Piccoli vignaioli laziali crescono: l'azienda agricola TreBotti

Indovinello. Se una famiglia fa di cognome Botti cosa può fare nella vita? E se i fratelli che vogliono produrre vino sono tre? Allora l'azienda vitivinicola non potrà che chiamarsi Trebotti!!
Nel Lazio non sono in pochi a puntare su questi giovani produttori di origine trevigiane che recentemente, nel 2003, hanno acquisito alcuni terreni collinari nella zona della Valle Teverina e sull’Oasi di Alviano, circa 18 ettari di terreni collinari, che offrono un perfetto laboratorio naturale ove sperimentare e creare vino di qualità, seguendo i dettami dell’agricoltura biologica.

La vendemmia 2005 è stata la prima della storia della TreBotti, le varietà di uve bianche sono le tipiche della DOC Orvieto, quali Grechetto, Trebbiano e Malvasia, cosí come le varietà rosse, quali Montepulciano e Sangiovese.I nuovi vigneti sono di Montepulciano, Grechetto e di Aleatico, vitigni autoctoni frutto di un progetto con la Facoltà di Agraria della Tuscia, dai quali è nato il Bludom, aleatico passito rosso, un vino davvero interessante e sul quale punterei per il futuro.

Con una produzione di 900 bottiglie l'anno, questo vino, che definirei da pura meditazione, si presenta con un bel colore rosso rosso rubino intenso e presenta al naso un complessi ed eleganti sentori di ciliegia, mirtillo, mora, confettura di fragole, rosa rossa, viola appassita e pepe rosa.

In bocca entra caldo, intenso, morbido, con un bell'equilibrio tra alcolicità e dolcezza su un leggerissimo sfondo tannico. Finale persistente con lunghi e piacevoli ricordi di frutta di rovo e fiori rossi passiti. Che bella sorpresa per un vino che al pubblico costa non più di 15 euro. Da provare con la pasticceria secca laziale o con una bella fetta di gorgonzola....mmm che gusto!!

Il vino dell'anno per Wine Spectator è...and the winner is...........

E il vincitore è????? un Borgogna? un Bordeaux? Dai Andrea non tenermi sulle spine...un piemontese o un toscano? Magari un alsaziano? Al massimo per patriottismo potrei azzardare che hanno fatto vincere un californiano. No guarda, veramente ha vinto:

Casa Lapostolle Clos Apalta Colchagua Valley 2005


CHI???????????????????????

Un cileno caro amico mio, il vino dell'anno è un cileno, non sai che dal Cile vengono i migliori vini del mondo? E te che ancora vai in giro per la Borgogna o vai in Champagne o in Langa a cercare vino di bere. Là è il nuovo paradiso, al massimo col pinot nero o col nebbiolo taglieremo la prossima partita di Tavernello Riserva.
Beh Andrea vedi che questa rivista sta avanti coi tempi? Devi cambiare il tuo modo di pensare, siamo tutti globalizzati adesso, magari scopri che ti sbagli e hai di fronte un vino magnifico.
Hai ragione caro amico mio, forse sono un talebano del vino, però a me certe logiche, soprattutto commerciali, non le trovo in linea con la mia visione di vigna e vignaiolo.
Ma l'hai assaggiato il vino prima di giudicare? No caro amico però sto giudicando ora la rivista Wine Spectator......Andrea dove stai andando??? Scusa ma mi manca un pò di carta per la cuccia del gatto...

Wine Spectator's Top Ten Wine's of 2008: 4.......3........2!!!

Inseriti i vini alla posizione quattro, tre e due. Ancora tanta Francia (stavolta anche con un vino dolce) e, a sorpresa, un portoghese dalle grandi prospettive.
Torno supertelegattone e vi dico che al numero quattro troviamo:

Château Guiraud Sauternes 2005
97 points / $579,165 cases madeFrance

Bordeaux's sweet wines shared the limelight in the region's legendary 2005 vintage. Many châteaus, like Guiraud, long under the direction of Xavier Planty, produced their best wine ever. During the harvest, grape pickers passed painstakingly through the estate's 210 acres of 35-year-old Sémillon and Sauvignon Blanc vineyards, selecting only grapes affected by botrytis. By harvest's end, each acre yielded only enough grapes for 54 cases of wine, with about 20 percent of that set aside for the estate's second label.

Al numero tre un rosso portoghese che non conosco ma che, visto il mio amore per quella terra, mi riprometto di bere al più presto:

Quinta do Crasto Douro Reserva Old Vines 2005

95 points / $401,500 cases imported Portugal

This red from Portugal's Douro River Valley is at the crest of the new wave of high-quality table wines issuing from the historic heartland of Port. Up to 30 different grape varieties from old-vine vineyards compose this refined blend. Some of the grapes are foot-trodden in lagares during initial fermentation, and the wine is then aged 18 months in French (85 percent) and American oak. It is neither fined nor filtered before bottling. The winemaking team includes Manuel Lobo, Dominic Morris and Tomás Roquette.

Al numero due un'altra sorpresa con questo bordolese da 97 (!!) punti:

Château Rauzan-Ségla Margaux 2005

97 points / $10010,000 cases made France

Estate manager John Kolasa claims that nature did the lion's share of the work in 2005, leaving him and his team with a relatively simple job. Yet vast investment at the estate since the mid-1990s by the owners, who also control Chanel, enabled Rauzan to reap the benefits of a great growing season. The estate's grand vin, which reached a quality pinnacle in 2005, is 54.5 percent Cabernet Sauvignon, 39 percent Merlot, 5 percent Petit Verdot and 1.5 percent Cabernet Franc, selected from 74 of the 128.5 acres of vineyards.

Wine Spectator d'Italia la classifica s'è destaaaaaaaa!!

Finalmente, come si dice in gergo, la classifica si muove e al numero sei, qualcuno potrebbe dire anche finalmente, arriva il primo (e ultimo) italiano. Anche Wine Spectator, così come hanno fatto le principali guide del vino italiane, ha voluto rendere omaggio all'annata 2004 del Barolo premiando (attimo di suspance)...............Pio Cesare, azienda storica di Alba.
La scelta non è stata affatto condivisibile per vari motivi: anzitutto se devo premiare un Barolo 2004 la mia scelta personale cadrebbe su altre tipologie come ad esempio il Cascina Francia o il Falletto di Serralunga d’Alba di Bruno Giacosa. L'altra mia perplessità riguarda la descrizione del vino: si parla di un chewy wine, cioè di un vino masticabile, un attributo che non vorrei mai trovare in un grande Barolo che, per me, è sinonimo di eleganza (capisco ora dove si ispira Luca Maroni...). Questa, comunque, è la scheda ufficiale del vino:

Pio Cesare Barolo 2004
94 points / $627,000 cases made Italy

This big, juicy, chewy wine is one of Piedmont's most reliable and widely available quality blended Barolos. Pio Boffa represents the fourth generation to run this estate, located in the heart of Barolo's capital of Alba. He sources Nebbiolo grapes from the winery's own vineyards in the Serralunga d'Alba commune and supplements them with grapes from trusted suppliers in the region.

