Non mettevo piede a
Dolceaqua e dintorni da almeno 5 anni, tanto, troppo tempo anche se non ho mai
smesso di bere Rossese. Ritornare in questi luoghi a me cari e sospesi tra
cielo e mare mi riempie di entusiasmo soprattutto perché un full immersion di
tre giorni tra vigne e cantine, coccolato dai principali vignaioli della
denominazione, mi ha permesso di capire
come questo vino sia passato in poco
tempo, grazie al rilancio del grande Armando Castagno, dall’essere un vino di
nicchia fino a diventare oggi una grande realtà del panorama enologico italiano
grazie soprattutto al grande lavoro sulle Menzione Geografiche Aggiuntive (MGA)
o nomeranze, così come si dice in Liguria, posto in essere da Alessandro Giacobbe e Filippo Rondelli, proprietario
dell’azienda Terre Bianche, col contributo indispensabile di tutti i produttori
del territorio.
Già,
loro, i vignaioli del Rossese di Dolceacqua, un gruppo coeso e determinato le
cui vigne si trovano sostanzialmente lungo due valli, la Val Nervia e la Val
Verbone (ci troviamo in provincia di Imperia) che tagliano perpendicolarmente
per 20 Km il versante di ponente della Liguria, a due passi con la Francia,
creando un asse nord\sud, che racchiude quattordici comuni, che parte dalle
Alpi Liguri fino ad arrivare al mare.
Facile pensare, e da qua la sacrosanta
esigenza delle MGA (leggasi introduzione dei Cru), che all’interno della
denominazione vi siano tanti terroir differenti (qualcuno ne ha ho contati fino
a cinque) dovuti sostanzialmente alla minore o maggiore vicinanza delle vigne
al mare, alla loro esposizione, all’influenza dei venti e, soprattutto alla
diversa matrice geologica del terreno che si divide in tre categorie:
- Flysch di Ventimiglia, chiamato localmente
“sgruttu”, che fa riferimento a marne e arenarie scistose di origine marina;
-
Conglomerati di Monte Villa, ovvero ciottoli arrotondati più o meno cementati
di matrice sabbio-marnosa;
- Argille
di Ortovero, dette anche Marne Blu, caratterizzate da depositi sabbio-argillosi
del pliocene ricche di conchiglie e depositi fossili.
Tornare tra i produttori di Rossese di Dolceacqua mi ha portato
anche a fare una valutazione dell’ultima annata in commercio, la 2019, che
posso può essere ben descritta nelle parole di Filippo Rondelli: “al momento
della vendemmia le uve erano sane, il raccolto poco abbondante e quindi la
pianta si è trovata in una situazione di equilibrio che le ha permesso di
portare a maturazione l’uva senza stress e quindi di produrre uva con ph molto
bassi, acidità elevate e ottimo stato sanitario, ingredienti che sulla carta ti
permettono di avere già un’idea su quello che saranno i vini, che in effetti
hanno un buon grado di struttura, complessità e finezza. Direi che tutti a
Dolceacqua siamo soddisfatti, soprattutto venendo da un’annata come la 2018 che
a mio modo di vedere non ha dato picchi qualitativi altissimi, conferendo ai
vini una fisionomia ‘piccola’ ed elegante, sì, ma a volte anche un po’ diafana
e magra”.
Durante la cena di fine tour, organizzata presso il Ristorante
Trattoria Terme di Pigna, regno di capra e fagioli, ho degustato i seguenti
vini:
Ka Mancine – Rossese di Dolceacqua “Galeae” 2019: la vigna da cui
proviene questo vino è uno dei due Cru di Maurizio Anfosso e dalla quale,
spesso, si ottengono vini più pronti e rotondi. Ne è la prova questo Rossese di
Dolceacqua che anche in questo millesimo non si smentisce regalando un rosso di
grande succosità che regala una esplosione olfattiva di frutta rossa e
sensazioni balsamiche. Al palato si rivela corposo e saporito, compatto e
perfettamente equilibrato; il finale è lungo, appagante, ricco di richiami
aromatici. Nota: il Beragna 2019, Cru aziendale ad esposizione nord che
notoriamente fornisce sensazioni più cupe e marine del Galeae, è ancora in fase
embrionale ed ha bisogno ancora di tempo per esprimere tutto il suo terroir di
riferimento.
