Les vins de Sancerre...pour moi

Nonononononoo, non aspettatevi un articolo in francese perchè tutte le mie conoscenze sulla lingua sono state espresse nel titolo di questo post che, oggi, vuole tributare tutti gli onori ad una delle zone "bianchiste" più importanti del mondo: Sancerre!


Ci troviamo a duecento km a sud di Parigi, sulle colline della Loira ma, a differenza della scorsa volta dove ho parlato dello Chenin Blanc coltivato nella zona dell'Anjou-Saumur e di Touraine, oggi vorrei approfondire un altro vitigno storico della zona, il Sauvignon Blanc che, a detta di moltissimi appassionati, viene molto bene all'interno dell'AOC Sancerre istituita nel 1936!



Attualmente l'AOC Sancerre si estende per oltre 2700 ettari all'interno di 14 comuni del dipartimento del Cher. I vigneti, situati sulla riva destra della Loira, hanno un'altezza che varia tra i 200 e i 400 metri s.l.m. e sono piantati su terreni che, dal punti di vista geologico, si dividono:
  • Terres Blanches: terreni ricchi di calcare ed argilla. La caratteristica di questo terroir è quella di rallentare la maturazione dell’uva con la conseguente possibilità di vendemmie tardive. I vini hanno una evoluzione lenta, subito sono un poco nervosi e necessitano di almeno un anno di maturazione. Gli aromi sono floreali e fruttati e solo leggermente vegetali. In bocca sono rotondi di corpo, molto fini ed equilibrati. Reggono un grande invecchiamento;
  • Les Griottessuolo calcare tenero, su questo terreno troviamo La Côte des Monts Damnés, l’appellation più conosciuta e i suoi vini prodotti solo da una dozzina di produttori sui quattrocento dell’area sono difficilissimi da reperire. Vini di grande personalità richiedono pazienza perché riescono a esprimersi solo dopo parecchi anni. Equilibrati e rotondi offrono una gamma olfattiva in continuo divenire;
  • Les Caillottes: suolo calcareo composto di pietre.  I vini di questa zona sono molto aromatici con sentori di bosso e di agrumi e sono subito pronti al consumo.
  • Silicio terreno più giovane, situato nelle zone più vicine alla riva della Loira, è un suolo pietroso comunemente chiamato "cailloux. Su questo terreno che ha una grande capacità ad accumulare il calore, le uve maturano molto in fretta. Gli aromi sono su note speziate molto forti nel primo periodo e spesso si riscontra un eccesso di durezza. Dopo un periodo di invecchiamento i vini si aprono ed esprimono in pieno la loro potenza. Reggono bene l’invecchiamento.
Les Caillottes
Terres Blanches
Les Griottes
Silex
Assieme al gruppo TDC, sì sempre lui, abbiamo cercato di approfondire il discorso sui principali produttori di Sancerre. Ovvio, è solo l'inizio di un lungo percorso conoscitivo.

La Grande Côte 2001 - Pascal Cotat: la Grande Côte è uno dei due Cru di Cotat (l'altro è il  Mont Damnèe) ed è composto da una vigna di circa 60 anni di età piantata all'interno del terroit di Chavignol. Pascal Cotat è un produttore tradizionale, vinifica con lieviti autoctoni in botte di rovere vecchie. Nientre filtrazione, niente barbatrucchi, solo pura espressione del terroir che dopo oltre un decennio dà vita ad un vino dal profilo ancora giovanile con la sua nota di mela grattata, pompelmo, erbe fresche e ficcante mineralità. Sorso tridimensionale, elegante, lunghissimo su note citrine. Grande vino senza se e senza ma.


Les Monts Damnes 2000 - Francois Cotat: l'altro Cru della famiglia Cotat, una vigna piantata su Terres Blanches all'interno delle "montagne dannate", colline talmente ripide e difficoltose che la vendemmia rappresenta sempre una sfida entusiasmante. Il vino, come al solito, ha una durezza di fondo che non lascia scampo a chi cerca in questo sauvignon ritratti da gentildonna. Ha un naso che somiglia all'odore dell'asfalto di estate, è idrocarburico, duro e asettico come il calcare che si trova nel suolo della collina da cui nasce. Bocca di grande freschezza e dinamicità, è ancora giovane, si tenderà ancora per anni. Granitico.

Clos la Neore 1997 - Edmond Vatan: da uno dei grandi vignaioli di Sancerre nasce un vino intramontabile e mitico, apparentemente semplice come la bottiglia da cui sgorga. Ha complessità da vendere, il naso cambia ogni dieci minuti, può prendere la forma del fieno bagnato, del limone, del tiglio, dell'acacia, dell'erba di campo. Rispetto a Cotat noto una maggiore rotondità, l'acidità e l'anima minerale sono meno taglienti e più inglobate nella struttura che rimane imponente ma al tempo lineare e proporzionata. Grande vino da un grande uomo che dovrò sbrigarmi a conoscere.


Generation XIX 2000 - Alphonse Mellot: la famiglia Mellot produce e commercia vino a Sancerre da oltre cinqucento anni e questa cuvée, Generation XIX, ci ricorda che Alphonse, attualmente, rappresenta la diciannovesima generazione della famiglia. Questo vino nasce da una vigna di circa un ettaro di quasi 90 anni piantata su terreno di tipo "caillottes". Rispetto ai colleghi precedenti questo sauvignon blanc è più facile, è un bel cesto di frutta gialla che aspetta di esser bevuta. Bocca esile che finisce troppo presto. Lasciato nel bicchiere per oltre due ore il vino comincia a trasformarsi, almeno nell'odore, ad un whisky torbato. Scendiamo di livello, senza dubbio.

