005 "base" (ha anche una versione in anfora) che con la sua complessità segna a mio giudizio un punto di riferimento per tale vitigno.
In Italia, Lorenzo Gatti ha proposto un'interessante tocai, campione di vasca, fresco, sapido e dal caratteristico finale ammandorlato. Bevibilità super come il prezzo finale.
 
Carolina Gatti
Tornando ai vini più "esotici", in Croazia Roxanich produce ottimi vini bianchi e rossi. Tra i primi segnalo l'Antica 2008, una malvasia (malvazija) in purezza che sa di ruggine, terra e soffi salmastri. Davvero curiosa e unica nel suo genere.

Grande protagonista della fiera è stato Bressan che, oltre ai grandi bianchi, ha presentato due rossi da paura: lo Schioppettino 2006, dal frutto suadente e dalla grande speziatura, e il Pignol 2000 (pignolo 100%) che, nonostante una certa ritrosia, esprime col tempo profondità e complessità, una rarità per questo vitigno spesso mal interpretato.

La panza de Bressan
Altra grande conferma, ma non ce ne era bisogno, è stato Roberto Bianchi e la sua Val delle Corti. La sua Riserva 2009 è da segnare come "grande vino" perchè è un sangiovese elegantemente minerale che fa della progressione gustativa il suo punto di forza. Grande anche la Riserva 2007, un vino dal cuore sangiovese che potrebbe diventare un riferimento per i Chianti Classico di pari annata.

Roberto Bianchi
Di A' Vita ho finalmente bevuto la Riserva 2008: la bella annata si conferma anche con questa versione di gaglioppo in purezza, meglio ricordarlo, che trovo rugginosa e graffiante. Da seguire nell'evoluzione.

Nel Lazio, oltre alla bella versione di "Priore Mozzatta" 2010 de La Visciola, segnalo una nuova entrata: l'Habemus dell'Agricola San Giovenale, un blend di granache, syrah e carignan che strizza più di un occhio alla filosofia del Kurni di Casolanetti visto che il vino glielo fa proprio lui. Pur essendo molto giovane a me è piaciuto parecchio, vedremo di seguirlo meglio nel tempo.


Parlando di Casolanetti e di Marche, la versione 2010 del Kurni l'ho trovata davvero grande e profonda, forse non sarà un vino che mette tutti d'accordo però è impossibile dire che questo millesimo non sia di grande piacevolezza. Stessa cosa per il Kupra 2009, sempre più mediterraneo.

Casolanetti in posa
Questi piccoli appunti di degustazione proseguono con i due grandi Barolo 2008 di Giuseppe Rinaldi, il "Ravera" e il "Cannubi" che, con diverse sfaccettature, rappresentano come al solito un inno al grande nebbiolo di Langa. Peccato che un altro grande barolista, Cappellano, quando sono passato era assente dal tavolo con sopra solo una bottiglia mezza vuota di Barolo  Chinato.

No, aspetto a chiudere perchè bisogna menzionare anche due ottimi vini dolci: il Passito di Pantelleria Ferrandes e la Malvasia delle Lantieri Passito di Punta dell'Ufala. Se il grande pubblico si accorgesse di loro per molte aziende blasonate sarebbero dolori...

P.s: peccato per Panevino, Colombu che quando son passato erano totalmente assenti dal banco, forse non sono venuti?

Vinitaly 2012: il vino del Lazio andrebbe trattato meglio


MODALITA' INCAZZAMENTO ON

Lo dico senza vergogna ma con tanta amarezza in corpo: dopo aver visitato il Vinitaly posso urlare a tutto il mondo che il padiglione del Lazio è il più brutto in assoluto!!!
Eppure le premesse sembravano ottime: banner sui vari siti/blog enogastronomici, un padiglione di 2400mq, un programma fitto con 50 incontri con 20 buyers internazionali provenienti da 15 paesi europei ed extraeuropei, tante parolone sulla qualità del vino del Lazio, tante speranze per il futuro.


