Emilia Romagna - Tre Bicchieri 2018 Gambero Rosso

Lambrusco, Lambrusco, fortissimamente Lambrusco... ci viene da esclamare durante le nostre degustazioni finali. È questo il vino che ci sta entusiasmando di più negli ultimi anni tra le proposte della regione. Un fatto singolare, se ci riflettete. Il Lambrusco, nelle sue varie denominazioni, non ha mai fatto parte del Gotha dei grandi vini, dove trovano posto le cuvée Metodo Classico, i potenti bianchi dall'intenso corredo aromatico e i grandi rossi da invecchiamento.


Un po' come la Barbera, il Lambrusco è sempre stato relegato nel limbo dei vini da bere quotidianamente, quei vini che si acquistano senza grandi riflessioni, istintivamente, anche perché hanno un costo accessibile davvero a tutti. Ma sono vini che piacciono a tutti... Bene, partiamo da questa considerazione: c'è Lambrusco e Lambrusco. Dopo gli anni della grande "sbornia" delle vendite da milioni di casse nel mondo, dopo la crisi successiva, negli ultimi anni grazie al lavoro paziente di vignaioli e produttori è riemerso un panorama complesso e articolato nelle varie denominazioni che sta dimostrando sempre di più che anche un vino da bere giovane, dotato di vivacità e freschezza più che di struttura, può essere un grande vino. Quest'anno ne premiamo ben sette, tra quelli di Modena, Reggio e soprattutto Sorbara. Sono vini che ci incantano per finezza, sapidità, equilibrio e piacevolezza.
Subito dopo nella nostra hit parade regionale vengono i Sangiovese della nouvelle vague romagnola, quelli non iper-concentrati, non stremati da maturazioni in legni nuovi che ne soffochino frutto ed espressività. La Romagna ne offre sempre di più, e anche questi a prezzi più che ragionevoli.
Premiamo due Albana, un fresco e vibrante (e moderno) I Croppi '16 di Celli e il gran classico tra le versioni Passito, lo Scacco Matto '13 de La Zerbina.
Segnali incoraggianti arrivano, in termini di vini freschi, distesi e godibili anche dai Colli di Parma, dove premiamo l'ottimo Rosso MDV '16 di Monte delle Vigne. Colli Piacentini e Colli Bolognesi rimangono terroir di grandi potenzialità, ancora parzialmente inespresse.

I vini dell'Emilia Romagna premiati con Tre Bicchieri
Colli di Parma Rosso MDV ’16 - Monte delle Vigne
Colli di Rimini Cabernet Sauvignon Montepirolo ’13 - San Patrignano
Lambrusco di Modena Brut Rosé M. Cl. ’13 - Cantina della Volta
Lambrusco di Sorbara del Fondatore ’16 - Cleto Chiarli Tenute Agricole
Lambrusco di Sorbara Leclisse ’16 - Gianfranco Paltrinieri
Lambrusco di Sorbara Secco Omaggio a Gino Friedmann ’16 - Cantina Sociale di Carpi e Sorbara
Lambrusco di Sorbara V. del Cristo ’16 - Cavicchioli
Reggiano Lambrusco Concerto ’16 - Ermete Medici & Figli
Reggiano Lambrusco Secco Marchese Manodori ’16 - Venturini Baldini
Romagna Albana Passito Scacco Matto ’13 - Fattoria Zerbina
Romagna Albana Secco I Croppi ’16 - Celli
Romagna Sangiovese Castrocaro e Terra del Sole Crete Azzurre ’15 - Marta Valpiani
Romagna Sangiovese Modigliana I Probi di Papiano Ris. ’14 - Villa Papiano
Romagna Sangiovese Sup. Il Sangiovese ’16 - Noelia Ricci
Romagna Sangiovese Sup. Oriolo ’16 - I Sabbioni
Romagna Sangiovese Sup. Sigismondo ’16 - Le Rocche Malatestiane

Notizie curiose: nasce il vino che sa di birra. La fine del mondo non è così' lontana!

Se siete indecisi tra vino e bianco e birra, forse l’esperimento ben riuscito di un enologo belga potrà fugare ogni vostro dubbio. Filip Decroix giura, infatti, di aver creato un nettare che mette d’accordo proprio tutti.


Da anni fa il produttore di vini artigianali in Belgio, ma accanto alle bottiglie dal sapore tradizionale, il quarantanovenne Filip Decroix, ha voluto perfezionare la formula del suo "Steenstraetse Hoppewijn", un vino bianco dal sapore amarognolo prodotto dalla combinazione di Chardonnay con il luppolo belga.
E sostiene di aver creato una formula approvata sia da belgi, amanti della birra per eccellenza che dai sommelier. Ottenere questo risultato però non è stato semplice: ci sono voluti litri e litri di Chardonnay.

Per un anno circa ha fatto diversi esperimenti, con varie quantità di luppolo, modificando di volta in volta la temperatura e il tempo di maturazione del luppolo che come sappiamo, influenza molto il gusto della bevanda. Ma quando ormai tutto sembrava perduto, in aprile ha trovato la ricetta giusta. 

