Un grande Fiano del Cilento, come questo prodotto dalla
famiglia Verrone, lo riconosci subito grazie al perfetto connubio tra il caldo
abbraccio delle terre del Sud e quella nota di timo, mandorla, agrumi e sale
che ti ricordano come queste vigne, con vista sul Golfo di Salerno, siano legate intimamente al Mediterraneo con i sui colori e profumi.
Il Vinco: l'Alta Tuscia, con il Mistione, ha il suo vino rock!
Non c’è assolutamente dubbio che, assieme al basso
frusinate, l’Alta Tuscia viterbese (delimitata a
sud dalla provincia di Roma, ad est dall'Umbria, a ovest dal Mar Tirreno ed a
nord dalla Toscana) sia l’area vitivinicola più dinamica, e per certi
versi anche più anarchica, del Lazio.
Da qualche anno, infatti, tanti
giovani vignaioli stanno cercando di dar vita a vini, spesso “naturali”,
attraverso i quali si punta decisamente a rompere con un passato e, purtroppo,
con un presente costellato da DOC, la più importante delle quali è
l’Est!Est!!Est!!! di Montefiascone, che poco hanno valorizzato, tranne
eccezioni, la viticoltura di un territorio la cui caratteristiche, se
adeguatamente sfruttate, potrebbero senza problemi portare ad una alta qualità
diffusa di tutto il comparto vitivinicolo locale.
L'Alta Tuscia |
Il centro nevralgico di questa “nouvelle
vague” del vino della Tuscia è caratterizzato da un luogo ben preciso: il lago
di Bolsena. Questo specchio d’acqua, con i suoi 114 Kmq di superficie,
rappresenta il più grande lago vulcanico d'Europa (tecnicamente è
considerato una caldera) e la viticoltura in questa zona, storicamente, si è
sviluppata attorno alle colline dei comuni più importanti: Montefiascone, Marta,
Capodimonte, Gradoli, San Lorenzo Nuovo e Bolsena.
Il Lago di Bolsena |
L’areale, come facile pensare, è costituito da
terreni di origine vulcanica e ricchi di potassio anche se è possibile avere al
loro interno delle importanti differenziazioni: nell’area nord-ovest l’attività
intercalderica ha prodotto prettamente terreni ricchi di lave e scorie saldate,
la sabbia è praticamente assente mentre la troviamo in abbondanza nella zona
sud-orientale accanto, ovviamente, ad abbondanti formazioni di tufo. Le vigne,
in queste zone, godono soventemente di una esposizione sud, sud-ovest e possono
avere altezze variabili che possono arrivare anche ad oltre 600 metri s.l.m. da
dove, ve lo posso garantire, si aprono scorci panoramici sul lago di Bolsena e
le sue due isole (Bisentina e Martana) che lasciano senza fiato.
I principali vitigni a bacca bianca che
possiamo trovare camminando tra questi filari sono procanico, grechetto,
malvasia, moscato, verdello mentre a bacca rossa troviamo canaiolo, aleatico,
ciliegiolo, roscetto e greghetto rosso (clone locale di sangiovese).
Gianmarco Antonuzi - credito: tutto wines |
Come scritto in precedenza, l’Alta Tuscia
Viterbese oggi è una vera e propria fucina di giovani produttori che stanno più
o meno sperimentando nuove vie del vino riprendendo e sviluppando, è opportuno
sottolinearlo, il grande lavoro fatto da Gianmarco Antonuzi (Le Coste) che nel
lontano 2004, prima di tutti, aveva compreso la grandezza di un territorio
vitivinicolo soprattutto se vigna e cantina venivano in qualche modo “slegati”
da protocolli convenzionali poco rispettosi della Natura. Questo movimento
“naturale ed indipendente” iniziato da Antonuzi, nel corso del tempo, ha avuto
altri punti fermi come, ad esempio, Andrea Occhipinti arrivando oggi a contare
almeno sei o sette cantine di riferimento tra cui Il Vinco.