Les Romains 2006 - Domaine Vacheron: biodinamici dal 2005 (certificazione BIODYVIN ), si caratterizzano per il fatto che i loro vini sono espressione dei vari tipi di terreni presenti nell'AOC Sancerre. Al naso sfilano sensazioni di pera, marmellata di limoni ed una certa "fumosità" che dà al vino carattere e spessore. In bocca è caldo, maturo, sapido, è sicuramente ottimo ma, rispetto al Sancerre di Cotan e Vatan, come nel caso precedente, il vino sembra avere qualcosa in meno in termini di emozione. Il progetto è comunque interessante e sono curioso di degustare le nuove annate del Domaine.


Scoprite altri ottimi Sancerre su www.vinatis.it/sancerre.html

Prosecco contro Prosek. Dopo il Tocai perderemo anche questa battaglia?

Interessante questo articolo a firma Francesco Tortora uscito sul Corriere della Sera. 

E' il primo banco di prova per il nostro ministro De Girolamo?

Il prossimo 1 luglio la Croazia entrerà nell'Unione Europea diventando ufficialmente il ventottesimo Stato membro. Tuttavia sembra che per festeggiare l'evento i cittadini del paese balcanico non potranno brindare con una delle loro bevande più tradizionale, il Prosek. Secondo le norme dell'Ue il nome di questo vino è troppo simile a quello del Prosecco italiano e non può essere venduto nei confini continentali. Da parte loro i viticoltori croati non ci stanno e promettono battaglia per difendere uno dei loro prodotti più antichi.

DIFFERENZE - L'ironia di questa vicenda che divide per l'ennesima volta l'Italia e la Croazia è che le due bevande sono completamente diverse. Il Prosek croato è un vino dolce da dessert, mentre il Prosecco italiano, come ben sanno i produttori veneti e friulani, è un vino bianco, simile allo champagne. Nonostante le grandi differenze, il vino italiano è un prodotto a Denominazione di origine controllata e secondo la normativa europea il nome Prosecco può essere utilizzato solo per quei vini le cui viti sono coltivate in Veneto e Friuli Venezia-Giulia.


BATTAGLIA LEGALE - La Croazia ha negoziato per otto anni il suo ingresso nell'Unione Europea, ma i politici del paese balcanico hanno fatto ben poco per registrare alcuni dei loro prodotti tipici. La vittima principale è proprio il Prosek, che salvo retromarce improvvise dell'Ue, dovrà cambiare nome se vuole restare sul mercato continentale: «Se vogliono la guerra del vino, la otterranno - spiega Andro Tomic, uno dei maggiori produttori vinicoli croati - Abbiamo avuto tanto tempo e avremmo potuto fare molto di più per tutelare i nostri prodotti, ma il ministero non ci ha consultati». L'imprenditore che produce il suo vino principalmente a Jelsa, sull'isola meridionale di Hvar, afferma che i viticoltori croati sono pronti a rivolgersi a un tribunale continentale per far valere i propri diritti: «Il Prosek è prodotto nelle nostre terre da oltre 2.000 anni ed è nato molto prima dello Stato italiano. Prosek è semplicemente una parte della nostra tradizione. E' come se ci dicessero che vogliono una parte del nostro mare».

IL PUNTO DI VISTA ITALIANO - Sulla diatriba che divide Italia e Croazia, ha fatto sentire la sua voce anche il Presidente della regione Veneto Luca Zaia, che nella scorsa legislatura è stato anche Ministro delle politiche agricole e alimentari. Il mese scorso, durante una visita a Vinitaly, l'esponente leghista è stato netto: «La Croazia a luglio vuole entrare in Europa e se vuole entrarci deve farlo con le regole europee. Noi vogliamo la Croazia in Europa, vogliamo che gli istriani che sono nostri fratelli di sangue continuino nella sfida dell'Euroregione con Carinzia, Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Veneto; però la Croazia deve rinunciare all'utilizzo del nome «Prosek», perché altrimenti saremo noi a fare ricorso contro questa cosa».

Tenuta Casteani e il buon vino della Maremma

E' sempre bello quando una vecchia amica ti chiama al telefono ed, emozionata, ti dice che:"Devo farti provare i vini dell'azienda per cui ora sto lavorando. Sai che, conoscendomi, non mi esporrei  mai se non fossi davvero convinta!".

L'appuntamento è fissato per un pomeriggio di primavera. Ad aspettarmi, oltre il mio "gancio" che Mario Pelosi, il proprietario dell'azienda, per tanti anni ingegnere meccanico ed oggi, oltre Sommelier Master, anche enologo. Sì, la passione per il vino chi ha fatto conseguire la laurea ad oltre sessanti anni di età.
Mi racconta di come è nata Tenuta Casteani, ex Podere Casa Fabbri che per anni, in un passato non troppo lontano, ha ospitato il direttore della Montecatini - Società Generale per l'Industria Mineraria e Chimica che, proprio nel sottosuolo della Località Casteani, aveva scoperto grandi risorse di lignite e carbone.
Dopo la fine dell'attività mineraria, avvenuta a fine anni '70, questo podere, così come tutta l'economia locale del posto, è entrato in una fase di progressiva decadenza fino al 2002 quando appunto Mario, romano ma innamorato di questo angolo di Maremma, ha iniziato un'opera di recupero agricolo non solo attraverso la ristrutturazione del vecchio casale ma, soprattutto, reimpiantando circa 10 ettari di vigneto (sangiovese, alicante, merlot, syrah, vermentino e viognier) e 600 piante di olivo (cultivar leccino, frantoio e corregiolo).

I vigneti

La passione di Mario, che si avvale di uno staff giovane ma di grande esperienza, è tutta davanti a me. Dieci vini che aspettano di essere bevuti.

