I vini della Turchia. Terza parte: le principali uve

EMIR (Pronuncia : Eh-mere)

ORIGINI: Anatolia Centro Meridionale (Nevşehir / Cappadocia). Luva Emir è unuva bianca nativa della Cappadocia e molti vitigni si trovano nella Provincia di Nevşehir. Il suo nome ha origine (Emir = Sovrano, Signore) dal fatto che era un vino Abbastanza noto sulle tavole dei signori locali. Era usato fin dallepoca Romana per creare vini freschi, dissentanti. Luva Emir produce vini di colore giallo paglierino con riflessi verdi; intenso il bouquet, di mela verde e di minerali. Al palato rende i vini vivaci, freschi. I vini sono: di corpo medio leggero, di colore giallo tenue, con alta acidità e delicati. Luva Emir è usata nella produzione di vino frizzante e liscio. Non si abbina con il legno di quercia e generalmente è da consumarsi in 1-2 anni, non malolattico.

ACINO: Luva Emir ha acini leggermente ovali, giallo-verdi, di media dimensione, su grappoli conici di media dimensione. Maturazione: metà stagione.

AROMA: Mela, ananas, kiwi, limone, arancia rossa, rosa bianca.

ABBINAMENTI CIBO VINO: Salmone e altro pesce grasso, frutti di mare, asparagi, pollo con salse di pomodoro, pasta con salse bianche cremose, insalate senza aceto, sushi.

Fonte: Vinotolia.com

  NARINCE (Pronuncia: Nah-rin-djeh)


 ORIGINI: Anatolia Centro Meridionale (Tokat). Narince significa “delicatoin Turco. Coltivata principalmente nel territorio di Tokat e lungo il fiume Yeşilirmak. Vini secchi semi-secchi possono essere prodotti con luva Narince. Ha un colore giallo-verde ed un sofisticato sapore fruttato. Dal momento che il livello acido è alto, il vino sviluppa un ricco bouquet con linvecchiamento. Luva Narince produce vini di colore giallo paglierino con note floreali, con un bouquet di frutta gialla e agrumi. Al palato produce vini rotondi, di corpo da medio a pieno, bilanciati da una buona acidità. È di solito trattato con legno di quercia.

ACINO: Luva Narince ha acini larghi, ovali, giallastro-verdi, con sfumature di color bronzo, con grandi grappoli conici, con una o due orecchie. Maturazione: la vendemmia delluva Narince si effettua nella seconda metà di settembre.

AROMA: Arancia, pompelmo, lime, ananas bianco, cotogna, fiori, frangipani, acacia, fiori di alberi da frutto, basilico, mela verde matura, noce.

ABBINAMENTI CIBO VINO: Pesce grasso grigliato, pollo speziato, insalata di melanzane, piatti con cipolla, antipasti.

Fonte: Vinotolia.com

I vini della Turchia. Seconda parte: l'attuale produzione

La produzione di vino in Turchia è di circa 75 milioni di litri all’anno. L’esportazione del vino costituisce il 2,62% del totale della produzione ovvero 3.64 milioni di litri per un valore di 7.800.000 $ ( Dollari USA ).

La Turchia si posiziona al 6° posto nella produzione di uva con 3.850.000 tonnellate prodotte annualmente e al 6° posto per la superficie agricola destinata a tale produzione, ovvero circa 486.000 ettari, dopo l’Italia, la Cina, gli USA, la Francia e la Spagna.


In Turchia solo il 2% della produzione totale di uva è destinata alla produzione del vino e questo si spiega con l'ingente quantità di uva passa prodotta (1° Paese al mondo) e da tavola.
La Turchia ha più di 1200-1500 varietà di uva di cui 600-800 geneticamente differenti. Tra queste ci  sono 30 varietà di uva da vino decisamente notevoli. 

Di seguito si elencano le varietà di uve  autoctone o internazionali che sono più diffuse nel territorio: Adakarası, Alicante Bouchet, Boğazkere, BornovaMisketi, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Carignan, Chardonnay, Cinsault, Çalkarası, Çavuş, Dimrit, Emir, Gamay, Grenache, Kalecik Karası, Karalahna, Kuntra,Malbec, Merlot, Narince, Öküzgözü, Papazkarası, Petit Verdot, Pinot Noir, Riesling, Sangiovese, Sauvignon Blanc, Semillon, Shiraz, Sultaniye, Tempranillo, Vasilaki, Viognier.

Fonte: Turchia.it

La Turchia e il vino. Prima parte: la storia

Questa è una guida molto utile per chi vuole approcciare il vino in Turchia. Io che ci sto in vacanza testerò a breve la bontà del vino locale.