La realtà, invece, è stata ben diversa. E' vero, il padiglione è grande e  ben visibile dall'esterno ma, nei fatti, internamente risulta povero, anonimo, privo di stand accoglienti ma "ricco" di box o recinti stile ikea con la targhetta sopra e, udite udite, equipaggiati con tanto di bicchieri ISO 9000. Questo nella foto!!!


Mi rivolgo a chi ha organizzato tutto questo, cioè all’assessorato regionale alle Politiche Agricole, alla presidente della Regione Renata Polverini e all’assessore regionale all’Agricoltura Angela Birindelli: cari organizzatori, forse non lo sapete perchè siete politici e fate un altro lavoro, ma un bicchierino del genere svilisce TUTTO il vino del Lazio che, tra le varie cose, non gode nemmeno di ottima salute e reputazione.

Non sapete, cari organizzatori, che tristezza mi è venuta quando ho visto i vostri e i nostri produttori che, disperati, arrabbiati, con la paura di fare figuracce con i tanto sbandierati buyer esteri, andavano in giro per la fiera ad elemosinare o, peggio, ad acquistare sottobanco i normali calici da degustazione. Cari organizzatori, in un mercato globale e concorrenziale come questo avete messo i vignaioli del Lazio in una situazione di Serie B mentre tutti gli altri espositori, potenziali concorrenti, si giocano tranquillamente l'accesso alla Champions League. 

Se ripenso alle Marche, ad esempio, vedo il faccione di Dustin Hoffman come testimonial ed una grande e splendida terrazza dove, coccolati da una bravissima pianista, si potevano degustare non stop più di 200 vini.


Nel Lazio, senza offesa, abbiamo Alex Britti e Vincent Candela (ex giocatore della Roma e ora presunto vignaiolo) come ospiti d'onore.
Vogliamo poi parlare delle degustazioni organizzate? Mentre in Campania si parla di confronto tra i vari terroir del Fiano, dalle nostre parti organizziamo "Il Bordeaux nel Lazio". Senza parole.


MODALITA' INCAZZAMENTO OFF

P.S: mentre scrivo leggo su Il Messaggero e su altri giornali che l'assessore Birindelli risulta sfiduciata da più parti politiche perchè le modalità di affidamento all'Ente Fiera di Verona delle attività di allestimento e organizzazione del padiglione della Regione Lazio al Vinitaly risultano poco chiare.
Secondo Giuseppe Parroncini, consigliere regionale PD, una scelta molto discutibile perchè fatta senza gara e per un importo vicino ai due milioni di euro.

Doppia figura di merda.


Cocktail col vino: ora ci si mette anche il Recioto...


Tempo di crisi e di cantine piene di vino, così anche uno storico marchio come la Masi Agricola ha deciso di ingegnarsi per far quadrare i conti. Come? Secondo il mio parere svilendo il Recioto Classico, storico vino della Valpolicella, per andare a creare quello che sarà chiamato Reciojito, una sorta di bevanda alcolica a base di Mojito e, appunto, Recio Classico Amabile degli Angeli.
L'idea dell'azienda, che non condivido, è quella di prestare il Recioto Classico all’happy hour lanciando un vino storico oltre i confini del fine pasto, solitamente invernale, o dell’abbinamento al dessert, entro cui l’abitudine l’ha collocato.
Il Reciojito potrà essere degustato al Vinitaly, dal 25 al 28 marzo 2012. 


 La mia domanda è: perchè? E, soprattutto, quando si arriverà al Barolito?