Daniele, Nicola e Marco: Il Vinco |
Questa azienda
agricola, situata nella parte sud del Lago di Bolsena (Montefiascone), è un
progetto fortemente voluto e realizzato da tre amici Daniele Manoni, Nicola
Brenciaglia e Marco Fucini che attorno al 2014, dopo una
serata ad alto contenuto di alcol, decisero di diventare anche soci
intraprendendo questa nuova via di vita assieme.
“Attenzione – mi blocca Nicola mentre
giriamo per le vigne – eravamo alticci, euforici, ma non pazzi perché alla
fine, tutti e tre, oltre ad essere grandi appassionati di vino, proveniamo da
ambiti agricoli che conosciamo bene. Infatti, io e Daniele siamo anche
produttori di olio mentre Marco alleva vacche da carne. In zona, poi, ogni
famiglia tradizionalmente ha un pezzetto di vigna con la quale fa il vino di
casa, per cui qualche rudimento enologico già lo sapevamo. Ci siamo detti,
perciò, visto che avevamo un minimo di esperienza, un po’ di terra e anche i
mezzi meccanici, perché non iniziare?”
E così Daniele, Nicola e Marco hanno
cominciato a rimboccarsi le maniche prendendo in affitto piccole parcelle di
vigneto dagli anziani del posto che lasciavano. Le vigne in produzione, gestite
dal 2017 secondo i principi della biodinamica, sono coltivate solo con uve
locali (canaiolo nero, rossetto, procanico, malvasia bianca lunga) e sono site
a Capodimonte (la parcella più grande di circa 1.2 ettari), Montefiascone, da
dove si produce il bianco, mentre una vigna più piccola, di canaiolo nero a
piede franco, si trova a Marta. In totale circa tre ettari a cui si devono
aggiungere altri tre ettari e mezzo di nuovi impianti (tutti attorno la
cantina) dove troviamo anche piante di verdello (clone locale di verdicchio).
Mentre scrivo mi trovo all’interno della nuova
cantina de Il Vinco, a due passi da Montefiascone, dove i ragazzi stanno
vinificando in autonomia, non senza difficoltà, dopo essere stati ospitati da
Andrea Occhipinti per i primi due anni di produzione. All’interno della nuova
cantina, che in futuro si avvarrà anche di una sala degustazione con vista sui
vigneti, troviamo sia vasche di cemento, usate per la fermentazione a scalare
dei vini, sia tini in vetroresina (i loro preferiti) ed acciaio inox che sono
invece usati per l’affinamento dei vari vini della gamma. Per ora non viene
usato legno anche se per la prossima annata, la 2020, è in programma di
acquistare una botte grande per affinare il greghetto rosso.
Dopo vari assaggi da vasca, tutti sorprendenti
per identità e territorialità, chiedo di degustare il loro rosato, il così
detto Mistione, che tanto sta spopolando, soprattutto in queste giornate
estive, tra gli amanti dei vini naturali. Il vino non altro che un blend,
ovvero un mischione\mistione (da qua il nome), di uve sia a bacca bianca che
rossa come canaiolo nero, procanico, rossetto, malvasia bianca lunga che dopo
una breve macerazione di due giorni vengono fermentante spontaneamente in
cemento per poi affinare, una volta creata la cuvée, in acciaio e vetroresina
per circa sei mesi a cui seguono altri tre mesi di bottiglia.
Degustandolo,
capisco perché questo rosato sta facendo tanto parlare di sé: è assolutamente
originale, parte leggermente abboccato ma poi la forte componente sapida del
vino, tipica della zona vulcanica dove sono piantate le viti, tende subito a
controbilanciare la beva che, come un perfetto equilibrista, scorre lenta ma
inesorabile su quel filo sottile che si chiama emozione gustativa e voglia di
riempire un altro calice. Amici, siamo ovviamente di fronte ad un vino pop,
sicuramente non è il miglior rosato bevuto nella mia vita ma, vivaddio, siamo
nel bicchiere finalmente ho qualcosa di assolutamente inedito ed innovativo per
l’Alta Tuscia abituata forse un po’ troppo abituata a vini tecnici e troppo
uguali a se stessi.
