Torna “Il Grande Verdicchio”, serie di approfondimenti dedicati al più importante dei vini bianchi dell’Italia Centrale

All’interno del ricco programma della 80esima edizione della Sagra dell’Uva, da venerdì 29 settembre a domenica 1 ottobre, anche tre appuntamenti per discutere delle peculiarità del Verdicchio dei Castelli di Jesi della zona di Cupramontana con i produttori del territorio e con alcuni dei più attenti giornalisti del vino italiani.


Un percorso fatto di storia e di diversi stili produttivi. È così che si potrebbero sintetizzare i tre appuntamenti che anche quest’anno caratterizzeranno “Il Grande Verdicchio”, approfondimento che dal 2011 accompagna la Sagra dell’Uva di Cupramontana. Una serie di incontri che ormai fanno parte della sua tradizione e che nel corso degli anni hanno permesso ai partecipanti di toccare con mano le peculiarità dei prodotti di un territorio unico nel panorama dei vini bianchi italiani. 

Giovedì 28 settembre, in un momento di anteprima, verrà presentata la Strada del Gusto di Cupramontana, l’associazione che vede raggruppate le aziende vitivinicole della zona. Un appuntamento per raccontare il lavoro portato avanti fino a oggi e durante il quale presentare alcune delle iniziative previste per il futuro. A seguire una degustazione dei vini del territorio cuprense in compagnia di Pierpaolo Rastelli del Gambero Rosso e Francesco Quercetti di Slow Wine. 

Venerdì 29 settembre il primo dei due laboratori previsti. Fabio Pracchia, redattore della guida Slow Wine, andrà alla scoperta di alcune vecchie bottiglie di Verdicchio di Cupramontana. Una degustazione pensata per approfondire non solo le potenzialità in termini evolutivi dei vini di una zona conosciuta come “Capitale del Verdicchio” fin dal 1939 ma anche per riflettere sull’espressività del territorio cuprense con il passare del tempo. 

Sabato 30 settembre Monica Coluccia e Alessio Pietrobattista, anche tra gli autori della guida “99 Maison di Champagne”, approfondiranno una delle tipologie meno conosciute ma più attuali della zona, quella degli spumanti. Un laboratorio dedicato al mondo dei metodo classico con particolare attenzione a quelli prodotti nella zona di Cupramontana in un interessante confronto con altri spumanti a base di verdicchio e non solo. 

Tutti gli appuntamenti si terranno presso Enocupra, spazio all’interno del MIG - Musei in Grotta di Cupramontana. Un’area ricavata nelle Grotte del Convento di Santa Caterina oggi gestita proprio da La Strada del Gusto di Cupramontana e nata per valorizzare le produzioni vitivinicole del territorio, oggi attrezzata per accogliere i visitatori di Cupramontana e per far assaggiare loro un grande numero di vini in un affascinante e completo percorso di degustazione. 

La partecipazione alla presentazione del giovedì è gratuita fino a esaurimento dei posti disponibili. I laboratori del venerdì e del sabato sono a numero chiuso con prenotazione da effettuarsi entro mercoledì 27 settembre. Il loro costo è di 10 euro (oltre al biglietto d’ingresso alla Sagra dell’uva), da versare all’inizio di ogni serata. 

Per informazioni e prenotazioni: jacopocossater@gmail.com.

Lazio - Tre Bicchieri 2018 Gambero Rosso

Un proverbio di origine latina recita "nessuna nuova, buona nuova". Forse non sempre è così. Prendiamo la situazione della produzione vinicola del Lazio. Da un paio d'anni non individuiamo delle vere novità di qualità. Sicuramente sarà colpa nostra, che non riusciamo a scovare le pepite ancora nascoste, ma forse il problema è anche della produzione vitivinicola regionale, che non sembra riuscire a trovare nuovo slancio.
In questo contesto è interessante vedere in che direzione si muove il movimento bianchista, circa i due terzi della produzione regionale. La zona numericamente più importante è quella dei Castelli Romani e soprattutto del Frascati, dove nonostante la volontà dichiarata di migliorare la qualità, i risultati sono per ora poco significativi. Torna a conquistare i Tre Bicchieri l'Eremo Tuscolano di Mario Masini, che ci sembra stia mantenendo la promessa di diventare un riferimento stilistico per la denominazione; per il resto non solo non abbiamo visto nuovi Frascati di alto livello, ma anche aziende importanti e conosciute non sono riuscite a dare la dovuta continuità qualitativa alle loro etichette. Nel Sud della regione torna in primo piano l'isola di Ponza con la sua Biancolella, ormai una presenza fissa alle nostre finali con i vini delle aziende Migliaccio e Casale del Giglio, che torna ai Tre Bicchieri con il suo Faro della Guardia, mentre, anche senza ottenere allori, i vini da bellone stanno confermando un notevole potenziale. Al nord è sempre più protagonista il Grechetto: nonostante non siano arrivati altri riconoscimenti oltre a quello assegnato al Poggio della Costa di Sergio Mottura - un'azienda che costituisce il vero esempio da seguire per far crescere il distretto vinicolo della Tuscia - sempre più cantine fanno sentire la loro voce, proponendo dei Grechetto di grande qualità e riconoscibilità territoriale.

