Radovic – Vitovska “Marmor” 2018
Il mio Rossese di Dolceacqua: focus sull'annata 2019
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Conglomerati di Monte Villa, ovvero ciottoli arrotondati più o meno cementati
di matrice sabbio-marnosa;
Forlini Cappellini – Cinqueterre Doc 2018
In Val D'orcia alla scoperta dei vini dell'azienda La Canonica!
di Lorenzo Colombo
Conosciamo Donella Vannetti, proprietaria con la sorella Serenella dell’Azienda Agrituristica La Canonica, situata a San Giovanni d’Asso, in località La Canonica, da almeno una dozzina d’anni. L’avevamo conosciuta in occasione di Divin Orcia, nel 2007 - se ben ricordiamo- quando era la presidente del Consorzio del Vino Orcia. Abbiamo partecipato in tre o quattro occasioni a questo evento, gentilmente invitati dall’allora PR del Consorzio, Valentina Niccolai e nel 2010, in occasione del decimo anniversario della fondazione del Consorzio, avevamo anche condotto una lezione/degustazione dal titolo “L’anima forte del Sangiovese Orcia”. Di seguito i resoconti delle nostre precedenti visite in zona:
https://www.ioeilvino.it/divin-orcia-2009/
https://www.ioeilvino.it/divin-orcia/
La Lupinella - Trebbiano Toscano IGT 2018
Al Nuovo Arrosto Girato, a Pontassieve, c'è la rosticceria che tutti vorrebbero sotto casa!
di Stefano Tesi
Sarà anche una questione anagrafica, ma adoro quei posti – nel senso di bar, trattorie, ristoranti – rimasti come negli anni ’70 o quasi. Quei posti di periferia o di provincia che, anche quando ebbero la velleità di rimodernare la vetusta osteria fondata dal nonno, rinacquero comunque demodè, perché ispirati a stili “moderni” già un po’ al tramonto. E lo hanno mantenuto in certe tinte improbabili, in certe ceramiche da film poliziottesco, in tendaggi dilavati da miliardi di raggi solari. Naturalmente, in questi locali, l’atmosfera è una cosa e la qualità del cibo un’altra. Di solito si va per estremi, in stretta connessione con l’estetica: o la gente è così soddisfatta da non badare all’apparenza o la cucina è così mediocre che nessun abbellimento potrebbe risollevare l’umore degli avventori.
Il “Nuovo Arrosto Girato” delle Sieci, popolare frazione sulla via Aretina, lungo l’Arno tra Firenze e Pontassieve, appartiene alla prima categoria: classica rosticceria da asporto con tavoli al piano superiore (e un assai piacevole quanto fresco dehor sulla piazzetta del paese, almeno finchè le norme anticovid lo consentiranno), atmosfera assolutamente informale, clientela tutta locale o quasi, modi sbrigativi che oscillano tra una giovialità contagiosa e una scontrosità rumorosa (guai ad esempio a non rispettare gli orari o a fare richieste gastronomicamente “strane”: la risposta sarà brusca).
Le specialità, ovvio, quelle “indispensabili” di una rosticceria toscana, coi suoi alti e bassi: crostini, primi al sugo, carne alla griglia e allo spiedo, rosticciana. Ottima new entry, frutto delle “innovazioni” apportate dalla nuova gestione, i ravioli burro e salvia, una piacevole sorpresa.
Ma sono almeno due le ragioni profonde per venire qui apposta: i ricchi, saporiti, opulenti, inconfondibili spiedini che escono dal coreografico megagirarrosto piazzato proprio all’ingresso e soprattutto il pollo alla piastra, senza timore di smentite il migliore che io abbia mai mangiato. Cottura perfetta, sapidità ricca, tenero ma consistente, giustamente profumato delle spezie con cui è lardellato. Un piatto da consumare voracemente per il suo retrogusto domestico, che non tradisce le aspettative ma addirittura le arricchisce di boccone in boccone.
Non ho indagato sulla provenienza degli animali, sui segreti della preparazione o su altre amenità da critico: mi sono lasciato andare a una bella strafogata dell’irresistibile portata, riordinandola più volte e fregandomene pure del vino visto che (anche se siamo in zona Chianti Rufina), me lo sono pappato con un bianchetto senza pretese, frizzante e dissetante. Conto: primo, doppio secondo e frizzantino a 25 euro. Non so se mi spiego.
Nuovo Arrosto Girato
Via Aretina 178,
Le Sieci, Pontassieve (FI)
Tel 055/ 8309138
Pommery - Champagne Cuvée Luise Brut Nature 2004
Non sono un fanatico del dosaggio zero, ma devo ammettere che questo classicone ti travolge per la incredibile freschezza sin dal primo naso, agrumato e balsamico. Una promessa mantenuta al palato, teso e dinamico. 65 e 35 Chardonnay e Pinot Noir, bevuto su una sfrontata cucina napoletana di mare è stato perfetto
Ferragosto con Cupano e il suo Brunello di Montalcino 2007
Pranzo di Ferragosto, di quelli seri e belli, in
famiglia, lontano dalla spiaggia e immerso nella campagna cilentana ai piedi del
monte Gelbison. Il capretto locale con le patate è d'obbligo, ma con cosa
abbinarlo?