Ultima curiosità: Il Vinco deriva il suo nome
dal salice da vimini (Salix viminalis) con il quale un tempo si formavano delle
corde per legare i le viti o le piante dell’orto. Il Vinco, perciò, sta ad
indicare il forte legame con la terra di origine del progetto ma suggella anche
il forte rapporto di amicizia tra Daniele, Nicola e Marco.
Ayala - Champagne Brut “Collection N°7” 2007
Lanciato in
Italia lo scorso 23 Luglio con un evento unico che si è svolto in contemporanea
in sette città italiane, il N° 7 è la seconda opera della "COLLEZIONE
AYALA", champagne unico nel suo genere, prodotto in piccole quantità e
presentate solo quando raggiunge il suo apice. Questa
cuvée nasce da un blend (2/3 chardonnay e 1/3 pinot nero) di 7 Grands Crus della Côte des Blancs e della Montagne de Reims, tutti dell'annata
2007, è ha un dosaggio di circa 6 grammi/litro.
Avize : mineralità gessosa
Chouilly : generosità, finezza
Cramant : struttura, vinosità
Le Mesnil-sur-Oger : vivacità, tensione
Oger : frutta, opulenza
e 2 Grands Crus de la Montagne de Reims :
Aÿ : generosità, finezza
Verzy : vivacità, carisma
Queste sette anime, sapientemente assemblate da Caroline Latrive, una delle 3 donne Chef de Cave di tutta la Champagne, dopo circa 11 anni di affinamento nelle cantine della Maison Ayala, hanno dato vita ad uno Champagne assolutamente di carattere e potenza aromatica sciorinata in un ampio quadro olfattivo che spazia dalla frutta secca fino allo zenzero e la mineralità, passando per agrumi canditi e prugna Mirabelle. Al sorso è goloso, strutturato ma, al contempo, elegantemente vivace e sinuoso. La chiusura, sapida, sfuma in un caldo e vibrante abbraccio agrumato.
Caroline Latrive |
Ayala N°7 si abbina perfettamente a cibi ricchi ma dalla consistenza delicata, come
un'aragosta alla griglia in burro salato servita con risotto allo zafferano, un medaglione
di filetto di vitello in salsa cremosa o semplicemente un Comté stagionato 18 mesi!
De Bartoli - Marsala Vergine Riserva 1988
di Lorenzo Colombo
E poi ti capita d’assaggiare questo vino e commiseri coloro
che dicono di non amare il Marsala.
Un vino questo che richiederebbe un’intera pagina per poter essere descritto, e
probabilmente non basterebbe: miele di castagno, fichi cotti, frutta secca,
un’ampiezza olfattiva e gustativa con pochi uguali, e poi non finisce mai. Ovviamente non ci riferiamo alla bottiglia, finita troppo presto.
Due belle trattorie da scoprire se passate in Lunigiana!
di Lorenzo Colombo
La
Lunigiana è una regione storicamente divisa tra Emilia, Toscana e Liguria, dopo
l’unità d’Italia e la creazione delle varie province il suo territorio è stato
un poco smembrato ed attualmente per Lunigiana s’intende l’insieme di alcuni
comuni situati lungo il corso del fiume Magra, suddivisi tra le province di La
Spezia e di Massa Carrara.
Dal
punto di vista gastronomico le preparazioni più conosciute sono gli Sgabei,
pasta lievitata (la stessa del pane), tagliata a strisce e fritta in olio
d’oliva, che vengono solitamente abbinate a salumi vari ed utilizzati come
antipasti, famosi inoltre sono i Panigacci ed i Testaroli.