La ricetta del Reciojito

8-10 foglie menta
3 cl succo fresco lime non filtrato
3 cl simple syroup (zucchero liquido)
3 cl Rum Bianco (Brugal) 3 cl Amabile degli Angeli Recioto Classico Masi
Top soda
Spolverata di un cucchiaio di zucchero canna bianco
Decorare con un rametto di menta e una fetta di lime, servire in un bicchiere “tumbler". 
Fonte: Winenews

Nel Lazio il marketing del vino si insegna gratis agli imprenditori agricoli


Sono aperte le iscrizioni per il corso di formazione gratuito in marketing del vino ed enoturismo che si terrà presso la Cantina Cincinnato di Cori (LT) a partire dal mese di maggio. Il corso, finanziato dal Piano di Sviluppo Rurale del Lazio 2007-2013 avrà la durata di 135 ore e includerà insegnamenti riguardanti in particolare il marketing del vino, dalle scelte relative al prodotto fino alla comunicazione, l’enoturismo, la degustazione del vino, la commercializzazione del vino con attenzione anche all’export, la contrattualistica internazionale e le attività istituzionali internazionali, la sicurezza sul lavoro. Non mancheranno insegnamenti di informatica e di inglese commerciale/tecnico.

L’obiettivo è quello di fornire agli allievi tutti gli strumenti necessari per la promozione della propria attività vitivinicola e di ricezione enoturistica con attenzione anche all’utilizzo di internet e dei social network nella comunicazione aziendale e all’export. Le lezioni si terranno due volte a settimana e avranno la durata di 4 ore. Il corso è riservato a candidati in possesso dei seguenti requisiti: giovani agricoltori che abbiano conseguito la qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale (IAP), addetti al settore agricolo con richiesta di iscrizione all’elenco di IAP, imprenditori agricoli professionali beneficiari della misura 311 del PSR, Addetti al settore agricolo e forestale  operanti in aziende agrituristiche, i componenti della famiglia degli addetti al settore agricolo e forestale, addetti al settore agricolo e forestale.

La domanda di ammissione al corso, redatta in carta semplice e con allegata la documentazione relativa al possesso dei requisiti richiesti, deve pervenire entro il termine improrogabile del giorno 30/03/2012 ore 17:00 presso la sede CIPA.AT LAZIO in Via Edoardo D’Onofrio, 57 00155 Roma tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o in alternativa consegnate a mano. In questo ultimo caso il soggetto attuatore rilascerà, agli interessati, ricevuta recante la data di consegna. 

Per informazioni
CIPA.AT Lazio, Via Edoardo D’Onofrio 57, 00155 Roma  tel:  06/89020639 
fax. 06/4070750 email: info@cipaatlazio.it sito: www.cipaatlazio.it

Cooperativa Agricola Cincinnato a r.l.
Via Cori - Cisterna km. 2
04010 Cori (LT)

La Brasserie Cantillon tra naturalità, tradizione e rispetto del tempo - 2^ parte


 Per chi si fosse perso la prima parte cliccare qua

Nel magazzino delle botti, che hanno una capacità tra i 225 e i 500 litri, il mastro birraio riempie questi contenitori con il mosto raffreddato che, ad opera dei lieviti selvaggi, inizia la fermentazione spontanea. Inizialmente il processo di fermentazione è violento e visibile grazie ad una schiuma bianca che esce dal barile. In tali casi la perdita di mosto, mediamente, può variare tra i 5 e i 10 litri a botte.

Dopo tre-quattro settimane comincerà la seconda fase di fermentazione, molto più lenta e, scongiurato il pericolo esplosione del barile, questo verrà ora chiuso ermeticamente. Il Lambic è nato. La fermentazione, di una rara complessità, continuerà per almeno tre anni anche se il mastro birrario potrà usare il Lambic “giovane” (un anno) per elaborare birre come la Gueuze e la Kriek.

La bottaia. Fonte:homepage.mac.com
La prima non è altro che il prodotto finale di una miscela di Lambic di un anno, due anni e tre anni. I Lambic più giovani apporteranno gli zuccheri necessari alla “champagnisation” in bottiglia, mentre invece quelli di tre anni contribuiranno con il loro bouquet e la loro finezza. Il ruolo più importante del mastro birrario è quello gustativo: bisognerà infatti assaggiare il contenuto di una decina di botti al fine di sceglierne setto o otto in maniera da produrre una Gueuze di stile Cantillon.