Piccabòn 2012: spumante brut ottenuto da uve vermentino spumantizzate attraverso metodo Martinotti. Perlage abbastanza fine, persistente, profumi freschi che spaziano dalla frutta bianca matura, agrumi. In bocca è fresco e beverino e non ho dubbi sarà il loro vino dell'estate.



Vermentino 2012: ottenuto quasi esclusivamente da uve vermentino (c'è una piccola percentuale di viognier che  non supera il 10%), il vino esprieme tutto il meglio sia delle uve utilizzante che del territorio. Sa di pera, pompelmo rosa per poi virare su una nota minerale che prende la giusta centralità senza essere mai invadente. In bocca il vino richiama il mare con una nota salina in evidenza che, assieme a vibrante freschezza, provoca dipendenza dal bicchiere. Altra felice scoperta.



Spirito Libero - 4/8 - 2012: è Mario a presentarmi personalmente i due vini che verranno. Con un grande orgoglio mi dice che il progetto "Spirito Libero" è il tema della sua tesi di laurea in enologia ovvero arrivare a produrre personalmente vini senza solfiti aggiunti attraverso la ricerca di modalità alternative e salutari per il consumatore. Questo 4/8, che significa 4 mg/l di solfiti liberi e 8 mg/l di solfiti totali, si caratterizza per il fatto che l'uva, in stoccaggio al freddo, è stata nebulizzata con ozono (quante ore??????) con lo scopo non solo di ritardare la decomposizione dell'uva ma, soprattutto, di aumentare i livelli di antiossidanti naturali. Questo vino, 100% vermentino, si caratterizza per un complesso olfatto che gioca su mela, pera e note floreali fresche. Bocca coerente, sapida e dal finale durevole. Però!



Spirito Libero - 5/10 - 2012: stessa storia del precedente ma con due particolarità: anzichè ozono sono stati usati antiossidanti alimentari e, come facile prevedere, i numeri stanno ad indicare 5 mg/l di solfiti liberi e 10 mg/l di solfiti totali. Rispetto al precedente, questo vermentino in purezza sembra essere più "avanti" sia come colore, leggermente più dorato, sia come profumi che virano sul tostato, la frutta matura e su una sensazione minerale più decisa del 4/8. Bocca più ampia e profonda, decisamente più lunga. L'ho preferito al suo gemello di poco.



Rusada 2012: rosato da 100% sangiovese che ha tra le sue armi migliori la freschezza e la facilità di beva. Mario è un estimatore della tipologia per cui non aspettatevi niente di banale. Anzi!



Spirito Libero - Rosso 2012: l'altro esperimento di Mario con i vini rossi (anche qua la solforosa totale è pari a 5 mg/l) ci porta nel bicchiere un sangiovese in purezza il cui sapore, inconfondibilmente, ricorda quello della buccia dell'acino. Sì, berlo significa godere di una spremuta di sangiovese pura e primordiale. Curiosità: mantenuto aperto per giorni non solo non si è ossidato ma, anzi, ha tenuto e migliorato la sua performance gustativa. Da tenere d'occhio!



Sessanta 2009: blend di sangiovese, merlot ed alicante, è il vino che Mario ha fatto "nascere" per celebrare i suoi sessanta anni di età. E' un vino sorprendente perchè tutto ti aspetti meno che in Maremma si possa produrre un vino del genere. Elegante è la parola adatta. Colore scarico, profumi di agrume rosso, viola passita, frutta rossa croccante, sandalo e tabacco trinciato. In bocca ha una grana tannica invidiabile e una cospicua dotazione acida che, senza dubbio, autorizzano a previsioni di grande longevità. Finale sapido, minerale. Una bellezza di vino. Una delle migliori scoperte del 2013.



Terra di Casteani 2008: rappresenta il vino di punta dell'azienda, lo chiamano il loro Supertuscan anche se, ad oggi, di questa menzione ne farei a meno. E' un sangiovese (70%) e merlot (30%) di grande grinta e spessore, diverso dal precedente per una maggiore forza e profondità gustativa. Ha profumi di frutta di bosco, macchia mediterranea, inflessioni dal timbro vegetale e fiori rossi secchi. Al sorso è particolarmente piacevole perchè mostra grande equilibrio, tannini fini ed un finale di bocca fruttato e speziato. Fossero tutti così i c.d. Supertuscan!



Pian di Tatti 2010: finale con il loro vino dolce a base di sangiovese e un tocco di merlot. E' una vendemmia che seduce regalandoti un ventaglio di frutti rossi addolciti dal sole con sottofondo minerale. Sorso di struttura e freschezza che sfuma in una lunga eco sapida e dai ritorni mediterranei. L'annata 2009, la prima in assoluto, si differenzia da questa in quanto il grande caldo e la siccità hanno costretto a vendemmiare anticipatamente. Ancora non l'ho degustato ma mi dicono grandi cose di questa versione....



Ringrazio tutti della bella degustazione che mi è stata offerta, un regalo grande che solo i veri amici mi possono fare. Che legge Percorsi di Vino, invece, non si faccia sfuggire l'occasione di provare questi vini. 
La promessa è di ritornare a parlare di Tenuta Casteani, questa volta voglio calpestare le loro vigne e la loro cantina.


Ah, ecco Mario!!!

Champagne Roger Pouillon et Fils Rosè Brut Premier Cru

Mike Tommasi mi ha fatto bere per la prima volta questo champagne prodotto da una piccola azienda famigliare situata a Mareuil sur Aÿ, piccolo villaggio incastonato tra Epernay e la  Montagne de Reims.
Fabrice Pouillon e suo figlio James, che rappresenta oggi la quarta generazione, posseggono 15 ettari di vigneto suddivisi in 68 parcelle, divise tra Grand Cru e Premier Cru, che si estendono in oltre 15 comuni della Marne.