Secondo gli archeo-botanici, la vite fu scoperta per la prima volta nell’Anatolia Orientale durante il Periodo Neolitico. La Vitis Vinifera cresce comunque in un territorio molto vasto, un’area  di circa 6.000 km tra il Medio Oriente ed il Portogallo e 1.300 km tra la Crimea e l’Africa Occidentale. La Turchia si trova tra il 30° ed il 50° parallelo ed è quindi il vero cuore del Grande Terroir.

Le prime tracce di coltivazione della vite e di produzione del vino in Anatolia risalgono a 7.000 anni fa. Il vino aveva un ruolo indispensabile nella vita sociale delle più antiche civiltà anatoliche,  gli  Hatti  e  gli  Ittiti.  Era  la  principale  offerta  agli  dei  durante  i  rituali  a  cui partecipavano  la  famiglia  reale  e  gli  alti  dignitari.  Le  disposizioni  per  proteggere  la viticoltura  nella  legge  Ittita  e  l’abitudine  di  celebrare  ogni  vendemmia  con  una  festa evidenziano quanto il vino fosse  importante nell’antichità sia per  l’economia che  per le pratiche culturali.

Per i Frigi, che vissero in Anatolia dopo gli Ittiti, il vino era una parte essenziale della vita quotidiana ed un importante elemento della dieta insieme all’olio d’oliva, al pesce e al pane. I Frigi introdussero il vino presso i coloni Greci che si erano stabiliti sulla costa occidentale della Penisola  Anatolica e nel VI secolo a.C. il vino era già stato esportato in Francia e in Italia dai centri di produzione di Tabae (Tavas, vicino all’odierna Pamukkale) e Klazomenai (vicino Urla) nella Regione  Egea meridionale e di Ainos (Enez) nella parte settentrionale. Knidos (l’attuale Datça), sulla costa mediterranea sud-occidentale, e l’isola di Rodi erano altri due centri importanti per il mercato del vino. Una di queste prime uve anatoliche, il Misket, divenne nota con il nome di Moscato in Europa. Un’altra varietà di Smirne (l’attuale Izmir) fu usata nella produzione del famoso vino di Pramnios, che viene citato nell’Iliade di Omero.

Per quanto riguarda il Periodo Ellenistico, possiamo ricordare alcune famose citazioni. Su Izmir “Pramnios, prodotto nell’area di Izmir, era un vino secco e corposo con un alto tasso di tannino e di alcol” (Omero); su Gallipoli “La colonia fenicia di Lampsakos (Lapseki) era conosciuta per i suoi vini” (Strabone); sull’Anatolia Centrale “Lo Scybelites prodotto in Galazia mantiene sempre la sua freschezza così come il vino Halyntium della Sicilia” (Gaio Plinio Secondo).


Più tardi ancora, le popolazioni turche giunsero in Anatolia dall’Asia Centrale e anche loro bevevano il vino. La produzione del vino continuò anche dopo l’arrivo dell’Islam e un giusto equilibrio si sviluppò tra i residenti Cristiani e quelli Musulmani: i Cristiani producevano il vino  in   gran  parte;  entrambi  lo  consumavano.  Durante  il  lungo  periodo  dell’Impero Ottomano   (1299-1923),   la   produzione   ed   il   commercio   del   vino   venivano   gestiti esclusivamente dalle minoranze non Musulmane (Greci, Armeni, Siriani e altri). Quelle che al giorno d’oggi chiameremmo enoteche, situate normalmente nei quartieri Cristiani, erano comunque frequentate abitualmente anche dai Musulmani.

Durante l’Impero Ottomano, la generale atmosfera di tolleranza fu interrotta di tanto in tanto da divieti ufficiali nell’uso e nella vendita di alcolici. Le enoteche erano costrette a chiudere e pesanti sanzioni, in qualche caso anche la pena di morte, erano applicate per coloro che non obbedivano alle nuove regole. I divieti erano sempre di breve durata, ogni volta venivano in un primo momento allentati e poi definitivamente rimossi. Questo regolare capovolgimento della politica aveva una chiara ragione economica: le tasse ricavate con la vendita del vino erano una risorsa importante  per le entrare del tesoro Ottomano, quindi ogni divieto di vendere alcolici a lungo termine era in  contraddizione con l’interesse dello Stato. Anche durante i periodi di proibizione le vigne non venivano sradicate: la produzione dell’uva era semplicemente deviata verso altri tipi di consumo. Una scorta pronta di uva permetteva alla produzione di vino di recuperare velocemente dopo ogni interruzione.

Durante la seconda metà del XIX secolo, la produzione di vino raggiunse livelli record e i divieti  sugli  alcolici  cessarono,  in  una  atmosfera  di  tolleranza  e  libertà  giunta  con  il movimento di  modernizzazione Ottomano. Nello stesso momento le vigne europee erano devastate da un’epidemia di filossera, riducendo così drasticamente la produzione del vino. Per  andare  incontro   al  conseguente  aumento  di  domanda  da  parte  dell’Europa,  le esportazioni di vino  dell’Impero  Ottomano incrementarono notevolmente raggiungendo i 340 milioni di litri nel 1904.