Al quinto posto troviamo un altro (grande) vino francese, figlio di un prezioso terroir che il Domaine Vieux Télégraphe, situato nell'area di Châteauneuf-du-Pape, ha saputo gestire e valorizzare nel tempo. Il risultato è il seguente:

Domaine du Vieux Télégraphe Châteauneuf-du-Pape La Crau 2005
95 points / $5515,830 cases made France

Brothers Daniel and Frédéric Brunier represent the third generation of Bruniers to run this famed estate. With a large (173 acre) contiguous vineyard, a rarity in the appellation, the Bruniers rely heavily on Grenache, Mourvèdre and Syrah to produce their top red cuvée. Tight and almost gravelly in feel when young, the wine has a proven ability to reward cellaring. The 2005 is a blue-chip bottling from a structure-driven vintage.

Wine Spectator's Top Ten Wine's of 2008: continua il countdown enologico....

Ecco di nuovo il vostro supertelegattone...cioè il vostro supertelevinone....cioè insomma il vostro blogger di fiducia (spero) che vi aggiorna sulle posizioni otto e sette della speciale classifica di Wine Spectator.
Questa volta due bottiglie francesi. Ma quando arrivano i nostri? Qualcuno vuole azzardare qualche nome di produttore italiano premiato?

Nel frattempo che pensiamo al numero otto abbiamo:

Château de Beaucastel Châteauneuf-du-Pape 2005

96 points $95 15,000 cases made France

One of the largest estates in the Châteauneuf-du-Pape appellation, this property is owned and run by the Perrin family. In 2005, they produced their best regular cuvée since 1989 (Wine Spectator's Wine of the Year in 1991). The Beaucastel vineyard produces dense and explosive wines from a collage of 13 different grapes, most notably Grenache and Mourvèdre. Each is fermented separately in concrete or wooden vats. The third year of drought, 2005 only intensified the concentration and structure of this ageworthy red.

Al numero sette invece:

Château Pontet-Canet Pauillac 2005

96 points $100 20,830 cases made France

Owner Alfred Tesseron has masterminded one of the most remarkable turnarounds on Bordeaux's Left Bank in the past decade, elevating the quality of Pontet-Canet's wines beyond that of fifth-growth. While Pauillacs such as Château Mouton-Rothschild and Château Latour draw much higher prices, Pontet-Canet too crafts powerful wines, built for aging, that express its vineyards planted on poor, gravel soils half a mile from the Gironde River.

La rivista di vino più importante al mondo inizia il conto alla rovescia: Wine Spectator's Top Ten Wine's of 2008

Non so quanti di voi diano credito a Wine Spectator e alle sue valutazioni, però è un dato di fatto che per moltissimi la rivista viene considerata una sorta di Bibbia enologica e un 100/100 attribuito ad un vino può spostare grandissimi interessi economici.

Seguite con me il countdown per scoprire la bottiglia dell'anno

Al numerto dieci (vorrei avere la voce del supertelegattone) abbiamo:

Seghesio Zinfandel Sonoma County 2007

93 points / $2468,000 cases made California

The Seghesio family has been making wine for a century in northern Sonoma County and farms more than 400 acres of Zinfandel in Alexander and Dry Creek valleys. They make a range of vineyard-designated Zinfandels, such as Home Ranch and Cortina, and a bottling from the oldest vines. But for this Sonoma County 2007, winemaker Ted Seghesio tapped his diverse grape sources for a more widely available, well-priced wine. Aged 11 months in 75 percent American oak, it's complex, with a supple texture and a spicy finish.

Mentre al numero nove....suspance:

Mollydooker Shiraz McLaren Vale Carnival of Love 2007 (terribile etichetta!!!!!!)

95 points / $902,596 cases made Australia

Carnival of Love is one of the few great Aussie Shirazes priced less than $100. Mollydooker owners Sarah and Sparky Marquis buy the grapes from the Gateway Vineyard, a property planted in 2000. They aim for 4 tons per acre from the site, but severe drought in 2007 reduced yields by nearly half. The wine finished primary fermentation in barrel to better integrate the flavors and tannins of the 100 percent new American oak.

Luca Zaia, un cyber ministro alla corte dei blogger

Grande interesse e curiosità ha destato qualche giorno fa l'avvento mediatico del Ministro Luca Zaia all'interno di alcuni social network enogastronomici come ad esempio Vinix (http://www.vinix.it/myDocDetail.php?ID=2112). A ben vedere non è che il "nostro" onorevole abbia detto qualcosa di interessante, anzi ha fatto un semplice rimando al suo blog istituzionale senza aggiungere altro se non che ci aspetta numerosi. Eh no caro Ministro, non mi dica che lei va in giro per internet a fare solo pubblicità (o spam?) al suo sito?
La risposta che mi sono dato è più che mai affermativa visto che ad oggi non ci sono altri suoi commenti. Le uniche persone in fermento all'interno del suo post sono gli esperti del settore e i semplici appassionati che sperano che il tentativo di comunicazione del "nostro" onorevole blogger non rimanga un semplice gesto incompiuto ma un vero e proprio inizio di interazione tra utenti accomunati dal medesimo interesse. Se solo trovasse un pò di tempo per leggere alcuni argomenti dibattuti sui principali forum di carattere enogastronomico, sono certo che avrebbe tantissimi spunti su cui lavorare non solo lui ma tutto il Governo.
Incuriosito da tutta la questione vado comunque a visitare il blog del ministro rimanendo, purtroppo, alquanto deluso. Motivo? A parte le tante foto di carattere autoreferenziale (demenziale per me quella dove regge in mano due grappoli di uva), trovo i contenuti del sito molto scarsi dal punto di vista della quantità e della qualità dei contenuti. Da settembre 2008 sono solo cinque gli argomenti trattati e, per quel poco, anche trattati male. Che senso ha porre in un blog istituzionale una domanda del tipo:"Come selezionate i ristoranti per le vostre cene e pranzi? e vi siete mai recati a ristoranti cinesi o di altre origini etniche?" Ministrooooooooooooooooo siamo noi che facciamo le domande e aspettiamo le risposte!! Non sono mai andato in un ristorante cinese a mangiare code di pescecane alla soia, però vorrei tanto sapere come lei e il governo che rappresenta state cercando di aiutare i vignaioli di Italia oppure quali interventi si stanno ponendo in essere per ridurre il prezzo dei beni agricoli che soffrono di una filiera inefficiente.

Caro Ministro Zaia, se proprio deve scendere in piazza, lo faccia veramente discutendo e confrontandosi realmente con noi che siamo stufi dell'ennesima foto che promette e non mantiene, soprattutto se l'immagine ha come sfondo un filare e un bel bicchiere di vino. Grazie.

Walter Massa: riflessioni sulla "Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti"

Percorsi Di Vino appoggia pienamente la preghiera del mio amico Paolo di Cascina Carpini di divulgare questa lettera aperta di Walter Massa, membro del consiglio nazionale della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, affinchè tutti i vignaioli che si riconoscono nel significato dell'appellativo stesso di vignaiolo, possano leggerla e meditarvici sopra attentamente, per poi, però AGIRE !!


Questo è il testo:


Non troppo per caso il 29 luglio a Colorno (PR) con oltre 500 vignaioli d’Italia abbiamo costituito la “Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (F.I.V.I.), o meglio vignaioli indipendenti.


Sono stato eletto membro del consiglio nazionale con altri 14 Vignaioli; tra questi abbiamo individuato il Presidente, Costantino Charrère di “Les Cretès” dalla val D’Aosta, e due vicepresidenti: Peter Dipoli dall’Alto Adige e Saverio Petrilli “Tenuta diValgiano” dalla Toscana.