Sul fronte dei rossi, continuiamo ad attendere la sperata esplosione del Cesanese, che sia del Piglio, di Affile o di Olevano Romano. Quest'anno nessun Tre Bicchieri per questo vitigno e per i suoi territori, i cui produttori di qualità restano quelli di qualche anno fa con, almeno apparentemente, gli stessi problemi: la difficoltà di trovare la quadra tra autenticità e piacevolezza, quella di dare lustro a una reputazione ancora poco brillante e la produzione limitata di alcune interessanti etichette. Vedremo la strada che prenderanno queste denominazioni nei prossimi anni. Una strada originale e per ora solitaria la sta invece tracciando Emanuele Pangrazi con i suoi Habemus, Tre Bicchieri confermati per l'Etichetta Bianca, tra le poche graditissime novità di questi ultimi anni. Per chiudere con i premiati, le aziende che anno dopo anno si confermano ai vertici: la Falesco, che oggi divenuta Falesco - Famiglia Cotarella, con il sempiterno Montiano, Poggio Le Volpi, quest'anno con il Baccarossa, e la Tenuta di Fiorano, che conferma la qualità assoluta del Fiorano Rosso.

Baccarossa 2015 - Poggio Le Volpi
Biancolella Faro della Guardia 2016 - Casale del Giglio
Fiorano Rosso 2012 - Tenuta di Fiorano
Frascati Sup. Eremo Tuscolano 2016 - Valle Vermiglia 
Habemus 2015 San Giovenale 
Montiano 2015 Falesco - Famiglia Cotarella
Poggio della Costa 2016 - Sergio Mottura

Il Friuli Venezia Giulia secondo Slow Wine 2018

Le visite alle aziende e le degustazioni condotte in regione – intendendo con ciò non solo il Friuli Venezia Giulia ma anche la Primoska, ovvero il territorio sloveno confinante composto dai quattro distretti vitivinicoli: Brda, Vipavska Dolina, Kras e Slovenska Istra – ci hanno dato parecchi spunti di riflessione.

Il primo è la semplice constatazione della qualità complessiva dei vini dell’annata 2016, in cui non è possibile fare generalizzazioni vista la difformità di comportamento delle principali varietà coltivate: in generale si è comportato bene il friulano, non così invece sauvignon e chardonnay.
L’altra riflessione è più complessa, e necessariamente ne introduce altre ancora: ci siamo accorti di quanto stia cambiando, negli ultimi tempi, il colore dei vini friulani.
Non ne facciamo una questione cromatico-enologica – prima andavano i famosi “bianchi carta” oggi invece si privilegiano tinte più gialle e dorate; prima i vini rossi erano scuri e neri ora invece si va più cauti nell’estrazione delle sostanze coloranti – ma piuttosto una considerazione su come sta mutando la mappa enografica della regione, che ha conosciuto negli ultimi due decenni un cambiamento che sorprende per dinamica e velocità: aldilà dell’immagine storica “Friuli = terra di vini bianchi”, la realtà oggi dice che ormai più dell’80% della superficie vitata regionale è dedicata alle uve a bacca bianca, mentre le rosse sono diventate residuali.
Una situazione sorprendente se si considera che solo 15 anni fa in Friuli c’era un sostanziale equilibrio tra uve bianche e rosse; e andando ancora più indietro nel tempo – negli anni Ottanta e Novanta – si registrava in regione addirittura una prevalenza delle uve a bacca scura e conseguentemente dei vini rossi.
Ad articolare ancora di più il quadro cromatico sono poi arrivati, già da qualche tempo, gli orange wines (che noi però preferiamo chiamare vini macerati, in quanto prodotti con macerazioni più o meno lunghe delle uve bianche) che nei numeri tra poco contenderanno ai rossi il posto di seconda tipologia assaggiata: su questi c’è da annotare che mai come quest’anno abbiamo rilevato una crescita decisa di qualità, con vini impeccabili esenti da tante imperfezioni del passato, segno che la non facile tecnica della macerazione sulle bucce sta maturando positivamente nel dna di molti vignaioli friulani e sloveni.
Ma in fondo la trasformazione più profonda del tessuto produttivo regionale (in questo caso i territori sloveni sono quasi esenti) è generata dalla distesa di glera – atta a diventare Prosecco – che ha invaso, e continua in maniera inarrestabile a invadere, le campagne del Basso Friuli. Questo ha comportato un altro sensibile cambiamento delle tipologie dei vini friulani: se solo 10 anni fa si contavano sulle dita di una mano le etichette di buone “bollicine” prodotte in regione – la storica Ribolla Gialla di Collavini, il Brut di Dorigo e le prime etichette di Pittaro – oggi invece almeno il 25% del vino prodotto in Friuli è frizzante o spumante.
Una cosa che non si era mai vista, una rivoluzione che sovverte ogni tradizione vinicola, che cambia sostanzialmente l’immagine e la realtà della regione: siamo dubbiosi verso quale direzione…
E ora le etichette segnalate con un riconoscimento in Slow Wine 2018.

