Enzo Barbi ci aspetta in mezzo ad un nugolo di motociclisti venuti da chissà dove a visitare una della aziende più rappresentative e suggestive, per il contesto in cui si trova, di tutta l'Umbria.
Il tempo non è certo dei migliori, piove da varie ore, ma questo non ci impedisce di poter ammirare tutta la bellezza del panorama all'interno dell quale si staglia Decugnano dei Barbi, un piccolo borghetto locato sopra una collina con vista a 360° su tutto il panorama dell'orvietano.
Pertanto, non sono affatto stupito quando Enzo, parlandomi della storia della sua azienda, mi riferisce che il vino di Decugnano già si vendeva in zona agli inizi del XIII secolo quando tutto quanto qua era di proprietà dello Stato Pontificio e prendeva il nome di "Santa Maria di Decugnano".
La storia dei Barbi in terra umbra, invece, inizia alla fine degli anni '60 del secolo scorso quando il nonno di Enzo, che selezionava a quel tempo vino in tutta Italia da rivendere poi in Lombardia, decise di acquistare a suo figlio Claudio (papà di Enzo) un pezzo di terreno nell'orvietano che in quel periodo era molto di moda. "Mio papà spesso di scontrava con mio nonno sul tema della qualità del vino così" - mi spiega Enzo sorridendo - "acquistargli tre ettari di terreno ad Orvieto ha significato lasciargli produrre il vino come voleva lui lasciando al tempo stesso in pace mio nonno che poteva proseguire il suo lavoro senza troppe scocciature!!".
Decugnano ad inizi del 1970 era in vendita e la famiglia Barbi non c'ha pensato due volte ad acquistare la tenuta, a quel tempo in miseria, non solo per la bellezza del posto ma, soprattutto, per il terreno che, rispetto alla zona sud dell'orvietano, non è di tipo tufaceo ma, invece, di carattere marnoso e argilloso e ricco di fossili di ostriche e conchiglie di epoca pliocenica. "Sai Andrea" - commenta Enzo - "mio madre è amante dello Chablis e questa terra ricorda molto quel particolare terroir francese"
Era il 1973 quando Claudio Barbi acquisto il podere piantando, in sequenza, i vitigni storici dell'Orvieto Classico (trebbiano, malvasia e grechetto) e alcune piante di sangiovese e canaiolo iniziando un'intensa fase di sperimentazione, che riguardò anche la spumantizzazione delle uve dell'Orvieto, che prese forma nel 1978 quando comparvero sul mercato tre vini che ancora oggi esistono: il Decugnano bianco, il Decugnano rosso ed il primo metodo classico prodotto in terra umbra.
Otto anni dopo, nel 1981, l'azienda propose sul mercato prima bottiglia italiana di vino da uve botrizzate: Pourriture Noble. Nessuno fino a quel momento si era accorto che la Botrytis Cinerea attaccava anche i vigneti di alcune zone dell'Orvietano.
Entriamo a visitare la prima cantina, quella dei vini "fermi", la cui struttura si è ampliata nel tempo man mano che l'azienda prendeva piede. Una prima ala, infatti, è dedicata alla vasche di fermentazione, tutte in acciaio, dove ognuna, anche la più piccola, è dedicata ai singoli vigneti che poi vengono uniti solo in fase di assemblaggio, mentre l'altra è dedicata all'affinamento e allo stoccaggio delle bottiglie.
La parte più bella e suggestiva, però, deve ancora arrivare. Saliamo sul fuoristrada di Enzo e, tra una buca e l'altra, arriviamo all'entrata delle antiche grotte etrusche scavate nella sabbia (non tufo) regno di quel metodo classico che Claudio Barbi, originario di Brescia e con ovvie ispirazioni franciacortine, ha voluto porre in essere nel 1978 spumantizzando le uve tipiche dell'Orvieto grazie all'aiuto di Corrado Cugnasco, enologo aziendale dell'epoca.
Le immagini della cantina, penso, possano parlare per me.
Usciamo e fuori piove ancora, più forte, non possiamo andare in mezzo ai vigneti per cui l'unica cosa da fare è andare a degustare un pò di vino al caldo e all'asciutto prima della cena che Enzo ha organizzato assieme ad altri amici. Prima, però, un piccolo grande aperitivo a base di Brut Metodo Classico 2006.
In enoteca costa meno di 20 euro per cui, a mio giudizio, rappresenta per l'Italia un metodo classico dall'ottimo rapporto q/p. Probabilmente in Franciacorta prodotti simili costerebbero quasi il doppio. Shhh, non lo dite a nessuno!
Ah, se volete sapere che mi sono bevuto a cena con Enzo e i nostri amici dovete aspettare che scriva il prossimo post su Decugnano dei Barbi. Già perchè ciò che abbiamo degustato merita un post a parte....