Per completezza d’informazione occorre dire che un nucleo di Vignaioli di diverse regioni ha voluto uno statuto serio e rigoroso per ufficializzare la federazione. In questo modo, con autorevolezza e credibilità, ci si può relazionare per vie ufficiali con le istituzioni, dialogare con gli altri comparti vitivinicoli, con il mondo imprenditoriale e con la classe politica.


Gli omologhi della federazione francese (oltre 11.000 soci con il 55% della superficie vitata francese) hanno spronato la nostra fondazione in modo da poter costituire con essi ed altre federazioni nazionali, una fortissima struttura europea in grado di essere un interlocutore forte, dove il baricentro è nel vigneto, per interfacciarsi con i commissari UE preposti.


Non siamo alternativi ad alcun organismo che fino ad ora si è occupato di vino sia sotto il profilo produttivo sia burocratico e legislativo in Italia.


Noi, vignaioli italiani, fino ad oggi, abbiamo marciato solidali esclusivamente con la nostra bottiglia di vino prodotta con naturale intelletto.


Pur non mettendo in discussione l’indipendenza intellettuale, di coltivazione, produttiva, di stile e di mercato oggi risulta indispensabile un referente forte e preparato che faccia da collettore a tutti i problemi che nascono nella vigna e durante tutto il percorso fino al consumatore finale.
Le V.Q.P.R.D, in Italia, non hanno quasi mai dato la precedenza all’origine e alla specificità; i regolamenti UE considerano troppo poco i 4000 anni di civiltà del vino. Le leggi proibizionistiche mettono vino e alcol sullo stesso piano criminale, le ore ed ore da dedicare alla burocrazia vanno a scapito del più piacevole ed utile (anche per il P.I.L) tempo impiegabile altrimenti in vigna . Con questo semplice ragionamento pensavo di trovare a Colorno i rappresentanti di tutte le 20 regioni italiane: così non è stato.


Penso che i viticoltori di successo, soprattutto quelli delle zone più conosciute (Valpolicella, Collio,Langhe, tanta Toscana ecc.) avendo avuto, grazie al vino, notorietà in tutto il mondo siano quasi obbligati a marciare solidali con produttori di aree viticole meno fortunate e quindi a prendere in considerazione il fatto di aderire alla neonata Federazione.
Ho alcuni dubbi:
  • nel nostro mondo si vive con troppa sufficienza;

  • la comunicazione della volontà di costituire la FIVI non è stata adeguata;

  • il vignaiolo verace, viste precedenti e negative esperienze , non vuol più sentir parlare di associazioni..

Con molta perplessità guardo al futuro economico ed imprenditoriale e rifletto su possibili momenti di mercato poco favorevoli per un bene sicuramente voluttuario che nella storia ha sempre avuto felici sbocchi economici.

Con le nostre capacità contribuiamo anche a contenerne i costi ma il prezzo finale non può far a meno di riportare il vino(inteso come espressione del territorio) tra i beni di lusso, se non nel prezzo almeno nel sentimento.

Consideriamo anche il fatto che tra gli addetti ai lavori esiste anche una serie di detrattori. Alcuni di questi mostrando la faccia, altri in maniera subdola, sostengono che la FIVI risulterà solo l’ennesimo fuoco di paglia.

Ora, per rispetto al vino, approfitto degli spazi telematici che mi vengono concessi da tutti coloro che riconoscono la centralità nello stesso per sostenere che i 15 consiglieri FIVI hanno volti noti, sono rintracciabili sia telefonicamente sia in via telematica ed inoltre si possono anche valutare e giudicare degustandone i vini prodotti.

Rammento Erasmo da Rotterdam: “il vino è il riflesso della mente….”
Mi voglio ripetere, il vino merita sacrifici e fiducia da parte di tutti coloro che lo amano:
Pretende l’adesione di tutte le aziende agricole italiane, che grazie ad esso, hanno avuto un palcoscenico mondiale e redditi impensabili semplicemente applicando l’arte (artigianato) all’agricoltura.

Pretende l’adesione di tutte le aziende agricole italiane che coltivano la vigna, ne trasformano le uve e affrontano i mercati con l’obiettivo di una crescita contribuendo a migliorare l’immagine del vino italiano e arrecando grandi benefici al paesaggio, alla cultura ed al turismo.
Evito di fare nomi, ma le aziende che hanno un piccolo debito di riconoscenza, come quelle che credono nel “Vino e nel suo mondo” lo debbono aiutare anche nei fatti sostenendo la FIVI.
Faccio appello inoltre agli scettici, solitamente abituati a fare la punta agli spilli, in quanto portando il loro pensiero in Federazione e credendo nel percorso terra- uomo- bicchiere aiuterebbero questo mondo a percorrere la propria strada prendendo le distanze da chi, al contrario, prende le scorciatoie.

Nel 1958 C. De Gaulle, allora presidente francese, sapendo che il passo stradale più alto d’Europa era il Colle dell’Agnello con i suoi 2744 metri, ritenne di asfaltare la mulattiera del Col De La Bonette rendendola percorribile dalle autovetture e permettendo il transito fino a 2802 metri, valico che ancora oggi rimane il più alto d’Europa.

Ciò significa che, avendo punti di riferimento, le imprese sono facilitate nella loro opera.
Noi vignaioli indipendenti italiani mantenendo i rapporti d’amicizia con i cugini francesi che sono più di 11.000 e mantenendo la nostra identità abbiamo tutte le carte in regola per passare dagli attuali 506 a oltre 12.000 associati.

Cominciando ad abbinare alla nostra produzione anche il nostro pensiero e valorizzando ciò che sta alla sorgente, ovvero il paesaggio e la gente, il percorso del vino come ambasciatore delle nostre terre sarà facilitato in tutto il mondo.Daremo dignità a chi popola e vive le colline d’Italia e magari spunti positivi per la crescita anche ai politici,così magari potranno elaborare nuove idee finalmente costruttive e vincenti ed abbandoneranno quelle un po’ imbalsamate che hanno portato avanti negli ultimi anni.

Walter Massa

Sergio Mottura e il suo Latour a Civitella 2005: emozioni da Grechetto

Sergio Mottura è indiscutibilmente il re del Grechetto o, come lo definisce la Guida del Gambero Rosso 2008, “il più grande interprete del Grechetto al mondo”. Simbolo della vitivinicoltura di qualità del Lazio, la tenuta Mottura, appartenente alla famiglia dal 1933, si estende su 130 ettari in un territorio ricco di risorse naturali, delimitata ad ovest dalle colline e dai calanchi argillosi di Civitella d'Agliano e ad est dalla pianura umbra bagnata dal Tevere.
La trasformazione e la modernizzazione dell'azienda iniziò negli anni '60: dalla conduzione a mezzadria si passò a quella diretta; si intensificò la ricerca per un utilizzo ottimale dei terreni coltivabili dove la vite ha ritrovato il proprio habitat.

E' proprio in questo periodo che Sergio Mottura inizia la sua "storia d'amore" con il Grechetto.

In tale ambito, nella scelta delle varietà da impiantare, quelle indigene, presenti nella zona da tempi immemorabili, sono state privilegiate selezionando costantemente, anche attraverso l'aiuto di ex mezzadri e vivaisti del posto, i cloni dalle caratteristiche più adatte alla vinificazione.