VINO SLOW
Brda Malvazija 2012, Klinec
Brda Rebula 2013, Kabaj
Collio Bianco 2016, Edi Keber
Collio Friulano 2012, La Castellada
Collio Friulano Clivi Brazan 2015, I Clivi
FCO Bianco Sacrisassi 2015, Le Due Terre
FCO Chardonnay 2015, Meroi
FCO Chardonnay Ronco Pitotti 2015, Vignai da Duline
FCO Friulano Ris. 2015, Ronco Severo
FCO Riesling AT 2014, Aquila del Torre
FCO Sauvignon Peri 2016, Ronco del Gnemiz
Gredič 2016, Movia
Kai 2013, Evangelos Paraschos
Ograde 2015, Skerk
Reddo 2015, Burja
Ri-né Blanc 2015, Simon di Brazzan
Ribolla 2009, Gravner
Ribolla Gialla 2013, Damijan Podversic
Teran 2015, Marko Fon
Vipavska Dolina Rebula 2015, Guerila
Vis Uvae 2013, Il Carpino
Vitovska 2014, Skerlj
Vitovska 2015, Stemberger
Vitovska Kamen 2015, Zidarich

GRANDE VINO
Bianco Bezga Lune 2015, Milič
Brežanka 2013, Rado Kocjančič
Carso Malvasia Dileo 2016, Castelvecchio
Collio Bianco 2016, Colle Duga
Collio Friulano 2016, Franco Toros
Collio Friulano Rolat 2016, Dario Raccaro
Collio Sauvignon Selezione 2015, Ronchi Rò
Dut´Un 2014, Vie di Romans
FCO Chardonnay S. Elena 2015, Petrussa
FCO Friulano 2016, Pizzulin
FCO Friulano Vigne Cinquant’anni 2015, Le Vigne di Zamò
FCO Sauvignon Zuc di Volpe 2016, Volpe Pasini
Pinot Noir Opoka 2013, Marjan Simčič
Vintage Tunina 2015, Jermann
Vipavska Dolina Bela Planta 2015, Štokelj

VINO QUOTIDIANO
FCO Cabernet Franc 2016, Flavio Pontoni
FCO Friulano 2016, Marinig
FCO Friulano 2016, Visintini
FCO Friulano 2016, Zorzettig
Friuli Annia Friulano 2016, Bortolusso
Friuli Aquileia Malvasia 2016, Mulino delle Tolle
Friuli Aquileia Pinot Bianco Poc ma Bon 2016, Tarlao
Friuli Friulano Toh! 2016, Di Lenardo
Friuli Grave Sauvignon 2016, Vistorta
Friuli Isonzo Friulano Corte Marie 2016, Thomas Kitzmüller

L'Icewine del Canada: istruzioni per l'uso

Il mio ultimo viaggio in Canada mi ha permesso di imparare moltissimo sul vino di questa splendida nazione che, a livello enologico, può vantare un prodotto di assoluta eccellenza: l'Icewine.


Se volete sapere tutto,ma proprio tutto, su questo meraviglioso nettare non dovete far altro che cliccare qua sotto per leggere il mio articolo su Vinix. Grazie!

Sardegna - Tre Bicchieri 2018 Gambero Rosso

È doveroso segnalare prima di tutto che quest'anno siamo arrivati a un numero record di aziende assaggiate (intorno a un centinaio) per circa 600 vini. È il risultato di un fenomeno regionale iniziato qualche anno fa. Molti giovani decidono di intraprendere la strada dell'agricoltura e della vitivinicoltura (e questo è un dato molto positivo), allo stesso modo alcuni vignaioli conferitori delle cantine sociali decidono di mettersi in proprio e iniziano a produrre le prime etichette. In tutto ciò entra in scena l'aspetto qualitativo. Sì, perché la strada intrapresa dalle nuove realtà è quella di produrre vini molto territoriali, rispettosi delle varietà tradizionali e ottenuti con procedure moderne, ma per nulla invasive e che dunque non vanno a scapito della tipicità.
Il risultato è chiaro se si osservano i numerosi vini che entrano in Guida, a prescindere dal punteggio ottenuto, a testimoniare le diverse etichette assolutamente consigliabili. Aggiungiamo inoltre che le ultime annate sono state calde ma non eccessivamente e la qualità delle uve in tante zone dell'Isola è stata ottimale. I territori sotto osservazione sono diversi e le soddisfazioni arrivano dalla Gallura per i rossi (i bianchi si sono affermati da tempo), da Usini, grande zona per Vermentino e Cagnulari, passando per il centro Sardegna con Oristano, Mandrolisai, Barbagia e Ogliastra (queste ultime grandi zone per il cannonau). Al Sud Serdiana si rivela un grande paese del vino con ben quattro aziende presenti in Guida, mentre il Sulcis è sempre una garanzia. Salgono sul gradino più alto del podio quattro Vermentino e quattro Cannonau, a confermare il prestigio delle due varietà più presenti nell'Isola: Il Tuvaoes di Cherchi e il Costarenas di Masone Mannu sono vere e proprie novità, ottime performance anche per Siddura e Pala.