La Kriek, invece, è una birra prodotta a partire da Lambic di due anni macerate con frutta a bacca rossa (lamponi, ciliegia o altri frutti). La macerazione, che avviene in estate, dura almeno tre mesi al fine di permettere alla birra di estrarre dal frutto tutto il suo gusto, aroma, colore e tenore zuccherino. Sarà quindi mescolata con un terzo di Lambic giovane

Tutte le birre prodotte sono poi filtrate per togliere i lieviti morti ed infine travasate in vasche d’acciaio per poi essere trasferite alla sala imbottigliamento dove la birra tappata con sughero naturale ed incapsulata. Da qui, le bottiglie passano finalmente in cantina dove avverrà il processo di rifermentazione in bottiglia, della durata di sei mesi circa, dovuto agli zuccheri presenti all’interno dei Lambic più giovani. Questo processo, simile agli spumanti e agli Champagne, avviene sia per la Gueuze sia per le birre aromatizzate alla frutta (kriek, framboise e vigneronne).

Botte in fermentazione. Fonte:mcduffwine.blogspot.com
La cantina di Cantillon può contenere fino a 13.500 bottiglie. All’interno del birrificio, inoltre, possiamo trovare altre due sale importanti. 
La prima è il Granaio che, adeguatamente aerato, permette di immagazzinare il frumento, il malto e il luppolo che, nella produzione di Lambic, per evitare che dia troppa amarezza alla birra viene invecchiato per circa tre anni.

Il Granaio. Fonte:howderfamily.com
L’altra sala è il locale di pulitura barili, un posto a prima vista tetro e ammuffito dal tempo, all’interno del quale le botti Cantillon vengono lavate in tre fasi: pulitura a mano, pulitura a vapore per eliminare ogni microrganismo presente nel legno e pulitura meccanica. In questa fase il barile, precedentemente riempito con acqua calda e catene dagli orli taglienti, viene installato all’interno di una macchina che gli imprimerà una rotazione che farà raschiare le catene alle pareti interne mentre, in contemporanea, l’acqua risciacquerà le stesse. Una volta terminata l’operazione, le botti verranno solforate affinchè nessuna muffa venga a formarsi.

Dopo tutto questo pistolotto birrar-educativo, avete voglia di bere una Cantillon? Sì? Bene, allora scegliete da questa lista la vostra tipologia preferita!

Gueuze: miscela di Lambic di uno, due e tre anni di invecchiamento. Sottoposta a rifermentazione in bottiglia. Birra di lunga conservazione.


Kriek: risultato della macerazione di ciliegie di Shaerbeek (varietà del Nord) dentro a del Lambic di due anni di invecchiamento (150 Kg per 500 litri) per 5-6 mesi. Messa in bottiglia con l’aggiunta di un 30% di Lambic giovane. Sottoposta a rifermentazione in bottiglia.


Rosé de Gambrinus: come la Kriek, ma al posto delle ciliegie sono usati i lamponi.

Vigneronne: assemblaggio di Lambic e chicchi di uva merlot (Bordeaux).

Fou’foune: assemblaggio di Lambic con albicocche della varietà “Bergeron”.

Grand Cru Bruocsella: Lambic di tre anni, selezionato per la qualità del colore, dei suoi aromi e del suo bouquet. Tutti gli zuccheri contenuti sono stati assimilati dai lieviti per cui non c’è rifermentazione in bottiglia.

Iris: prodotta partendo da malto della varietà pale-ale (colore più ambrato), l’Iris conserva il tocco tipico della fermentazione naturale, la complessità degli aromi e il gusto vinoso. L’uso di luppolo fresco comporta un tenore amaro molto fine.

Faro: Lambic al quale è stato aggiunto del caramello o dello zucchero candito. Questa birra addolcita non può essere conservata per più di 4 settimane. L’apporto dello zucchero provoca una fermentazione tale che la bottiglia potrebbe esplodere per colpa della pressione dell’anidride carbonica.