Accompagnato da numerosi requisiti, tra i quali la maturazione precoce e il grappolo spargolo che lo rende resistente alle malattie della vite, il Grechetto ha il suo tallone d’achille nella forte vena tannica dei vini ai quali dà origine. Un aspetto che, grazie ad un attento lavoro nei vigneti (coltivati secondo le normative dell'Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica, caratterizzati da densità di 5.000 ceppi per ettaro e bassissime rese), e in cantina, Mottura è riuscito a valorizzare ottenendo dei vini davvero interessanti come ad esempio il Poggio alla Costa, 100% grechetto dall'omonimo vigneto che, a detta del produttore, genera un vino con un inconfondibile intenso aroma che non si riscontrava nei vini prodotti dagli altri grechetti.

Il vino più rappresentativo dell'azienda è sicuramente il Latour a Civitella, grechetto in purezza proveniente dai cinque migliori vigneti aziendali e affinato in barrique, il cui nome è un omaggio a Louis-Fabrice Latour, autorevole commerciante di vini della Borgogna ed appartenente ad una delle più famose Maison produttrici di botti, dal quale è stato acquistato il primo set di cinque “fûts”, unitamente ad un invidiabile bagaglio di esperienza sull’uso del legno per la maturazione dei vini.

Il Latour a Civitella 2005, di un bel giallo dorato, si presenta al naso con le classiche note fruttate di pera, susina, melone bianco e agrumi avvolte in un manto di nocciola e burro fuso creato dal sapiente uso della barrique. Al palato il vino ha buona corrispondeza e si rivela in tutte le caratteristiche che lo hanno reso famoso: corpo, equilibrio, freschezza e persistenza aromatica.

Da abbinare a tutti i piatti sapidi e con gusti decisi, perfetto con zuppa di cipolle, minestra di farro e ceci, baccalà alla livornese, oca al forno alla contadina, pappardelle al cinghiale.


Un consiglio? Tenetelo in cantina per qualche anno perchè questo grechetto è uno dei pochi vini in Italia a giovarsi di un lungo invecchiamento.

E all'uscita dei Tre Bicchieri 2009 Toscana sul forum del Gambero Rosso...

...scoppia la solita polemica che, almeno quest'anno, si rivela molto più dura e complessa perchè siamo di fronte ad un Cernilli, neo direttore del Gambero Rosso, veramente inviperito contro chi contesta i premi attribuiti.

Tra i vari interventi di dissenso che si sono manifestati sul forum, due sono stati quelli che, secondo me, hanno scatenato le furie del barbuto Direttore.

Il primo riguarda l'utente Kira che scrive: "Questo ve lo raccomando, Rocca di Frassinello 2006 Rocca di Frassinello. Non dico mamma mia, dico che pena, come sono caduti in basso i degustatori che assaggiano i vini Toscani, quasi quasi rivaluto Riccardo Viscardi, mi manchi veramente Riccardo"
Il secondo riguarda Gianluca 1975 che, a proposito dei due bicchieri al Chianti Classico Bellavista 2004 di Castello di Ama, scrive: "A tutto c'è un limite, che il Bellavista 2004 sia inferiore ai 2005 premiati, non ci sta, non ci sta ed ancora non ci sta... Ed il problema è che queste valutazioni sono state fatte dalla commissione centrale, quella che assegna i tre bicchieri e non da commissioni sparse qua e là sul territorio... Poi i gusti sono gusti, però alcuni giudizi faccio veramente fatica a capirli, anzi non li capisco proprio".

E' troppo per Cernilli che, per difendere la competenza e la professionalità del lavoro suo e dei suoi collaboratori, esplode dando ai forumisti "dissenzienti" dei patetici valutatori di etichette. Finita qua? Ma nemmeno per sogno visto che rincara la dose scrivendo: "Alcuni di voi o sono agenti di commercio con precisi interessi nel settore, oppure sono collaboratori o fiancheggiatori di altre guide. Pochi esprimono giudizi sereni e frutto di un analogo sistema di assaggio. Perciò ritengo i giudizi della guida come minimo altrettanto attendibili di quelli di alcuni di voi, di altri no per evidente deficit di esperienza. E non consento a nessuno di essere sarcastico o di fare illazioni non pertinenti".

Tradotto: zitti tutti perchè siete o in mala fede o degli incompetenti in tema di vino.....

Chiaramente le reazioni non si fanno attendere e i forumisti, palesemente offesi, restituiscono pan per focaccia tacciando il Direttore di essere offensivo e arrogante.

Ora, a prescindere da come si è andati avanti con questa querelle (conclusa comunque in modo decisamente più civile), la polemica che ne è scaturita pone al centro dell'attenzione la figura del critico enogastronomico e della possibilità, anzi del diritto di criticare le sue scelte.

Entrando nel merito, è chiaro che nessuna critica è condivisibile se non costruttiva o, peggio, fatta strumentalmente e con un pizzico di invidia. E su questo Cernilli ha ragione. Al tempo stesso, però, bisogna anche che i critici facciano un bagno di umiltà perchè se nella vita ci si espone, anche mediaticamente, dando giudizi (e Dio solo sa quanto questi possano fare la fortuna o meno di un produttore di vino), allora gli stessi devono avere anche le spalle larghe per riceverli. Nessun processo sommario, non sarebbe giusto, ma a volte c'è la volontà di tutti noi di voler capire, imparare, da chi presumibilmente ne sa di più senza esser tacciati di incompetenza e, pertanto, non meritevoli di risposta. Non voglio cattivi maestri ma persone che mi sappiamo accrescere culturalmente, siano essi critici, produttori, enologi o semplici amici appassionati come me. Ripensando al ruolo del critico enogastronomico, soprattutto quando accadono questi fatti, spesso penso al borioso Anton Ego del film d'animazione Ratatouille. Miei cari critici, vi riconoscete in quel personaggio? Evviva, allora c'è ancora speranza che possiate cambiare visto che nelle ultime scene del film il buon Ego, in un rarissimo bagno di umiltà, pensa che:

“Per molti versi la professione del critico è facile: rischiamo molto poco pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio. Prosperiamo grazie alle recensioni negative che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la triste realtà, cui ci dobbiamo rassegnare, è che nel grande disegno delle cose, anche l’opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale. Ma ci sono occasioni in cui un critico qualcosa rischia davvero. Ad esempio, nello scoprire e difendere il nuovo. Il mondo è spesso avverso ai nuovi talenti e alle nuove creazioni: al nuovo servono sostenitori! Ieri sera mi sono imbattuto in qualcosa di nuovo, un pasto straordinario di provenienza assolutamente imprevedibile. Affermare che sia la cucina, sia il suo artefice abbiano messo in crisi le mie convinzioni sull’alta cucina, è a dir poco riduttivo: hanno scosso le fondamenta stesse del mio essere! In passato non ho fatto mistero del mio sdegno per il famoso motto dello chef Gusteau “Chiunque può cucinare!”, ma ora, soltanto ora, comprendo appieno ciò che egli intendesse dire: non tutti possono diventare dei grandi artisti, ma un grande artista può celarsi in chiunque. E’ difficile immaginare origini più umili di quelle del genio che ora guida il ristorante Gusteau’s e che secondo l’opinione di chi scrive, è niente di meno che il miglior chef di tutta la Francia! Tornerò presto al ristorante Gusteau’s, di cui non sarò mai sazio!”