Tra i bianchi non ottenuti da vermentino, la particolare Cuvée di Torbato firmata Sella & Mosca è tra i vini che hanno convinto di più. I Cannonau premiati arrivano da diverse zone, a partire da Mamoiada (grande territorio per l'uva rossa) passando per la Gallura e Serdiana, al Sud. Cantina Giba è, invece, nuovamente protagonista col rosso sulcitano ottenuto da uve carignano. Concludiamo con due vini da meditazione premiati, diversissimi tra loro per varietà, territorio da cui nascono e vinificazione, ma accomunati da assoluta bontà: sia il Latinia di Santadi sia la Vernaccia di Oristano Jughissa sono tra le migliori versioni di sempre.


I vini della Sardegna premiati con Tre Bicchieri

Alghero Torbato Terre Bianche Cuvée 161 ’16 - Tenute Sella & Mosca
Cannonau di Sardegna Barrosu Franzisca Ris. ’14- Giovanni Montisci
Cannonau di Sardegna Mamuthone ’15 - Giuseppe Sedilesu
Cannonau di Sardegna Senes Ris. ’13 - Argiolas
Cannonau di Sardegna Sincaru Ris.’ 14 - Vigne Surrau
Carignano del Sulcis 6Mura ’12 - Cantina Giba
Latinia ’11 - Cantina di Santadi
Vermentino di Gallura Sup. Costarenas ’16 - Masone Mannu
Vermentino di Gallura Sup. Maìa’ 15 - Siddùra
Vermentino di Sardegna Stellato ’16 - Pala
Vermentino di Sardegna Tuvaoes ’16 - Giovanni Maria Cherchi
Vernaccia di Oristano Sup. Jughissa ’08 - Cantina Sociale della Vernaccia

L'Emilia Romagna secondo Slow Wine 2018

Una media annua di quasi 9 milioni di ettolitri di vino prodotti da oltre 22.000 aziende viticole (dati Coldiretti): sono questi i numeri di una regione decisamente “generosa”, che ci piace pensare suddivisa in quattro aree vitivinicole: i colli piacentini, le terre dei Lambruschi, i colli bolognesi e la Romagna. Ogni zona è caratterizzata dalla prevalenza di vitigni autoctoni diversi, che danno origine a differenti tipologie di vino.

L’ingente produzione di vini frizzanti è un’antica tradizione emiliana, nata probabilmente per compensare una cucina consistente e grassa. Il dato che ci pare interessante rilevare riguarda il costante aumento di produttori che abbandonano la presa di spuma in autoclave (metodo Charmat) per privilegiare la rifermentazione in bottiglia, metodo artigianale del passato: questa tendenza ha portato a un progressivo incremento di vini con un buon timbro territoriale, molto differenziati tra loro a seconda della zona di produzione.
Sui colli piacentini annotiamo con piacere la comparsa di tanti buoni Gutturnio, freschi e croccanti, che rendono piacevolissima la beva, accompagnati da straordinarie interpretazioni della Malvasia di Candia, ritrovabili anche nelle vicine provincie di Parma e Reggio Emilia.
Il Lambrusco si fa chiamare non solo indistintamente per nome ma sempre più spesso obbligatoriamente associando il cognome, facendo conoscere al plurale la sua vera identità: il (Lambrusco di) Sorbara, il Salamino, il Grasparossa, il Maestri… Dopo la decisiva affermazione, iniziata più di 10 anni fa, delle grandi cantine private, oggi sono sempre di più i piccoli produttori a stupire, mostrandosi capaci di compiere vinificazioni meno legate ad abitudini o personalismi ma rispecchiando alti canoni qualitativi.
La Romagna persegue con sempre maggiore determinazione la valorizzazione delle specificità delle singole sottozone del Sangiovese: la drastica riduzione delle concentrazioni e degli eccessivi affinamenti in barrique ci riporta finalmente sulle tavole dei Romagna Sangiovese – Superiori o Riserve – da bere e non da contemplare, ricchi di piacevolezza e di quella schietta immediatezza che rispecchia il carattere dei romagnoli.
Dopo 31 anni dall’istituzione della Docg Albana di Romagna – primo vino bianco in Italia ad avvalersene – la Romagna ha finalmente smesso di mascherare le singolari caratteristiche del vitigno, anche grazie a tecniche inusuali di vinificazione (macerazione con le bucce, vinificazioni in anfore di terracotta, ecc.): è cresciuto così imperiosamente, di anno in anno, il numero di vini veramente buoni che ricevono i nostri riconoscimenti.
Il prossimo passo che stanno affrontando alcuni (per la verità ancora pochi) viticoltori è il processo di definizione del Trebbiano di Romagna, lavorando in maniera intelligente su un vitigno mai realmente preso in considerazione se non per le enormi produzioni di uva.
Infine un aspetto molto importante, che ci teniamo a sottolineare, e che caratterizza l’intera regione concerne la crescente attenzione all’ambiente, alla conservazione del suolo e al rispetto dell’equilibrio delle piante in vigna. La progressiva diminuzione dell’uso di prodotti sistemici e di diserbanti e l’adozione del regime di agricoltura biologica e biodinamica, pratiche assai diffuse tra i piccoli produttori ma non solo, sono la cifra di percorsi consapevoli e virtuosi verso la sostenibilità ambientale, come testimonia la nuova Chiocciola nel Reggiano conferita a Denny Bini, piccolo produttore dotato di talento, sensibilità e coraggio.