“Ho fatto in tutto 13 prove, ma alla fine solo una era quella giusta e metteva d’accordo olfatto e gusto”, dice Filip Decroix.


L’enologo possiede circa 3,5 ettari in cui sono piantate quasi 13mila viti, ogni anno riesce a produrre otto tipi di vino e questa nuova formula. In passato, ha già vinto premi nazionali e internazionali.
Oltre all’innovazione del gusto, il nuovo "Steenstraetse Hoppewijn" ha anche un’etichetta fatta di raso e non di carta, come le normali bottiglie.
“Credo molto in questo prodotto e le prime recensioni sono positive. Tutti sono rimasti stupiti dal gusto fruttato e allo stesso tempo frizzante. Il sapore del luppolo riempie la bocca, ma alla fine tutto si fonde in una combinazione deliziosa”, dice Decroix.

Marche - Slow Wine 2018

Le Marche si confermano una regione “bianca”. In tempi di elezioni politiche quest’affermazione avrebbe fatto sobbalzare i protagonisti del governo regionale, ma state pure tranquilli, stiamo solo parlando di vino.


Tracciando un quadro organico del vino regionale è ormai acclarato che il Verdicchio e il Pecorino si attestino ai vertici della produzione. Il primo consolida il trend positivo con livelli qualitativi impressionanti in moltissime etichette, l’altro è cresciuto in maniera eccellente, ottenendo la giusta consacrazione con una qualità media di alto profilo.
Il Piceno, in fatto di rosso, sta recuperando terreno in modo evidente, attraverso un restyling strutturale e aromatico che con le ultime annate si è fatto concreto, come dimostrano i riconoscimenti di questa edizione. Proprio dalle schede di Slow Wine 2018 infatti si percepisce il netto miglioramento del Piceno Superiore e dell’Offida Rosso nella “nuova” versione con una più alta presenza di montepulciano.
Nel Conero vediamo impegno e voglia di crescere, ma c’è ancora strada da fare nonostante qualche barlume di luce.
Il Lacrima sta confermando i segnali interessanti di cui parliamo da anni, il Bianchello svolge il suo compito con costanza e nel resto della regione stanno crescendo realtà promettenti come il Pergola nel Pesarese, il Serrapetrona e il Ribona nel Maceratese.
Venendo al lavoro dei vignaioli, se l’anno scorso riferivamo di un cambio di rotta nelle campagne marchigiane, con una viticoltura che stava diventando più sostenibile, quest’anno confermiamo la tendenza e anzi evidenziamo che il 70% circa delle aziende presenti in guida (e molte altre che non hanno trovato spazio in queste pagine) ha la certificazione biologica, o ha intrapreso la trafila della conversione. Un aspetto che attesta la voglia di un approccio agricolo “verde”.
Proseguendo con uno sguardo alle annate, per i bianchi si pensava che la fredda 2014 avesse creato vini irti e poco espressivi, ma già l’anno scorso avevamo espresso pareri in controtendenza e li confermiamo. Poi è arrivata la calda vendemmia 2015, con vini pronti e larghi, mentre il millesimo 2016, non facile per il clima bizzoso, si è rivelato intrigante, e ha dato vita a prodotti di bella tensione e diffusa sapidità. Sul versante rossi, 2013 e 2014 hanno facilitato la minore estrazione, con conseguente aumento della finezza aromatica e strutturale. Con il raccolto 2015 il frutto si è accentuato e con esso la struttura, mentre per il 2016 è ancora presto per esprimere un parere.
Concludiamo il quadro ribadendo che la qualità media di questa regione è aumentata fino a toccare punte di assoluta eccellenza: non bisogna dimostrarlo solo con i giudizi positivi della critica, ma anche con una più ampia diffusione dei prodotti sui mercati e prezzi medi di vendita maggiori. Il territorio ha tutte le carte in regola per affermarsi, ma ci vuole un cambio di passo concreto, bisogna fare squadra e far crescere il brand “Marche”.

VINO SLOW
Castelli di Jesi Verdicchio Ris. Cl. Lauro 2015, Poderi Mattioli
Castelli di Jesi Verdicchio Ris. Cl. Rincrocca 2015, La Staffa
Castelli di Jesi Verdicchio Ris. Cl. San Paolo 2015, Pievalta
Castelli di Jesi Verdicchio Ris. Cl. Vigna Il Cantico della Figura 2013, Andrea Felici
Castelli di Jesi Verdicchio Ris. Cl. Villa Bucci 2015, Bucci
Falerio Pecorino Onirocep 2016, Pantaleone
Offida Pecorino Donna Orgilla 2016, Fiorano
Piceno Sup. Morellone 2012, Le Caniette
Piceno Sup. Polisia 2013, Vigneti Vallorani
Rosso Piceno Podere 72 2014, Poderi San Lazzaro
Rosso Piceno Sup. 2015, Aurora
Rosso Piceno Sup. Vigna Monteprandone 2015, Saladini Pilastri
Verdicchio di Matelica D’Antan 2015, Cavalieri
Verdicchio di Matelica Vigneto Fogliano 2015, Bisci

