Sicuramente sono legati alla storia del mondo visto che la National Geographic Society ha diffuso la notizia
del ritrovamento in una grotta in Armenia di quella che secondo gli
archeologici sarebbe la più antica cantina del mondo. Non solo, i vini della Georgia sono legati anche alla religione cristiana visto che, Santa Nino, per convertire il re d'IBeria nel 327 d.C. usò una croce fatta con i tralci di vite, oggi simbolo della cristianità georgiana.
La Georgia del vino è sicuramente famosa nel
mondo le "mitiche" anfore (kvevri o churi) usate dai contadini per la vinificazione e la conservazione del vino,
pratica tramandata per secoli in quelle zone e ripresa in Italia per la prima
volta da Gravner.
Ogni volta che bevo i vini georgiani mi pongo sempre la solita domanda: devo o meno slegare la degustazione dall'alone di mito che li caratterizza? Cioè, devo valutarli sulla base della loro tradizione, particolare vinificazione e menate varie oppure devo essere un valutatore cinico senza alcuna licenza poetica?
Se dovessi indossare i panni del duro e puro allora posso dire con franchezza che i vini della Georgia, ad oggi ed in base a quello che ho bevuto, non mi hanno mai convinto e, aggiungo, sto mito del primo vino nato al mondo con tanto di falso folklore mi ha un pò stufato.
Gli ultimi due assaggi li ho fatti allo scorso Salone del Gusto di Torino quando mi sono trovato di fronte al banco del Presìdio Slow Food del Vino in Anfora. Dei tanti prodotti ne ho scelti due, un bianco e un rosso. Il primo è un vino della Regione del Kakheti, Georgia Orientale, si chiama Rkatsiteli "Grand Cru" Tsarapi 2010 (100% Rkatsiteli), un biodinamico che, dopo una leggera pigiatura, fermenta con raspi e bucce in anfora per 6 mesi per poi affinare altre sei mesi sempre in anfora. Il risultato è il vino che vedete in foto più in basso, senza nulla togliere alla bontà di alcuni vini "naturali", questo georgiano mi è sembrato troppo estremo, sembra una sorta di liquore di frutta dove, forse causa caldo, l'alcol la faceva da padrone. Ai limiti della bevibilità e visto anche il prezzo, ben oltre le dieci euro, non lo comprerei mai.
Il rosso invece è prodotto da Nika Bakhia, un produttore presente al Salone che con la sua aria spaesata e anticonformista ti guardava come se stesse parlando con un alieno. Il suo Saperavi 2010 (100% saperavi) è un vino arcaico, difficile inquadrarlo se non nel fatto che il tannino dato anche dai raspi non è gradevole. Un rosso sgraziato che sa di carne e frutta selvaggia. Mi è piaciuto più del bianco ma come faccio a dargli più di 10 euro quanto in Italia con quei soldi ci prendo dei grandissimi Chianti?
Nika Bakhia Fonte: sustainweb.org |
Troppo cattivo? No, non ce l'ho con questi vignaioli che con umiltà stanno portando avanti delle tradizioni ancestrali, solo che a volte qualcuno dovrebbe rendersi conto che il vino contadino e primordiale non deve essere buono solo in teoria ma anche in pratica. Soprattutto quando certi importatori te li fanno pagare profumatamente...