VINO SLOW
Bersot 1933 2015, Gradizzolo – Ognibene
Il Mio Ribelle 2016, Camillo Donati
Lambrusco di Sorbara Radice 2016, Gianfranco Paltrinieri
Lambrusco Fontana dei Boschi 2016, Vittorio Graziano
Malvasia Frizzante Emiliana 2016, Lusenti
Malvasia Levante 90 2016, Denny Bini – Podere Cipolla
MonteRè 2014, Vigne dei Boschi
Pignoletto Frizzante Sui Lieviti 2015, Orsi – Vigneto San Vito
Romagna Albana Fiorile 2016, Fondo San Giuseppe
Romagna Albana Vigna Rocca 2016, Tre Monti
Romagna Sangiovese Longiano Sup. Primo Segno 2015, Villa Venti
Romagna Sangiovese Modigliana I Probi di Papiano Ris. 2014, Villa Papiano
Romagna Sangiovese Sup. Carbognano 2016, Tenuta Carbognano
SabbiaGialla 2016, Cantina San Biagio Vecchio
Sangiovese di Romagna Le Iadi Ris. 2013, Paolo Francesconi

GRANDE VINO
C.P. Vin Santo di Vigoleno  2007, Lusignani
L’Alba e la Pietra 2012, Il Poggiarello
Lambrusco di Modena M. Cl. Rosé 2013, Cantina della Volta
Romagna Albana Codronchio 2015, Fattoria Monticino Rosso
Romagna Sangiovese Bertinoro Ombroso Ris. 2013, Giovanna Madonia

VINO QUOTIDIANO
Gutturnio Frizzante 2016, Marengoni
Gutturnio Frizzante Il Garitto 2016, Casa Benna
Gutturnio Frizzante Rì More 2016, Baraccone
Gutturnio Frizzante Terrafiaba 2016, La Tosa
Gutturnio Sup. Otto 2015, Gualdora
Lambrusco di Sorbara Etichetta Bianca 2016, Zucchi
Lambrusco di Sorbara Falistra 2016, Podere Il Saliceto
Lambrusco di Sorbara Selezione 2016, Francesco Vezzelli
Lambrusco di Sorbara Vecchia Modena Premium M.H. 2016, Cleto Chiarli
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Canova 2016, Fattoria Moretto
Lambrusco Rosso Viola 2016, Luciano Saetti
Lubigo 2015, Croci Tenuta Vitivinicola
Moscato Dolce 2016, Lamoretti
Reggiano Rosso Pozzoferrato 2016, Storchi
Romagna Sangiovese Predappio Ravaldo 2015, Stefano Berti
Romagna Sangiovese Sup. 2015, Marta Valpiani
Romagna Sangiovese Sup. Colombarone 2015, Tenuta La Viola
Znèstra 2016, Crocizia

Château de Fieuzal - Pessac-Léognan 2012 è il Vino della settimana di Garantito IGP

Di Angelo Peretti

Mi piacciono i Bordeaux e in genere li preferisco con un bel po’ di anni sulle spalle. Però non ho saputo resistere a questo Pessac-Léognan del 2012 di cui avevo letto che non ha pienezze esagerate. 


Il frutto – il cabernet sauvignon si avverte – è davvero nitido, avvincente. Bel vino. Peccato costi un po’, sui 35 euro.