In
realtà tra i due non è ci si sia molta differenza, si tratta sempre di un
impasto simile, ovvero una pastella di farina, acqua e sale, leggermente più
densa per quanto riguarda i Panigacci, per entrambi la cottura di questa
pastella avviene in testi, di ghisa o terracotta. Ciò che cambia è l’utilizzo,
infatti i testaroli, che si ottengono tagliandi in quadrati di circa 4
centimetri di lato il disco cotto, vengono bolliti per pochi minuti in acqua e
quindi conditi in genere con pesto di basilico, ma anche con altri sughi,
mentre i Panigazzi vengono in genere serviti caldi (sembrano delle piccole
piadine) accompagnati da salumi o formaggi.
Ma
veniamo ai nostri locali: sei giorni in Lunigiana e sei trattorie visitate, in
tutte abbiamo mangiato più che bene, assaggiando a volte diverse versioni degli
stessi piatti, qui andiamo a riferire dei due luoghi dove ci siamo trovati
meglio, sia per quanto riguarda l’accoglienza, ma soprattutto per quanto
riguarda il cibo e non ultimo il prezzo pagato.
Il
primo locale è Da Fiorella, situato a Nicola, frazione di Luni, in provincia di
La Spezia. Situato a 180 metri d’altitudine, ci si arriva affrontando alcuni
tornanti dopo aver lasciato l’Aurelia in prossimità del sito archeologico di
Luni. Ci siamo stati domenica 12 luglio a pranzo. Visto dal di fuori non è che
ci abbia fatto una grande impressione, le cose però cambiano appena entrati Un’ampia
sala luminosa arredata in maniera moderna, con ampie finestre che spaziano
sulla Val di Magra, sino al mare. I
numerosi ed interessanti piatti in carta ci costringono ad una non facile
scelta, optiamo quindi per un Antipasto misto, composto da torta di verdure, torta
di riso e cipolla, caponata, polenta incatenata e verza ripiena e per un
Gatzpacho e vaporata di mare. Buonissimo quest’ultimo piatto, anche se ce lo
immaginavamo diverso.
Antipasto misto |
Tra
i primi piatti scegliamo il Bis di Panigacci (con olio e parmigiano e con pesto
fatto in casa), Pappardelle all’amatriciana di polpo e pecorino e Tagliolini
cacio pepe e cozze. I
Panigacci sono dei pani non lievitati a forma di cerchio (ricordano nella forma
la piadina) cotti a fuoco vivo in un testo di terracotta, gli ingredienti sono
semplicemente farina, acqua e sale. Vengono poi serviti con varie pietanze,
soprattutto salumi e formaggi, ma anche in maniera più semplice, ma non meno
gustosa, come nella versione assaggiata da Fiorella.
Panigacci |
Difficile
la scelta anche per quanto riguarda i secondi piatti, alla fine decidiamo per
dei gustosissimi Muscoli di Spezia ripieni e, mentre chi è più tradizionalista
opta pe Filetto di manzo e Chips di patatine fritte.
I muscoli! |
Un
gelato alla crema e due caffè chiudono il nostro pasto che è stato innaffiato
con un Trento Doc “Salísa” Millesimato 2016 di Villa Corniole e, per bere
locale, un Vermentino “Vigne Basse” 2019 di Terenzuola, vini scelti in un’ampia
carta che comprende sia vini locali che di altre regioni, il tutto con
ricarichi più che onesti.
Notevole
la soddisfazione, sia per quanto riguarda il palato come pure per il
portafoglio.
Il
secondo locale di cui andiamo a scrivere, si trova invece a Fosdinovo, in
provincia di Massa Carrara, proprio ai piedi del Castello Malaspina, si tratta
del castello più grande e meglio conservato di tutta la Lunigiana, famoso per
aver ospitato tra gli altri anche Dante Alighieri.
