Grandi vini da piccole vigne, primo festival meridionale delle piccole vigne, è stato sicuramente un evento che mi ha lasciato bellissimi ricordi e, dal punto di vista enologico, l’ho trovato sorprendente
e alternativo. Sorprendente perché onestamente non pensavo di trovarmi di fronte a così tanti prodotti di grande qualità (plauso a Luciano Pignataro ed Mauro Erro per la scelta delle cantine), alternativo perché nei giorni passati, a Castelvenere, si era di fronte ad un bere differente, lontani dalle mode e dai richiami del successo, c’erano solo loro, una manica di umili vignaioli che col sudore producono poche bottiglie e che si imbarazzano se gli fai un complimento sul vino che versano nel bicchiere. Andare ai loro banchi di assaggio è come entrare un po’ a casa loro, ti aprono il loro mondo di cui ancora sono un po’ gelosi, non c’è ostentazione ma solo tanto lavoro contadino. Uno di questi grandi piccoli vignaioli è
Alessandro Lonardo che con la moglie
Enza e le figlie, più un ristretto numero di validissimi collaboratori tra cui l’enologo
Maurizio De Simone, porta avanti dal 1998 il marchio “
Contrade di Taurasi”, la cui filosofia aziendale si basa su principi chiari e imprescindibili: • Uso di materie prime provenienti solo dai vigneti aziendali; • Sperimentare nuove tecniche agronomiche ed enologiche nel rispetto della tradizione; • Ottimizzare i processi di produzione al fine di raggiungere un giusto rapporto q/p; • Uso di lieviti autoc
toni per esaltare le caratteristiche organolettiche tipiche del vino. Prologo della manifestazione, ed interessante occasione per conoscere ed apprezzare questa importante cantina, è stata la verticale del
Taurasi Docg delle Cantine Lonardo – Contrade di Taurasi nelle annate
: 2005 – 2004 – 2001 – 2000 – 1999 – 1998.
2005: questa è stata la prima annata dove si sono utilizzati lieviti autoctoni selezionati dopo che, nel 2001, è stato avviato il progetto con il Prof. Giancarlo Moschetti dell’Università di Palermo. Ultimo millesimo in commercio, è ancora un bimbo in fasce e lo si capisce dal fatto che il timbro fruttato è ancora quasi preminente su tutti gli altri riconoscimenti olfattivo. Frutta rossa, croccante, ben definita accompagnata da una nota di vinosità. In bocca si conferma giovane ma potente, compatto, con un tannino tutto da smussare ed una bella vena acida che permetterà a questo vino di evolversi per ancora tanto, tantissimo tempo.
2004: figlio di una annata che definiscono ottima, presenta un quadro aromatico già più complesso ed elegante del 2005: la frutta è più evoluta, strutturata, escono tono floreali e un lieve minerale. La bocca è molto più aggraziata, se vogliamo più esile della precedente annata, ma l’equilibrio raggiunto è gia stupefacente e fa sì che questo Taurasi sia di grande bevibilità ora e di grande futuro tra pochi anni. Ottimo.
2001: andiamo indietro nel tempo e subito il naso lo riconosce, il vino è più profondo, cupo, complesso, sa di chiodi di garofano, marasca, erbe aromatiche. Un Taurasi che esprime in questa annata un’anima mediterranea e che in bocca, nonostante gli otto anni di età, è ancora ricco, equilibrato e di bella persistenza su ritorni speziati. Piccola curiosità: per fare questo vino le uve sono state vendemmiate in cinque passaggi.
2000: è un vino figlio di un’annata calda, un vino che esprime comunque al meglio tutti i caratteri del millesimo senza risultare “cotto”. Il naso è più immediato, diretto, l’esuberante nota alcolica fa da volano alle sensazioni di frutta in confettura, spezie, fiori rossi macerati. In bocca è chiaramente caldo, la nota alcolica è un po’ bruciante e per questo risulta meno elegante dei suoi fratelli minori. Sicuramente il peggiore della batteria ma, se adeguatamente abbinato a tavola, darà grandi risultati.
1999: entriamo con questo vino in una dimensione più eterea, forse la quintessenza del Taurasi che con questa annata si fa accattivante, di rara complessità con un’impronta aromatica di frutta rossa matura impreziosita da eleganti spunti di grafite, goudron, radici, polvere di caffè, humus, fiori rossi essiccati. Bocca di grande carattere ed eleganza, di ottima finezza e raro equilibrio. Forse manca un pò nella persistenza finale. Rimane un grande vino, uno dei migliori della batteria per integrità, grazia e complessità.
1998: è il primo anno di produzione del Taurasi, i protagonisti ci raccontano di un vino fatto quasi in garage, estremamente artigianale, dove la voglia di fare in qualche modo sopperiva un’esperienza ancora da sviluppare. Il vino sia al naso che in bocca denota non è integro come l’annata precedente, i capelli bianchi ci sono e si fanno notare soprattutto per quanto riguarda l’equilibrio generale che denota una iniziale scissione tra parti dure e morbide del vino(soprattutto l’acidità). Nonostante questo siamo di fronte ad un bel Taurasi che, sorso dopo sorso, si lascia bere alla grande e che, nonostante questi piccoli difetti, farebbe le scarpe a molti vini che ancora oggi troviamo in commercio. La classe c’è e non è acqua…è vino!