Il miglior vino da abbinare al sushi e al sashimi? E' il Soave DOC Vigneto La Capelina 2007 di Antonio Franchetto

Chissà se se lo aspettava il signor Antonio Franchetto che, dopo appena un anno di Soave, vede premiato il suo Soave DOC Vigneto La Capelina 2007 come miglior vino da sushi.
L'azienda è situata a Terrarossa e fino al 1982 rimane produttrice d’uva per delle cantine locali. Solo da poco tempo inizia l’avventura della vinificazione che completa un percorso iniziato tanto circa un secolo fa quando il signor Toni, cultore della vite, pianta un vero e proprio laboratorio vivaistico dove sperimenta le varie tipologie di barbatelle conosciute in quei tempi. Le antiche dall’Oro, Uliega, Delizia e molte altre.
Il fattore terroir è un valore decisamente determinante nella produzione di questo cru della Costa dei Basalti. Un vigneto dove emerge tutta la forza del basalto nero della Calvarina, questo antico ed enorme vulcano dell’Eocene che ha plasmato le terre orientali veronesi. Una piccola Pantelleria in terra veneta dove le vigne convivono con corbezzoli spontanei e iris blu naturali. Ginestre e capperi selvatici.Il Soave Vigneto La Capelina esprime una forza espressiva legata a intensità di profumi fruttati di agrumi e nuance tropicali calde. Speziature dolci e sensazioni balsamiche di mentuccia selvatica. Il tutto legato da una profonda percezione grafitica minerale tipica di queste terre. Il valore di freschezza e di sapidità è un pregio che lo contraddistingue tra i Soave.
Una Garganega d’effetto proveniente da viti mediamente di 40 – 50 anni coltivate con l’attenzione maniacale.
E il premio da dove nasce?? Ma è chiaro, da un altro, ennesimo, concorso, stavolta patrocinato dalla guida Vinibuoni d’Italia. Una commissione di esperti degustatori, ristoratori e chef giapponesi, ha decretato vittorioso il soave di Franchetto, tra una quarantina di campioni provenienti dalla denominazione, per le sue qualità di freschezza, sapidità e struttura aromatica olfattiva e la pulizia delle tonalità fruttate.
Una selezione che ha inserito il vino all’interno della prestigiosa catena di Ristoranti Giapponesi e Sushi Bar KIKI.
Ragazzi il consiglio ve l'ho dato, se fate una cena giapponese provate questo vino? E se poi non vi piace e pensate che i nostri esperti abbiano toppato? Ci facciamo tutti una carbonara...of course!

Resoconto della Cena Enoclub Roma con i vini di Donnardea

Come dice il motto? Evento Enoclub bagnato, evento Enoclub fortunato?
Ieri sera in effetti è stata proprio una bellissima serata quella che abbiamo passato all'Osteria Quinto Quarto di Roma con i vini di Donnardea nonostante la città fosse spazzata da un nubifragio tremendo.
E' stato un vero piacere e, per molti, una gradita sorpresa, presentare ai nostri vecchi e nuovi soci i vini di questa azienda vitivinicola tutta al femminile che ha nel suo DNA l'amore per la propria terra, quella di Ardea, e la ricerca del gusto della qualità.

Il menù, tutto di cucina romana ideato e curato dallo chef Filippo Santarelli, proponeva una serie di abbinamenti gastronomici molto interessanti:

Fingerfood assortito ai profumi della cucina romana: Aspic tonno e pomodorini, Pomodorini canditi ripieni di riso venere al sugo di coda, piccola terrina di lattuga brasata e prosciuttto, polpettine di trippa.
Abbinamento : Rosato Donnardea IGT 2007

Iniziamo alla grande con un antipasto molto particolare e gradito a tutti i nostri ospiti. Il Rosato Donnardea, il preferito di Veronica, da uve ciliegiolo e sangiovese, con i suoi profumi di fragolina, ciliegia e rosa e il suo gusto fresco e lievemente sapido, si sposava benissimo soprattutto con l'aspic di tonno e pomodorini e con la terrina di lattuga brasata e prosciutto. Un vero matrimonio d'amore per una partenza non convenzionale (teoricamente iniziare con un rosato e passare ad un bianco non si fa, ma noi vogliamo sperimentare o no??).

Tortelli di pesce in salsa di broccoli romaneschi e olio di pecorino.
Abbinamento : Colli Albani Superiore Donnardea DOC 2007

Ottimo primo piatto, una vera sorpresa trovarmi nel piatto quei bellissimi tortelli, leggermente gratinati, che con la salsa di broccoli romaneschi creavano una fusione di sapori (e di odori) terribilmente intrigante. Azzeccatissimo secondo me l'abbinamento con il bianco "base" dell'azienda, un blend di Malvasia e Trebbiano del Lazio, Malvasia Puntinata, Trebbiano Verde, Cacchione e Bombino, che con il suo bouquet di frutta e fiori bianchi ed erbe aromatiche e la vivace acidità, creava un connubio perfetto con il primo piatto. Un vino "jolly" che può andar bene da aperitivo così come a tutto pasto.

Stringozzi acqua e farina alla carbonara
Abbinamento : Bombino Bianco Donnardea IGT 2006

La carbonara del Quinto Quarto rappresenta per me l'archetipo della cucina romana: grande sapidità, gusto e potenza dei sapori. Tanto pecorino romano e ottimo guanciale croccante per una pasta che, onestamente, nè io nè altre persone avevano mangiato così buona (c'è chi ha fatto una scarpetta talmente vigorosa che il piatto sembrava nuovo di zecca). Il vino abbinato, il Bombino, rappresenta uno dei vanti di Donnardea in quanto è stata la prima azienda a credere in questa uva e, per questo,a vinifcarla in purezza. L'abbinamento purtroppo non è stato stavolta felicissimo in quanto il vino, molto complesso su note di mela cotogna, burro di arachidi e nocciola, a causa della sua evoluzione (era pur sempre un bianco 2006) mancava di quella vena acida e quella struttura che avrebbero dovuto contrastare la grande sapidità, dolcezza e grassezza della carbonara.

Tasca di vitellone cotta a bassa temperatura con ripieno di funghi e pecorino stagionato. Abbinamento: Syrah Donnardea IGT 2007

Un secondo piatto molto semplice ma davvero squisito, una carne che si scioglieva letteralmente in bocca è stata la compagna ideale di questo Syrah Donnardea che per me, ma anche per altri, è stato la vera sorpresa con il suo naso di frutta rossa matura, pepe nero, cuoio e un tocco di cioccolato fondente. In bocca è caldo, di bella struttura e con tannini levigati. Finale di media persistenza per un vino in cui Donnardea crede molto. Peccato che non sia recensito dalle guide.

Il dolce è stata una vera sorpresa dello chef con un bicchierino di zabaione con cereali e una spuma di meringa croccante. Finale da leccarsi i baffi.

Un ringraziamento speciale va a tutti i partecipanti della serata per l'ottima compagnia, soprattutto a Veronica Trasmondi e suo marito in rappresentanza di Donnardea, e a Filippo Santarelli e Federico Iannacci dell'Osteria Quinto Quarto per l'ottima cucina e servizio.

Alla prossima con Enoclub Roma!