Le cuvées Lou Pépés: il Lambic tradizionale è una birra la cui fermentazione spontanea non può essere controllata dal birraio. Da una cotta all’altra una moltitudine di fattori influenzano il gusto o gli aromi del prodotto. Le miscele e gli assemblaggi sono quindi indispensabili per l’elaborazione di una birra dal gusto armonico. Le cuvées Lou Pépés si sottraggono da questi principi di fabbricazione. I Lambic vengono selezionati per la loro finezza e gli aromi. Con l’aggiunta di ciliegie e lamponi danno vita a una birra ben equilibrata e con grande presenza di frutta. Questi Lambic fruttati, così come quelli selezionati per la Gueuze Lou Pépés, sono rifermentati in bottiglia grazie all’aggiunta di un po’ di zucchero di canna. La spumantizzazione non è dunque, in questo caso, ottenuta grazia all’addizione di Lambic giovane. Le cuvées Lou Pépés Kriek e Framboise contengono fino a due volte più di frutta per litro di birra. I Lambic usati per la produzione di queste birre eccezionali provengono da un’unica cotta il che permette di millesimare ogni bottiglia.


Due note per chi ha intenzione di arrivare fino a Bruxelles per visitare Cantillon: la birreria è aperta tutti i giorni tranne la domenica dalle 9 fino alle 17. Il tour, dal costo di 6 euro, include una degustazione di due Lambic a persona che potrete gustare presso il beer-bar presente all’entrata. Ah, il costo delle birre qua è davvero irrisorio. Una Gueuze da 0.75 costa circa quattro euro.

Vi lascio con un cartello che ho trovato nella bottaia, penso che questo dica tutto, soprattuto per noi che amiamo anche il vino...

Fonte:ilviandantebevitore.blogspot.com

Quando lo Champagne ha il sapore della pipì..

 
Questa donna ha un problema

No, non è perchè ha dichiarato che beve regolarmente 4 bicchieri di pipì al giorno.

No, non è perchè beve pipì per lavarsi i denti, fare il bagno, umidificare gli occhi e le vie nasali e come tonico anti cancro.

No, non è perchè da quando ha iniziato, circa 4 anni fa, ha bevuto più di 3000 litri di pipì che, tra le varie cose, trova molto confortante.


Carrie, la donna canadese 53enne che ha confessato il suo vizietto alla trasmissione “My Strange Addiction" va aiutata perchè ha dichiarato che "il suo sapore, a volte salato, può anche assomigliare a quello dello champagne".

Le cose sono due: o questa tizia ha sempre bevuto ciofeche (cosa probabile) oppure, se fosse una professionista del metodo classico,dovremmo tutti rivedere il concetto di sapidità del vino. 

Ai poster l'ardua sentenza! :-)

La Brasserie Cantillon tra naturalità, tradizione e rispetto del tempo - 1^ parte


Avevo già visitato il birrificio Cantillon qualche anno fa e tornarci dopo qualche anno mi ha fatto uno strano effetto perché, a guardarsi intorno, quelle antiche mura datate 1900 sembrano una presenza aliena, di resistenza e tradizione, all’interno di un quartiere che ormai è diventato il simbolo di una globalizzazione selvaggia con tutti quei negozi e magazzini di paccottiglie provenienti da ogni parte del mondo, Cina in testa.
In questo contesto di degrado urbano, aprire quella mitica porta di legno sembra trasportarmi in un altro mondo, nella Bruxelles che fu, quella che agli inizi del secolo scorso ospitava circa cento aziende brassicole, una vera capitale mondiale della Birra di qualità.

L'ingresso. Fonte:placesonline.fr
Il motivo per cui ho fatto tanti chilometri per arrivare fino qua si chiama Lambic e, a mio modesto parere, Cantillon rappresenta un punto di riferimento per chi ama questa birra a fermentazione spontanea. Per capire come si arriva a certi capolavori, il birrificio è completamente aperto al pubblico e, girando tra sale e strumenti del XIX secolo, pian piano si riesce a percepire come questi spazi, apparentemente demodè, abbiano qualcosa di magico ed unico.