GRANDE VINO
Castelli di Jesi Verdicchio Ris. Cl. Plenio 2014, Umani Ronchi
Castelli di Jesi Verdicchio Ris. Cl. Salmariano 2014, Marotti Campi
Castelli di Jesi Verdicchio Ris. Cl. Tardivo ma non Tardo 2015, Santa Barbara
Offida Rosso Ludi  2014, Velenosi
Offida Rosso Vignagiulia 2014, Emanuele Dianetti
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Ghiffa 2015, Cològnola – Tenuta Musone
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. L´insolito 2015, Vicari
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Misco 2016, Tenuta di Tavignano
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Podium 2015, Gioacchino Garofoli
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Qudì 2015, Roberto Venturi
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Vigneto del Balluccio 2015, Tenuta dell´Ugolino
Verdicchio di Matelica Meridia 2014, Cantine Belisario

VINO QUOTIDIANO
Lacrima di Morro d´Alba Da Sempre  2016, Vicari
Offida Pecorino 2016, De Angelis
Rosso Piceno Sup. Katharsis 2015, San Filippo
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Anno Uno 2016, Col di Corte
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Le Piaole 2016, Tenuta dell´Ugolino
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Salerna 2016, Sparapani – Frati Bianchi
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Dominé Chiesa del Pozzo 2016, Pievalta
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. La Staffa 2016, La Staffa
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Macrina 2016, Gioacchino Garofoli
Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. Via Condotto 2016, Cològnola – Tenuta Musone
Verdicchio di Matelica Bisci 2016, Bisci
Verdicchio di Matelica Del Cerro 2016, Cantine Belisario
Verdicchio di Matelica Villa Marilla 2016, Marco Gatti

Umbria - Tre Bicchieri 2018 Gambero Rosso

La qualità del vino umbro è nota da anni, ma quello che si percepisce vendemmia dopo vendemmia è la consapevolezza sempre maggiore che alcuni territori e alcune varietà possano offrire delle etichette di prestigio che riescano a competere con i grandi vini nazionali e mondiali.
E se fino a qualche anno fa i nomi che primeggiavano fuori regione erano solo quelli di cantine blasonate o di vitigni ormai noti (o internazionali), ora si va ad affermare sempre più la vera essenza della regione, fatta di vitigni autoctoni, aree dove la viticoltura fa parte della tradizione da decenni e, soprattutto, piccole realtà artigiane (che si affiancano a grandi e prestigiose cantine) e vanno a rappresentare un bel tessuto vitivinicolo regionale.
Inoltre, i vini bianchi si fanno notare sempre di più e anche in questa edizione della Guida si è cercato di metterlo in evidenza attraverso etichette che, anche non salendo sul gradino ai vertici, occupano una posizione di tutto rispetto nella piramide qualitativa. La 2016 è stata un'annata bella ed equilibrata (almeno fino a settembre, dopo i cali di temperatura e le piogge si sono fatti sentire condizionando soprattutto le varietà tardive) meno calda della precedente e i vini ne hanno sicuramente beneficiato. Tre i bianchi che conquistano i Tre Bicchieri, tutti già noti al podio: il Cervaro della Sala è il grande vino bianco internazionale e con Il Bianco di Decugnano dei Barbi valorizzano il territorio di Orvieto. Da Orvieto ci spostiamo poi verso Montefalco per evidenziare la bontà dell'Adarmando '15 di Tabarrini, potente e solare equilibrato da una sapidità magistrale.
Venendo ai rossi dobbiamo tornare al millesimo 2016: questa volta a beneficiarne è un grande Ciliegiolo di Narni prodotto dal bravissimo (e oramai riferimento per il territorio) vignaiolo Leonardo Bussoletti. Una grande conferma invece per il Rubesco Vigna Monticchio, il Torgiano Rosso di Lungarotti che continua a scrivere pagine di storia della viticoltura umbra di qualità. Ultimi, ma non ultimi, i Montefalco Sagrantino. Ben quattro si aggiudicano i Tre Bicchieri. La novità arriva da Tudernum che col Fidenzio (nonostante la non fortunatissima annata 2012) conquista l'ambito premio. Il resto è frutto invece del buon millesimo 2013 che ha visto tanti vini approdare alle degustazioni finali: Pardi conferma l'ottima performance dello scorso anno, Caprai non delude col suo Collepiano, infine la piccola azienda Bellafonte si rivela ancora una volta capace di presentare uno dei rossi più affascinanti ed eleganti della regione. 

I vini dell'Umbria premiati con Tre Bicchieri

05035 Rosso ’16 - Leonardo Bussoletti
Adarmando ’15 - Giampaolo Tabarrini
Cervaro della Sala ’15 - Castello della Sala
Montefalco Sagrantino ’13 - F.lli Pardi
Montefalco Sagrantino Collenottolo ’13 - Tenuta Bellafonte
Montefalco Sagrantino Collepiano ’13 - Arnaldo Caprai
Montefalco Sagrantino Fidenzio ’12 - Tudernum
Orvieto Cl. Sup. Il Bianco ’16 - Decugnano dei Barbi
Torgiano Rosso Rubesco V. Monticchio Ris. ’12 - Lungarotti

D’Angelo – Aglianico del Vulture 2012 è il Vino della Settimana di Garantito IGP

Da questa azienda storica lucana nasce questo Aglianico del Vulture dotato di respiro minerale ed anima scura ed arcigna come il vulcano da cui nasce. 