Maccario-Dringenberg - Rossese di Dolceaqua 2019: proveniente da
sei appezzamenti nel Comune di San Biagio alla Cima, è l’unico Rossese di
Giovanna Maccario non proveniente da singolo Cru. Didatticamente ineccepibile
per iniziare ad approcciarsi con questo vitigno, questo vino da sempre si
caratterizza per corpo leggiadro e sinuoso a cui segue un naso avvolgente e
ricco di erbe riferibili alla macchia mediterranea come lentisco, timo, mirto a
cui associo sempre un pizzico di pepe bianco. In bocca questo Rossese accarezza
il palato con freschezza e disinvoltura e si fa ricordare grazie ad un finale
di poderosa sapidità. P.s.: Giovanna sta imbottigliando ora tutti i suoi Cru
2019, ne vedremo delle belle….
Terre Bianche – Rossese di Dolceacqua 2019: Filippo Rondelli è il
“secchione” tra tutti i produttori di Rossese e la sua eleganza quasi british
l’ho sempre ritrovata nei suoi vini. Ne è una prova, l’ennesima, questo Rossese
2019 che ha un imprinting olfattivo di grande classe: fragoline, violetta,
agrumi, selce, interludi di erbe aromatiche essiccate. Al sorso incanta per
l’intensità sapida e la freschezza tattile. Non è un mostro di complessità come
il suo fratellone maggiore Bricco Arcagna ma si lascia bere che è una
meraviglia. Da provare, come ho fatto anche io, sul coniglio porchettato.
Sublime abbinamento.
Vignaioli Nino ed Erica Perrino - Rossese di Dolceacqua 2019: zio
e nipote rappresentano passato, presente e futuro della denominazione, e questo
Rossese di Dolceacqua è la dimostrazione che l’amore per il territorio e il suo
vino non ha età e annulla ogni tipo di differenza generazionale. Questo vino,
vinificato naturalmente anche con la presenza di raspi, è una chiara
rappresentanza del millesimo: è generoso, vivo, compatto nella espressione
fruttata e floreale del naso mentre al gusto è di pari spessore e ricchezza:
pieno, saporito, armonioso e di buona persistenza sapida. Rossese di Dolceacqua
assolutamente didascalico e tenace come le vigne, anche centenarie, da cui
proviene!
E Prie - Rossese di Dolceacqua 2019: Lorenzo, poco più che
ventenne, è il figlio di Alessandro Anfosso (Tenuta Anfosso) e da lui e suo
nonno ha rubato alla grande tutti i segreti del mestiere. Questo Rossese nasce
da terreni coltivati in due Cru specifici, in Fulavin e ai Pini entrambi a
Soldano, e fin da subito si fa apprezzare per il suo carattere e la sua sua
precisione stilistica. Al naso incanta per ricchezza aromatica giocata su
tocchi di marasca, mora di gelso, violetta a cui seguono leggeri ma variegati
toni di pepe e spezie orientali. Al sorso è piacevole, ricco ma al tempo stesso
ben bilanciato da una corroborante dotazione acido-sapida. Il tempo non potrà
che migliorarlo. Il sorpasso al papà è già in vista, vero Lorenzo?!
Maixei - Rossese di Dolceacqua 2019: vino della storica
cooperativa agricola del ponente ligure il cui nome dialettale maixei fa
riferimento ai muretti a secco che sostengono le fasce di terra destinate alla
coltivazione del rossese. Il vino è assolutamente gradevole e soddisfacente
nella sua semplicità, ha sentori nitidi di ribes rosso, mora ed erba medica. Al
palato è succoso, rustico, privo di orpelli e proprio per questo assolutamente
franco nella sua dimensione territoriale e, perché no, sociale.
BONUS TRACK
Tenuta Anfosso – Rossese di Dolceacqua “Novanta” 2016: lo so non è
un 2019, l’azienda ad oggi ha in commercio ancora la 2018 ma questo vino ho voluto recensirlo per la
sua storia in quanto è il Rossese che Alessandro ha voluto produrre per il
novanta anni di suo papà Luciano, un faro sia nella vita che nel lavoro. Era
tutto pronto, tutto già imbottigliato, ma il destino a volte fa scherzi
meschini e papà Luciano se ne è andato qualche giorno prima del suo compleanno
per cui non ha mai visto e degustato questo vino che sa di amore e passione,
sogni e incazzature ma, soprattutto, sa di famiglia e principi morali ben
solidi. Grazie Alessandro per averlo condiviso con tutti noi!
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