I "Patriarchi" di Feudi di San Gregorio

Ripenso a circa venti anni fa quando entro in sala, assistere ad una degustazione di Feudi di San Gregorio significa riportarmi a quando ero minorenne e per fare il figo con gli amici ordinavo al ristorante il Greco di Tufo di Feudi, un vino bianco che ha fatto la storia del vino italiano a prescindere dalla sua bontà che, a quel tempo, mi sembrava immensa.

Strana la vita, oggi davanti a me ci sono invece solo vini rossi, sei per l’esattezza, che l’azienda chiama “I Patriarchi” perché provenienti da vigne ultracentenarie sia di Sirica che di Aglianico.
Il Sirica 2007, in anteprima assoluta, nasce dall’omonimo vitigno le cui prime testimonianze si fanno risalire a Plinio che cita il vitigno “Siriana” o “Syricus” tra le uve coltivate nella Campania romana e ne attribuisce il nome da syricum, un colorante rosso allora molto diffuso.
Descritta come un’aminea nera, uva tra le più pregiate dell’epoca, per Catone la Sirica era stata introdotta sei secoli prima della fondazione di Roma da una regione abitata dai Seri.
Più recentemente è stata formulata l’ipotesi che il suo nome derivi dall’antica città ionica di Siri, vicina a Metaponto, divenuta Eraclea dopo la seconda guerra punica.
La storia contemporanea vede gli agronomi di Feudi di San Gregorio ritrovare tre viti prefillosseriche di Sirica che, con l’aiuto dell’Università di Napoli e Milano, sono state studiate e propagate fino a raggiungere l’estensione di circa 10 ettari.
Il vino che ho nel bicchiere si presenta di grande concentrazione cromatica, quasi impenetrabile, che si apre su toni aromatici di sciroppo di mirtillo, mora di rovo, amarena, spezie dolce ed un leggero balsamico finale. Naso apparentemente semplice che si scontra, invece, con una bocca più complessa che si caratterizza per un ingresso morbido, fruttato, a cui si contrappone da subito una sferzante acidità ed un tannino vellutato di grande eleganza. Buona la progressione finale del vino.. Il Sirica è affinato in barrique di secondo passaggio anche se si sta sperimentando l’evoluzione in acciaio.

Gli altri due patriarchi hanno il nome di
Taurasi, presentato nel millesimo 2007 (ancora in affinamento in bottiglia) e 2008 (ancora in affinamento in botte).
Il primo presenta un quadro olfattivo dai richiami minerali intervallati da piacevoli sensazione speziate, ci sento la cannella, la noce moscata, l’anice stellato e un tocco di erbe aromatiche. La componente fruttata, di amarena e marasca, si avverte solo dopo un po’e non è preminente. In bocca il vino entra con moderata potenza, la sua struttura gli dona carnalità, masticabilità, una mordidezza di fondo che solo nel lungo finale, giocato su rimandi di humus e minerale, vira verso un’austerità ed una essenzialità più tipica e patriarcale.
Il 2008 è un campione da botte per cui va valutato così come e cioè con un naso ancora troppo dolce per il legno non assorbito e dove, scavando scavando, si possono notare sentori floreali e fruttati. Non c’è (ancora) la spezia del 2007. In bocca è inaspettatamente equilibrato, appetitoso, di grande polpa e persistenza. Da aspettare sicuramente anche se, in prospettiva, lo metto sotto alla precedente annata.

Passiamo ora all’
Aglianico del Vulture, proposto anch’esso sia nel millesimo 2007 (in commercio) che 2008 (da botte).
Nel Vulture, Feudi di San Gregorio è approdata ormai da circa dieci anni per attuare uno specifico progetto: approfondire la conoscenza dell'Aglianico - che sembrerebbe aver visto la luce proprio in questa splendida terra - e diffonderla nel mondo. I vigneti ubicati nel comune di Barile - cuore della recentissima DOCG Aglianico del Vulture - sorgono su una pendice lavica, baciati dal sole dall'alba al tramonto. Un vecchio impianto a "piede franco", tra ulivi secolari, conserva ancora la tradizionale forma di allevamento, ormai scomparsa, del capanno.
Il
2007 è puro terroir vulcanico, grafite, pietra lavica inizialmente picchiano forte, poi la gentilezza della viola, dell’eucalipto e della visciola esce fuori e dona al vino un carattere meno prepotente. Al sorso cattura il palato con un’esplosione di sapori che ben richiama il naso, soprattutto il finale è da ricordare per la sua sapida persistenza finale.
Nel
2008, campione di botte, le sensazioni minerali passano in secondo piano, dominanti in questo bicchiere sono i caratteri floreali e balsamici del vino che rimangono comunque in formazione.
In bocca si palesa tutta la gioventù dell’Aglianico che, nonostante i nostri sforzi di vederlo in futuro, rimane abbastanza interlocutorio. Si farà. Spero.

La Rolls Royce dei miei sogni è targata Krug!


Se abitate in Francia dalle parti della regione delle Ardenne-Champagne, e ordinate alla famosa casa vinicola "Champagne Krug" qualche bottiglia dei loro vini o champagne più pregiati, potreste vedervela consegnare direttamente alla porta di casa da un compunto autista alla guida di una Rolls Royce opportunamente adattata.


E' l'ultima trovata della Krug, originariamente tedesca ma attualmente di proprietà del brand di lusso globale Louis Vuitton Moët Hennessy (LVMH).
Questa Rolls Royce, originariamente una Rolls-Royce Silver Shadow II Sedan, è stata modificata eliminando le porte posteriori e lasciando solo le due anteriori e uno sportellone posteriore, all'interno sono stati realizzati su misura due enormi frigoriferi che mantengono la preziosa bevanda alla giusta temperatura, e l'opera realizzata rappresenta uno splendido, lussuoso e costosissimo modo di trasportare vini pregiati.

La vettura originariamente era stata acquistata dalla casa Krug come pezzo da museo destinato a troneggiare in qualche salone, ma la più dinamica direzione rappresentata dalla Hennessy ha pensato di farne un utilizzo migliore. Come promemoria per la destinazione d'uso, il portachiavi della vettura è rappresentato da un tappo di sughero, firmato ovviamente!

Fonte: http://www.webluxe.it

Strafalcione Ansa sul Roma Wine Festival 2010


Come detto più volte, se si scrive di vino, si dovrebbe almeno avere un minimo di conoscenza base su questo mondo. Io, ad esempio, non scriverei mai di arte antica visto che non ci capisco un tubo. Non tutto, però, la pensano così perchè da una notizia Ansa sul Roma Wine Festival 2010 apprendo che.....