La prima sala che visitiamo è quella dove vengono mescolate le materie prime cioè frumento (35%), malto d’orzo (65%) e luppolo. In questa sala si può ammirare la cuve-matière all’interno della quale sono mescolati frumento e malto, precedentemente macinati al piano superiore, con l’acqua calda. Questa mescola verrà scaldata per un paio d’ore, passando dalla temperatura di 45° a quella di 72°, per raggiungere il primo punto di saccarificazione (trasformazione degli amidi in zuccheri fermentabili e destrine). Finita questa prima fase, si lasciano decantare le sostanze fermando il miscelatore dell’acqua calda. Il liquido ottenuto si chiama mosto e questo viene raccolto nel bac reverdoir (cisterna installata ai piedi della cuve-matière) e quindi pompato nelle vasche di cottura al piano superiore.

Particolare sala uno
La sala due al piano superiore è quella dove sono contenute le vasche di ebollizione e della macina. Le prime sono di rame rosso e contengono sia delle eliche per mescolare il luppolo al mosto, sia delle serpentine all’interno delle quali circola il vapore. Il mosto, circa 10000 litri,è pompato all’interno delle due vasche e verrà bollito per circa 3-4 ore per provocare la sterilizzazione del liquido e un’evaporazione d’acqua di circa 2500 litri. La riduzione del volume del mosto provoca, allo stesso tempo, la concentrazione degli zuccheri. Successivamente, durante la fermentazione, questi saranno trasformati grazie ai lieviti in alcool (di media 5% a Cantillon) e anidride carbonica. 

Il luppolo invecchiato (3 anni di età) è aggiunto al mosto prima dell’inizio dell’ebollizione. Cantillon usa 22 Kg di luppolo per 10000 litri di liquido. I restanti 7500 litri di mosto, dopo l’ebollizione, saranno pompati verso la vasca di raffreddamento (sala 4) dopo essere passati attraverso una vasca intermedia in cui viene filtrato il luppolo (sala 1 al piano inferiore).

Vasche di ebollizione. Fonte:members.virtualtourist.com
La vasca di raffreddamento, in rame rosso, è un luogo importante per la storia della fermentazione. Essa è un capolavoro di tecnica metallurgica perché tutti i pezzi sono fissati con delle viti senza alcuna saldatura e la sua forma è funzionale a favorire il raffreddamento e il contatto con l’aria. Il particolare, il mosto deve raggiungere una temperatura compresa tra i 18° e i 20°, operazione che abitualmente avviene in maniera naturale durante la notte nelle stagioni fredde (ottobre-aprile) che, per questo, diventano anche le stagioni di produzione. 

Tenendo conto dei cambiamenti climatici, che interferiscono sulla curva di raffreddamento del mosto, si regolerà l’apertura e la chiusura delle persiane, ai lati della vasca, al fine di poter sollecitare o meno la ventilazione.
La stagione fredda è inoltre preferibile per la produzione di birra perché, in questo periodo, sono presenti nell’aria una moltitudine di lieviti selvatici e specifici della birreria che feconderanno il mosto quando questo arriverà ad una temperatura di 40°. Questa sala, considerata dal mastro birraio come un vero e proprio santuario, ospita una presenza di microrganismi eccezionale.

I ricercatori dell’Università di Louvain che hanno studiato la chimica organica della fermentazione del Lambic, hanno identificato 100 ceppi differenti di lieviti, 27 ceppi di batteri acetici e 39 ceppi di batteri lattici in u n solo tipo di Lambic. Saranno questi microrganismi i responsabili della fermentazione spontanea che avverrà nelle botti di quercia o castagno. La leggenda narra che questo processo di fabbricazione è possibile solo nella regione di Bruxelles e, più precisamente, lungo la valle attraversata dalla Senne.