Territoriale fino al midollo è un vino che trova la sua sublimazione a tavola davanti ad un piatto di brodetto di agnello alla pastora.

La Lombardia secondo Slow Wine 2018

La Lombardia è una regione complessa e variegata dal punto di vista vitivinicolo e forse proprio per questo tra le più intriganti all’interno del panorama nazionale. Il quadro vinicolo generale è positivo, se fotografato dal punto di vista dell’aumento di interesse per la qualificazione dei territori, della nascita di forme di aggregazione tra produttori e dell’innalzamento della qualità.
Da nord a sud assistiamo allo sviluppo di nuove realtà o a una “semplice” ristrutturazione delle aziende di famiglia, molte delle quali animate da nuove generazioni di giovani produttori che si impongono nei loro territori.
Non mancano, tuttavia, le criticità, che si evidenziano, per esempio, nel solito Oltrepò Pavese in cui, pur riconoscendo e sostenendo il fervore rivoluzionario che anima tanti bravi produttori, sembrano non allontanarsi le problematiche più volte evidenziate, come l’assurda dequalificazione commerciale della Bonarda. A tal proposito, accogliamo con interesse tutti i tentativi propositivi per ostacolare queste tendenze, come il progetto “La Bonarda dei Produttori”.
La Franciacorta, appena uscita da un’annata agricola che si farà ricordare per l’alternanza di numerose sciagure metereologiche, rimane un polo attrattivo per la qualità e la solidità stilistica crescenti, ma anche per l’aumento della superficie vitata in regime biologico.
Dalla Valtellina si hanno solo conferme. Le Terrazze Retiche sono la culla in cui si stanno affermando sempre più piccole realtà vitivinicole che contribuiscono, insieme alle aziende più affermate, a diffondere un’espressività enologica di crescente definizione, oltre a offrire una risposta tangibile al problema dell’abbandono dei terrazzamenti.
Il territorio del Lugana vive un momento di positiva staticità: il vino è convincente sul piano espressivo e gode di una forza commerciale che ha pochi eguali. Ci auguriamo che questa meritata condizione possa sempre di più essere da stimolo per l’incremento di modelli agricoli più sostenibili e condivisi.
La vicinanza di Slow Wine alle zone più  “silenziate” dalla critica enologica è evidente, come dimostrano le tre Chiocciole attribuite ad aziende che ci piacciono e che premiamo per il loro impegno identitario: la novità è rappresentata da Noventa, realtà che si distingue per il prezioso lavoro di salvaguardia del territorio di Botticino; conferme per La Costa, leader indiscusso nel comprensorio delle Terre Lariane, e per Enrico Togni, barricadiero della Valcamonica.

Un piccolo segnale incoraggiante dalla Valcalepio, con il primo riconoscimento a un vino – una versione semplice di Franconia – che ci auguriamo possa lasciare il solco e favorire una rinascita culturale a favore di rossi più immediati e freschi. Non mancano aziende in rappresentanza delle altre zone, tra queste Valtènesi, Monte Netto, San Colombano al Lambro, Ronchi Varesini, l’area del Lambrusco Mantovano e le colline del Moscato di Scanzo.

Ed ecco i vari riconoscimenti attribuiti ai vini:

VINO SLOW
Barbacarlo 2015, Barbacarlo
Botticino Pià della Tesa 2015, Noventa
Franciacorta Brut Collezione Grandi Cru 2011, Cavalleri
M. Cl. Pinot Nero Brut 64, Calatroni
O.P. Pinot Nero Giorgio Odero 2014, Frecciarossa
Rosso d´Asia 2013, Andrea Picchioni
San Valentino 2014, Togni Rebaioli
Solesta 2015, La Costa
Valtellina Sforzato Ronco del Picchio 2013, Fay
Valtellina Sup. Dirupi 2015, Dirupi
Valtellina Sup. Sassella Rocce Rosse Ris. 2007, Ar.Pe.Pe.

GRANDE VINO
Franciacorta Brut Cru Perdu Ris. 2008, Castello Bonomi
Franciacorta Brut Nature 2011, Enrico Gatti
Franciacorta Brut Rosé 2013, Ferghettina
Franciacorta Extra Brut 2012, Camossi
Franciacorta Extra Brut Boschedòr 2011, Bosio
Franciacorta Extra Brut Cuvée Anna Maria Clementi Ris. 2007, Ca´ del Bosco
Franciacorta Extra Brut EBB 2012, Mosnel
M. Cl. Nature, Monsupello
Sforzato di Valtellina Carlo Negri 2015, Nino Negri
Valtellina Sup. Inferno Ris. 2013, Rainoldi
Valtellina Sup. Riserva Elisa 2012, La Perla Marco Triacca
Valtellina Sup. Sassella Rupestre 2012, Cantina Menegola