(ANSA) - ROMA - E' un ritorno ''convinto'' quello del mondo del vino a Roma, dove alla terza edizione del Roma Wine Festival (Rwf), in programma sabato e domenica alla Citta' del Gusto, si presenta con 190 aziende, il 50% in piu' rispetto allo scorso anno. Negli spazi del Gambero Rosso enoappassionati e operatori - 5 mila presenze nel 2009 - potranno degustare, nella due giorni a tema Bacco, oltre 700 etichette per un totale di 13 mila bottiglie. Il 25% di esse sono il top del Vigneto Lazio, ma le adesioni delineano la geografia d'eccellenza del Made in Italy di 12 Regioni, e dei blasonati vini del Rodano: gli Chateau Guirad e gli Chateau Climens presentati dal Syndacat Cru Classe' Sauternes et Barsac.

Nemmeno le basi di geografia.......

I vini delle annate sfigate: Brunello di Montalcino Caprili 2003

Eccone un altro, un altro di quei vini che nessuno degli enosnob comprerebbe perché figlio di un’altra annata considerata “sfigata”: la 2003.
Vini cotti
, vini “colazione” da spalmare sul pane come marmellate, troppo caldo in tutta Italia per cui le uve si sono maturate troppo e subito non raggiungendo una buona maturazione tecnologica. Ah sì? Balle! Di nuovo.

Prendete questo
Brunello di Montalcino 2003 prodotto da Caprili, vicino di campo di Soldera, stagnolatelo e stappatelo di fronte ai vostri amici sommelier con la puzza sotto il naso. Shhhhhhh, non fatevi scoprire, non cascate nei tranelli che vi tenderanno con astuzia, fategli fare la degustazione tecnica del vino e poi, tà tàààààààààààààà, lasciateli di stucco.
Anche io, degustando questo splendido Sangiovese, sono rimasto tale, ve lo confesso, perché di fronte ad un’integrità e ad una freschezza di beva così si stenta a credere che sia un vino di un’annata considerata calda.
Il naso è tutt’altro che maturo, concentrato, parte inizialmente sussurrato con note fruttate di ciliegia croccante, poi escono le note più dure e maschie del vino, un leggero boisè, ruggine, tabacco, cardamomo, pepe nero e pietra bagnata. Altro che martellatone americano.
E’ al sorso che il vino, come avevo anticipato, sorprende tutti, è fresco, vivo, con una soffice trama tannica ed una vena acida che ben equilibrano la componente morbida che, forse, ha nell’alcol un po’ troppo esuberante, l’unica nota leggermente stonata.

Ora togliete la stagnola e, come faceva il mago Silvan, sorprendente tutti con un vinoso “Sim Sala Bim”.

P.S.: il Brunello Biondi Santi 2003 mi dicono sia un esempio ancora migliore.

Anche al Concorso Mondiale del vino e degli alcolici di Bruxelles....un premio non si nega a nessuno

Leggevo tempo fa su qualche wine blog che ormai al Vinitaly un riconoscimento non lo si nega a nessuno. Ebbene, leggendo questo articolo de "Il Giornale possono tranquillamente affermare che questo malcostume, perchè di questo si tratta, non è solo italiano. Anzi.

A Bruxelles erano quasi settemila le etichette in gara, bottiglie prodotte ai quattro angoli del pianeta ed è ovvio che se si è generosi le nazioni tornano. Ecco così trovare spazio nel medagliere Paesi che noi italiani nemmeno immaginiamo possiamo un giorno ritrovarci nei bicchiari di casa o al ristorante: Barbados, Belgio, Bolivia, Brasile, Canada, Croazia... fino a Turchia, Uruguay e Venezuela.
Poi è chiaro che al top brillano le solite bandiere, quella francese accanto a Spagna e Italia con la Francia che ha ottenuto 606 medaglie, quindi la Spagna con 378 e noi con 228 ma non scherza nemmeno il Cile con 158.
La Francia anche quest'anno si conferma primatista assoluta del Concours con 606 medaglie (401 Argento, 191 Oro e 14 Gran Medaglia d'Oro) ottenute da 2277 campioni presentati. Al secondo posto la Spagna con 378 medaglie (225 A, 136 O, 17 G) su 1394 etichette presentate. Ed è spagnola anche la più abbondante collezione di Gran Medaglie d'Oro, ben 17, superando di una medaglia il primato, sempre spagnolo, dell'anno scorso.
Per l'Italia 228 medaglie (134 A, 89 O, 5 G) aggiudicate su 949 etichette inviate per le degustazioni. Ben 45 medaglie in più rispetto al 2009. Quarto il Portogallo a quota 177 (107 A, 65 O, 5 G), quindi il Cile con 158 (80 A, 68 O e 10 G, furono la metà nel 2009). Altro paese emergente è il Sudafrica che con le sue 80 medaglie (45 A, 33 O, 2 G) si scopre al sesto posto.
Ma fa ancora più impressione chi che proprio non ci si immagina: il Lussemburgo, paese ospitante l'edizione 2011 del Concours, con ben 31 medaglie totali (24 A, 6 O, 1 G): dieci in più rispetto all'anno precedente, comprensive anche di una Gran Medaglia, di buon auspicio per la prossima edizione, sicuramente ancor più ricca di impegni e di soddisfazioni per questo piccolo paese produttore concentrato nelle valli della Mosella.

In assoluto il miglior spumante è lo Champagne Baron-Fuenté Grand Cru Brut (Francia), il miglior bianco il Viu Manent Chardonnay Reserva 2009 (Cile), il rosè il Casal da Coelheira Rosé 2009 (Portogallo), il rosso il Michel Torino Don David Tannat 2008 (Argentina), il miglior vino dolce il Lustau Solera Reserva Pedro Ximénez San Emilio (Spagna) e l'alcolico top la Tequila Espolón Reposado messicana. In pratica solo le bollicine non parlano spagnolo (ma scontatamente francese).

E l'Italia
? Prima produttrice mondiale di vino, si è classificata terza grazie, nell'ordine, alla Sicilia con 77 medaglie, il Veneto con 41 e la Toscana con 28. Identiche le posizioni risperto al 2009, ma 24 le medaglie in più. Sorprende l'Abruzzo che scala di una posizione la classifica delle regioni più medagliate con 23 riconoscimenti complessivi. Altrettanto bene la Puglia, con poche medaglie in meno, ma con il vanto di una Gran Medaglia d'Oro, attribuita al Terragnolo Primitivo Salento IGT Rosso dell'azienda Apollonio Casa Vinicola, che segna il record assoluto in punteggio ottenuto tra le etichette italiane premiate.
Con le sue medaglie totali la Sicilia conferma il primato di prima regione vinicola d'Italia
.
La Gran Medaglia d'Oro siciliana è stata vinta da Antonello Cassarà Kilim Rosso 2007 (Sicilia IGT).