La vasca di raffreddamento. Fonte: allavostra.blogspot.com
Prima di passare in botte, il mosto raffreddato viene colato all’interno della cuve-guilloire dove avviene l’ultima verifica della temperatura e dei gradi Plato (volume dell’estratto zuccherino che sarà successivamente trasformato dai fermenti in alcool).

Segue.........


Tesoro, mi passi il cavatappi?


Rob Higgs, 36 anni, ha creato questo cavatappi formato da 300 singoli pezzi di metallo recuperati dalle discariche. Il marchingegno pesa mezza tonnellata. Se lo volete dovete spendere circa 100mila sterline.





Fonte: TGCOM

La storia di Montevertine ha lo sguardo del Pergole Torte e il volto di Martino Manetti


La storia della famiglia Manetti e di Montevertine la puoi ascoltare durante una cena nella parole appassionate di Martino oppure la può facilmente dedurre ascoltando il messaggio emozionale che ti portano le vecchie e le nuove annate dei suoi vini che oggi, senza alcun dubbio, rappresentano l'avverarsi di un sogno di una famiglia e la scommessa vincente di un vitigno per qualcuno non grandissimo: il sangiovese (ok c'è anche del canaiolo....). 

Il Sodaccio di Montevertine 1987: un'annata piccola piccola, per qualcuno, regala un vino bono bono con un naso frizzante dove trovi la complessità della frutta rossa disidratata, arancia amara su tutte, i fiori da diario e una mineralità ancora galoppante. La bocca mi è piaciuta davvero tanto, il vino è vivissimo, fresco, sprizza acidità da ogni atomo con un'ampiezza e una persistenza inaspettate. 


Cannaio 1995: prodotto con uve selezionate di sangiovese e canaiolo, appena versato nel bicchiere sembra di odorare l'entrata di una miniera o di una fonderia tanta era la ruggine, il ferro e la nota di goudron che sprigionava. Poi, con l'ossigenazione, ecco far capolino le sensazioni di fiori secchi e la caramella mou. Bocca meno espressiva del precedente vino, forse un filino più corta e ampia ma, nonostante tutto, di grande eleganza ed austerità. 

Montevertine Riserva 1996: come alla Scala, dopo un concerto, dopo aver bevuto questo vino ci si alza in piedi e si applaude Sergio Manetti per qualche ora. E' un vino buonissimo, finissimo, borgognone (spero di non urtare la sensibilità di qualcuno) che ha caratteri di gioventù ed eleganza veramente rari da trovare in un vino di quindici anni. 


Pergole Torte 2001: non sarà a livello della mitica Riserva '90 ma bere questo sangiovese in purezza, ad oggi, è un'esperienza commovente e per certi versi didattica perchè capisci, facendo un paragone calcistico, la differenza tra Cristiano Ronaldo e Messi: il primo è un grande calciatore mentre il secondo è un fuoriclasse. Ecco, il Pergole 2001 ha quei numeri in più che ti fanno capire che questo vino, rispetto ad altri, ha una marcia in più. E' tutto di più e non servono tecniche speciali di degustazioni per capirlo. 

Martino Manetti durante la serata
Pian del Ciampolo 2002: come può un un vino base in una annata considerata sfigata diventare un gioiellino di bevibilità e piacevolezza? Le cose sono due: o chiedete un consulto ad Harry Potter oppure, meglio, chiamate Martino Manetti. amo sempre di puù questo vino! 

Montevertine 2009: L'annata, che promette veramente bene a Radda in Chianti, dà vita ad un vino che, nonostante sia stato appena imbottigliato, è già godibilissimo. Nette sono le sensazioni di ciliegia, fruttini di bosco e fiori rossi che ben si amalgamano alla vena minerale del vino. Bocca freschissima dotata di tannini setosi e ritorni di frutta rossa croccante e viola. Buono davvero. 