Ma
torniamo al nostro locale, ovvero la Trattoria Quinta Terra, una sala a volte
in pietra e pochi tavoli all’esterno ci accolgono mercoledì sera, 15 luglio,
all’interno i tavoli sono ben distanziati, il menù si trova su un paio di
lavagne, c’è pure il QR Code per scaricarlo, come può essere scaricata la carta
dei vini.
Delicato
il Flan di cavolfiore con salsa al gorgonzola che scegliamo tra gli antipasti;
proseguiamo poi con i primi piatti, ovvero Orecchiette, cozze, pecorino e
cannellini e Zuppa di farro con calamari al rosmarino.
Entrambi piatti assai deliziosi e saporiti.
Entrambi piatti assai deliziosi e saporiti.
Orecchiette, cozze, pecorino e cannellini |
Tra
i secondi piatti tortino di acciughe,
melanzane, pomodoro e mozzarella e baccalà alla ligure gratinato al forno. Il
tutto innaffiato da Breganze Vespaiolo Doc “Angarano Bianco” 2018, di Villa
Angarano, un vino che con la sua acidità s’è sposa più che bene con i piatti
scelti.
Non molte le etichette nella carta dei vini caratterizzata da un
ricarico onesto, l’azienda ha anche una propria produzione, abbiamo assaggiato
per curiosità il loro Vermentino “Tziveta” trovandolo molto interessante. Conto
finale onestissimo, con notevole rapporto qualità/prezzo.
The Court, il mio Cocktail Bar a Roma con esclusiva vista Colosseo
Drink con vista al The Court, l'esclusivo
cocktail bar di Palazzo Manfredi aperto 7 giorni su 7, dalle
prime luci del tramonto alle 2 del mattino. A quasi un anno dalla sua
inaugurazione, sono diverse le novità che verranno svelate in occasione della
riapertura ufficiale della location con meravigliosa vista Colosseo.
Dietro l'inconfondibile bancone di marmo lungo 7,5 metri c'è sempre Matteo
Zed, bartender di fama internazionale che proprio nel 2019 ha consacrato il
suo successo con l'uscita della pubblicazione “Il grande libro dell'Amaro
Italiano”, un appassionante itinerario made in Italy che ha riprodotto anche
nella nuova drink list di The Court.
In un ambiente completamente sanificato in cui le
sedute rispettano il distanziamento sociale, le necessarie misure di
sicurezza non hanno in alcun modo impattato sulla raffinata eleganza e
magica atmosfera del luogo. Ci sarà un ingresso dedicato differente da quello
di uscita, per godere anche quest'anno di una delle viste più esclusive al
mondo, l'Anfiteatro Flavio, sorseggiando uno dei cocktail della rinnovata carta
firmata a cura di Zed. Oltre alle classiche sedute che assicurano privacy e
intimità, c'è la proposta al bancone da cui si potrà ordinare dietro una
protezione in plexiglass, attraverso cui osservare ogni passaggio della
preparazione del proprio cocktail.
Il bar program offre grandi novità agli ospiti
del The Court, come l'originale cocktail list a
base di drink sorprendenti, preparati attraverso tecniche di ri-distillazione,
fermentazione, chiarificazione ed estrazioni inedite in fat-washing. Tra i
signature l’Expression Martini, un espresso Martini totalmente
trasparente guarnito in modo minimale attraverso una foglia d’argento ed un
chicco di caffè, oppure il Methamorphosis Negroni, un
ri-distillato che mentre viene sorseggiato torna magicamente alla sua forma originale
grazie allo scioglimento delle materie residue alla distillazione, racchiuse in
uno skull di ghiaccio posto al suo interno. Sorprendente e gustoso anche l’Amaretto Colada,
il famoso Amaretto di Saschiria, non del classico colore; la miscela viene accompagnata
da un Cordial all’ananas, rum invecchiato e una soda all’acqua di cocco.