Fonte: Il Giornale.it

I vini delle annate sfigate: il millesimo 2002 e il Brunello di Montalcino Riserva di Gianfranco Soldera

Quante volte avete sentito dire che l’annata 2002 è stata piovosa e che i vini di quell’anno sono indecenti? Quante volte avete sentito i vari guru del vino dire che nel 2003, annata molto calda, sono usciti solo vini cotti?
Spesso, prima di dire stupidaggini, bisogna capire che il nostro paese, l’Italia, non è tutto uguale: l’influenza del mare, dei laghi, delle montagne, la reale difformità paesaggistica determina inevitabilmente la creazione di molteplici microclimi, anche a distanza di pochissimi chilometri, che rendono l’attività agricola del tutto disomogenea. Mai sentito parlare di macchia di leopardo? Il clima in Italia è tutto fuorché globalizzato.
Questa premessa, per molti inutile, serve a farci capire la futilità di certe affermazioni generalizzate, soprattutto di un 2002 piovoso dappertutto con un’uva che non è giunta a giusta maturazione. Chiacchere da bar anche perché, a tutto questo, dovete aggiungerci anche il cosiddetto “manico” del produttore.
Non pensate male, non è un termine osceno, sto parlando in questo caso dell’abilità del vignaiolo di interpretare al meglio qualsiasi annata attraverso la perfetta comprensione del suo ambiente pedoclimatico.
Intervenire in vigna tempestivamente è fondamentale per la sanità dell’uva.
Gianfranco Soldera
da Case Basse è uno di quelli col “manico”, capisce la terra, la sua terra, come pochi altri in Toscana e forse in Italia.
Il suo Brunello di Montalcino Riserva 2002 è fumo negli occhi per i detrattori del millesimo incriminato, è il Sangiovese che sconfessa la loro fede, imparata a memoria tra giornali di settore e presunte stelle date da sedicenti Consorzi di Tutela.
Rigorosa selezione delle uve, vinificazione naturale e 65 mesi di botte di rovere di Slavonia hanno dato vita a 6.650 bottiglie il cui contenuto lascia cappottare olfatto e papille gustative.
Non c’è esplosione aromatica, tutto è sussurrato, lieve come la brezza di primavera, il sottobosco lo sento da subito, poi esce la dolcezza fruttata della ciliegia, della mora di rovo, della viola appassita. Tocchi di erbaceo. In bocca l’attacco è ampio, il vino si allarga sul palato donando finezza e piacevolezza infinita. Colpisce al sorso soprattutto l’equilibrio del Brunello, davvero da Accademia del Circo, con un tannino perfetto che asciuga la bocca come fosse un velluto. Persistenza da Oscar del Vino.
Che altro aggiungere? Ah sì, è un 2002, un’annata da vini diluiti….

Slow Food Roma e Casa del Jazz presentano: Osterie Moderne


Casa del Jazz - Via di Porta Ardeatina 55

Venerdì 7 Maggio ore 20:30


Tre osterie tra le più interessanti, dialogano, giocano e si confrontano con latradizione: Dino De Bellis dell’Antica Osteria L’Incannucciata, gli chef del Quinto Quarto e Francesco Lucidi di Alchemilla, propongono piatti delterritorio in compagnia di olio, birra artigianale e vino esclusivamente del Lazio, cercando di trovare, per ogni piatto, l’incontro migliore per il massimo piacere del palato. Ronci di Nepi porta il vino, Atlas Coelestis la birra artigianale, Colle San Lorenzo e TenutaLa Cesarina l'olio.


Menù

Erbe selvatiche di Roma - circa 25 tipi di erbette diverse

Snack di coratella ai carciofi


La Carbonara


Risotto alla matriciana su fonduta di pecorino


Coniglio viterbese di razza leprina con erbe aromatiche e purea di patate


Coda alla vaccinara con vellutata di sedano su fondo ristretto di cioccolato fondente


Dolcezze dell’oste


Costo della cena: 35€ soci Slow Food (40€ non soci)

PRENOTAZIONI ED INFORMAZIONI 377 1615140 oppure info@percorsidivino.com

Dieci anni di Brunello di Montalcino Biondi Santi Riserva


Bere Biondi Santi significa entrare nell'anima del Sangiovese, quello vero, quello emozionale, lontano mille anni luce dalla moda del momento perchè questo vino è fatto per durare nel tempo e non per essere declassato. Tre annate di Riserva Biondi Santi possono rimettere al mondo chiunque, anche Parker.



Brunello Biondi Santi Riserva 1995: bere questo Sangiovese, farlo entrare nelle nostre viscere è come mettere un piede all’interno della Cattedrale di Notre Dame de Paris, il senso di maestosità, solennità ed imponenza strutturale che mi ha pervaso l’anima quando ci sono entrato per la prima volta è dello stesso tipo. Questo Brunello è un’opera d’arte firmata Franco Biondi Santi che ha creato in questa un vino duro, monastico, romantico, un Sangiovese per chi ha nel palato la cultura del bello ed essenziale. Da lasciare agli eredi.



Brunello Biondi Santi Riserva 1999: proveniente di un’ottima annata, questo sangiovese si apre da subito su note affumicate e minerali mentre, col tempo, si svelano note più gentile di frutta e fiori rossi alternate a sentori di tabacco da pipa, spezie e un eco mentovato in chiusura. Al palato, il vino, rispetto al precedente, è molto più equilibrato e diretto, le durezze del 1995 sono ben integrate nella struttura del vino. Finale profondo, nobile e di grande lunghezza. In questo Brunello, se pur perfettamente celato, si può notare un leggero cambio stilistico che dona all’opera d’arte linee più morbide, gentili, dirette, senza però entrare nella modernità di un’America lontana, lontanissima.