Pertanto, non sono affatto stupito quando Enzo, parlandomi della storia della sua azienda, mi riferisce che il vino di Decugnano già si vendeva in zona agli inizi del XIII secolo quando tutto quanto qua era di proprietà dello Stato Pontificio e prendeva il nome di "Santa Maria di Decugnano".
Decugnano ad inizi del 1970 era in vendita e la famiglia Barbi non c'ha pensato due volte ad acquistare la tenuta, a quel tempo in miseria, non solo per la bellezza del posto ma, soprattutto, per il terreno che, rispetto alla zona sud dell'orvietano, non è di tipo tufaceo ma, invece, di carattere marnoso e argilloso e ricco di fossili di ostriche e conchiglie di epoca pliocenica. "Sai Andrea" - commenta Enzo - "mio madre è amante dello Chablis e questa terra ricorda molto quel particolare terroir francese"
Era il 1973 quando Claudio Barbi acquisto il podere piantando, in sequenza, i vitigni storici dell'Orvieto Classico (trebbiano, malvasia e grechetto) e alcune piante di sangiovese e canaiolo iniziando un'intensa fase di sperimentazione, che riguardò anche la spumantizzazione delle uve dell'Orvieto, che prese forma nel 1978 quando comparvero sul mercato tre vini che ancora oggi esistono: il Decugnano bianco, il Decugnano rosso ed il primo metodo classico prodotto in terra umbra.
Otto anni dopo, nel 1981, l'azienda propose sul mercato prima bottiglia italiana di vino da uve botrizzate: Pourriture Noble. Nessuno fino a quel momento si era accorto che la Botrytis Cinerea attaccava anche i vigneti di alcune zone dell'Orvietano.
Claudio ed Enzo Barbi. Foto: |
Attualmente Decugnano dei Barbi possiede circa 32 ettari di vigneto, 14 anni di età media, dedicati per il 60% a vitigni a bacca bianca (grechetto, chardonnay, sauvignon, procanico) e per il 40% a vitigni a bacca rossa (sangiovese, montepulciano, merlot, cabernet sauvignon, pinot nero, syrah). I vigneti hanno una densità d’impianto di circa 4200 ceppi/ha e vengono allevati a cordone speronato. La resa per ettaro varia dai 50/70 quintali/ha per le uve rosse ai 70/90 quintali/ha per le uve bianche (la resa dei vigneti per la Pourriture Noble è invece di 25/30 quintali/ha).
Entriamo a visitare la prima cantina, quella dei vini "fermi", la cui struttura si è ampliata nel tempo man mano che l'azienda prendeva piede. Una prima ala, infatti, è dedicata alla vasche di fermentazione, tutte in acciaio, dove ognuna, anche la più piccola, è dedicata ai singoli vigneti che poi vengono uniti solo in fase di assemblaggio, mentre l'altra è dedicata all'affinamento e allo stoccaggio delle bottiglie.
Parte della cantina |
La parte più bella e suggestiva, però, deve ancora arrivare. Saliamo sul fuoristrada di Enzo e, tra una buca e l'altra, arriviamo all'entrata delle antiche grotte etrusche scavate nella sabbia (non tufo) regno di quel metodo classico che Claudio Barbi, originario di Brescia e con ovvie ispirazioni franciacortine, ha voluto porre in essere nel 1978 spumantizzando le uve tipiche dell'Orvieto grazie all'aiuto di Corrado Cugnasco, enologo aziendale dell'epoca.
Le immagini della cantina, penso, possano parlare per me.
Fonte: Tannico.it |
Da notare che l'affinamento sui lieviti dura almeno quattro anni e che la sboccatura, come vedete dalle immagini qua sotto, viene effettuata in maniera strettamente manuale.
Lo spumante, una cuveé formata da chardonnay (70%), procanico e verdello (30%), è stato sboccato nel maggio del 2013 e si caratterizza per aromi di agrumi canditi, mughetto, pane integrale, ornati da effluvi di nocciola e spunti minerali. All'assaggio ha un registro molto severo, secco, e si caratterizza per una struttura affilata dove ritornano a cascata le impressioni olfattive all'interno di un contesto di assoluto controllo. Il perlage è fine, persistente e la tensione minerale accompagna il sorso per molto tempo.
Foto: Tannico.it |
In enoteca costa meno di 20 euro per cui, a mio giudizio, rappresenta per l'Italia un metodo classico dall'ottimo rapporto q/p. Probabilmente in Franciacorta prodotti simili costerebbero quasi il doppio. Shhh, non lo dite a nessuno!
Ah, se volete sapere che mi sono bevuto a cena con Enzo e i nostri amici dovete aspettare che scriva il prossimo post su Decugnano dei Barbi. Già perchè ciò che abbiamo degustato merita un post a parte....