La gestione del vigneto attraverso l'applicazione di quella che viene definita "coltura artigianale e ragionata" ovvero un approccio che si ispira all'agricoltura biologica: no, perciò, a fertilizzanti chimici, defolianti e fungicidi mentre semaforo verde circa l'inerbimento tra i filari, al letame e  all'uso tisane protettive per la vite. Dal 2003, inoltre, Fabrice ha iniziato a condurre alcune vigne selezionate attraverso metodi biodinamici.




Questo Champagne, 100% pinot nero proveniente dal territorio di Mareuil sur Aÿ, si presenta cromaticamente di color rame intenso anche se Mike ci svela che la sua gradazione varia di anno in anno passando da toni appena rosati a nuance molto più cariche di colore.

Al naso, inizialmente, è abbastanza monocorde, a tratti banale, visto che non si discosta molto dal "classico" binomio fragolina di bosco/ciliegia. Col passare del tempo, invece, esce fuori tutto il valore di questo Champagne che sterza aromaticamente verso sentori più maschili e duri. Ci sento indiscutibilmente la liquirizia, il garofano, un lieve sentore affumicato che col tempo vira su profumi di terra rossa.

La bocca è strutturata ma agile, sapida, tesa e dotata di finale fruttato e di buona persistenza. 

Certo, non avrà la maestosità del Rosè di Beaufort, che rimane il mio preferito nella categoria, ma questo Champagne mi ha davvero intrigato in quanto diverso dai soliti stereotipi che spesso mi capita di bere. Sono curioso di provare gli altri vini della gamma per cui, mentre attivo il mio spacciatore di bollicine francesi, ringrazio Mike della bella bottiglia che ha voluto condividere con me e con altri amici di EnoRoma.

Merci!

P.s.: per i fissati delle schede tecniche aggiungo che il vino fermenta in vasche di acciaio e barriques ed affina in botti di rovere e barriques. 

Francia: Francois Hollande metterà all'asta il vino dell'Eliseo!

'Crise, oblige': il presidente francese, Francois Hollande, mette all'asta un importante numero di bottiglie provenienti dalle cantine dell'Eliseo. 

La vendita, che si terra' a Parigi, all'Hotel Drouot, i prossimi 30 e 31 maggio, ha l'obiettivo di permettere al presidente di rinnovare la sua cantina con ''dei vini piu' modesti, mentre l'eccedenza verra' versata nelle casse dello Stato''. Tra i vini in vendita, bottiglie pregiatissime come dei Petrus del 1990 stimati intorno ai 2.200 euro, ma anche Bordeaux, Bourgogne, vini della Loira, Cotes du Rhone, Alsace, Sud-Ouest e Champagne. 

Francois Hollande. Foto: oneeuro.it

In totale, andranno all'asta 12.000 tipi di vino. La 'selezione', equivalente a un decimo delle cantine presidenziali - creata nel 1947 - e' stata fatta dalla giovane sommeliere dell'Eliseo, Virginie Routis. Nel 2006, anche il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoe, aveva messo in vendita 5.000 bottiglie della cantina dell'Hotel de Ville, il municipio della capitale, vendute a peso d'oro, tra cui un Romanée-Conti del 1986, venduto per 5.000 euro.

Una delle bottiglie in vendita

Fonte: Ansa

Masseria Murata: appunti di viaggio irpini. Capitolo 1

Masseria Murata, a Mercogliano, è la prima azienda che ho visitato durante il mio viaggio alla scoperta dei vini dell'Irpinia grazie all'aiuto dell'infaticabile Lello Tornatore.

Geograficamente siamo appena sotto l'Abbazia di Loreto, i cui terreni, parte dei quali ora sono  di proprietà della Masseria, sono da più di otto secoli impiegati per produrre grande uva da vino. Un atto notarile del 1138, infatti, attesta che questi poderi erano già coltivati a vigneto quando il conte Enrico, signore di Sarno e di Avellino, rinunciò al censo che gravava sul vigneto a favore dell'Abbazia dei monaci Benedettini.


I vigneti e l'Abbazia di Loreto

Masseria Murata oggi appartiene ai fratelli Argenziano che, dopo aver conferito uve ad altre aziende, hanno deciso, visto anche che non ne valeva più la pena dal punto di vista economico, di iniziare un progetto imprenditoriale tutto loro.

Attualmente l'azienda si estende per circa 8 ettari di cui 4 a fiano (piantati per due terzi a Mercogliano e un terzo a Candida), 2 a greco (piantato a Chianchetelle) e 2 a coda di volpe (impianti a Mercogliano di età anche centenaria).


Vigneti con Gianluca Argenziano


Vigneti di Fiano
In cantina, aiutati dall'enologo Carmine Valentini, per i bianchi si usa solo acciaio mentre per i rossi, un Aglianico e un Taurasi, si converge verso l'uso di un legno mai invasivo.

Acciao
Legno

All'interno della sala degustazioni, assieme a formaggi dal sapore antico, beviamo una mini verticale del loro Fiano.

Fiano di Avellino 2012: ancora in embrione con un residuo zuccherino piacione. Difficilmente valutabile oggi ma, a leggerlo attentamente, mi fornisce l'idea di un vino dalle grandi potenzialità. Basta farle esprimere al meglio.

Fiano di Avellino 2011: naso che profum di glicine, erba, agrumi con striature tostate. Bocca piena, equiibrata, con preziosi rimandi alle percezioni sapide ed erbacee. 

Fiano di Avellino 2010: vabbè, si inizia a capire che la 2010 è un'annata clamorosamente buona per il fiano. Almeno da queste parti. Spiccata intensità di glicine, mandorla, fieno, mela, cedro, echi minerali. Bocca sapida, dinamica, dà soddisfazione sorso dopo sorso stentando ad andare via. Gran bel bere!