Gira e rigira tra le bottiglie, questa no, è troppo giovane, questa no perché è troppo fine, questa no perché estrema...ecco, questa magnum 2007 di Brunello di Montalcino di Cupano che giace da tempo ormai immemorabile nella vecchia cantina di casa potrebbe andare. Daje!
Ornella e Lionel - Foto: montalcino news |
La storia di Cupano nasce negli anni '70 quando Lionel, allora direttore della fotografia di film francesi, e sua moglie Ornella visitano le terre di Montalcino grazie alla presenza del loro amico pittore Yoran Cazac che li farà innamorare del territorio tanto che, nel 1996, circa venti anni più tardi, la coppia acquisterà la loro tenuta. La proprietà è di 34 ettari con un casale, all'epoca era ancora possibile fare questi acquisti, a 200 metri di altezza con sguardo sul fiume Ombrone in direzione mare. Ma non è solo la storia di Lionel e Ornella ad essere interessante: anche la filosofia di approccio alla produzione è stata pionieristica visto che i circa sette ettari di vigneto, già nel 1998, fanno riferimento alla filosofia biodinamica di François Bouchet In cantina, poi, fin dall'inizio si è fatto uso di lieviti non selezionati e delle barrique di media tostatura che mostrano immediata simpatia per il sangiovese allevato in queste specifiche condizioni pedoclimatiche su suolo argilloso e in parte ciottolato.
Foto: 67 Pall Mall |
La 2007 è ufficialmente annata a cinque stelle per
il Brunello di Montalcino. Pur non volendo dare un credito definitivo a questa
classificazione (ma a quale altra se no?) sappiamo tutti che per gli enologi è
stata una vendemmia di incorniciare, estate particolarmente calda, la più calda
dopo la 2003 e prima della 2011, che ha portato a piena maturazione le uve.
Caldi, ma anche le giuste piogge, con frutta sana in cantina quasi ovunque. Le
annate calde non sono di per se una tragedia se si impara a difendere l'uva,
anzi sono spesso un trampolino di lancio per chi ha saputo fare bene il lavoro
in vigna come dimostrano ancora oggi tanti rossi (ma anche bianchi) del 2003.
In questo caso Cupano ci è apparso un vino connotato da due elementi immediati: la grande bevibilità e la perfetta integrazione tra il frutto e il legno. Al naso ancora note di ciliegia matura, ma anche di tabacco, rimandi balsamici e spezie dolci a contorno di un naso dominato dalla percezione gradevole fruttata. Al palato è morbido, i tannini sono presenti ma perfettamente risolti e levigati dal buon uso del legno e dallo scorrere del tempo. La frutta scorre su una rinfrancante sensazione di freschezza, il vino è tonico, non ha segni di cedimento e vanta un finale piacevole, lungo, pulito.
Un difetto, se tale vogliamo considerarlo, è la presenza di un po' di residui, ma la vecchia regola di tenere la bottiglia vecchia in orizzontale dal giorno prima ha funzionato bene. Insomma, che dire, un vino di stampo tradizionale, senza colpi di scena olfattivi, ma vero, assolutamente efficace sul capretto al forno.
Domaine Béatrice et Pascal Lambert - Chinon Les Puys 2015
di Carlo Macchi
Questo grande vino zittisce chi sostiene che il cabernet franc sia un vitigno “freddo”. Biodinamico nel midollo mette d’accordo sostenitori e detrattori.
Ribes,
cassis e mora misti a liquirizia e tabacco al naso: profondo, pieno con un
tannino dolcissimo in bocca. Uno spettacolo di-vino!
Focus sul vini della Riviera di Ponente. La Liguria che non ti aspetti!
Prima però vorrei fare un salto nel passato e ricordare che il grande Luigi Veronelli amava molto i vini di queste terre come (cit.) “la Granaccia di Quiliano, il Pigato di Albenga, il Rossese di Campochiesa, il Vermentino del Savonese e di Imperia.”
Fonterenza - Pettirosso 2017
Ca’ Ferri e il fascino dei Colli Eugani declinato in tre annate di Taurilio
Vigneti - Fonte: Euganamente |
Dopo anni di produzione di due linee ben distinte, la famiglia Prandstraller ha deciso di concentrarsi sui vigneti di Torreglia; le uve sono quelle che da tempo si utilizzano in queste zone, ovvero merlot e cabernet franc, da cui nasce il Colli Euganei Rosso Taurilio, non c’è interesse a espandersi ma a raggiungere la massima qualità possibile, tutti gli sforzi sono concentrati su questo vino, ottenuto da 8000 piante per ettaro che non raggiungono il chilo d’uva ciascuna.