My first post in English. San Leonardo 2001 - Tenuta San Leonardo

Tenuta San Leonardo is an ancient walled settlement in the province of Trento. It extends to almost 300 hectares of what was once a medieval fief. Approximately 20 of these hectares are planted to vine on fairly loose-packed hillside soil. The vines face north-south at between 150 and 200 metres above sea level. Higher up, Cabernet Franc and Cabernet Sauvignon are grown on sandy soil while Merlot has found a welcoming home on the pebbly soil slightly lower down.
The vine training systems vary, some of the vine stock is trained over the traditional "pergola Trentina" trellises and the rest is pruned to the modern, rational Guyot system, which is less productive but more suitable for producing wines with good concentration. Tenuta San Leonardo was the first estate to introduce the Guyot system of cane pruning into the province of Trento. The age of the vines ranges from 10 to 25 years and planting densities vary from 4,000 to 5,500 vines per hectare. Known to the world as San Leonardo, the best quality wine of the estate is a Bordeaux blend: 60% Cabernet Sauvignon, 30% Cabernet Franc and 10% Merlot. The three grape varieties are fermented and matured separately. During the early months this takes place in large stainless steel tanks followed by 24 months in new and used French barriques. The proportions of the blend are decided only after rigorous sample tasting, barrique by barrique. The wine needs about one year of bottle ageing before release onto the market.

2001 is my preferred vintage. This wine is pure aristocratic elegance, it is the pure expression of Marchese Carlo Guerrieri Gonzaga. San Leonardo shows a deep ruby red color and nuances of garnet red, with a little transparency. The nose reveals intense, clean, pleasing, refined and elegant aromas that start with hints of blackcurrant and black cherry followed by aromas of vanilla, violet, blueberry, licorice, chocolate, sweet pipe tobacco and eucalyptus. With extraordinary purity, full body, and remarkable freshness, elegance, and persistence. This is one of the finest wines ever made by this estate. It will be drinkable at a young age, but will evolve over three decades or more.

Trilussa e il vino: matrimonio d'amore

Qualche tempo fa, girovagando sul web, mi sono imbattuto in una serie di poesie del celebre poeta romano tra cui la magnifica "Er vino bono" che si trova nella raccolta "La sincerità e altre fiabe nove e antiche" del 1943 di Trilussa, ovvero Carlo Alberto Salustri (Roma, 26 ottobre 1871 – 21 dicembre 1950).Stavolta nessuna degustazione, nessuna notizia sul mondo del vino, Percorsi Di Vino vi augura buon fine settimana in poesia:



ER VINO BONO

Mentre bevo mezzo litro
de Frascati abboccatello,
guardo er muro der tinello
co’ le macchie de salnitro.

Guardo e penso quant’è buffa
certe vorte la natura
che combina una figura
cor salnitro e co’ la muffa.

Scopro infatti in una macchia
una specie d’animale:
pare un’aquila reale
co’ la coda de cornacchia.

La c’è un orso, qui c’è un gallo,
lupi, pecore, montoni,
e su un mucchio de cannoni
passa un diavolo a cavallo.

Ma ner fonno s’intrevede
una donna ne la posa
de chi aspetta quarche cosa
da l’Amore e da la Fede…

Bevo er vino e guardo er muro
con un bon presentimento;
sarò sbronzo, ma me sento
più tranquillo e più sicuro.

Brunello di Montalcino Vigneto Manachiara 2003 - Tenute Silvio Nardi

Tutto nasce quando Silvio Nardi, nel 1950, acquista a Montalcino la Tenuta di Casale del Bosco.
Nel 1958, quando ancora non esisteva nemmeno il Consorzio del Brunello e Montalcino non era che un piccolo paese ancora sconosciuto, dalle cantine di Casale del Bosco uscì la prima bottiglia di Brunello. L'azienda si espande e nel 1962 viene acquistata la Tenuta di Manachiara, con 40 ettari di vigneto, nei pressi di Castelnuovo dell’Abate e a 25 km da Casale del Bosco.
Le vigne di Manachiara danno nome oggi all’omonimo prezioso cru di Brunello dell’azienda che ho degustato qualche settimana fa durante uno dei tanti eventi dell'AIS di Roma.
Alla serata era presente Emilia Nardi, la figlia più piccola di Silvio, che dal 1990 è subentrata nella direzione introducendo radicali cambiamenti nel processo di produzione del vino e di conduzione aziendale scegliendo di affiancare alla tradizione la ricerca scientifica.
Dalla sua ferma volontà di valorizzazione dei vigneti aziendali nasce, nel 1995, il Brunello prodotto dalla Vigna di Manachiara, fiore all’occhiello dell’azienda e posta ad est di Montalcino a 375 m slm.
Durante la degustazione l'azienda, oltre a presentare con orgoglio il suo Brunello Manachiara 2003, ci ha deliziato il palato portando alcune "anteprime" veramente interessanti....
Ma andiamo con ordine.
Il Brunello Manachiara 2003, come già detto espressione del versante est di Montalcino, è un vino dotato di potenza e di struttura, soprattutto se è figlio di un 'annata torrida e difficile come il 2003.
Di un bel color rubino scarico con unghia granato, il vino presenta al naso sensazioni di frutta rossa matura, tabacco, torrefazione, accompagnate da una delicata sensazione floreale che fa da sfondo ad una bella scia balsamica.
In bocca è morbido e molto ben disposto su sensazioni calde, intense con tannini setosi e una bella vena di freschezza e sapidità. Il finale è lungo, con ritorno di frutta rossa, note di cacao e tabacco.
Per me una bella espressione di Brunello di Montalcino, forse una delle migliori, per una annata che per "alcuni" produttori è risultata particolarmente sfortunata.....
Parlavo prima di anteprime aziendali: Emilia Nardi, durante la serata AIS Roma, ha portato alla nostra attenzione varie chicche, a partire dal Brunello di Montalcino Poggio Doria, vigneto acquistato nella parte ovest della zona di produzione e che, per la sua posizione geografica, rappresenterà in futuro il Brunello più fine ed elegante dell'azienda. Il Poggio Doria è una tipologia di Brunello fortemente voluta e desiderata da Emilia Nardi e sarà un vino prodotto in pochissime bottiglie, circa 2000, una sorta di riserva di famiglia. La data di uscita non è ancora prevista perchè si commercializzerà questo Brunello solo quando questo sarà ritenuto idoneo ad una espressione qualitativa di livello superiore.
L'altra anticipazione aziendale ha riguardato la degustazione dei futuri Brunello di Montalcino Manachiara che Tenute Silvio Nardi ci ha presentato nelle annate 2004, 2005 e 2006. Evitando di scrivere inutili note tecniche di degustazione in quanto i vini sono ancora in fase di affinamento, si è comunque notato, durante l'esame del vino, che il 2006, essendo un'ottima annata, stia dando un prodotto di grande prospettiva in quanto dotato già ora di bell'equilibrio e complessità.
Che dire a questo punto? Appuntamento nel 2011con il Brunello di Montalcino Manachiara delle Tenute Silvio Nardi, con la speranza che il futuro sia ancora più brillante di questo ottimo presente.

Playboy wines: il famoso coniglietto diventa sommelier?

Vabbè la notizia non sarà certo in anteprima visto che altri autorevoli siti l'hanno già data, ma la cosa è talmente ghiotta che Percorsi di Vino non poteva esimersi dal dare il suo eno-giudizio.
Secondo voi saranno le famose conigliette di playboy a fare la vendemmia e a schiacciare l'uva con i loro leggiadri piedini? Sarebbe il sogno di ogni cantiniere avere un vino così. Un sogno, è vero, perchè le cose sono molte diverse visto che qua al posto delle maggiorate conigliette c'è una società, la Personal Wine che ha annunciato un accordo di licenza con Playboy Enterprises al fine di utilizzare le immagini hot su una nuova serie limitata di vini da collezione.Ogni mese Personal Wine rilascerà sul mercato una bottiglia di vino con l'immagine della copertina di Playboy. I vini sono selezionati da sommelier professionisti di vino che hanno anche il compito di selezionare la copertina che ritengono possa meglio rappresentare il profilo organolettico di ogni tipologia di vino.