Greco 2011: da vigneti posti a circa 700 metri di altezza nasce un vino di grande freschezza e sapidità il gusto profilo gusto olfattivo vira tra toni fruttati e minerali. Chiusura bella sapida.

Coda di Volpe 2008: il vino che non ti aspetti, davanti a Fiano e Greco sembrava piccolo piccolo ed invece il piccolo Davide non sfigura contro i Golia irpini. Sarà che le vigne sono quasi centenarie, sarà che la famiglia Argenziano crede molto in questo vitigno, il risultato è affascinante: il Coda di Volpe, di cinque anni fa, è ancora un vino vivo, freschissimo, verticale, non ha grande complessità ma le poche cose che ha le esprime ai massimi livelli. Fresca è una bottiglia che berrei in un minuto da solo.

Peccato 2009: questo aglianico 100% si caratterizza per la grande dinamicità. Profuma di fiori e frutti rossi e, grazie alla freschezza, va giù che è un piacere. Per chi non rinuncia a bere aglianico anche d'estate!

Passione 2007: il Taurasi di Masseria Murata, rispetto al precedente, ha profumi più terrosi e maschili e in bocca è di maggiore avvolgenza. Ottima anche in questo caso la bevibilità. Uva proveniente dai vigneti di Venticano.

Passione 2009: ancora in fasce si caratterizza per una maggiore carica materica e un carattere più definito. L'uva, questa volta, viene da Montemarano.



Fave e pecorino per il Primo Maggio. Sì, ma che ci bevo?

Trovatemi, per favore, l'abbinamento giusto, quello che per voi esalta il vegetale delle fave e sgrassa la componente del formaggio. Grazie! 

Buon Primo Maggio a tutti voi!



Joh. Jos. Prüm Wehlener Sonnenuhr Riesling Spätlese 1969

Il 1969 sarà ricordato da tutti come l'anno dello sbarco sulla Luna di Neil Armstrong e Buzz Aldrin
Non solo, è anche l'anno del colpo di stato militare che porta al potere Muammar Gheddafi e l'anno della strage di Piazza Fontana in cui morirono 17 persone.

Purtroppo, nel 1969, nasce anche Marylin Manson..

Lo sbarco sulla Luna. Fonte: Wikipedia

E' all'interno di questo contesto storico che il signor Prüm, piccolo vignaiolo della Mosella imbottigliò il suo Wehlener Sonnenuhr Riesling Spätlese, un piccolo gioiellino che, chissà dopo quante peripezie, è giunto davanti a me a al mio cavatappi voglioso di stappare quella storica bottiglia.

L'apertura è stata difficoltosa ed il tappo, dopo vari tentativi, è stato tirato via integro  portandosi dietro una scia di acetica talmente forte che il mio primo pensiero è stato quello di scegliere il lavandino migliore per seppellire il riesling.

Preso il bicchiere, e versata la prima goccia di vino, tutte le paure, le ansie e le perplessità sono svanite perchè quel riesling di oltre 43 anni iniziava la sua nuova vita tirando fuori tutta la sua grinta e una scia di sensazioni olfattive che mi hanno fatto gridare ad un mezzo miracolo.

Peccato che qualcuno dei miei compagni di bevuta più ateo del sottoscritto...

Motivo della disputa è stato il ventaglio aromatico che il vino ha tirato fuori nelle due ore successiva alla sua apertura. I "detrattori" hanno parlato di poca complessità,  di un profilo troppo "sparato" su note idrocarburiche, di gomma bruciata, cenere, qualcuno l'ha chiamata pesantezza visto che tutti gli altri descrittori del vino, pur presenti, erano come sottomessi.


Cavolo, posso anche darvi ragione ma la bocca per me era stupenda, senza ossidazioni, senza cedimenti, compatta, quadrata e dotata di quel residuo zuccherino che, assieme alla vena acida tipica della zona, ha portato il Riesling ai giorni nostri in splendida forma. Anzi, vi dirò, al palato le note affumicate non erano così pronunciate visto che il finale era garbatamente fruttato e minerale.

Boh, per me era un grande vino. Ovvio che in giro ci sarà di meglio. Forse sono io che sono un cattivo degustatore. Forse dovrei valutare più asetticamente quello che ho nel bicchiere senza pensare troppo alle annate e alle etichette.

Sta di fatto che di questo Wehlener Sonnenuhr Riesling Spätlese 1969 me ne berrei a litri.

Ah, per fortuna che nel 1969 è nato anche l'Uomo Trigre, almeno questo...



Le migliori carte dei vini di Roma secondo Il Messaggero

La vetrina del buon bere: Una grande rivoluzione culturale ha attraversato negli ultimi anni il mondo del vino e della ristorazione. Il passaggio dal “bianco o rosso dottò?” alla carta dei vini moderna, ricca di sezioni, divisa per regioni o per vitigni, ha rappresentato un salto di qualità per i clienti dei ristoranti. Il fenomeno di una selezione diffusa, legata anche al menù, nasce in Francia e si sviluppa dal XIX secolo, in Italia il passaggio arriva da Torino e dalla corte sabauda. Passaggio importante perché introduce anche la rottura del monopolio dei vini di Francia nelle occasioni di parata. Il secondo fenomeno vistoso è la nascita e il consolidamento professionale nel nostro paese della figura del sommelier, professionista del vino preparato per adeguare la sua proposta di etichette a un pubblico sempre più preparato. Il terzo fenomeno fondamentale è derivato dalla nascita di una grande cucina italiana con una valorizzazione di prodotti, ricette, ma anche di vini perduti o dimenticati. Oggi, in un mercato sempre più affollato di proposte, la costruzione di una bella carta dei vini è atto di responsabilità, ma soprattutto una scelta culturale. Il senso profondo è di superare lo spirito dell’enciclopedia, e cercare le eccellenze del proprio territorio, freschezze, acidità, strutture a seconda dello stile della carta. Importantissimi i ricarichi, e la capacità di accontentare i clienti gourmet anche con proposte al bicchiere. 