La Campania secondo Slow Wine 2018

Ormai non ci sono più dubbi, è la Falanghina la locomotiva del vino campano: 3000 ettari, di cui 2700 nel solo Sannio, hanno permesso di toccare e superare quota sei milioni di bottiglie che recano il riconoscimento della Doc. Un allungo confortato dai dati che danno ragione al “sistema Sannio”, l’unica zona che oltre a riorganizzare in maniera razionale le denominazioni è riuscita a dotarsi di un Consorzio in grado di incidere sui controlli e nelle scelte promozionali. Motivi politici, dunque, ma anche strutturali rispetto allo stile scelto dalla quasi totalità dei produttori campani, che hanno eliminato dolcezze e note esotiche concentrandosi su mineralità e la freschezza . E poi la Falanghina di oggi si beve perché è ben abbinabile alla cucina della regione. Un controtendenza marcata anche dal forte calo produttivo generale, che segna un meno 20% nell’annata 2016. In cinque anni la produzione è scesa da 1,8 a 1,3 milioni di ettolitri, e a soffrire sono soprattutto i rossi strutturati delle zone interne.
Al di là delle considerazioni economiche, il quadro è comunque decisamente confortante perché il Fiano di Avellino si presenta sempre in grande spolvero nelle degustazioni, toccando spesso le corde dell’emozione. Un patrimonio olfattivo che deve essere rafforzato da una saggia politica sui tempi di uscita e sui cru, anche perché ormai anche altre zone, il Cilento in particolare, hanno dimostrato di voler puntare su questo vitigno. Più definito e rappresentativo dell’Irpinia invece il Greco di Tufo, un grande bianco capace di mettere in riga molti rossi e che ha fornito un’ottima prova anche in questa annata..
Tra le tendenze in atto questa edizione sottolinea la continua crescita del Piedirosso dei Campi Flegrei e del Vesuvio, un vino antico e al tempo stesso moderno, anch’esso identitario, grazie all’impegno di una piccola pattuglia di produttori che hanno superato con precisione e pignoleria le difficoltà che pone la lavorazione di questo vitigno.

E, per restare alle tendenze ormai decisamente consolidate, non possiamo non sottolineare la grande crescita qualitativa della Costiera Amalfitana: anche in questo caso grazie al protagonismo spontaneo di un orgoglioso gruppo di aziende che non si accontenta di vendere sul facile mercato locale, puntando invece su una qualità figlia innanzitutto di un’agricoltura vera, eroica e, per quanto possa sembrare paradossale, figlia del freddo proprio come quella irpina.
Le caratteristiche della Campania sono al tempo stesso la forza e la debolezza di una viticoltura tutto sommato di nicchia, appollaiata sulla dorsale appenninica: frammentazione e piccole dimensioni aziendali, anche per le cantine considerate “grandi”, ampio patrimonio ampelografico e difesa ostinata della biodiversità in vigna. La viticoltura campana resta insomma un viaggio nel tempo, con espressioni uniche in grado di emozionare.


VINO SLOW
Campi Flegrei Falanghina 2016, Agnanum – Raffaele Moccia
Greco di Tufo 2016, Cantine di Marzo
Fiano di Avellino Ciro 906 2013, Ciro Picariello
Campi Flegrei Falanghina 2015, Contrada Salandra
Fiano di Avellino 2014, Guido Marsella
Phos 2015, I Cacciagalli
Taurasi Poliphemo 2013, Luigi Tecce
Cilento Fiano Kratos 2016, Maffini
Sabbie di Sopra il Bosco 2015, Nanni Copè
Fiano di Avellino 2015, Rocca del Principe
Tresinus Aureus 2015, San Giovanni
Costa d´Amalfi Tramonti Rosso 2015, Tenuta San Francesco

GRANDE VINO
Fiano di Avellino Pietracalda 2016, Feudi di San Gregorio
Costa d´Amalfi Furore Bianco 2016, Marisa Cuomo
Taurasi Radici Ris. 2011, Mastroberardino
Fiano di Avellino 2016, Pietracupa
Greco di Tufo Giallo D´Arles 2016, Quintodecimo

VINO QUOTIDIANO
Irpinia Aglianico Magis 2014, Antico Castello
Falanghina del Sannio Taburno 2016, Cantine Tora
Falanghina del Sannio Fois 2016, Cautiero
Sannio Coda di Volpe Jenn’èmois 2016, Fattoria Ciabrelli
Falanghina del Sannio Taburno 2016, Fontanavecchia
Costa d´Amalfi Tramonti Bianco 2016, Giuseppe Apicella
Greco di Tufo 2016, Petilia
Falanghina del Sannio Taburno 2016, Torre del Pagus
Falanghina del Sannio Taburno 2016, Torre Varano
Bacioilcielo Rosso 2016, Viticoltori De Conciliis