Brunello Biondi Santi Riserva 2004: non amo mettere voti ai vini, non ho le stesse sicurezze di Daniele Cernilli che gli ha attribuito 100/100, però so che stiamo di fronte all’ennesimo capolavoro dell’azienda. Pura essenza di Sangiovese, al primo assaggio mi viene in mente Robert Parker messo al tappeto da un jab del novantenne Franco Biondi Santi che ha saputo dar vita ad un vino di un’eleganza mostruosa nonostante la sua giovinezza. Tutto dentro al bicchiere è al suo posto, il vortice aromatico molla le briglie immediatamente, prende forma la frutta rossa, la frutta nera selvatica, ritrovo la violetta, la terra, la corteccia, i chiodi di garofani e una sfumatura balsamica di grande impatto e compostezza. Potrei stare ore ad incantarmi davanti a questo sangiovese. La bocca dimostra tutta la struttura di questo vino, c’è tanta roba qua dentro ma la potenza è dolcemente modulata per far durare questo vino nel tempo. Finito il vino mi sono sentito un po’ Michelangelo e, abbracciando la bottiglia, ho esclamato più volte:”Perché non parli”?. Dite che ero ciucco se ho poi visto accanto a me Biondi Santi che gridava, con lo scalpo di Parker in mano, Yes, We Can?

Blog Cafè: Appunti di gola mi succede come miglior blog di vino


Quest'anno nessuno dice nulla? Soltanto Percorsi di Vino non andava bene?

Scusate ma ce l'avevo in pancia....

La beneficenza cinguetta su Twitter: evviva la TwitAsta!

Dopo l'iniziativa benefica organizzata dal CCCP del Gambero Rosso sembra che il web 2.0 sia, tra le varie cose, una fucina di idee benefiche che questa volta hanno preso la forma di un uccellino chiamato Twitter.

Ma di che si tratta? Vi ricordate i promotori di TweetYourWines? Sì? Bene, perchè questa allegra banda ne ha combinata un'altra: tweet dopo tweet , infatti, ha fatto nascere un’altra bella iniziativa di cui vanno orgogliosi e che, con grandissima fantasia, hanno battezzato ‘Twit Asta’.

Facendo uno sfacciato copia ed incolla dal loro sito si riporto tutte le info. Leggiamo insieme.

Stiamo organizzando un’asta di beneficenza a favore di una neonata associazione dell’ospedale Gaslini che si occuperà di dare cure e sostegno ai bimbi nati prematuri e alle loro famiglie.

All’asta andranno le Cromobox che Roberto Colombo ha preparato per Vinitaly: all’interno delle Cromobox alcune bottiglie dei nostri prodotti, selezionati tra quelli delle cantine che hanno aderito al progetto #TweetYourWines e sapientemente distribuiti.

Abbiamo voluto contribuire donando le nostre Cromobox, ricordo di un Vinitaly twittato, e i nostri prodotti, perché vogliamo, nel nostro piccolo, donare un sorriso a questi piccolini e ai loro genitori.

Al di la’ del valore economico delle confezioni, il valore vero sta nel gesto di donare.

L’asta avrà inizio e proseguirà esclusivamente sul web via Twitter dalle h 10 di domenica 30 Maggio alle h 22 di sabato 5 giugno.

Lunedì 7 Giugno, durante la manifestazione Terroir Vino presso il Centrocongressi Magazzini del Cotone (Porto antico di Genova), avverrà l’assegnazione delle confezioni e la consegna ‘virtuale’ del ricavato all’Associazione.

Abbiamo fissato la base d’asta in 50€, senza rispettare l’effettivo valore economico di ciascuna confezione.

Coloro che si aggiudicheranno le Cromobox dovranno effettuare il versamento dell’importo direttamente all’associazione e avranno tutti i nostri più sentiti grazie!

Per agevolare l’asta (e perché siamo twitterAddict) abbiamo pensato di attribuire un # ad ogni confezione, andando così a creare una pagina dedicata ad ogni confezione sulla quale seguire in real time l’aggiudicazione.

Per tenere traccia di quello che stiamo facendo abbiamo aperto un account Twitter (@TweetYourWines), un account FriendFeed (TweetYourWines), una Fan Page su FaceBook e questo blog sul quale verranno presentate nel dettaglio le singole confezioni a partire da settimana prossima.
Per seguire tutta l’iniziativa su Twitter usiamo #tyw, hashtag che ha sostituito quello usato a Vinitaly #tweetyourwines.

Ricapitolando:

Twit Asta dalle h 10 di domenica 30 Maggio alle 22 di sabato 5 giugno, seguendo gli # di ciascuna Cromobox.

Alle h 19 del 7 giugno, consegna del ricavato all’Associazione e delle confezioni ai vincitori dell’asta (prevediamo anche la diretta streaming).

Noi facciamo questo: e tu #cosaseidispostoafare ?

Come saranno i Bordeaux 2009? Chiedetelo a Parker o ai cinesi!


Non sono più vini avvicinabili, almeno per noi poveri mortali che delle valutazioni Parkeriane ce ne freghiamo e che il vino lo beviamo e non lo conserviamo all’interno dei caveau bancari.
L’annata 2009, secondo Wine Advocate, è un millesimo da non mancare soprattutto se esaminiamo alcuni dei punteggi assegnati da Parker:

Angelus 96-100
Lafite 98-100
Latour 98-100
Petrus 96-100
Le Pin 95-98
Clinet 97-100
Clos l''Eglise 96-100
Mission Haut Brion 98-100
Montrose 96-100

Secondo James Suckling, altro sedicente guru del vino d’oltreoceano, i prezzi dei grandi premier cru saranno elevatissimi, molto simili a quelli stabiliti in passato col millesimo 2000 o 2005, con punte di ordinaria follia, aggiungo io, nel caso volessimo acquistare un Lafite 2009. Questo sarà il vero vino cult, un bordeaux talmente ricercato ed apprezzato dai cinesi che, in questa annata, hanno preordinato circa 100.000 casse, ovvero una domanda che supera di tre volte l’offerta. Che gli andasse di traverso!

Se quanto detto finora non vi ha fatto scappare e siete ancora intenzionati ad acquistare qualche grande premier cru 2009, allora seguite i consigli che Paolo Repetto, responsabile di Vinifera, ha messo on line per tutti noi:

Il 2009 a Bordeaux è un'annata veramente eccezionale su tutta la linea.

Tutti i vini sono già stati eccezionalmente quotati dalla critica internazionale (James Suckling di Wine Spectator ha segnalato 14 vini a un potenziale di 100/100).

Ciò significa che la domanda sarà estremamente elevati per questa annata (simile alle annate 2000 e 1982).
I produttori di Bordeaux sono ottimisti sull’annata 2009, confrontandola con l’annata “epica”del 2005, nella convinzione che il 2009 potrebbe essere addirittura migliore. Questi giudizi sono basati sulla superba qualità delle uve portate in cantina.

Christian Moueix, che gestisce Petrus, ha affermato: “Non ho mai visto niente di simile nella mia carriera, una carriera che dura dal 1971!”