VINO QUOTIDIANO
Capriano del Colle Rosso Carme 2015, San Michele
Lugana Limne 2016, Tenuta Roveglia
Lugana Marangona 2016, Marangona
O.P. Bonarda Frizzante 2016, Ca´ Tessitori
O.P. Bonarda Frizzante 2016, Montelio
O.P. Bonarda Frizzante 900 2016, Valdamonte
O.P. Bonarda Frizzante Campo del Monte 2016, Agnes
O.P. Buttafuoco 2016, Bruno Verdi
Terre del Colleoni Franconia Imberghem 2016, Angelo Pecis
Valtènesi 2016, Cantrina
Valtènesi Chiaretto La moglie ubriaca 2016, La Basia

Il Verdicchio di Matelica Riserva DOCG "Mirum" della Fattoria La Monacesca alla prova del tempo - Garantito IGP

Il tergicristallo della mia macchina sembra impazzito, è al massimo della velocità, maledetta pioggia non fermerai la mia voglia di girare per le campagne di Matelica con l'obiettivo di raggiungere Aldo Cifola che mi aspetta, ombrello munito, nei pressi di Contrada Monacesca, piccolo borgo lungo la statale per Fabriano che da enclave di un gruppo di monaci benedettini dell'ordine farfense in fuga dai longobardi è diventata oggi, dopo varie peripezie, sede di una delle più importante aziende vitivinicole italiane: La Monacesca.


Con Aldo, che fortunatamente ci viene a prendere con un paio di ombrelli, ripercorriamo subito la storia dell'azienda che nasce quando Casimiro Cifola, suo padre, alla fine degli anni '60 acquisì il podere cominciando a piantare le prime piante di verdicchio prese dai vari contadini locali e realizzando, nel contempo, la prima cantina di vinificazione. E' il 1973 quando sul mercato esce la prima bottiglia di Verdicchio di Matelica a marchio La Monacesca.


Il passato recente, invece, Aldo me lo racconta mentre ci dirigiamo verso la cantina osservando i vigneti, causa maltempo, solo da lontano: "Intorno agli anni '90 dopo essere entrato in azienda, fresco delle mie esperienze di studio, ho iniziato un lavoro di selezione massale sui cloni più importanti del vecchio vigneto selezionandone settanta dei quali una quindicina sono tuttora in produzione. Tutta roba nostra, non acquistiamo nulla dal vivaio! Magari ci teniamo piante con qualche virosi ma, alla fine, queste sono perfettamente acclimatate nel terroir di Matelica. Attualmente abbiamo 27 ettari di vigneto, di cui 17 a verdicchio, 8 a sangiovese grosso e merlot e 2 dedicati ad una piccola produzione di chardonnay che produciamo solo quando viene davvero bene. L'età media dei vigneti è di circa 15 anni, delle vigne di mio padre ormai non c'è più nulla visto che abbiamo cominciato a ripiantare tutto a fine anni '90".


Superata la porta di ingresso della cantina, anticipando le mie prossime domande, Cifola non perde tempo e mi spiega in breve la sua filosofia di vinificazione: "noi cerchiamo sempre di lavorare bene in vigneto visto che poi in cantina la lavorazione è molto banale visto che non usiamo pratiche particolari se non una leggera iperossidazione dei mosti a cui segue una chiarificazione per decantazione statica. Successivamente, durante la fermentazione, usiamo solo lieviti selezionati Bayanus, molto alcoligeni e abbastanza neutri, che hanno il pregio di farci mantenere la nostra identità evitando, per i vitigni a bacca bianca, di utilizzare il legno. Finita l'attività fermentativa si effettua il primo travaso lasciando il vino sulle "fecce nobili" fino finché non svolge naturalmente la malolattica per poi passare in bottiglia. 


L'affinamento ovviamente cambia in base alla tipologia di vino: il Verdicchio di Matelica DOC sta un anno in bottiglia, il Verdicchio di Matelica DOC "Terre di Mezzo" tre anni mentre la nostra Riserva, il Mirum, si fa diciotto mesi in acciaio e circa sei mesi in bottiglia prima di essere commercializzato. Sul rosso, invece, facciamo macerazioni in acciaio abbastanza lunghe e poi si lascia il vino in affinamento per 24 mesi circa in barrique, nuove per la metà e di primo passaggio per l'altra metà. Ulteriore affinamento in bottiglia per altri sei mesi. E' un progetto a cui tengo molto e per noi che siamo "famosi" per i vini bianchi è sempre difficile proporre il Camerte. I nuovi clienti spesso ci guardano spauriti ma, una volta degustato, devi vedere come cambiano atteggiamento...".


La giornata uggiosa non ci permette di stare molto di fuori per cui, velocemente, ci dirigiamo verso la sala degustazioni che trovo allestita con una interessante verticale di Mirum.
Mirum in latino significa meraviglia e Aldo Cifola ha voluto dedicare questo vino a suo padre Casimiro soprannominato Miro. Il vino nasce nel 1988 con una identità ben precisa: 14,5 gradi di alcol e un estratto impensabile per un Verdicchio di Matelica fino a quel momento ovvero 26,5 g/l. Nel 1991 la "rivoluzione" era compiuta grazie al primo Tre Bicchieri della sua fortunata storia che cercherò di raccontare nelle righe sottostanti.