Alto Adige - Tre Bicchieri 2018 Gambero Rosso

Nel panorama viticolo italiano l'Alto Adige rappresenta una delle punte di diamante, una zona in cui il legame fra viticoltore, territorio e vitigno è espresso da una gamma di vini di altissimo livello che spazia dalla freschezza acida della Valle Isarco all'opulenza della piana di Bolzano, dal carattere dei Pinot Nero di Mazzon alla fragrante leggerezza del Lago di Caldaro. In un territorio così variegato operano realtà profondamente differenti tra loro, i viticoltori che vinificano le uve provenienti dai pochi ettari di proprietà, le grandi strutture cooperative, le storiche aziende della provincia che alla loro opera affiancano quella di piccole aziende che conferiscono le uve in cantina. Ciò che non cambia mai è però la cura con cui vengono gestiti i vigneti e l'attenzione posta a tutte le operazioni di cantina, volte alla produzione di vini che esprimono la luminosità di questo territorio.

Importanti conferme giungono dalle cooperative che, a seconda della zona in cui operano, producono alcuni dei vini più rappresentativi delle rispettive aree, i Lagrein della cantina di Bolzano e Muri Gries, il Sylvaner della cantina della Valle Isarco, i Gewürztraminer di Tramin e Cortaccia. In altre zone invece non esiste un unico vitigno a interpretare il territorio, ecco quindi che Pinot Bianco, Sauvignon o Chardonnay si ergono a emblema di una viticoltura di alto profilo. Importanti novità giungono da aziende che ottengono per la prima volta il massimo riconoscimento, come l'azienda di Peter Zemmer che sfodera una sontuosa Riserva di Pinot Grigio Giatl, che esprime potenza e armonia, o il grande impegno profuso dalla Cantina Kettmeir nella spumantistica che fiorisce con la prima Riserva di casa, l'Extra Brut 1919. Parlando invece di vendemmie segnaliamo come l'ultima sia stata di grande soddisfazione per la schiava, con numerosi vini giunti alle nostre finali e che vede ben tre vini premiati nelle zone di Santa Maddalena e Lago di Caldaro. La Valle Isarco è la consueta fucina di vini di grande carattere, cui fanno eco i grintosi e speziati Riesling della Val Venosta. Il vitigno più rappresentativo della regione rimane però il pinot bianco che, a dispetto dei soli tre vini premiati, ha espresso un po' in tutte le cantine carattere e una splendida aderenza all'andamento climatico delle annate, risultando un vino che ha nella profondità e nella finezza i suoi tratti distintivi.

I vini dell'Alto Adige premiati con Tre Bicchieri
A. A. Chardonnay Lafóa 2015 - Cantina Colterenzio
A. A. Gewürztraminer Auratus Crescendo 2016 - Tenuta Ritterhof
A. A. Gewürztraminer Brenntal Ris. 2015 - Cantina Cortaccia
A. A. Gewürztraminer Nussbaumer 2015 - Cantina Tramin
A. A. Lago di Caldaro Cl. Sup. Pfarrhof 2016 - Cantina di Caldaro
A. A. Lagrein Abtei Muri Ris. 2014 - Cantina Convento Muri Gries
A. A. Lagrein Staves Ris. 2014 - Tenuta Kornell
A. A. Lagrein Taber Ris. 2015 - Cantina Bolzano
A. A. Müller Thurgau Feldmarschall von Fenner 2015 - Tiefenbrunner
A. A. Pinot Bianco Sanct Valentin 2015 - Cantina Produttori San Michele Appiano
A. A. Pinot Bianco Sirmian 2016 - Cantina Nals Margreid
A. A. Pinot Bianco Tyrol 2015 - Cantina Meran
A. A. Pinot Grigio Giatl Ris. 2015 - Peter Zemmer
A. A. Pinot Nero Schweizer 2013 - Franz Haas
A. A. Pinot Nero Trattmann Mazon Ris. 2014 - Cantina Girlan
A. A. Santa Maddalena Cl. Antheos 2016 - Tenuta Waldgries
A. A. Santa Maddalena Cl. Rondell 2016 - Glögglhof - Franz Gojer
A. A. Sauvignon Renaissance 2014 - Gumphof - Markus Prackwieser
A. A. Spumante Extra Brut 1919 M. Cl. Ris. 2011 - Kettmeir
A. A. Terlano Sauvignon Quarz 2015 - Cantina Terlano
A. A. Val Venosta Riesling 2015 - Falkenstein Franz Pratzner
A. A. Val Venosta Riesling Windbichel 2015 - Tenuta Unterortl - Castel Juval
A. A. Valle Isarco Grüner Veltliner 2016 - Pacherhof - Andreas Huber
A. A. Valle Isarco Riesling Kaiton 2016 - Kuenhof - Peter Pliger
A. A. Valle Isarco Sylvaner 2016 - Köfererhof - Günther Kerschbaumer
A. A. Valle Isarco Sylvaner 2015 - Garlider - Christian Kerschbaumer
A. A. Valle Isarco Sylvaner Aristos 2016 - Cantina Produttori Valle Isarco