Jean-Charles Cazes, la cui famiglia gestisce Lynch-Bages, è ugualmente fiducioso e colpito dalla qualità. Dopo aver degustato i vini il 1 ° dicembre, li ha descritti come “ricchi e potenti, morbidi e raffinati allo stesso tempo” come il padre si ricordò della grande vendemmia 1982!
Soprattutto, considerando l'attuale domanda di Lafite e Mouton, i rapporti provenienti da Baron de Rothschild sono molto buoni, con enologo Philippe Dhalluin che dichiara di aver visto raramente frutto perfetto come quest'anno.


Qual è la migliore strategia di acquisto per il 2009?

Le indicazioni suggeriscono i prezzi di rilascio saranno sostenuti, vicini a livelli dell’annata 2005.
Nonostante questo, si suggerisce agli investitori di attivarsi il più presto possibile al fine di ottenere il miglior ritorno sui loro investimenti. Si prevede che questa annata “blockbuster” attirerà grandi patrimoni da nuovi investitori sul mercato.
Consigliamo in particolare di concentrarsi su Latour, Lafite Rothschild e Mouton Rothschild.
Rapporti provenienti da Bordeaux suggeriscono che Latour avrà le migliori performance nella classifica di punteggi, seguito da vicino dal sempre performante Lafite Rothschild.

Latour e Lafite: note per il 2009

La reputazione Lafite Rothschild ha continuato a salire nei primi mesi del 2010 e la domanda per il famoso Bordeaux Grand Cru Classé non mostra segni di cedimento. Lafite Rothschild è in vetta alle classifiche di investimento Liv-ex per il 2009, con una crescita di oltre il 17% in tutte le annate. In particolare, la performance del 2008 En Primeur è stata incredibile. Al secondo posto Chateau Latour (+12% di crescita).
Con Latour ora più presente che mai nei negozi di vino a Hong Kong (che ricordo dal 2009 ha azzerato i dazi doganali sul vino), i primi mesi del 2010 hanno visto i suoi prezzi aumentare notevolmente.
Considerando che il 2009 è già stato lodato come un 'vintage blockbuster' con i punteggi a tutti i livelli attesi a livello dell’annata 2005, i prezzi futuri di questi vini saranno simili a quelli attualmente oggetto di scambi commerciali per il 2005.

E’ presumibile che il prezzo di Latour e Lafite 2009 sarà intorno agli 11.000/12.000 euro la cassa (x12) al momento della consegna (primavera 2012).

Questo potrà offrire agli investitori un rendimento straordinario nei 24 mesi.

Per capire il potenziale di investimento della vendemmia 2009, bisogna guardare la “grande” vendemmia più recente, che è stata la 2005. Analogamente a quest'anno, la vendemmia 2005 è stata rilasciata a prezzi molto elevati (in effetti la 2005 è utilizzata come riferimento per i prezzi di quest'anno), e così fare una comparazione 2009-2005 dovrebbe dare una buona indicazione la possono aspettarsi i rendimenti degli investitori.
Con l'inflazione e l'afflusso di cinesi e compratori asiatici nel mercato, bisogna aspettarsi che la maggioranza dei vini del 2009 potrà superare le prestazioni della 2005. Inoltre, anche i punteggi dovrebbero superare quelli relativi all’annata 2005.
Riservando ora l’acquisto, gli investitori possono garantirsi il prezzo di emissione iniziale. Ogni anno i prezzi tendono ad aumentare molto rapidamente nel corso delle settimane, soprattutto a ridosso del rilascio, pertanto, è di grande importanza per l'investitore garantirsi il loro vino il più presto possibile.

E voi che fate? Investite in vino?

Il CCCP, Gianfranco Fino e la verticale di ES. Sapori di Puglia su Percorsi di Vino

Il Circolo Conviviale Colonna Pugliese (CCCP) rappresenta il braccio politicamente scorretto del forum del Gambero Rosso. Luciano Lombardi, meglio conosciuto col nick di Vignadelmar, ha organizzato presso la sua Osteria un’interessante verticale di ES, un Primitivo di Manduria da impazzire prodotto da grande artigiano del vino: Gianfranco Fino.
Ecco il risultato della splendida verticale che Avvonico, uno degli amici pugliesi presenti, ha scritto per noi:


Es 2004


La prima annata prodotta, e quella in cui la terziarizzazione si sente sensibilmente - pur avendo il vino ancora molto da dare - sotto forma di cuoio e tabacco biondo. E poi le spezie, sempre presenti in tutte le annate di questo Primitivo. Un distinto signore inglese di mezza età, con la sua pipa a caratterizzarne l'olfatto. E un abbinamento strariuscito con i pecorini stagionati - ed anche affinati in fossa - propostici dall'Oste.


Es 2005


Annata un po' sotto tono rispetto alle altre: niente di storto in assoluto, ma bevuto assieme a 2007 e 2008 ha dovuto cedere, sia pure con l'onore delle armi. Le caratteristiche organolettiche sono all'incirca le medesime degli altri, ma con qualcosina in meno sia a livello di intensità che di complessità. Intendiamoci, bevuto da solo sarebbe comunque risultato un grande vino, ma...le verticali mettono in evidenza anche queste particolarità.


Es 2006


Si avverte un cambiamento di marcia, un allungo rispetto alle annate precedenti. Natura più benevola, affinamento delle tecniche di allevamento e vinificazione? Rimane il dubbio; dubbi che invece non possono rimanere sulla riuscita di questa versione, che segna appunto come una cesura tra la prima produzione e quella più recente. Un punto di svolta. L'Es viene fuori dalla fase giovanile, e diventa adulto. Il preludio alla versione che verrà l'anno dopo, e che costituirà il capolavoro della breve serie fin qui eseguita. Grande con l'agnello al forno con patate.


Es 2007


Immenso. Questo campione merita davvero tutti i riconoscimenti attribuitigli, e forse anche altri. In quest'annata il bravissimo produttore è riuscito a sintetizzare al meglio, e ad armonizzare alla perfezione, tutte le caratteristiche del suo vino. Colore impenetrabile, acidità straordinariamente elevata, tannino poderoso ma elegante, struttura "sferica", che riesce cioè a racchiudere ogni elemento senza che nessuno possa fare gioco a sè, o tentare un fuga in avanti. Tutto è stabilmente al suo posto, come in un ordine precostituito. Come le ballerine del Moulin Rouge, tutte della stessa altezza. Un equilibrio quasi magico, una corrispondenza perfetta tra vista, olfatto e gusto. Amarene, un accenno di tabacco, leggere note vegetali di foglie d'olivo a tenere stretta la relazione con la sua terra, tante spezie morbide. Persistenza lunghissima. Abbinamento valido con tutte le pietanze preparate da Luciano. Se può essere un indice di piacevolezza, non riuscivo a berlo senza socchiudere gli occhi. Tiene fede al suo nome, Es, il piacere secondo Freud. E lancia definitivamente le ambizioni di questo giovane, ma già grande, produttore.