LA PERGOLA

Più di 50mila bottiglie, una profondità di annate che scende fino all’800 per alcuni grand crus e su tutto la grandissima esperienza di un sommelier pluripremiato come Marco Reitano: insomma tutto quello che serve a rendere indimenticabile l’esperienza della cucina a tre stelle del magico Heinz Beck. Via Cadlolo 101
tel. 06/35092152 – Roma
Prezzo sui 200 euro

IL CONVIVIO TROIANI
Ad assecondare il talento di Angelo Troiani ai fornelli ci pensa il fratello Massimo, selezionatore attento e competente con una cantina di oltre 3000 etichette. Molte le scoperte, sempre notevole il settore francese e una sezione di distillati con vere rarità. Vicolo dei Soldati 26 tel. 06/6869432 – Roma
Prezzo sui 100 euro

SETTEMBRINI
Luca Boccoli è un sommelier di grande talento, capace di imporre un gusto, piuttosto che rincorrere le mode. Bella, anche da leggere, oltre che estremamente raffinata la sua carta dei vini, ricca di sorprese, anche con buon rapporto prezzo qualità, e con una sezione di Bourgogne di grande seduzione.Via L. Settembrini 25
tel. 06/3232617 - Roma
Prezzo da 35 a 70 euro

ACHILLI ENOTECA AL PARLAMENTO
In questa storica enoteca a due passi dai Palazzi della politica i clienti possono scegliere direttamente dagli scaffali (senza ricarico aggiunto) da una scelta sterminata di bottiglie, compresi millesimi rari di Italia e di Francia e grandi distillati.Via dei Prefetti 15
tel. 06/6873446 - Roma
Prezzo sui 60-80 euro

CASA BLEVE
Anacleto Bleve è stato un pioniere del vino di qualità a Roma e oggi coi figli Alessandro e Antonio continua con una grande selezione del meglio d’Italia e del mondo. Notevolissima la selezione di distillati, con whisky e rum con pochi rivali.Via del Teatro Valle 48.
tel. 06/6865970 – Roma
Prezzo da 35 a 70 euro

ROSCIOLI
Salumeria-chic, forno, magnifico interprete di piatti romani e non solo: ma questo indirizzo dietro Campo de’ Fiori, grazie a una talentosissima brigata capitanata da Maurizio e dal “Meneghino” riesce a stupire con grande selezione di vini, anche al calice, di Italia e del mondo (notevole la selezione di Riesling).Via dei Giubbonari 21
tel. 06/6875287 - Roma
Prezzo sui 35-70 euro

OLIVER GLOWIG
Un albergo raffinato e uno chef di grande rigore e talento creativo sono la cornice giusta per trovare anche una carta dei vini molto ricca di etichette sorprendenti, compresa una sezione dedicata alle bollicine di Francia e d’Italia davvero notevole.Via Aldrovandi 15
tel. 06/3216126 – Roma
Prezzo sui 100 euro

AGATA E ROMEO
Romeo Caraccio, passionale e grintoso, sa accompagnare con grande talento i piatti della cucina della moglie Agata con una cantina pluripremiata con tanta Toscana, Piemonte e, su tutti, Bordeaux.Via Carlo Alberto 45
tel. 06/4466115 - Roma
Prezzo sui 70-90 euro

IL CEPPO
La cantina di questo storico ristorante dei Parioli è profonda e ricca, con una selezione accurata e raffinata anche degli emergenti grazie al talento di Caterina, la figlia delle titolari, sommelier di solida e raffinata competenza.Via Panama 2
tel. 06/8419696 – Roma
Prezzo sui 65 euro

TRIMANI
Carla Trimani porta tutta la sua passione nella centenaria enoteca di famiglia accostando i prodotti di nicchia e la cucina semplice, ma pensata del wine bar ad etichette che attraversano le migliori novità della Penisola, toccando anche lidi lontani, dal Cile alla Nuova Zelanda, Dall’Australia al Sud Africa e al Libano.Via Cernaia 37b
tel. 06/4469630 – Roma
Prezzo sui 35-50 euro

Siete d'accordo o manca qualcosa?

Gianfranco Soldera querelato ed espulso dal Consorzio del Brunello di Montalcino!!


Il Consorzio del Brunello di Montalcino, ritenendo fortemente lesive le affermazioni di Gianfranco Soldera riportate dal Corriere della Sera del 26 marzo scorso, ha deciso di sporgere una querela per diffamazione nei confronti del Soldera stesso. La querela che sarà presentata presso la procura di Milano riguarda la parte dell’intervista rilasciata dal proprietario dell’Azienda Case Basse in cui giudicava come  “irricevibile e offensiva, una truffa al consumatore” la proposta del Consorzio di donargli - a seguito dello sversamento del vino contenuto in botte nelle fogne da parte di un dipendente - il “vino della solidarietà” con bottiglia ed etichetta diversa.

Come sottolinea il Presidente del Consorzio Fabrizio Bindocci “riteniamo la querela un atto dovuto per tutelare l’immagine dei produttori, del Brunello e di tutto il territorio di Montalcino. Ci riteniamo profondamente offesi e danneggiati da queste ed altre affermazioni negative sul Consorzio e sui produttori fatte da Soldera a margine della vicenda che lo ha visto coinvolto. La nostra è un’azione presa dopo che, a gran voce, i produttori hanno chiesto un gesto forte nei confronti di chi offende l’onorabilità e il lavoro di ognuno di loro. Non esiste altra lettura della nostra decisione e questo lo sottolineiamo con forza ed una volta per tutte”.