Ci fu una considerevole produzione di vino prima della Prima Guerra Mondiale e della Guerra di Indipendenza della Turchia. Ma le guerre toccarono negativamente la produzione, specialmente in Tracia e nelle Regioni Egee.

La produzione delle bevande alcoliche passò sotto controllo del monopolio governativo nel1927, con l’eccezione del vino per il quale continuava ad essere permessa la produzione privata e lo sviluppo delle vigne. Questo fu esplicitamente fatto per sviluppare e proteggere la produzione del  vino. L’unica restrizione, che in termini attuali potrebbe essere definita “denominazione di origine regionale controllata”, era che i permessi per la produzione del vino venivano concessi solo nelle  regioni dove veniva prodotta l’uva stessa. Nel 1928 il governo cominciò a sostenere i produttori  di vino tramite la diffusione delle conoscenze tecniche  e  un  supporto  di  tipo  semi-finanziario.  Vi  era  inoltre  l’esenzione  delle  tasse d’esportazione e un supporto sul costo/kg.

Emile  Bouffart  fu uno dei  primi  pionieristici  consulenti  che  esaminò  i vini e  le  regioni vinicole  della Turchia, segnalando le aree dove era necessario lo sviluppo delle aziende vinicole.

Nel 1946 in tutta la Turchia c’erano 28 aziende vinicole di piccola dimensione, che sotto il controllo del Monopolio Governativo esploravano le potenziali qualità della produzione di vino con differenti varietà e terreni. Anche Marcel Biron fu uno dei consulenti e lavorò per il Monopolio Governativo  identificando le differenti regioni vinicole e i vini della Turchia (1937-1947).

Negli anni Cinquanta, il governo cominciò a provare varietà di uva francese in Tracia e nelle Regioni   Egee.  Semillon,  Clairette,  Sylvaner,  Gamay,  Cinsaut,  Pinot  Noir  e  Cabernet Sauvignon sono alcune delle varietà di uva testate in quegli anni.

Il seguente calo della qualità cominciò con la non applicazione della regola “denominazione di origine regionale controllata” e con i cambiamenti politici degli anni Sessanta. I produttori privati   restarono  nel  mercato  durante  tutto  questo  periodo,  ma  rimasero  di  piccola dimensione.

Alla fine degli anni Ottanta, non appena l’economia turca cominciò ad integrarsi con le altre economie  internazionali  e  la  deregolamentazione  si  fece  più  incisiva,  il  settore  turistico cominciò a svilupparsi dando una sostanziale spinta alla vendita del vino. Questo fece sì che le  aziende   vinicole  cominciarono  ad  investire  in  moderne  tecnologie  e  macchinari,  a sviluppare le loro  strutture, ad investire nelle vigne e a piantare varietà di uva locale ed estera per raggiungere gli standard di qualità internazionali.

Fonte: Turchia.it

Istanbul e il vino. La mia estate la passerò in Turchia. Come farò?

Polemica a Istanbul, dopo che lunedì, a una donna che trasportava 4 bottiglie di vino durante il Ramadan, il mese del digiuno islamico, è stato imepdito di salire su un traghetto sul Bosforo. La Ido, la società che gestisce il trasporto via acqua nella megalopoli sul Bosforo, ha inviato una lettera di scuse, ma questo non è bastato a smorzare la polemica sui giornali. Lunedì mattina, Ceren Sungu, stava per imbarcarsi da Burgazada, isola al largo di Istanbul, verso Kabatas, fermata della parte europea della megalopoli. L'imbarco le è stato impedito da un addetto della Ido, che ha cominciato a urlare contro di lei perché stava trasportando vino durante il Ramadan e le ha impedito di salire sulla nave.

Istanbul Foto: Acam.com

La Ido ha inviato una lettera di scuse. Il quotidiano Hurriyet però ha riportato che, secondo la municipalizzata, si è trattato di un'imcomprensione. "Ido - si legge nella lettera - non ha alcuna restrizione sul trasporto di bevande in bottiglie chiuse. È stata avviata un'inchiesta dopo la denuncia. Ci scusiamo la consumatrice che è stata maltrattata per questo incidente".

Il fatto non è sfuggito alla stampa. Ieri Vedat Minor, giornalista del quotidiano di opposizione Milliyet, in un editoriale pubblicato ieri si chiedeva "Viviamo in Arabia Saudita o Iran? È proibito portare vino nelle nostre case? Siamo, come cittadini, non autorizzati a portare vino nelle nostre case?".

Fonte: TMNews