La Monacesca - Verdicchio di Matelica "Mirum" 2014: in una annata difficile come la 2014 fare un Mirum all'altezza significa rischiare fino all'ultimo in vigna. Cifola probabilmente ha scherzato col fuoco ma anche stavolta ce l'ha fatto donandoci un Verdicchio di Matelica Riserva forse leggermente più affilato e tagliente della media che sono convinto metterà sull'attenti anche quelli che non hanno mai amato la classica opulenza del Mirum.

La Monacesca - Verdicchio di Matelica "Mirum" 2013: l'annata abbastanza equilibrata e a tarda maturazione rappresenta un partner perfetto per la filosofia di produzione di questo vino che è ancora talmente giovane e contratto che solo il tempo, tanto tempo, potrà indicare la sua esatta parabola qualitativa. Intendiamoci, ad oggi è comunque tanta roba ma la domanda che mi pongo e vi pongo è: meglio un uovo oggi o una gallina domani?


La Monacesca - Verdicchio di Matelica "Mirum" 2012: con una annata calda come questa ti aspetti un Mirum opulento e grasso e invece, grazie ad una acidità totale mostruosa pari a circa 6,2 g/l, ti arriva un Verdicchio talmente completo e goloso che "l'equilibrio sopra la follia" cantato da Vasco Rossi nella canzone "Sally" sembra trovare il suo paradigma enologico.

La Monacesca - Verdicchio di Matelica "Mirum" 2011: l'annata partita in ritardo ma terminata con una maturazione precoce dell'uva regala un Mirum aromaticamente di grande temperamento e profondità caratterizzandosi per un corredo olfattivo dove ritrovo la ginestra, la camomilla secca, gli agrumi, il miele, l'anice stellato, gli idrocarburi e lo zenzero. Sorso come sempre giocato tra potenza, freschezza e sapidità che che donano al vino un naturale equilibrio giocato, comunque, su toni molti alti.


La Monacesca - Verdicchio di Matelica "Mirum" 2010: l'annata, non giriamoci intorno, è stata davvero bella nell'areale del Verdicchio, sia Castelli di Jesi che Matelica, per cui una volta bevuto questo vino da brividi non ho fatto altro che contattare l'Unesco per candidare questo Mirum a patrimonio dell'umanità. Scherzando, rendo comunque idea?

La Monacesca - Verdicchio di Matelica "Mirum" 2009: l'annata buona ma non ottima come la precedente potrebbe creare paragoni impietosi ma anche in questo caso il Mirum sembra cavarsela alla grande con un naso molto intenso dove anziché la frutta matura e le spezie gialle ti ritrovi una bordata aromatica di salgemma e idrocarburi che fa gridare la parola mare a tutti gli invitati. Il sorso è sapido, intenso ma non particolarmente lungo.


La Monacesca - Verdicchio di Matelica "Mirum" 2008 Ed. Venti Anni: prodotto solo ed esclusivamente in questa annata per celebrare il suo ventennale, è una cuvée composta per l'85% da Mirum 2008 ed il restante 15% dalle annate 2000, 2001, 2002 e 2004. Questo piccolo "metodo soleras" marchigiano esplode al naso per i suoi richiami intensi ed opulenti che si rifanno alla frutta esotica, le erbe campestri, la mandorla tostata, il miele millefiori. Sorso pieno e saldamente strutturato, la grande morbidezza del vino è fortunatamente spalleggiata da una straordinaria acidità che fornisce equilibrio e grande allungo finale. Un vino da farci l'amore!

La Monacesca - Verdicchio di Matelica "Mirum" 2007: millesimo regolare, senza eccessi, che si esprime nel bicchiere con note floreali di camomilla romana a cui seguono sensazioni evolute di miele, idrocarburo e nocciola tostata. Un vino non di grande complessità anche al sorso dove risulta molto preciso, diretto e dotato di grande bevibilità. Non ruba la scena come qualche suo predecessore ma a mio parere, ad oggi, il più versatile e gastronomico della batteria. E' non è poco!


La Monacesca - Verdicchio di Matelica "Mirum" 2002: quando un'azienda lavora bene non esistono piccole annate ma solo vini che si adatto ed interpretano al meglio il millesimo. Questo è quello che ho pensato io dopo aver bevuto questo Verdicchio di Matelica che alla cieca se la giocherebbe senza problema con i migliori Riesling della Mosella. Giovane, freschissimo, di fisicità nord europea più che mediterranea ma ad avercene di vini così!