A seguito della querela il Consiglio del Consorzio ha deciso anche di espellere a termine di statuto ed in via immediata Gianfranco Soldera - che anche se dimissionario avrebbe fatto parte del Consorzio stesso fino al 2015 – per comportamenti di gravità tali da rendere incompatibile l’ulteriore partecipazione al Consorzio.

Ritornando sull’oggetto della querela Bindocci desidera ribadire come “sia incomprensibile che si bolli come truffa un gesto verso cui inizialmente con comunicato stampa Soldera stesso aveva mostrato “il nostro sentito ringraziamento”. La frase di Gianfranco Soldera per intero è: “Volevano donarmi il vino: avrei dovuto imbottigliarlo come mio non sapendo da dove venisse. Proposta irricevibile ed offensiva una vera e propria truffa al consumatore”. Il Consorzio sottolinea come volesse essere un gesto simbolico e di solidarietà dal momento che la sua azienda aveva subito un grave danno a seguito dell’atto vandalico.

“Quello che ci preme sottolineare – conclude Bindocci - è che la frase riportata dal Corriere della Sera così come i toni da lui usati e le illazioni prive di fondamento fatte sempre nel corso di quella intervista hanno danneggiato in modo considerevole l’immagine del Brunello e del suo territorio, una delle eccellenze italiane nel mondo”.

Il "Soldera Gate" come ha chiamato la situazione il Blog del Consorzio va avanti. Aspetteremo le mosse di Soldera che temo abbia riso alla notizia.


Monica Larner sostituisce Antonio Galloni a "The Wine Advocate". Potere alle donne del vino!


E' ufficiale, tutti i rumors che giravano questi giorni sulla Rete sono stati confermati dal Tweet di Monica Larner che, immagino felice, ha confermato il suo ingresso alla corte di Robert Parker.

Sono contento due volte, uno perchè è brava e, secondo, è romana di adozione per cui spero di poterla incontrare in qualche degustazione organizzata nella mia città. Magari la invito a quelle che organizzo...non si sa mai.

Nel frattempo le porgo i miei più sentiti auguri nella speranza che riesca sempre più a valorizzare il vino italiano nel mondo.

P.s.: cara Monica, ti prego, il vino del Lazio conta su di te. C'è speranza in questa Regione!

Boca Le Piane, una verticale storica in onore di Antonio Cerri

Quando senti parlare Christoph Künzli di Boca comprendi fin da subito che, la sua, è una storia di amore con un territorio e il suo vino. Con gli occhi emozionati ama ripetere spesso che: ”quando ho conosciuto la regione viticola di Boca, ho compreso immediatamente che questa terra era davvero unica per la qualità dei suoi vini e per la bellezza del paesaggio, immerso nei boschi del Parco Naturale Monte Fenera. L’incontro con Antonio Cerri, uno degli ultimi produttori seri dell’area, mi ha convinto poi di creare qui la mia azienda vinicola per ritrovare e sviluppare vini di un terroir, a mio avviso, unico nel centro Europa. Vini inconfondibili nel loro carattere deciso, concentrati ma allo stesso tempo di grande eleganza e finezza, complessi nel profumo e nel gusto, longevi e che si sviluppino nel tempo”.

La zona del Boca

Boca si trova in provincia di Novara, tra la valle Sesia e il lago d’Orta, ad un passo dalle Prealpi e al centro di quella zona chiamata Alto Piemonte che, nel XIX secolo, era una delle zone vinicole più importanti di Italia con i suoi 40.000 ettari vitati.
Quando Christoph, che allora faceva solo l’importatore di vini, ed Alexander Trolf, suo amico ed enologo, arrivarono più di venti anni fa a Boca la situazione era ben diversa: l’industrializzazione degli anni ’50 aveva svuotato di manodopera le fertili colline dove i vigneti, ormai incolti, cedevano il passo al bosco e all’incuria generale. Alla fine degli anni ’90 a Boca gli ettari vitati erano meno di 10, la sua storia ed il suo vino rischiavano l’estinzione.
Antonio Cerri, illuminato produttore della zona, all’epoca era l’ultimo baluardo di una resistenza enologica che il mercato di quegli anni stentava a capire, il suo vino era in grande sofferenza commerciale tanto che le botti vecchie che custodiva gelosamente in cantina erano stracolme di Boca di vecchie annate. Compiuti 80 anni aveva deciso di ritirarsi, con la morte nel cuore, non voleva più combattere contro chi non aveva senso estetico, contro chi ricercava nel vino solo colore e concentrazione. Li conosciamo bene gli anni ’90…..
Cerri, però, non aveva fatto i conti con questi simpatici ed alternativi svizzeri che, durante una degustazione, rimasero talmente folgorati dal Boca del Cerri che vollero subito conoscerlo.
Christoph capì subito le intenzioni del vecchio vignaiolo che gli ripeteva continuamente"Quando morirò, Boca muore con me!!".


Il grande Cerri con sua moglie

Troppo triste per esser vero e così, con molta fatica, Künzli e Trolf (morto purtroppo per un incidente nel 1998) convinsero Cerri a farsi dare in gestione prima il vigneto (“Campo delle Piane”, 0,6 ettari di Spanna di età superiore ai 50 anni) e poi la cantina. In seguito acquisirono altri piccoli appezzamenti di terreno, piantando nebbiolo e vespolina, fino ad arrivare agli attuali 8 ettari comprendenti anche splendidi vigneti centenari di croatina.
Antonio Cerri muore nel 1997 ma il Boca, grazie a Christoph ed Alexander, non morì con lui. Nel 1998, dopo una pausa di circa 5 anni, viene commercializzata la prima annata di Boca Le Piane dell’era Künzli.