Le aziende vitivinicole partecipanti, tra cui la "nostra" Tenuta Sette Ponti Oreno, produrranno un vino a "tiratura limitata" per un totale di 550 bottiglie per ciascuna tipologia, roba da far impazzire il più incallito dei collezionisti.

L'intera collezione potrà essere acquistata dal mese di settembre sul sito www.personalwine.com / Playboy e www.playboywines.com per un totale di 1.567 dollari.

I vini sono venduti al dettaglio ad un costo che oscilla tra i 90 e i 380 dollari a bottiglia.

QUANTOOOOOOOOOOO??????????????

Ma siamo veramente sicuri che vogliamo bere un "grandissimo" Napa Valley Gargiulo Money Road Cabernet Sauvignon 2005 (abbinato alla copertina del luglio 1966), per la modica spesa di 145,63 dollari? Ma non è meglio bersi alla stessa cifra un Barolo Riserva Le Rocche del Falletto 2000 di Giacosa e vedersi magari un bel video di Playboy?

Non è che tra un pò la crisi economica spingerà Playboy, alla ricerca costante di entrate alternative, a pubblicizzare anche le bacchette per mangiare il riso nei ristoranti cinesi?

Lasciamo fare il vino ai veri vignaioli e lasciamo berlo a chi lo sa veramente apprezzare e non a chi spende, se poi lo farà davvero, cifre enormi per accaparrarsi l'ennesimo feticcio da sistemare sul camino.

Tempo di merlot in competizione. Tutti contro Petrus e Masseto, ma è vero gloria?

Da alcuni giorni sto ricevendo notizie di una serie di competizioni enologiche, sia nazionali che internazionali, che hanno per oggetto i vini a base merlot. Dando uno sguardo ai premiati delle passate edizioni mi convinco sempre più che si tratta di concorsi "secondari" o comunque atti a dare risalto a prodotti che spesso sono un pò bistrattati o, meglio, ignorati dallla grande critica enologica. Che valenza hanno questi concorsi? Che spessore può avere il vincitore di un concorso di merlot italiani quando vini come il Masseto non sono in gara? Sono solo domande che mi pongo pur riconoscendo la grande bontà dei vini partecipanti.
Tornando alla cronaca pura, da ieri fino a domenica prossima si terrà in Trentino, precisamente nella città di Aldeno, la Mostra Merlot di Italia http://www.merlotditalia.it/ che tra i vari vincitori annovera il Sante Rosso 2006 Merlot Piave Doc dell'azienda agricola Cecchetto come miglior merlot d'Italia 2008.
Ne avete mai sentito parlare? Io nella mia ignoranza non lo conoscevo per cui sono andato a spulciare qualche notizia in più scoprendo che il vino viene prodotto solo nelle migliori annate e sviluppa un concetto moderno ed attuale: la tracciabilità delle uve (articolo 18 Reg. CE N. 178/02). L'azienda ha censito ogni pianta di ciascun filare, ha registrato il sesto d’impianto di ogni appezzamento dei 49 ettari di vigneto e ha annotato ogni fase di lavorazione in appositi registri. La favorevole annata 2006, ha permesso di individuare nel vigneto Largoni alle particelle 97-98-125, 14 filari delle migliori uve Merlot selezione 181, che lasciate surmaturare sono state raccolte a mano e vinificate con particolare cura. Interessante, no?
Altro concorso supermegascoppiettante che promette grandi sorprese sarà il Mondial du Merlot http://www.mondialdumerlot.com/ che si terrà per la prima volta a Lugano il 15 e 16 novembre 2008. Il concorso premierà, secondo loro, l’eccellenza dei produttori di Merlot di ogni parte del mondo. Tra le finalità più importanti del concorso, vi sono quelle di mettere in evidenza le qualità e le diversità del vitigno Merlot, di offrire ai produttori l’opportunità di confrontarsi, diventare un osservatorio privilegiato delle tendenze del settore e di essere un punto di riferimento serio per i consumatori.

Sono già in stato ansioso per conoscere il nome del vincitore o dei vincitori. Pensate che sarà Petrus? ahahahaha

L'altra "guida" sui vini: dopo Gambero Rosso, Espresso ed AIS, arrivano i giudizi di Luca Maroni, il profeta del vino frutto - seconda parte

Nel precedente articolo avevo descritto la modalità o, meglio, la filosofia di come Luca Maroni attribuisce punteggi ai vini riservandomi di verificare se questo suo "credo" degustativo alla fine possa fornire risultati quantomeno accettabili. Molti appassionati sanno già dove andrò a parare ma, per quei pochi che non ne sono a conoscenza, ecco il gota dell'enologia italiana secondo il nostro "esperto degustatore e curatore di guide":

FIRRIATO - Harmonium 2003

Consistenza: 33 - Equilibrio: 31 - Integrità: 33 VOTO TOTALE 97!!!!

Sensazioni: le sue favolose riserve di frutto non potrebbero essere più fitte, più morbide forse appena, allo stesso modo non più sostanzialmente cristalline. Queste ricchezze di cassis e mora neri, a questi livelli d'assoluta limpidità enologica, d'assoluta integrità ossidativa, sin qui non in Sicilia, solo a Château Margaux si erano così mentosamente e florealmente sentite. Contatti di polpa intatta con rovere del tutto illibato. Anice, menta, sambuco, su nuovissimo frutto del bosco. Cassis clorofilloso, il mirtillo, d'un viscoso furioso. Questo è il vino, questo il rosso migliore dell'anno, campione che svela il Nero d'Avola a livelli di potenza, suadenza e fragranza, francamente inattesi. Per questo ancor più virtuosi, stupenti e stupendi. Il degustatore è una bilancia e un reporter: e allora come si fa a non avvertire lirica codesta maestosità di frutto della natura.

Commento del sottoscritto: ora, evitando di sbellicarmi dalla risate per delle descrizioni di rara ilarità come rovere illibato, mirtillo di un viscoso furioso e cassis clorofilloso, io se fossi in Firritato mi incazzerei a morte perchè si sta dicendo che tale vino, l'Harmonium 2003, è paragonabile ad uno Chateau Margaux. Chi conosce tale vino bordolese e degusta il vino siciliano sa che Luca Maroni ha scritto una bestialità (per non dire altro), quasi offensiva, per cui come faccio a dare credito ad un voto così? Firriato, azienda seria, dovrebbe dirglele ste cose.