Non mancano Forgotten e Unforgattable
Classic che insieme agli Evergreen e agli Intoccabili
hanno accompagnato la brillante carriera di Matteo. Il Purple Sea è
uno di quelli che lascia il segno: a base di Gin, Blu Tea e uno sciroppo di
Fiori o lo spettacolare Golden Mai Tai con due Rum differenti e uno sciroppo
tropicale preparato secondo un’antica ricetta. Ad Oriente guarda, invece,
il Rising Sun, un omaggio al Giappone creato con Matcha Tea, miele
e succo di yuzu per finire con lo Spicy Paloma, quest’ultimo un classico base
tequila miscelato con il nuovo amaro al peperoncino di casa Caffo, il Vecchio
Amaro del Capo Red Hot Edition, succo fresco di lime e pompelmo rosa e infine
soda al medesimo flavor. Grande attenzione dedicata anche ai cocktail alcohol
free, ispirati a viaggi tra le bellissime terre nel mondo.
Il The Court si rivela luogo
privilegiato per gli amanti dell'alta miscelazione non solo per l’aperitivo ma
anche l’after-dinner da assaporare immersi in un’atmosfera incantevole con
vista mozzafiato. Altra novità è “In Suite Liquid Experience”,
un’esperienza unica ed autentica che offre la possibilità di degustare
magnifici cocktails (e non solo..) in un’altra location esclusiva, quale la
terrazza della Grand View Gallery Suite di Palazzo Manfredi con servizio
dedicato a due persone per 90 minuti di open bar a soli 120 euro.
Caratteristica di tutte le proprietà del Gruppo,
incluso il The Court, è “The View” ossia la vista. Fanno parte
della Manfredi Fine Hotels Collection (www.manfredihotels.com),
di proprietà dei conti Goffredo e Leonardo Ceglia Manfredi, Palazzo Manfredi
Small Luxury Hotel a Roma con il suo ristorante stellato Aroma sul RoofTop Una
Stella Michelin proprio difronte al Colosseo, Punta Tragara Small Luxury Hotel,
Le Monzù e Mammà Restaurants entrambi Una Stella Michelin a Capri. Altra
novità sono gli appartamenti nel centro storico della capitale e il nuovo Palm
Suite Manfredi. Una realtà imprenditoriale con radici antiche, che si
distingue come brand d’eccellenza nell’arte dell’ospitalità e dell’accoglienza
italiana.
The Court
c/o Palazzo Manfredi Small Luxury Hotel
Via Labicana 125
- 00184 Roma
Tel. 06 69354581
Aperto tutti i giorni dalle 18.00 alle 2.00
Il World’s Best Vineyards 2020 e i suoi vincitori!
di Chiara Giorleo
Il World’s Best Vineyards è il concorso intercontinentale organizzato
dalla William Reed a Londra che premia le migliori 50 destinazioni al mondo
rispetto all’offerta enoturistica. Siamo alla seconda edizione e la tanto
attesa Top 50 è stata finalmente svelata nel corso di una cerimonia virtuale
tenutasi su YouTube lunedì 13 luglio.
Conquista
la prima posizione, per il secondo anno consecutivo, Zuccardi Valle de Uco
(Argentina) che si aggiudica anche il premio di migliore destinazione
del Sud America. Resta invariato anche il secondo posto con Bodega Garzón
(Uruguay), mentre al terzo posto si
posiziona Domäne Wachau
(Austria) che si assicura, così, anche il premio di migliore destinazione in
Europa.
L’Italia
ha guadagnato 3 posizioni con aziende ben note al pubblico
internazionale: Gaja (Piemonte) al
36esimo posto, Ceretto (Piemonte) al
21esimo e Antinori nel Chianti Classico
(Toscana) che balza dal 18esimo posto dello scorso anno nella top 10: al nono posto.
Aziende di prestigio che, ancora una volta, raccontano il brand Italia nel
mondo.
La Top 50 del 2020 include, per la prima
volta, vincitori in India, Bulgaria e Giappone.