Christoph Künzli durante la verticale

Durante la piacevole serata, in compagnia di 20 integerrimi appassionati, abbiamo degustato:

Le Piane - Mimmo 2010: è l'ultimo nato della casa ed è un omaggio a Domenico (Mimmo) storico collaboratore dell'azienda che è venuto a mancare poco tempo fa. Il vino è un blend di nebbiolo (70%), croatina (25%) e vespolina (5%) e fa della grande piacevolezza di beva il suo punto forte. Un vino da tavola di grande interesse e che sono sicuro avrà il meritato successo.


Mimmo e il suo...Mimmo

Le Piane - Colline Novaresi DOC - 2008: sarà la Terra, sarà Christoph o chissà che altro ma a Boca sembra che anche la croatina sia dotata nel DNA di classe innata. Künzli ha selezionato le migliori uve da vigneti vecchi fino a 100 (!!!) anni situati nelle posizioni storiche di Montalbano, Traversagna e Santuario e, unendo un 30% circa di nebbiolo, ha dato vita ad un vino morbido, caratterizzato da tanta frutta rossa, tabacco e spezie. In bocca è fresco, levigato, di buona progressione e persistenza. Un'altra scommessa vinta e un altro contributo a rivalutare le uve tradizionali degli splendidi vigneti di Boca.

Le Piane - Boca 2008: figlio di una delle migliori annate degli ultimi tempi, a parere di Christoph seconda solo alla 2012, è un vino che nonostante la gioventù si fa apprezzare per una grande eleganza di fondo caratterizzata da un equilibrio circense e da un tannino morbido e setoso. Pericolo in fase di beva per essere allo stesso tempo trascinante e psicadelico. 

Le Piane - Boca 2004: avevamo due bottiglie di questa annata, due molto buone mentre quella che avevo io non era molto performante. Rispetto alla precedente annata paga decisamente dazio, il vino è sicuramente più complesso visto che oltre alla frutta rossa, ancora integra, si percepiscono sensazioni di ruggine, viola macerata, legna da ardere, spezie nere. In bocca tradisce un pochino essendo forse meno tridimensionale della 2008, vino molto verticale che paga una persistenza non da record. I miei compagni, come detto, avevano una bottiglia migliore per cui, se fossero loro a scrivere, avrebbero dato giudizio ben più trionfalistici.



Boca - Campo delle Piane 1990: è uno degli ultimi vini fatti dal Cerri, dimenticato volutamente in botte grande per circa 10 anni e imbottigliato da Christoph come atto d'amore verso quest'uomo e questo vino che è splendido. Lo anticipo. Colore granato, ancora vivissimo, al naso pare di stare di fronte ad un grandissimo Barolo. Quando dico questo Christoph mi riprende e con voce calma ma decisa mi risponde che:"No, siamo di fronte ad un grandissimo Boca...". Il naso è stupefacente per ampiezza e freschezza, sa di agrume, pompelmo rosa, incenso, fiori rossi da diario, menta e poi, e poi......Bocca di classe eterna, austera, ancora caratterizzata da un tannino graffiante e una spina acida di grande fattura. Non lascia mai il palato. Commovente.

Boca - Campo delle Piane 1985: molto simile alla precedente annata per integrità e ventaglio aromatico. L'unica differenza, a mio parere, era data da una splendida nota minerale che, come una cornice, racchiudeva tutte le sensazioni odorose del vino che mai, e dico mai, scadevano in un terziario poco fine. Christoph ha ripetuto spesso durante la cena che il Boca non vira mai verso sentori, ad esempio, di dado da brodo. Altra osservazione: questi vini sono stati aperti almeno due ore prima di essere degustati e, in tutto questo tempo, nonostante l'età, non si sono mai seduti ma, anzi, si sono dimostrati sempre all'altezza migliorando e cangiando col passare dei minuti. Chapeau!!




Boca - Campo delle Piane 1975: Christoph mi ha spedito tre bottiglie di questa annata. La prima lo spedizioniere me l'ha disintegrata. La seconda sapeva di tappo . La terza, purtroppo, non era all'altezza in fase gustativa. Quando si dice la sfiga.... 


Disastri....

Boca - Campo delle Piane 1961: quando ho cominciato ad aprire questo vino ero pienamente cosciente che il mio gesto andava oltre la semplice apertura di una vecchia bottiglia. Sapevo perfettamente che quel Boca era probabilmente il pezzo più pregiato dell'eredità storica e morale di Antonio Cerri. Un pezzo della sua vita tra le mie mani. Appena aperte e scaraffate le due bottiglie che avevo a disposizione, tutta la stanza ha cominciato pian piano ad essere invasa dall'odore incredibile di questo Boca dal colore ancora fisso sul vivo granato. Giuro, ancora mi commuovo al ricordo. Più passava il tempo e più il vino si apriva, respirava, prendeva forma e sostanza, si trasformava, stregava. Riflettendoci, immedesimandomi nel Cerri, ho capito in quel momento, davanti a quel vino, la sua frustrazione, la sua rabbia. Un Boca così andrebbe osannato, gridato e mai dimenticato, sottovalutato, rinnegato. Come fai a non inebriarti con le sue sensazioni di rosa, arancia, iodio, canfora, terra, grafite, unguenti balsamici. In bocca è un altro capolavoro, è vivissimo, fresco, setoso, inebriante. Alla cieca gli daresti almeno venti anni di più visto che il tannin è ancora ben presente ed integrato in una struttura salda e per nulla traballante. Persistenza lunghissima, sapida, eterea. Un altro monumento al vino italiano senza se e senza ma.



Trasparenze del '61..