Vinosia di Mario e Luciano Ercolino - Soavemente 2006

Consistenza: 32 - Equilibrio: 33 - Integrità: 31 VOTO TOTALE 96

Sensazioni: il miglior bianco dell'anno si effonde davvero patronimicamente: il suo profumo irradiandosi Soaevemente. Si scioglie in bocca la sua uvosità avvolgente, la sua cremosità suadente, la sua fruttosità, polposamente trionfante. Sciogliersi è lemma dedotto: si sente infatti la sua uvosa dolcezza comporsi in deglutizione con la glicerina di base, neutralizzare la vivida e clorofillosa acidità verdeggiante, impolpare la grande potenza del poderoso alcol. Qui c'è estratto abbondante per avvolgere cremoso non solo il corroborante vettore, qui c'è dolcezza da compiuta maturità di frutto tale da far ergere la morbidezza su qualsiasi altra sensazione fondante. Qui c'è fibra in cui densa ammantare sia l'intensità dell'aroma, concessa dalla pulizia enologica cristallina, sia qualche speziata voce di fondo, non si sa se dovuta al rovere, o ancora alla magnifica e floreale suadenza del tutto. Un vino di grande fragranza sovrana, un campione dal frutto morbidamente e densamente eccellente.

Commento del sottoscritto: a parte le sempre nuove mirabolanti descrizioni (uvosità avvolgente, impolpare l'alcol, etc), una cosa mi fa tanto riflettere: secondo Maroni un vino equilibrato non è quello per cui la dolcezza (morbidezza) del suo gusto eguaglia la somma della sua acidità e della sua - eventuale - amarezza ed è, pertanto, disequilibrato quando uno dei tre sapori è prevalente? Da ciò come si fa a dare il massimo dell'equilibrio quando si dice espressamente che nel vino c'è dolcezza da compiuta maturità di frutto tale da far ergere la morbidezza su qualsiasi altra sensazione fondante? Mistero della "fede maroniana" per un vino che rappresenta il bianco dell'anno....mah!

Finisco con la chicca finale: Giacomo Conterno - Barolo Riserva Monfortino 1990

Consistenza: 27 - Equilibrio: 22 - Integrità: 20 VOTO FINALE 69

Sensazioni: ha buona spinta alcolica, ma già dal colore denuncia incipiente ossidazione: più che rosso, occhio arancio e giallo spento. Caramelloso e lattoso al naso, spento e vibrante nei toni.

Commento? Volete che commento un giudizio di un signore che ad un monumento dell'enologia italiana, il Monfortino 1990, attribuisce quasi trenta, e dico trenta punti meno dell'Harmonium????? Ma come hanno fatto a dare a questo personaggio il titolo di Cavaliere del Barolo??

L'altra "guida" sui vini: dopo Gambero Rosso, Espresso ed AIS, arrivano i giudizi di Luca Maroni, il profeta del vino frutto

Luca Maroni da Roma nasce 47 anni fa ed è quello che io chiamo "il profeta del vino frutto", colui che sta (cercando) di stravolgere le nostre cognizioni sensoriali attraverso la determinazione una formula che (dovrebbe secondo lui) stabilire la struttura chimica della piacevolezza del vino.
Discorso complicato? Non avete visto nulla ancora.
La sua filosofia parte da una semplice uguaglianza: qualità del vino = piacevolezza = frutto(sità) e cioè che il vino è tanto più di qualità quanto più è piacevole e, quindi, quanto più il suo gusto richiama in modo vero (consistente, equilibrato, integro) quello del frutto da cui è ottenuto.
La fruttosità del vino, UNICO parametro di qualità dello stesso (e qua non commento...), secondo Maroni è direttamente proporzionale alla consistenza, all’equilibrio, all’integrità del suo gusto.

E qua viene il bello (o il brutto ....secondo le opinioni prevalenti) perchè andando ad indagare ulteriormente si evince che:
  • la consistenza è l’insieme delle sostanze che costituiscono un vino, il suo estratto secco. Il vino consistente è ricco di colore, di profumo, di sapore, ed ha un tatto denso e viscoso (viceversa quello inconsistente). Da ciò se ne deduce che Maroni vuol diventare il nuovo Parker italiano perchè solo i "vinoni", secondo lui, sono prodotti di qualità, a scapito di qualsiasi eleganza gustativa. Vedremo in seguito che ho ragione...
  • un vino è equilibrato quando il suo sapore soddisfa la fondamentale equazione dell’equilibrio gustativo: Eq= Sostanze a Gusto Dolce = Sostanze a Gusto Acido + Sostanze a Gusto Amaro ovvero Eq = SGD = SGAc + SGAm. Ora già a me girano le balle a sintetizzare la qualità di un vino attraverso qualsivoglia formula del cavolo ma, trattenendo i conati di vomito per un attimo, cosa cavolo vuol dire questa equazione? Secondo Maroni un vino è equilibrato quando la dolcezza (e non commento) del suo gusto eguaglia la somma della sua acidità e della sua - eventuale - amarezza (??). La cosa si approfondisce (sfortunatamente). Un vino acido, secondo la teoria, è disequilibrato e vino acido avrà sapore più o meno secco e limoneggiante. Da ciò deduco che, secondo Maroni, i vini posson definirsi acidi solo quando sanno di Lemonsoda..... Saranno contenti tutti i produttori di vini altoatesini o i piccoli produttori di Champagne che hanno nell'acidità dei loro vini (se di acidità a questo punto si può parlare) una delle maggiori caratteristiche qualitative. Ah,dimenticavo, Maroni sempre in termini di acidità stabilisce che tanto minore è il livello di maturità dell’uva impiegata, tanto più il vino avrà sapore acido e amaro. Quindi, un bel bye bye a tutte quei vini che provengono da uve che, pure essendo state raccolte perfettamente mature, sono per loro natura dotate di acidità.
  • un vino è integro quando il sapore del frutto costitutivo è avvertito nella sua pulizia e nella sua novità. Il sapore del frutto può essere una novità?? che è uno spot pubblicitario?? Andiamo avanti. Il vino pulito è quel vino che non rivela in degustazione caratteri negativi assenti nel frutto: profumi o sapori sulfurei, acetosi, lattosi, legnosi, ecc.. Quindi ne deduco che a Maroni fanno cagare i vini minerali o troppo "barricati". Siamo sicuri che il legno proprio non gli piace visto che, alla fine, è il suo (mal) utilizzo che rende il vino morbido? Siamo tutti sicuri? E veniamo alla novità del vino che, sempre secondo la teoria, consiste nell’assenza di gusto-aromi ossidati (rancido, caramello, Marsala) non presenti nell’uva al momento del suo distacco dalla pianta. Alla grandissima!!! Ragazzi se avete un Madeira del 1900 o un grande Marsala a casa buttateli nel lavandino, tanto non sono fruttosi e quindi di scarsa qualità. Anzi dateli a me che ci penso io.....mi voglio avvelenare!

E arriviamo al gran finale! La valutazione complessiva della qualità dei vini esaminati si esprime attribuendo un voto in centesimi al vino degustato. Punteggio che equivale all'Indice di Piacevolezza del vino. 100 è però il punteggio non assegnabile: il vino perfetto che non sarà identificato una volta per tutte dal momento che vi è, e vi sarà sempre, la possibilità di produrre e di assaggiare un vino migliore di quello mai prodotto ed assaggiato.

99 è quindi il miglior punteggio assegnabile. Il vino che è l’incarnazione della fruttosità, cioè della piacevolezza. Il voto voto in novantanovesimi si ottiene assegnando un punteggio da 1 a 33 alla consistenza, all’equilibrio, all’integrità, effettuando poi la somma dei tre punteggi parziali assegnati.

IP MAX 99 = CONSISTENZA 33 + EQUILIBRIO 33 + INTEGRITA' 33


Sulla base di questa teoria, di cui ho espresso inevitabilmente qualche parere, secondo voi quale sarà il gota dell'enologia italiana? Al prossimo articolo, da non mancare!