Ulteriori premi di rilievo sono i
seguenti: Robert Mondavi Winery in Napa, California (5° e
Migliore destinazione in Nord America); Rippon
in Nuova Zelanda (13° e Migliore destinazione in Australasia); Delaire Graff Estate in South Africa
(14° e Migliore destinazione in Africa). Château
Mercian Mariko Winery rappresenta
il primo ingresso in classifica per il Giappone (30° e Migliore destinazione in
Asia).
L’edizione
2020 è stata organizzata in partnership con Sonoma County Winegrowers.
Durante la premiazione del concorso sia Andrew Reed, il fondatore, sia la
presidente della Sonoma County Winegrowers, Karissa Kruse, hanno sottolineato
quanto siano stati colpiti “dalla capacità di adattamento delle aziende
vitivinicole alla situazione corrente”. Ed ecco che, proprio in questo strano
momento, un’iniziativa come questa assume un valore ulteriormente stimolante e,
ci si augura, di supporto.
Come responsabile del panel Italia non
posso che testimoniare il prestigio di una competizione di tale portata.
L’augurio è che possa crescere sempre più al fine di esaltare quella diversità
che ciascun Paese e ciascuna singola realtà sono in grado di sviluppare anche
grazie al confronto internazionale.
Antinori nel Chianti Classico |
Ecco la classifica completa:
1 The
World’s Best Vineyard & The Best Vineyard in South America: Zuccardi Valle
de Uco (Argentina)
2 Bodega Garzón (Uruguay)
3 & The Best Vineyard in Europe:
Domäne Wachau (Austria)
4 Montes (Chile)
5 & The Best Vineyard in North
America: Robert Mondavi Winery (United States)
6 Bodegas de los Herederos del Marqués de
Riscal (Spain)
7 Château Smith Haut Lafitte (France)
8 Quinta do Crasto (Portugal)
9
Antinori nel Chianti Classico (Italy)
10 VIK Winery (Chile)
11 Catena Zapata (Argentina)
12 Fürst von Metternich- Winneburg’sche
Domäne Schloss Johannisberg (Germany)
13 & The Best Vineyard in Australasia:
Rippon (New Zealand)
14 & The Best Vineyard in Africa:
Delaire Graff Estate (South Africa)
15 Weingut Dr. Loosen (Germany)
16 Ridge Vineyards Monte Bello (United
States)
17 Craggy Range (New Zealand)
18 González Byass – Bodega Tio Pepe
(Spain)
19 Château Pichon Baron (France)
20 Opus One Winery (United States)
21
Ceretto (Italy)
22 CHÂTEAU MARGAUX (France)
23 Bodegas Salentein (Argentina)
24 Penfolds Magill Estate (Australia)
25 Henschke (Australia)
26 Bodega Bouza (Uruguay)
27 Clos Apalta (Chile)
28 Champagne Taittinger (France)
29 Champagne Billecart-Salmon (France)
30 & The Best Vineyard in Asia:
Château Mercian Mariko Winery (Japan)
31 Château d’Yquem (France)
32 Bodegas RE (Chile)
33 Château Mouton Rothschild (France)
34 d’Arenberg Australia
35 Viña Errázuriz (Chile)
36
GAJA (Italy)
37 DOMAINE SIGALAS SA (Greece)
38 Château Oumsiyat (Lebanon)
39 Wine Cellar Villa Melnik (Bulgaria)
40 Viña Casas del Bosque (Chile)
41 BODEGAS VIVANCO (Spain)
42 Familia Torres (Spain)
43 VIU MANENT (Chile)
44 Maison Ruinart (France)
45 Domaine Marcel Deiss (France)
46 KRSMA Estates (India)
47 Stag’s Leap Wine Cellars (United
States)
48 Château Heritage (Lebanon)
49 Quinta do Noval (Portugal)
50 Trapiche (Argentina)
Per ulteriori dettagli: www.worldsbestvineyards.com
Pardi - Montefalco Rosso Riserva DOC 2016
di Stefano Tesi
E’ da pazzi bersi un rosso strutturato, e per di più di Montefalco, quando fuori ci sono 35°?