Es 2008


Un bimbo in fasce. Ciliegiona in evidenza, poi spezie dolci, e poi tannini e acidità a bilanciarne le morbidezze. Ruota piano nel bicchiere, archi e lacrime a testimoniarne la struttura e la vena alcolica importante. L'alcol, appunto: tanto ma ben integrato, così come la struttura che lo regge: per l'insieme delle caratteristiche organolettiche il vino scende giù senza fatica, e si beve con grande facilità. Un plus con le lasagne al ragù di cavallo preparate da Vignadelmar. Sono d'accordo con Luciano quando ne pronostica un grande avvenire, insieme al bel presente.


Le foto sono di Nico Morgese. Bravissimo.

Il buono, il brutto ed il cattivo del Gewürztraminer dell'Altro Adige

IL CATTIVO

La domanda è: perché? Perché da un po’ di tempo non mi piace più il Kastelaz di Elena Walch? Tristemente mi rispondo che sicuramente è cambiato qualcosa, esigenze di marketing, altro manico in cantina, non so, però qualcosa è cambiato e, a mia opinione, in peggio. Ormai questo Gewürztraminer è una caricatura di sé, troppo grasso e pomposo già al naso dove esce inizialmente una salamoia poco varietale che solo dopo qualche minuto lascia il passo a note di frutta esotica matura, frutto della passione soprattutto, e note oleose di frutta secca. Non c’è leggerezza, i fiori non si sentono, c’è una mineralità compressa che non aiuta a fornire eleganza e complessità.
Al sorso il vino è pesante, il residuo zuccherino di 8 g/l si fa sentire e rende la bocca quasi impastata, pesante, e la media freschezza del vitigno non aiuta certa a rendere pulito il cavo orale. Finale comunque lungo e persistente. Anche troppo. Non ce lo vedo come vino da tavola, coprirebbe tutto e stancherebbe dopo un bicchiere.

IL BRUTTO

La bruttezza qua riguarda solo la bottiglia, con una etichetta ed un collarino verde acido che ha qualcuno, durante la degustazione, ha fatto ricordare l’austera bruttezza di alcune bottiglie di vino austriaco che hanno un’acidità pari al colore della loro etichetta.
Detto ciò vorrei parlarvi di Christian Kerschbaumer, dal nome tipicamente siciliano, giovane viticoltore e cantiniere dell’azienda vinicola Garlider a Velturno che produce un Gewürztraminer da agricoltura biologica e in cantina utilizza soprattutto lieviti autoctoni.
Questo vino, figlio della Valle d’Isarco, si stacca nettamente come profumi e corpo dal Kastelaz e, più in generale, sembra avere delle caratteristiche più ad un Sylvaner o da Grüner Veltliner che da Gewürztraminer. Il suo bouquet aromatico si presenta infatti di grande austerità, minerale, quasi fumè, con tocchi di rosa e chiodo di garofano. In bocca torna la bella nota minerale, è equilibrato, ampio, rotondo, sicuramente elegante anche se non ha quell’aromaticità e quell’intensità che spesso ritroviamo nella tipicità del vitigno. Ottima la persistenza. Beva compulsiva.

IL BUONO

La scelta è stata dura, potevo scegliere il solito
Kolbenhof di Hofstatter, oppure il sorprendente Brenntal di Cantina Cortaccia, invece la palma del più buon Gewürztraminer degustato la scorsa settimana all’AIS Roma l’ho data al Feld di Armin Kobler, piccolo viticoltore della Bassa atesina che dai suoi due ettari di vigneto, di cui il Feld rappresenta un cru, fa uscire dei prodotti davvero interessanti e dall’incredibile rapporto q/p. Questo Gewürztraminer, con solo 3,5 g/l di zucchero residuo, rappresenta un piccolo capolavoro enologico, un vino non per stancare ma per fornire piccole emozioni. Nel Feld non c’è nulla di pomposo, non passano le majorette e non ci sono i clown americani, qua c’è solo eleganza, uno stile aromatico giocato su note di rosa, il litchi, agrumi, pesca, noce e un garbato minerale di contorno.
Al palato il Feld è solo progressione, eleganza, garbata potenza e grande persistenza. Chiude rotondo, senza la classica nota amarognola del Gewürztraminer che molti tendono a contenere con residui zuccherini al limite dello stucchevole.
Beva fantastica. Prezzo f.c. circa 11 euro. Ne voglio un bancale!

Quel (vino) rosso di D'Alema!

L’idea c’era da tempo. I dettagli sono stati messi a punto qualche tempo fa nel corso di una cena che non è sbagliato definire di «vertice», anche se atipica. Al tavolo c’erano, il líder máximo Massimo D’Alema, l’allora governatrice dell’Umbria Maria Rita Lorenzetti e il «re» degli enologi Riccardo Cotarella. Tre personaggi di spicco a discutere, non di guerra tra le fondazioni democratiche e nemmeno dei riflessi occupazionali della crisi del comparto lusso o di disoccupazione umbra, ma di technicality; dettagli burocratici e produttivi relativi alla prossima impresa dalemiana: una tenuta di viti per produrre un vino. Rosso e di lusso, si intende.

La notizia l’ha data ieri il Giornale dell’Umbria che ha individuato in Montecastrilli, tra Todi e Terni, l’area scelta da D’Alema per il suo esordio tra i produttori di vini. Ma in ballo ci sarebbe anche un’altra proprietà, dalle parti di Otricoli, al confine con il Lazio. Alla fine entrambi i vigneti potrebbero finire tra le proprietà di D’Alema.
Nessuno nel Ternano si è sorpreso della scelta di Massimo D’Alema. Sono ormai storia le sue incursioni culinarie che hanno contribuito a lanciare il cuoco Gianfranco Vissani. Ed è noto che D’Alema apprezzi questa zona, che si trova a pochi chilometri dalla Capitale, ma dentro la macro regione rossa composta da Emilia-Romagna, Toscana e Umbria.
I dettagli sono ancora da definire. Il riserbo sull’operazione è totale. Il nome dell’ex premier non risulterebbe nemmeno tra i proprietari del vigneto che dovrebbe essere intestato a uno studio legale romano per essere poi gestito dai figli del presidente del Copasir. Si sa che il terreno non supererà i 4-5 ettari perché l’obiettivo non è tanto fare produzione di massa, magari da regalare alle feste del Pd, quanto portare poche bottiglie sulle tavole che contano.
I tempi comunque non saranno brevissimi e non per colpa della politica. Per maggio è in programma l’impianto delle viti. Questo significa che prima di avere bottiglie della premiata ditta D’Alema, bisognerà aspettare almeno cinque anni. Prima di allora, sarà costruita la cantina, dove si imbottiglierà il rosso.