Quel Centesimo che fa pensare al terroir - Garantito IGP

Di Angelo Peretti

Certe volte mi domando se si tratti di suggestione. Può essere, ma anche no. Forse invece è davvero l’effetto di quella cosa che i francesi chiamano terroir e che è un insieme di vigna e di terra e di clima e soprattutto di umanità, di tradizioni, di storie delle comunità su un luogo particolare. Il terroir non è mica il territorio, è qualcosa di più ampio, quasi di filosofico.

Per esempio, non lo so se è perché mi trovavo in Emilia Romagna e nel ristorante c’erano le bottiglie del nocino, che da quelle parti è quasi una questione di religione, e bevevo un rosso romagnolo fatto con un’uva recuperata dall’oblio, però a ogni sorso, sul finale, mi pareva che quel vino che avevo nel bicchiere sapesse di nocino. Sapete quella sensazione che dà la pellicina della noce? Quel leggero allappare, ma anche quel pelo di pungenza che è tipico della pellicina della noce appena raccolta, ancora umida, e che ritrovi anche nel nocino? Ecco, a me sembrava ci fosse nel vino, e ho provato a concentrarmi su ogni sorso, e ogni sorso mi ridava lo stesso risultato, confermato.Certo, c’erano i frutti nettissimi, la melagrana succosa e il mirtillo anche e la prugna (e i petali di rosa appassiti). Però tornava il nocino, per me.Il vino in questione è il Centesimino (annata 2015) dell’azienda agricola Ancarani, che sta a Faenza, o meglio, in località Santa Lucia.

Claudio Ancarani

L’uva è detta proprio così, centesimino, anche se una volta da quelle parti la chiamavano savignôn rosso. Attenzione, savignôn, non sauvignon. Non c’entra niente né col sauvignon blanc, né col cabernet sauvignon. È una varietà autoctona, locale. Una delle tante disseminate nei vigneti italiani del passato e che poi hanno rischiato la scomparsa, soprattutto quand’è venuta la moda del vitigno internazionale, che sembrava la panacea di tutti i mali e invece s’è rivelata in molti casi un buco nell’acqua. A coltivarlo ancora, il centesimino, è appena una manciata di vignaioli, una decina in tutto. Meno male che ci sono. Patria d’elezione del centesimino è Oriolo dei Fichi, una contrada a 9 chilometri a sud-est di Faenza, dove cominciano le prime pendenze dell'Appennino romagnolo. Non che siano grandi rilievi, eh? Poco sopra il centinaio di metri di altitudine. Da lì vengono anche le uve del vino di Ancarani.


Sul sito dell’azienda leggo che, a quanto sembra, i vigneti di savignôn rosso messi a dimora nei pressi di Oriolo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta (sembra ieri, ma dal punto di vista del vino italiano è una vita fa, se si pensa che lo stesso sistema delle doc ha dato i primi vagiti proprio in quel periodo), “derivassero da impianti precedenti – virgoletto la citazione -, a loro volta derivati da materiale preso dal podere Terbato, di proprietà del signor Pietro Pianori, detto Centesimino. Alcune fonti riportano che le marze utilizzate per allestire l’impianto del podere Terbato derivassero da una pianta presente in un giardino all’interno delle mura di Faenza”. Bella storia. Chissà se si riesce a documentarla, anche.
Claudio Ancarani e Rita Babini, che gestiscono l’azienda nella quale è nata la bottiglia che mi ha fatto pensare al terroir faentino, raccontano che fanno la tradizionale fermentazione integrale del mosto in presenza delle bucce per una durata due o tre settimane e dopo passano all’affinamento di un anno mesi in tini di cemento. “Rifiutate filtrazioni strette di illimpidimento. Rifiutato l’uso di barrique nuove o trucioli per la concia degli aromi” dichiarano.


Ne esce un vino robusto, che fa quattordici gradi e mezzo di alcol, eppure nemmeno te ne accorgi mentre lo bevi, e questa è una prerogativa dei bei vini. Semmai, ecco, l’avverti solo in un leggero stordimento quando ti stacchi dalla tavola, ma quello dipende da quanto nei hai bevuto. La questione è che questo vino si fa bere, eccome se si fa bere. Con notevolissimo piacere e magari anche un filo di quella fascinosa malinconia che a volte accompagna la tavola, tra una chiacchiera, un boccone e un sorso.

Ravenna Centesimino 2015 Ancarani (91/100)
Azienda agricola Ancarani - via San Biagio Antico, 14 - località Santa Lucia - Faenza (Ravenna) – tel. 0546 642162 - info@viniancarani