No, se è servito alla giusta temperatura e se, come questo, al naso caldo e traboccante di note di ciliegia sovramatura si somma un palato lungo e ampio ma composto, gradevole, quasi severo.
Butussi, qualcosa di buono dai Colli Orientali del Friuli!
Durante i difficili giorni del lockdown ho avuto l’opportunità di assaggiare con calma parecchi campioni dei vini più disparati. Difficile, in effetti, trovare circostanze più favorevoli per una degustazione: forzata tranquillità ed isolamento, pochi telefoni e campanelli che suonano, minime distrazioni e incombenze.
La pace forzata indotta dal virus mi ha consentito insomma di mettere a frutto e a fuoco, con la massima concentrazione, molte cose.
Eppure mancava spesso qualcosa.
Ci ho pensato su a lungo e alla fine ho presto scoperto che cosa: mancava la gioia di individuare belle bottiglie e, conclusa la parte tecnica della seduta, di potersele godere in compagnia, di bersele tutte, in definitiva di far fare al vino la parte del vino.
Allora, in attesa di tempi migliori, ho esso da parte le bocce che, assaggiate con cura solitaria, mi sarebbe piaciuto però riassaggiare in compagnia, in un contesto cioè a metà strada tra il confronto coi colleghi e la bevuta tra amici.
Detto fatto: appunti buttati e note riprese da capo col metodo “simposiale”.
Cominciamo la rassegna con due gran belle etichette di un produttore storico dei Colli Orientali del Friuli, l’ultracentenaria Valentino Butussi, oggi guidata dal figlio Angelo e dai nipoti Filippo, Tobia, Matia e la sorella Erika. Eccole.
La Famiglia Butissi - credit: Cronache di Gusto |
Valentino Butussi, Sauvignon Blanc “Genesis” 2018, Colli Orientali del Friuli DOC
Appena 1.275 bottiglie da una particella-cru di soli seimila metri con una vigna (biologica, come tutta l’azienda) di trent’anni sopra. Frutto di uno dei tanti esperimenti condotti negli anni e imbottigliato secondo il calendario lunare è un vino che di liscio ha solo il colore, d’un elegante paglierino. Al naso è invece esplosivo e intenso, che rilascia a ondate, in sequenza, ma senza sbavature né imprecisioni, note di pesca e di frutta a polpa bianca, biancospino, un accenno finale di buccia interna di agrumi. Al palato è sapido e lunghissimo, pulito, con una coda piacevolmente amarognola che invita alla ribeva. Elegante ma godibile. Amici contenti.
Valentino Butussi, Pinot Grigio Ramato 2018, Colli Orientali del Friuli DOC
Quella del ramato sarebbe una storia tutta da raccontare, anche per far capire meglio il “senso” di questo vitigno che nasce né bianco e né rosso e quindi si presta a molteplici interpretazioni. La meno diffusa, commercialmente meno redditizia ma senza dubbio più affascinante è quella adottata per produrre questo vino: il 25% dell’uva viene vinificata in bianco, mentre il 40% viene messo a macerare 36 ore, per estrarre la componente rosata; il restante 35% viene pigiato, raffreddata e lasciato anch’esso a macerare. Il macerato viene torchiato in modo soffice e il mosto messo a fermentare in botti tradizionali. Un mese prima dell’imbottigliamento le tre diverse vinificazioni vengono riunite.
Ne risulta un vino dal colore singolare, che definirei rosa antichissimo. Al naso è netto, diretto, con richiami alla polpa della frutta appena affettata e variegate note floreali in appassimento. In bocca è secco e deciso, verticale, con una prolungata nouance amara e bella persistenza. Col polpo grigliato è finito subito.
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