Ancora non è stato deciso il nome. Scelta importante, con possibili ricadute anche politiche. Ogni riferimento al rosso, tanto per dirne una, finirebbe per assumere connotati politici e rischierebbe di imbarbarire un’operazione che invece punta tutto sul livello alto.
L’obiettivo di collocare il vino tra quelli di lusso è dimostrato anche dalla scelta dell’enologo, che sarà quasi sicuramente Riccardo Cotarella, orvietano che si è imposto nel mondo ed è diventato il tecnico di fiducia di personaggi del calibro di George Clooney, Roman Abramovich e anche di Silvio Berlusconi.
E questo è l’altro dato sensibile, che potrebbe rendere più amaro il vino dalemiano. Cotarella è un enologo di fama mondiale e non bada di certo all’appartenenza politica dei clienti e tantomeno dei vip che si affidano ai suoi consigli. Ma i tempi sono quelli che sono, e c’è da scommettere che, quando la cosa diventerà ufficiale, qualcuno griderà al complotto, applicando la proprietà transitiva al terzetto D’Alema-Cotarella-Berlusconi.
Due politici, un premier e un ex premier; il leader del centrodestra e uno degli azionisti di maggioranza del Pd; con lo stesso enologo. Roba da scatenare retroscena su un nuovo «dalemone», ma in versione country chic. Un inciucio innaffiato da un vino rosso umbro. Costosissimo però.

Fonte: Il giornale

Luciano Pignataro e la carica dei 101....vini da bere

Non ci sono dalmata ma solo storie di piccoli grandi vignaioli nell’ultimo libro di Luciano Pignataro intitolato “101 vini da bere almeno una volta nella vita”, un libro e non una guida, come ci tiene a precisare lui stesso, all’interno della quale il lettore troverà più di cento etichette di vini selezionati che, tranne rare eccezioni, non superano il prezzo di 10 euro franco cantina.
Storie di vino quotidiano che il giornalista de “Il Mattino”, nonché prossimo curatore di Slow Wine, ha voluto condividere la scorsa settomana col pubblico romano dell’AIS che si è ritrovato nel bicchiere interessanti vini quotidiani. Dei nove presenti quel giorno ho scelto di scrivere su:

Cantopassi - Terre Rosse di Giabbascio Catarratto 2009: Centopassi è un marchio vitivinicolo che raggruppa varie cooperative che aderiscono alla rete Libera di Don Luigi Ciotti e che producono vino dalla terre confiscate alla mafia. Solo per questo comprerei questo vino, da vigne di oltre venti anni di età, che presenta un naso dolce, giocato su toni di frutta bianca mediterranea, melone bianco su tutti, e fiori di acacia. Dolcezza che in qualche modo è stemperata da un fondo sapido che rende il tutto più elegante e meno stucchevole. In bocca c’è perfetta sintonia col naso, si ripropone questa morbida dolcezza a cui si affianca una sapidità che rende il palato abbastanza armonico ed equilibrato. Bello il finale dove ritorna il floreale bianco (mandorlo) e la frutta bianca matura. Costo f.c. circa 10 euro

Azienda Agricola Petrussa - Pinot Bianco 2008: da una piccola azienda familiare friulana, attenta da sempre al biologico, nasce questo interessante pinot bianco dall’impostazione severa, tradizionale, che si apre su note minerali, quasi fumè, intervallate da sbuffi di frutta bianca, fiori di sambuco e fieno. Al palato è fresco, puro, riempie senza sbavature e con una progressione minerale davvero interessante. Costo f.c. circa 10 euro

Ciro Picariello – Fiano di Avellino 2007: non è una sorpresa per me, stiamo parlando di uno dei migliori bianchi italiani in circolazione. Questo fiano ha un intrigante naso floreale dove percepiamo nettamente la ginestra ed il tiglio, poi escono le note minerali, di bergamotto e di macchia mediterranea (ruta). Il sorso rivela una grande freschezza giovanile, la spalla acido-sapida tiene in equilibrio una importante struttura. Grande persistenza finale per un vino giovanissimo che potrà sicuramente regalare emozioni in futuro. Costo f.c. circa 8 euro

Azienda Vinicola CarboneTerra dei fuochi 2007: di questa azienda ne avevo sentito parlare positivamente si Vinix e devo dire che non si sbagliavano. Il monte Volture, terreno lavico ricco di potassio ed estremamente fertile, regala questo Aglianico di grande espressione territoriale che colpisce per la sua anima nera, minerale, selvatica, dove la grafite si fonde al catrame, alla china, alla radice di liquirizia e alla frutta nera di rovo. La bocca è armonica, 12,5° di alcol sono un piacere per il palato che rimane basito per l’estremo equilibrio di questo vino del quale non possiamo non apprezzare l’estrema facilità di beva. Un sorso dal vulcano. Prezzo f.c. circa 7 euro

AR.PE.PEGrumello riserva Rocca de Piro 2004 : L'azienda vitivinicola Ar.Pe.Pe., che prende il nome da Arturo Pelizzatti Perego, si trova nel cuore della Valtellina e produce da sempre “nebbiolo (chiavennasca) di montagna” di grande classe che viene commercializzato solo quando si pensa possa essere alla sua massima espressione. Non bisogna perciò stupirsi se ora in commercio troviamo il Sassella Riserva Rocce Rosse 1997 o questo interessante Grumello Riserva 2004. Di un rosso rubino vivo, con riflessi rosa corallo, offre aromi eleganti di arancia amara, rosa, lampone, cuoio, tabacco, liquirizia. L’assaggio non delude per equilibrio e coerenza. L’ottimo tannino supportato da una buona freschezza rendono il sorso godibile, ampio, di bella persistenza. Un vino che non smetterei mai di bere per la sua leggerezza ed armonia. E se questo è il vino base…..

Le Macchiole: verticale storica di Paleo

Ancora una volta una interessante verticale, stavolta vi (ri)porto a Bolgheri, a Le Macchiole, per parlarvi di come il Paleo, il vino più amato da Cinzia Merli Campolmi, sia cambiato nel tempo snaturando quello che una volta era un “semplice” blend di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc.

