di Carlo Macchi
L’ingresso è a dir poco minimalista e se non fosse per gli adesivi delle varie guide che riempiono la più semplice porta del mondo nessuno potrebbe pensare che dentro vi sia un luogo che vale il viaggio, anche dalla mia Toscana.
Ma andiamo con calma: apri la porta e un grande banco frigo, pieno di salumi e formaggi (roba seria!) attira inevitabilmente lo sguardo che, dopo un attimo di “assuefazione”, può anche spaziare sul bendiddio che si trova negli scaffali di questo che sembra, anzi è, anche un fornitissimo negozio di specialità alimentari. Ma siamo appena all’inizio del nostro viaggio tra stanze, stanzine, stanzone, stanzette, qualcuna rigorosamente arredata da un numero incredibile di bottiglie di vino.
La saletta centrale è praticamente una fornitissima enoteca dove puoi sederti a mangiare allungando le mani su una serie infinita di ottime bottiglie, le altre sono spazi neanche tanto spartani e ben congegnati, dove l’apparecchiatura con tovaglietta di carta serve solo a sottolineare il credo di Palmiro Gangini, meraviglioso sindaco romagnolo impersonificato da Paolo Cevoli: “Fatti, non pugnette!”
Siamo in Romagna, a Faenza e La Baita di fatti ne mette in tavola a bizzeffe. Il negozio di specialità alimentari c’è sempre stato ma diversi anni fa il compianto Roberto Olmeti prese la palla al balzo ampliandolo e trasformandolo in un locale tra i più centrati che io conosca. Oggi dirige le danze la signora Rosanna assieme al figlio Fabio e la proposta parte da un’infinita serie di salumi e formaggi per arrivare ai piatti caldi, che mi piace definire dei “concreti svolazzi di piacere”. Infatti i piatti serviti alla Baita partono dalla concreta tradizione, anche quella del quinto (e quasi sesto) quarto per essere proposti con leggiadria (ma per fortuna non con leggerezza). Ti ritrovi così a mangiare, come antipasto, una frittata di porri e pancetta di mora romagnola e come primi delle Tagliatelle ai 24 rossi con rognoncini di vitello e limone oppure una lasagna bianca con cicoria e ragù di pancia di pecora.
Tra i secondi non può mancare il Cotechino con salsa verde e purè ma la mia scelta è andata sulle polpette di trippa e cicorino selvatico, mentre l’altro commensale si è sbafato la guancia brasata al sangiovese con castagne di Marradi e tartufo nero.
Attenzione, alla Baita si può andare (la stragrande maggioranza lo fa) a mangiare anche un solo piatto oppure a farsi fare un panino, ma se avete un po’ di tempo (non molto, il servizio è celere) vi conviene gustare almeno due piatti e non fatevi impaurire dagli ingredienti; la mano è leggera e la digestione tranquilla. Naturalmente è curatissimo l’asporto, che in tempi come questi è basilare.
Ma veniamo ai vini, che sono una delle attrazioni di questo locale: Ronnie Asioli cura la selezione, con proposte che coprono l’universo mondo e hanno tutte la caratteristica di essere proposte con ricarichi da enoteca con prezzi bassi.
Basso sarà anche il prezzo finale: con un piatto e un calice di vino puoi arrivare a 15-18 euro, mentre facendo un pranzo completo (per esempio il nostro: tre persone, tre piatti a testa, due bottiglie!) ti piazzi attorno ai 45 euro. Insomma, invece di andare a cercare una baita in montagna per mangiare bene, fate un salto a Faenza e troverete la Baita dei vostri sogni.
Osteria ristorante la Baita, Via Naviglio 25/C , Faenza (RA)
Tel. 054621584
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