La Liguria secondo Slow Wine 2018

Avanti Liguria! La lettura dell’andamento del settore vitivinicolo infonde fiducia, la spinta a far crescere i vini da vitigni autoctoni non si arresta, anzi fa proseliti, e il potenziale enologico della regione si fa strada dopo aver rinnovato la sua fisionomia, oggi affidabile e vitale: i vini, in particolare i bianchi, lontani dal cliché di prodotti pronti, di ruffiana morbidezza e facile beva, stanno vivendo un vero e proprio stato di grazia. Sia i Vermentini delle due Riviere sia i Cinque Terre si esprimono con una soggettività che rimanda all’identità del territorio e alla visione del vignaiolo, e così è anche per il Pigato, che per di più, in certe interpretazioni, si rivela vino longevo capace di sorprendere, mentre il Rossese di Dolceacqua sta vivendo una fase di pieno rinascimento. Oggi la situazione vitivinicola ligure è più matura e stabile: lasciata alle spalle una certa discontinuità produttiva, sempre più aziende si stanno conquistando un’ottima reputazione a prescindere dall’annata o dalla singola etichetta. Rimangono, con le debite eccezioni, la proverbiale, radicata individualità e lo scarso senso di appartenenza regionale, che non favorisce l’elaborazione di una visione comune. Positivo invece l’avviamento di un percorso verso una maggiore sostenibilità della viticoltura. A parte la diffusione, ancora contenuta, di metodi di coltivazione quali il regime biologico o biodinamico certificati, si segnala, da parte di numerose aziende, una maggiore attenzione verso gli equilibri presenti in natura, che si concretizza nel ricorso a inerbimenti e pacciamature, e nell’eliminazione o nella riduzione al minimo dell’uso dei prodotti sistemici. Al di là di questi importanti sviluppi, va considerata l’annata: il millesimo 2016 – il 2015 aveva già regalato grandi soddisfazioni – ricorda l’ottimo, indimenticato 1990. La stagione è stata caratterizzata dai mesi di maggio e giugno insolitamente piovosi, con temperature inferiori alla media, seguiti da un’estate, partita davvero solo nel mese di luglio, che è stata calda, asciutta, con isolate precipitazioni occasionali e un’utile escursione termica tra il giorno e la notte, che ha favorito lo sviluppo di una buona acidità. Se la brillante annata ha inciso sul pregio delle uve, meno ha fatto sul versante della quantità, che è rimasta stabile o in certi casi ha subito leggere flessioni. Avanti Liguria! La strada intrapresa è quella giusta.

VINO SLOW
Riviera Ligure di Ponente Pigato 2016, Cascina delle Terre Rosse
Solarancio 2015, La Pietra del Focolare
Cinque Terre 2016, Luciano Capellini
Rossese di Dolceacqua Sup. Posaù 2015, Maccario Dringenberg
Riviera Ligure di Ponente Pigato 2016, Maria Donata Bianchi
Colli di Luni Vermentino Il Maggiore 2016, Ottaviano Lambruschi
Rossese di Dolceacqua 2016, Terre Bianche
Riviera Ligure di Ponente Pigato Sogno 2015, VisAmoris

GRANDE VINO
Riviera Ligure di Ponente Pigato U Baccan 2015, Bruna
Cinque Terre Pergole Sparse 2016, Cantina Cinque Terre
Rossese di Dolceacqua Galeae 2016, Kà Manciné
Cinque Terre Sciacchetrà Ris. 2012, Possa
Harmoge 2012, Walter De Battè

VINO QUOTIDIANO
Riviera Ligure di Ponente Pigato 2016, Deperi
Riviera Ligure di Ponente Pigato 2016, Du Nemu
Colli di Luni Vermentino Pianacce 2016, Giacomelli

Trentino - Tre Bicchieri 2018 Gambero Rosso

Le nostre degustazioni annuali ci danno una fotografia del Trentino del vino in buona salute. I vini premiati sono ben dodici, un record per la regione. Evidentemente qualcosa si muove in un panorama dalle grandi potenzialità che in passato abbiamo criticato per una certa inerzia e l'apparente staticità.

Conferme di livello arrivano dal comparto spumantistico, con il TrentoDoc che in questo momento rappresenta l'enologia trentina ai suoi massimi livelli. I premiati sono capitanati da una spettacolare versione '06 del Giulio Ferrari e dal Graal Riserva '10, anch'esso ormai un classico. Si confermano di livello Maso Martis, MezzaCorona, Letrari, Balter, e ritorna ai Tre Bicchieri Opera con un delizioso Nature '11. Bossi Fedrigotti dimostra di avere più frecce nel proprio arco, e quest'anno fa centro con un eccellente TrentoDoc Conte Federico Riserva '12.
La pattuglia dei rossi è guidata da un'ennesima ottima prova del San Leonardo, annata '13, che si conferma vino di caratura internazionale, e ci introduce al panorama della Piana Rotaliana, dove quest'anno spiccano gli eccellenti Teroldego Pini '13 di Zeni e il '15 di De Vescovi Ulzbach, punte di un terroir sempre più emergente come risulta dai nostri assaggi e dai riassaggi, dove aziende come Barone De Cles ed altre pongono serie candidature per il futuro prossimo. Chiude la rassegna un altro grande rosso, il Ritratto '13 della LaVis-Valle di Cembra, spunto per celebrare lo stato di grazia del mondo cooperativo trentino, sempre più capace di esprimere prodotti di alto profilo.
Soprattutto ci sembra che si stia ormai ricomponendo la dicotomia tra piccoli vignaioli e strutture sociali, che da piccoli vignaioli sono costituite: non più due mondi opposti che si guardano in tralice ma due facce della stessa medaglia... Chiudiamo infine ricordandovi che solo per motivi di spazio non siamo riusciti a recensire molte piccole e piccolissime aziende che meritano davvero attenzione.
I vini del Trentino premiati con Tre Bicchieri
Ritratto Rosso ’13 - La Vis - Valle di Cembra
San Leonardo ’13 - Tenuta San Leonardo
Teroldego Rotaliano ’15 - De Vescovi Ulzbach
Teroldego Rotaliano Pini ’13 - Roberto Zeni
Trento Brut Rotari Flavio Ris. ’09 - Mezzacorona
Trento Brut Altemasi Graal Ris. ’10 - Cavit
Trento Brut Conte Federico Ris. ’12 - Bossi Fedrigotti
Trento Brut Giulio Ferrari Riserva del Fondatore ’06 - Ferrari
Trento Brut Rosé +4 ’09 - Letrari
Trento Dosaggio Zero Ris. ’12 - Maso Martis
Trento Opera Nature ’11 - Opera
Trento Pas Dosé Balter Ris. ’11 – Nicola Balter