Pergole Torte 2009: se tanto mi dà tanto, soprattutto paragonandolo alle recenti annate 2007 e 2008, questo Pergole ha davvero tanta roba, oggi ancora inespressa ed inesplorata, che potrebbe portarlo col tempo a vette che ad oggi possiamo a malapena immaginare. Da comprare e tenere in cantina perchè è davvero giovane. A Martino brillano gli occhi a parlarne per cui....

Le nuove professioni del vino: diciamo no al wine blogger & seller


Interessante identikit tracciato da Winenews che fornisce una serie di spunti per affrontare il mercato del vino con nuove figure professionali.

E’ la ricerca di un contatto sempre più personale con gli eno-appassionati a spingere il mondo del vino a rivedere le sue vecchie figure professionali e a crearne sempre delle nuove, perché se da un lato sono gli stessi amanti del buon bere a chiederlo, dall’altro le cantine sono sempre più consapevoli che questa sia la via più giusta per raggiungere più consumatori possibili, in modo più diretto e veloce. 

E’ il caso del wine hunter, la nuova figura professionale a cui, con la vendita diretta che non solo si conferma canale privilegiato di acquisto, ma sempre più interessa anche i vini di alta gamma, per accorciare i tempi e rendere più semplici gli affari, si rivolgono cantine ma anche enoteche, alla ricerca di una clientela sempre più precisa ed esclusiva, semplici appassionati ma anche collezionisti - di cui il wine hunter conosce gusti e preferenze personali in fatto di vini - con cui stringere contatti. Una persona di fiducia, esperta di vino a tutto campo ed appassionata, in grado di consigliare etichette, ma anche di raccontare quel valore aggiunto che c’è dietro alla bottiglia, fatto di storie e aneddoti che da sempre affascinano i wine lovers.

Fonte: robertoventurini.blogspot.com
Una tendenza che si fa strada anche fra chi di vino si occupa quotidianamente e in contatto diretto con gli appassionati: il wine blogger & seller, che, abbandonati i ritmi frenetici con cui racconta di vino e vignerons su internet, lascia il mondo virtuale e si mette a vendere direttamente etichette di persona grazie anche ai contatti nati proprio sul web.
Web di cui sempre di più il mondo del vino comprende l’importanza, come strumento fondamentale per essere sempre in contatto con i suoi appassionati: tanto che, tra le nuove eno-professioni, c’è anche il social wine writer, che piace soprattutto ai più giovani, una persona formata all’interno della cantina - ma anche i consorzi delle principali denominazioni italiane ne hanno uno nel proprio staff - di cui conosce non solo tutti i vini, ma anche la storia, le pratiche in vigna e le diverse fasi della produzione, gli eventi a cui partecipa e quelli che organizza, che comunica puntualmente ai wine lovers attraverso i website, ma anche e soprattutto sui principali social network, da Facebook a Twitter, rispondendo a domande e soddisfando curiosità. E poiché non c’è evento al quale il vino, per sua stessa natura, conviviale e di condivisione, non si possa abbinare, il wine promoter è colui che consiglia alle cantine le occasioni per essere protagoniste con le proprie etichette, sposando la cucina nel caso di kermesse gastronomiche, ma anche quando si tratta di eventi culturali, dove il vino può incontrare l’arte, la musica o la letteratura, ma anche la solidarietà, in iniziative di charity, per raccogliere fondi o essere testimonial di cause importanti.

Ma, tra etilometro che incombe e inasprimento di sanzioni per chi guida oltre i limiti di alcol consentiti, come fare per assaggiare vini in tranquillità? Ci pensa il wine driver, l’autista personale che accompagna e riporta direttamente a casa passeggeri, anche con la macchina di proprietà, che sempre più cantine e locali offrono come servizio aggiuntivo per i propri ospiti, ma che, ormai, gli appassionati hanno a disposizione anche in occasione degli eventi. 

Piccolo appunto finale: non mi piace assolutamente la figura del wine blogger venditore perchè chi scrive non può avere rapporti commerciali con nessuno, altrimenti addio indipendenza e addio strappo con quanto faceva qualche giornalista nel passato....