Sarà che Piero e Rosa Macciocca li incontro spesso alle fiere dei vini naturali ma, ridendo e scherzando, tra i loro vigneti e in cantina erano quasi otto anni che mancavo.
Già, il tempo passa, mi rende i capelli più bianchi e il viso più rugoso ma, fortunatamente, ha reso i Macciocca sempre più bravi e consapevoli della loro eccellente materia prima, il cesanese, grazie al quale da anni stanno dando vita a vini di memorabile bellezza soprattutto se confrontati all'interno del panorama enologico del Lazio.
Cosa è cambiato rispetto ad otto anni fa? Iniziando dal vigneto, i Macciocca sempre alla ricerca del qualità distintiva oltre ai tre storici vigneti (Ju Quartu, Vignali e Mozzatta) hanno aggiunto un quarto Cru, Jù Lattaro, il cui nome si ispira al precedente proprietario, un vero e proprio personaggio folcloristico della vita pigliese, che oltre a produrre vino a livello amatoriale era anche, e soprattutto, un produttore di latte della zona.
Con Piero, ospite speciali Valerio Noro, iniziamo come di consueto il tour dei vigneti che parte proprio da Jù Lattaro che è una vigna di recente acquisizione, circa 0,3 ha, con viti di fine anni '50 molte della quali risistemate visto le pessime condizioni in cui erano state lasciate. Il terreno, come vedete, è di argilla rossa.
Dopo un rapido passaggio alla vigna sita in zona Colle del Grano, adiacente a Vignali, arriviamo nei pressi dello storico Cru Jù Quartu che, rispetto a nove anni fa, ha una maggiore estensione (siamo ora a 0,7 ha) visto che Piero ha preso in gestione anche la parte che un tempo era seguita dal cognato. Anche in questo caso siamo di fronte a viti di cesanese, sia comune che di affile, piantate negli anni '60 su un terreno di argilla rossa anche se non mancano zone dove si intravede una maggiore presenza di calcare.
Altri cinque minuti di traversata nella campagne del Piglio ed eccoci arrivati a Vignali, secondo Cru acquistato dai Macciocca dove oltre a viti di cesanese incontriamo anche buona parte della passerina che andrà nel Donna Rosa. Il vigneto è di circa un ettaro di cui più della metà a cesanese da vecchie viti. Terreno argilloso.
Come da tradizione il tour si ferma presso il Cru Mozzatta, circa 0,28 ha, da
sempre di proprietà della famiglia e, fortunatamente, condotto in maniera naturale
fin dalle sue origini (anni '60).
La prossima tappa è la cantina che, rispetto al 2011, è rimasta sempre di dimensioni più che artigianali anche se dentro qualcosina è cambiato visto che sono state tolte le tre vasche di cemento per aumentare le presenza dei tini in acciaio che vanno ad affiancarsi alle botti di legno usate per il solo affinamento.
L'occasione di trovarmi con i 2018 ancora in affinamento era troppo ghiotta per non essere sfruttata e così ho chiesto a Piero di farmi degustare, in anteprima, tutti e quattro i Cru di Cesanese complice anche l'annata che, a detta dello stesso Macciocca, si è rivelata davvero promettente in quanto fresca e ben equilibrata.
Cesanese del Piglio "Jù Quartu" 2018: naso con impatto aromatico già ben definito dove si ritrovano le caratteristiche del Cru ovvero la frutta rossa croccante e la solarità. Al gusto sorprende per una piacevolezza e succosità nonostante la gioventù. Il tannino, spesso rude del cesanese, è assolutamente integrato.
Piero Macciocca |
Cesanese del Piglio "Vignali" 2018: non so ancora se è il Cru de La Visciola che preferisco ma, dopo l'esperienza della 2009, è sicuramente il più sorprendente. Anche in questa annata è un esplosione aromatica di fiori rossi e mineralità e al gusto, se chiudiamo gli occhi, questo cesanese in purezza potrebbe essere scambiato benissimo per un grande pinot nero francese. Eleganza assoluta.
Cesanese del Piglio "Mozzatta" 2018: da sempre è il vigneto dal quale Piero e Rosa producono il Cesanese del Piglio più complesso e sfaccettato della loro gamma. Anche in questo caso, seppur in affinamento, il Mozzata riesce magicamente a prendere tutto il bello dei Cru precedenti ovvero riesce ad essere polposo, fruttato, floreale e balsamico allo stesso tempo. Una meraviglia già adesso soprattutto al sorso dove la tensione gustativa sembra quella di un vino già in commercio. Top!
Passerina del Frusinate "Donna Rosa" 2018: non so se dipende dall'annata fresca, non so se dipende dalla maggior esperienza in vigna e in cantina con questo vitigno abbastanza ostico, ma a mio modesto parere Piero e Rosa attualmente hanno trovato la quadratura del cerchio con la loro passerina che, seppur campione di vasca, promette di diventare uno dei migliori bianchi del Lazio in circolazione da anni.
Fuori Concorso
La pasta all'Amatriciana "Macciocca Style"