Il Lazio secondo Slow Wine 2018


Ondivago, il nostro Lazio: discontinuo, incerto sul da farsi, contraddittorio, in alcuni casi intelligente, in altri incapace di sfruttare le opportunità, talvolta dilettantesco, magari presuntuoso. Però in movimento, nonostante la fatica di un cammino sempre troppo lento rispetto alla velocità a cui potrebbe e dovrebbe andare. Ma segnali positivi ce ne sono, nonostante l’andamento “ballerino” delle ultime annate, che non sempre sono state foriere di grandi soddisfazioni. È interessante notare come molti passaggi generazionali siano ormai un dato di fatto, anche volendo riferirsi non soltanto a specifiche gestioni aziendali, quanto ad aggiornamenti sui diversi territori, dove spesso convivono numi tutelari della viticoltura locale e baldi giovanotti (anche al femminile!) che hanno ben saputo rimodellare il verbo dei loro predecessori, proponendo vini aggiornati ai tempi, puliti, nitidi, oltre che decisamente rispettosi dei diversi ambiti pedoclimatici.

Ovvio che i produttori senz’anima siano ancora molti, tesi a scimmiottare il vino altrui, a cercare scorciatoie, a lavorare con lieviti selezionati marcanti e con legni che omologano. Però è pur vero che, analizzando più dettagliatamente le diverse realtà, almeno parzialmente ci si può sentire sollevati. Al di là dell’ambito reatino, dove i saliscendi qualitativi sono ancora all’ordine del giorno, i Castelli Romani (quante meraviglie si potrebbero cavare, da quel suolo impareggiabile…) riescono sempre a dire la loro, e in alcuni casi a porsi addirittura con autorità ai vertici regionali; per non dire della Ciociaria e del cesanese, probabilmente il fiore all’occhiello del Lazio per costanza, profondità d’intenti e lungimiranza, e senza voler nulla togliere ai meriti del nord della regione, dove quella indiretta sinergia fra timbri generazionali diversi, poc’anzi elogiata, si tocca decisamente con mano. L’alto Viterbese, di questo si parla, è un po’ un laboratorio a cielo aperto, per quanto concerne l’enologia laziale: sia per il recupero dei migliori vitigni autoctoni, sia per l’approccio collaudato alle varietà internazionali. Ancora, l’Agro Pontino, che dalle paludi della bonifica fascista, risalenti a un centinaio d’anni fa, è divenuto oggi una quinta teatrale fatta di entusiasmo, sperimentazione, orgoglio, coerenza e ottimistica testardaggine. Oltretutto è interessante notare come ci sia fermento anche nel cercare strade nuove: chi spumantizza, chi lascia appassire le uve, chi vinifica in bianco quelle rosse, chi vendemmia di notte, chi fa criomacerazione, chi fa maturare sulle fecce fini, chi non filtra, chi fa troppo e chi troppo poco.


Qualche fisiologico ricambio in guida, anche quest’anno: ma l’impianto consolidato è quello, i paletti sono ben fissati nel terreno, e la filosofia sposata da molti vignaioli si sta dimostrando quella giusta. Ne seguiremo gli sviluppi: con testa, narici e papille già tese all’edizione 2019.

VINO SLOW
Cesanese di Olevano Romano Sup. Silene 2015, Damiano Ciolli
Brut Kius 2014, Marco Carpineti
Latour a Civitella 2015, Sergio Mottura

VINO QUOTIDIANO

Olivella 2013, Casale della Ioria
Frascati Sup. 2016, Casale Marchese
Frascati 496 2016, De Sanctis
Propizio 2016, Donato Giangirolami
Cesanese del Piglio Velobra 2015, Giovanni Terenzi
Cesanese di Olevano Romano 2015, Proietti
Orvieto Miadimia 2016, Tenuta La Pazzaglia
Procanico 2016, Trappolini