In occasione del Roma Vino Excellence & Merano Wine Festival e alla presenza non solo di Cinzia ma anche dell’enologo Luca D’Attoma, abbiamo valutato il vino, anno dopo anno, partendo dal 2000, tralasciando in questo excursus solo il millesimo 2002 per il solo fatto che in azienda ne avevano poche scorte residue.

Paleo 2000 (CS 70% - CF 30%): eccellenti condizioni climatiche in primavera. Invasatura anticipata di circa 10 giorni. Estate inizialmente regolare, poi torrida da metà agosto a metà settembre. Maturazioni anticipate che hanno portato ad anticipi di vendemmia anche di dieci giorni di media. Il Paleo, in tale annata, è estremamente sapido, marino, il profilo olfattivo è rappresentato da erbe aromatiche, frutta nera, note minerali e vegetali che, come ha affermato D’Attoma, col tempo si sono stemperate.
Bocca compatta, lievemente salmastra, manca un po’ la spinta acida che non riesce ad equilibrare la verve alcolica. Le note minerali prolungano a sufficienza la persistenza.

Paleo 2001
(CF 100%): il passaggio totale al Cabernet Franc non poteva avvenire in una stagione migliore, un inverno mite, una primavera fresca ed un’estate non troppo calda hanno permesso alle uve di raggiungere una maturazione ottimale. Naso ricco di frutta nera di bosco, spezie ed erbe officinali che lo rendono estremamente deciso e dai profumi intensi. Al gusto ampiezza, complessità ed equilibrio si fondono come strumenti in una grande orchestra. Lunga la chiusura finale.

Paleo 2003
(CF 100%): autunno ed inverno molto piovosi e rigidi, primavera ed estate calde e siccitose hanno generato, come sappiamo, anticipi di maturazione e problemi i maturità fenolica delle uve. Il vino, nonostante tutto, riesce a mantenere una certa personalità e una discreta profondità olfattiva giocando su opulenti note di frutta rossa, cacao e caffè. Non avrà certo lo spessore e la lunghezza del 2001 però rappresenta sempre una ottimo risultato in una zona non proprio fresca come la costa bolgherese.

Paleo 2004
(CF 100%): non c’è nulla da fare, la 2004 a Bolgheri è stata una grandissima annata, l’andamento climatico è stato il più regolare degli ultimi venti anni e così come accaduto per il Sassicaia, anche per il Paleo siamo di fronte al miglior vino della giornata. Naso ampio e ricco di sensazioni balsamiche, minerali, c’è un cesto enorme di frutta rossa dentro il bicchiere, poi esce tutto il mediterraneo di Bolgheri e qualche effluvio di spezie nere. Al palato è ineccepibile, avvolgente, pieno, sapido, equilibrato, è un vino che possiamo aprire con sommo gaudio ora come nei prossimi dieci anni.

Paleo 2005
(CF 100%): questa annata è stata caratterizzata da un inverno abbastanza rigido, una primavera mite e un’estate con temperature fresche soprattutto in Agosto dove, a metà mese, si sono avute piogge copiose. Questa freschezza climatica la possiamo risentire anche nel vino che è meno potente dei precedenti ma sicuramente più fine, elegante, si apre con sensazioni di mora, cassis, tabacco da pipa, spezie nere e delicati effluvi vegetali. In bocca non manca certo di materia e di equilibrio, il tannino spinge meno rispetto al 2004 e questo regala una fluidità di beva non indifferente. Persistenza finale di buona qualità.

Paleo 2006
(CF 100%): andamento stagionale molto regolare, le temperature non sono state mai né troppo fredde né troppo calde, consentendo la conservazione delle risorse idriche necessarie e uno sviluppo ottimale del potenziale aromatico e produttivo. Naso ben rifinito, cristallino nelle sensazioni di frutta nera (non rossa come il precedente), rosmarino, yogurt al mirtillo, polvere di cacao. Al palato c’è molta concentrazione e meno freschezza rispetto alla 2005, si sente la tanta polpa e forse un’influenza del legno che non si era notata nelle altre annate. Da aspettare nell’evoluzione.

Paleo 2007
(CF 100%): anteprima assoluta per i presenti. Si ritorna verso una maggiore finezza, nonostante il vino sia ancora in fase di affinamento, si intravedono belle potenzialità sia aromatiche che gustative con una bocca già ottimamente equilibrata, senza eccessi né sbavature. Dopo la 2004 forse rappresenta il miglior Paleo in prospettiva. Chi vivrà vedrà!

Tutti contro l'highlander del vino. Il caso Fiat Doblò.



C’ho messo un po’ a pubblicare sto post, molti prima di me mi hanno anticipato, però volevo essere sicuro che lo spot del Fiat Doblò non faceva cagare soltanto a me. E così è stato.

Anzitutto, e lo dico da consumatore, lo spot è ridicolo e non me ne frega un emerito che sia stato diretto da Gabriele Muccino. Anzi, peggio mi sento, visto che si sarà preso fior di quattrini dalla Fiat che, invece di pagare gli operai in cassa integrazione, spende fior di euro per ste scemenze.

Lo spot, mi ripeto, è ridicolo. Guardatelo e poi vedete se facendo queste considerazioni sbaglio:

  • Lambert ormai assomiglia a Babbo Natale, non è più il figo di una volta, e con la spada ormai fa solo che ridere. Mi mette più paura topo gigio cavaliere.
  • Lambert è francese. Cavolo. Ma che a noi i francesi fanno fare la pubblicità della Renault? Ce lo vedete l’A.D. della casa automobilistica francese che chiama Verdone (che è mille volte meglio di Lambert come bravura) che promuove la Scenic facendo il coatto romano che va a prendere Carla Bruni all’Eliseo?
  • Non sono nazionalista ma….la Fiat è italiana, piemontese, Muccino è italiano, e loro che vino vanno a reclamizzare nello spot? Piedra Negra, un vino da uva Malbec. Argentino. Porca misera, e qua riprendo gli amici di Sapori del Piemonte, ma non potevate valorizzare uno dei tanti splendidi vini piemontesi mettendo come panorama le Langhe? Quelli della Leo Burnett, cioè i signori del marketing made in Fiat, sono mai stati a La Morra? Avete visto che razza di panorami che ci sono là? Altro che Mendoza….
  • Almeno, si dirà, Lambert si promuove come produttore di vino….. Sicuri? Il tanto sospirato vino Piedra Negra non lo produce Lambert ma François Lurton. Francese che ha proprietà in Argentina, Cile, Francia, Portogallo e Spagna.

Vogliamo ancora farci del male?

Ah, ecco un vecchio spot. Notare la differenza.